Tecno-utopici (d’antan)
Stefano Rodotà, la settimana scorsa, in occasione dell’apertura della Conferenza Internazionale dell’Unione Interparlamentare, ha offerto ai presenti un interessante discorso all’interno del quale venivano individuati sette rischi, o come li ha metaforicamente denominati egli stesso – sette peccati capitali - legati all’uso de web.Eccoli :
1) diseguaglianza;
2) sfruttamento commerciale e abusi informativi;
3) rischi per la privacy;
4) disintegrazione delle comunità;
5) plebisciti istantanei e dissoluzione della democrazia;
6) tirannia di chi controlla gli accessi;
7) perdita del valore del servizio pubblico e della responsabilità sociale.
Una riflessione sul ruolo possibile di Parlamenti e Governi nell’era di Internet, si rende secondo Rodotà indispensabile onde sventare ogni contrapposizione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa,ogni tentazione autoritaria che tra Società della Conoscenza e Società del Rischio induca ad un controllo di Internet come già avviene in molti Stati ma soprattutto ogni illusione che utilizzatori entusiasti e /o sfegatati della Rete e in particolare dei blog ,coltivano sulla democrazia diretta per via elettronica.Benchè la visione di Rodotà sia tutt’altro che apocalittica ma ben consapevole del futuro che invariabilmente si delinea,non sono mancati gli apriti cielo da parte di quelli che invece di internet esaltano il luogo dell’eguaglianza potenziale per eccellenza, quando non lo spazio privilegiato per i cittadini oramai deprivati del proprio ruolo partecipativo e decisionale.A me è sembrato convincente il discorso di Rodotà e soprattutto lo spirito altamente propositivo che lo anima.Il dibattito sollevato invece dai contestatori mi pare tramontato già dagli anni 90,basterebbe farsi un giro per i blog particolarmente quelli italiani, per notare come Santa Approssimazione protegga e domini giudizi e informazioni, senza considerare quanto spesso sia poco discorsiva e colloquiale l’area commenti o dibattiti .Il quaderno delle doglianze potrebbe allungarsi fino a comprendere la deriva populistica,laddove in alcuni thread su argomenti fondamentali quali i Costi della Democrazia, il Ruolo delle Istanze Democratiche o la Critica al sistema partitico, si rinvengono caratteristiche appartenenti più alla pre-politica che all’ansia di partecipazione e anche se non mancano onesti e volenterosi tentativi di rendere queste nostre pagine elettroniche luoghi , quantomeno, di reale confronto,il panormama è alquanto deprimente.Meglio ragionare con Rodotà in termini meno illusori e più propriamente politici :
con questo vasto mondo – in cui la democrazia si manifesta in maniera “diretta”, ma senza sovrapporsi a quella “rappresentativa” – i Parlamenti devono trovare nuove forme di comunicazione, attraverso consultazioni anche informali, messa in rete di proposte sulle quali si sollecita il giudizio dei cittadini, procedure che consentano di far giungere in parlamento proposte elaborate da gruppi ai quali, poi, vengano riconosciute anche possibilità di intervento nel processo legislativo. La rigida contrapposizione tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta potrebbe così essere superata, e la stessa democrazia parlamentare riceverebbe nuova legittimazione dal suo presentarsi come interlocutore continuo della società.
There’s a flaw in your eye.E’ una delle battute più celebri di Chinatown di Roman Polanski.Jack Nicholson si avvicina a Faye Dunaway e ne scruta l’iride da vicino mentre lei gli medica il naso ferito.I’ts a flaw in the iris.L’immagine del difetto nell’iride annuncia l’occhio deturpato dal colpo di arma da fuoco nel finale.La ripetizione di eventi che hanno analogie di qualche tipo all’interno di un film non è mai una cosa che lo spettatore percepisca come accidentale.E’ una forza tipica dei film quella di stabilire relazioni tra le cose il cui potere è di proiettare un senso sulle cose in generale.Per buona parte del film Nicholson e la Dunaway si scambiano battute micidiali,strumenti di gioco e difesa.Quando finiscono a letto è come se si abbandonassero l’uno all’altra spossati da una lotta giocata quasi esclusivamente sulle parole.Chinatown è un film elegante,una ricostruzione degli anni trenta e del mondo di Dashiell Hammett ma l’apparente noncuranza con la quale viene alimentato lo spessore dei personaggi e dei loro anfratti psichici è in realtà al servizio di una severa disamina di ogni mondo possibile,senza appello o riscatto.Nella fotografia ambrata e nelle raffinate scenografie Polanski dissemina alcune tracce insistenti che solo l’epilogo può decifrare :come la figura dell’iride macchiata di Evelyn e del fanalino infranto di Jake.Il personaggio vittima della più ingiusta delle violenze,muore nel più ingiusto dei modi : il mistero viene risolto ma il potere della violazione e del sopruso sotto l’ordine apparente rimane lo stesso di sempre.Inutile lottare : è Chinatown