Sfogliato da
Categoria: La fabbrica del cinema

Cos’hanno i russi da ridere ? ( un film per Maroni e Putin)

Cos’hanno i russi da ridere ? ( un film per Maroni e Putin)

E’ possibile che questo 12, remake in chiave russa de La parola ai giurati di Sidney Lumet non sia piaciuto a Putin. Poco male, conoscendo Nikita Mikhalkov, regista a torto considerato di regime, ma dalla bellissima pièce di Reginald Rose  – di questi tempi poi – non ci si poteva aspettare altro che la conferma di un concetto universalmente valido : senza giustizia ( non solo quella dei tribunali) è impossibile qualsiasi pace sociale mentre se a guidare le nostre azioni  è il  pregiudizio, il rancore, la meschina discriminazione – manco a dirlo – l’errore è garantito ( non solo quello dei tribunali) Ed è cercando  argomenti persuasivi per quei giurati che hanno fretta di concludere con una condanna da appioppare al giovane parricida ceceno, ed è indagando nella vita di quei giurati – materia di disanima impietosa della Russia d’oggi – che tra rivelazioni e colpi di scena, si dipana una storia che andrebbe inviata a Maroni per la visione obbligatoria, tre volte al dì prima dei pasti principali. Perchè i ceceni non sono rom, ma che fa? Sempre di nemici si tratta e in quanto tali restano trogloditi, ignoranti, animali e poi, oltre ad essere delinquenti nati, nemmeno sanno parlare bene il russo (ognuno ha il suo ceceno).

Siamo di fronte dunque a qualcuno che è innocente tanto quanto incarna il ruolo del condannato ideale. Mikhalkov regista, che qui è anche interprete – e quindi istiga doppiamente, fuori e  dentro la scena – è bravissimo ad aizzare i giurati a scatenarne gl’istinti peggiori – giustizialismo, antisemitismo, razzismo – tutto fuoriesce, in un generale rigurgito di liti e rinfacci, mentre i flashback sulla guerra in Cecenia squarciano il set – una palestra in cui si riunisce la giuria – aprono all’esterno, richiamando  una drammatica verità. Grande prova degli attori e degli sceneggiatori per aver reso al presente un testo americano anni 50 . Bellissima la fattura, com’è nello stile di Nikita Mikhalkov che rimane un grande regista ed un intenso interprete di quella che fu la parte di Hernry Fonda. Cos’hanno i russi da ridere si domanderà ad un certo punto uno dei personaggi, (l’attore comico/giurato)? Ridono di tutto perchè hanno paura. E noi? Cos’abbiamo da ridere, noi?

Nikita1

12 è un film di Nikita Mikhalkov. Con Nikita Mikhalkov, Sergei Makovetsky, Sergei Garmash, Aleksei Petrenko, Yuri Stoyanov, Valentin Gaft. Genere Drammatico, colore 153 minuti. – Produzione Russia 2007. – Distribuzione 01 Distribution

Disertiamo tutti i festival italiani !

Disertiamo tutti i festival italiani !

spilla100autoriDopo anni, il cinema italiano era riuscito a ottenere dal precedente governo due norme vitali per il suo sviluppo, tax credit e tax shelter, misure che lo mettevano alla pari con gli altri paesi e lasciavano sperare in un rilancio e in una crescita artistica e industriale.

Ora invece siamo al paradosso: un governo liberista, che dice di voler aiutare l’imprenditoria del nostro paese, CANCELLA QUESTE NORME, lasciando solo quelle che aiutano il cinema USA e le ristrutturazioni delle sale cinematografiche.
Visto che si produrranno sempre meno film italiani, ci chiediamo perché rinnovare le sale a spese dei contribuenti. Per migliorare ulteriormente la visibilità dei film hollywoodiani?

La verità è che non c’è nulla di tecnico, nulla di economico in questa decisione. Infatti tutti gli studi anche a livello internazionale indicano che queste misure generano un “ritorno di cassa” superiore a quanto lo stato perde in tasse. Per esempio, in America ci sono oltre 200 misure di incentivazione fiscale per il cinema a livello nazionale e regionale.
Nel resto d’Europa tutti i paesi, anche i più piccoli, hanno forti meccanismi di tax shelter e tax credit per aiutare il cinema, oltre ai fondi statali e regionali di finanziamento per il cinema.
Il motivo per cui tutti i paesi avanzati utilizzano questi incentivi è che si tratta di misure liberiste che non pesano sulle finanze pubbliche, ma che al contrario creano ricchezza in tutto il mercato e aprono a nuovi investitori aumentando le risorse disponibili per produrre film.
Semplicemente, tax credit e tax shelter generano lavoro, generano cultura, moltiplicano i film e le occasioni per rappresentare il nostro paese – ma soprattutto producono libertà culturale. È proprio questa libertà che il governo Berlusconi, liberista a parole, vuole sopprimere.
In campo culturale le misure liberiste preferisce applicarle solo ai film hollywoodiani. I “nostri” film è meglio non farli. Potrebbero, come hanno fatto anche recentemente con riconoscimenti internazionali e successo di pubblico, rappresentare un paese che la televisione ha smesso di raccontare. Meglio, molto meglio che tutti coloro che fanno il cinema, sempre più stretti tra duopolio Rai e Mediaset, monopolio Sky e le grandi distribuzioni americane, rimangano nella condizione di questuanti della politica.

I Centoautori chiedono pertanto le immediate dimissioni del ministro Bondi, il quale pur essendosi impegnato a difendere questi incentivi con dichiarazioni alte e ispirate sul ruolo della cultura e della bellezza, alla fine ha ceduto alle istanze del governo. Un governo che inizia la sua azione mostrando di non avere una visione per il futuro e di non credere al ruolo del cinema nel rilancio del nostro paese.

I Centoautori, d’accordo con le associazioni dei produttori italiani ANICA e API, invitano autori, registi, produttori, attori, al boicottaggio di tutti i festival italiani, rifiutandosi di partecipare a giurie, concorsi e premi.

Non festeggiamo il cinema, mentre il governo fa di tutto per affondarlo.

100 autori

Comunicato dei 100 autori del Cinema Italiano

Nel buio della notte

Nel buio della notte

il resto53

Francesco Munzi  unico rappresentante italiano alla Quinzaine des Réalizateurs con  Il resto della notte, in realtà ci aveva già introdotti  al piacere forte del suo registro narrativo essenziale, dirigendo  Saimir,  aspro e bellissimo film d’esordio incentrato sulla fase di passaggio all’età adulta di un giovane immigrato albanese e sul suo deciso rifiuto dello stile di vita paterno fatto di traffici oscuri e piccola criminalità rassegnata. Confermando la propria vocazione al Presente e ad un cinema civile, il Munzi del Resto della notte invece  incrocia i destini di una ricca famiglia del nord con quelli di un gruppo di immigrati rumeni che conduce pericolosamente  la propria esistenza tra esperienze delinquenziali e frantumazione dei rapporti famigliari. Trait d’union occasionale tra i due mondi, una domestica rumena accusata di furto.

Ed è intorno a questo episodio che si sviluppano tra i due ambienti reazioni  e scelte assolutamente speculari, compiute per negligenza, amoralità o  desiderio di facile guadagno. Come pure è identico in tutti, il desiderio di un futuro migliore  che però non riesce in alcun modo a divenire motore di autentico cambiamento. Molte cose sono cambiate e tra Saimir –  che è del 2004 – e il Resto della notte probabilmente si è smarrita la speranza espressa dall’istinto ribelle del giovane albanese. Questo invece è un film sulla Paura dell’Altro che prosperando nell’ incertezza di un mondo senza giustizia, facilmente si trasforma in senso del pericolo incombente, in Minaccia  che Munzi è molto bravo a concretare attraverso una regia distaccata e un uso sapiente del fuori campo, laddove il dramma si risolve al di là del piano d’azione, spesso nella disperazione stampata sui volti di chi vi assiste. Ma c’è nel film un avvertimento direi esplicito contro l’assuefazione, la resa generale, il non voler effettuare distinguo o riconoscere responsabilità individuali. Una lettura della realtà spietata senza buonismi o cattivismi di sorta e che attraverso le storie di gente comune rinviene gl’indizi di un generale disfacimento.Tutti bravi gli attori, straordinario il montaggio.

Il resto della notte è un film di Francesco Munzi con Sandra Ceccarelli, Aurélien Recoing, Stefano Cassetti, Laura Vasiliu, Victor Cosma, Constantin Lupescu, Valentina Cervi, Susy Laude, Teresa Acerbis. Genere Drammatico, colore 100 minuti. – Produzione Italia 2008. – Distribuzione 01 Distribuzione

Acqua passata, scampato pericolo

Acqua passata, scampato pericolo

La poesia di Pierpaolo Pasolini  è titolata A.G.L Rondi  e dice  Sei così ipocrita, che come l’ipocrisia ti avrà ucciso/ sarai all’inferno e ti crederai  in paradiso. Risposta in versi, a buon diritto avvelenati,  alle stroncature che puntualmente accompagnavano l’uscita di film quali Accattone o il Vangelo del quale  Rondi era fiero, quantunque  non isolato, detrattore. Come lo fu, del resto, di Ferreri e di Antonioni . Acqua passata. Nell’ introduzione al suo libro Prima delle “prime “ che è del 1998 e raccoglie le recensioni  dal 1947 al 1997, Rondi fa pubblica (ed onesta) ammenda di quegli errori di gioventù. Le sue recensioni, ma direi l’intero approccio con la cinematografia, oggi, sono di tutt’altro tenore e oltre che dell’acqua che è passata, risentono di  un know how di tutto rispetto. Tanto basta per fare di lui un presidente ideale  visti i  tempi cupi che l’Era Alemanna è seriamente intenzionata  a regalarci. La manifestazione che i discepoli di Pierpaolo Pasolini ai tempi della FGCI , Veltroni, Borgna e Bettini, hanno così fortemente voluto, passa nelle mani dell’antico avversario  Rondi. Contrappasso, nemesi, segno dei tempi, Ritorno dei Dorotei Viventi, ciascuno potrà divagarsi come crede con le interpretazioni o con la rievocazione di scelte veneziane discutibili ( ma Luchino Visconti ne difendeva la professionalità ) ovvero ironizzando sulla longevità, argomento un po’ frusto, vista la lucidità e l’impeccabile reputazione a livello internazionale. Rondi è forse l’unico che può rendere meno ingrata l’uscita di scena di Bettini, allontanandosi contestualmente il rischio di presidenti improbabilmente autarchici, la continuità della Festa entro ambiti dignitosi, è garantita. Lunga vita al Cinema.

Non bevi, non fumi, non guidi la macchina..ma ti godi la vita tu?

Non bevi, non fumi, non guidi la macchina..ma ti godi la vita tu?

Risi aveva un talento speciale per raccontare le fasi di passaggio – epoche di transizione le chiamano , quei periodi della storia di un Paese , densi e complessi  in cui un’ aspra coabitazione tra passato e presente, quasi mai lascia intravedere un futuro definito. Le incertezze che ne derivano prendono pieghe diverse : speranza, curiosità,crisi ma anche orrore ed inumano cinismo. Poggiando su basi solide la sua leggerezza di narratore – in immagini, in prosa e anche in versi – che si risolve in un modo acuto di osservare le cose – dal particolare all’insieme, senza mai un errore o una sbavatura –  e in una grande intelligenza, il suo lavoro risente di una mescolanza d’ ironia e senso del Dramma: una ricetta di sicura riuscita nell’ambito della Commedia. Ed eccoci ad Una vita difficile alla caduta del sogno, dalla Resistenza al Referendum all’attentato a Togliatti, e infine al risveglio in una realtà che sembra non poter essere affrontata senza compromessi. E ancora si continua con decine di film dalle alterne fortune ma sempre incredibilmente ancorati alla realtà. Dai vecchi ai nuovi Mostri si può registrare una sorta di mutazione del cinismo, di evoluzione in senso peggiorativo, si comincia con l’educazione all’egoismo e alla prevaricazione, si continua con il turlupinare moglie e amante e si finisce col consegnare una bomba mascherata da romantico pegno d’amore ad un’ignara quanto innamorata hostess di linea aerea. In mezzo la quasi totale sparizione di quel po’ di senso poetico rappresentato dal pugile suonato con l’aquilone e che nella nuova serie s’intravede, ma è  un attimo solo, nell’orazione funebre per Formighella comico da avanspettacolo al quale i compagni di lavoro dedicano, tra le lacrime, l’ultima passerella ..Fe-li-ci-bum- tà. Un po’ si era preparati a salutare Dino Risi (ma in definitiva non  abbastanza).