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Anno: 2008

La grande aventure d’être moi

La grande aventure d’être moi


Castor ( à cause de son esprit constructeur) ha compiuto cent’anni in gennaio, qui da noi è stata distrattamente ricordata per la sua relazione con Sartre, mentre ha fatto gran parlare la pubblicazione di una foto di Art Shay che la ritrae nuda,  di schiena, in una stanza, presumibilmente da bagno, in quel di  Chicago. Correva l’anno millenovecentocinquantadue. Shay era amico di Nelson Algren, lo scrittore americano  con il quale Simone de Beauvoir aka Castor ebbe una, chiamiamola movimentata, storia d’amore. Tanto bastò per autorizzare i contemporanei  a concludere che la furia astiosa de Le deuxième  sex , si doveva al risentimento nei confronti dell’amante. I posteri non furono da meno. Castor del resto, era una figura votata allo scandalo, le definizioni – frigida, ninfomane, manipolatrice, Notre Dame de Sartre, e poi ancora troppo femminista, troppo misogina, fragile, vendicativa – l’hanno trafitta per l’intero arco della vita, mentre  la tendenza a leggere il contributo intellettuale delle donne alla luce dell’avvenenza o delle frequentazioni maschili di un certo rilievo, ha completato l’opera,  curando bene  che il suo nome non fosse mai citato senza essere disgiunto  da quello di Sartre. In Francia comunque, il centenario è stato occasione di numerose iniziative, gran parte incentrate sul suo On ne naît pas femme, on le devient , la premessa cioè di tutta la sua indagine, una sorta di mutazione antropologica in cui tra sesso e genere non c’è causalità ne’ relazione mimetica. Un concetto chiave questo, al quale  è stata dedicata la giornata dell’8 marzo. Si deve invece a Gallimard  la ristampa del suo saggio del 1948 titolato L’esitenzialismo e la saggezza delle nazioni ma soprattutto l’edizione de Les Cahiers de jeunesse (1926 – 1930) una raccolta di diari inediti che differentemente dalle ricostruzioni autobiografiche a posteriori, hanno il pregio di essere un resoconto senza filtri, delle sue giornate da studentessa nella Parigi degli anni venti. Chi è già abituato allo stile  memoires di Simone, troverà in queste pagine una differente verve e la felice scoperta di un panorama culturale raccontato con l’entusiasmo di una giovane donna, vivace e assai dotata. Sono enumerati elenchi impressionanti di opere filosofiche e letterarie, i pomeriggi al  cinema  a vedere Man Ray o più modesti film d’avventura,  la passione per Sophie Tucker, regina del ragtime. Ma il tema centrale del libro è soprattutto  la riflessione meticolosa e sempre  attenta alle dinamiche di costruzione del sé, è qui che si sviluppa la fatica consapevole  di  parlare con la propria voce e non con quella dei genitori, della classe sociale alla quale si appartiene o dell’epoca in cui si vive . Per Castor crescere significava liberarsi dall’impostura dell’ io fittizio ereditato. E  scegliere . Ciò importa la necessità della decisione – sempre onerosa –  che individua e segue  desideri e valori . Decisione che dilaga in queste pagine esuberanti e dalla quale prende forma la “certezza di una vocazione” al pensiero e alla libertà. Una bella introduzione al percorso intellettuale di Simone della quale emerge da queste pagine un ritratto vivo e credibile. Donne, le dovete tutto scrisse Elisabeth Badinter dopo la morte di Simone De Beauvoir ed è sicuramente vero che nelle elaborazioni  di Simone rimangono tutt’ora intatte potenzialità politiche e filosofiche, soprattutto le va dato merito di aver inaugurato una nuova era. Il pensiero delle donne non aveva mai smesso,nei secoli,  di prodursi : scrittrici, mistiche, suffragette, anonime….un magma in ebollizione che aveva però la necessità di essere meditato, chiarito, proclamato. Aveva bisogno che fossero trovate le parole per dirsi. Simone de Beauvoir è riuscita nell’impresa e i prodromi di questa ricerca sono contenuti in questi diari.

Les Cahiers de jeunesse ( 1926 – 1930 ) è un libro di Simone De Beauvoir edito da Gallimard, Francia 2008

Libera

Libera

 

La vicenda  di Ingrid chiudeva i post dello scorso anno nel momento stesso in cui , per il fallimento di una serie di tentativi dell’intelligence e delle diplomazie , le speranze sembravano affievolirsi. Molte cose sono successe da allora, grazie soprattutto alla tenacia della sua famiglia che non ha mai smesso di sollecitare e di tener desta l’attenzione, animando le iniziative di un vasto movimento a carattere internazionale e di numerosi tra governi e istituzioni. Qualche tempo addietro poi, il ritratto della sua rassegnazione, più che della sua prevedibile fragilità fisica, pubblicato dai giornali  di tutto il mondo aveva inflitto  un altro duro colpo alla Speranza di riaverla viva. In modo inatteso, invece, ieri Ingrid è ritornata all’affetto dei suoi cari e del suo paese che di lei ha ancora molto bisogno. Nell’illustrazione, la più bella prima pagina di oggi nel mondo. Sei anni.. ma per dirla con un poeta che lei stessa conosceva assai bene per questa volta lasciatemi essere felice.

Dignità quando ci pare

Dignità quando ci pare

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Indecente proposta razzista, violazione della dignità umana e del principio di uguaglianza : permetterebbe ( Silvio Berlusconi ) che agenti di polizia prendessero le impronte dei suoi figli o dei suoi nipotini? Non hanno dimenticato proprio nulla quelli di Famiglia Cristiana nel loro ultimo editoriale contro la proposta Maroni.  Peccato che la dignità umana e il principio di uguaglianza non abitino solamente nei campi dei senza territorio. Facile indignarsi per la sorte di quei poveri bambini, meno facile è applicare gli stessi principi quando la violazione concerne il diritto ad una morte dignitosa, al riconoscimento di un legame tra due persone dello stesso sesso o di sesso diverso che non desiderano sancire il vincolo in chiesa o in municipio, alla maternità consapevole e senza rischi, all’identità sessuale, alla fecondazione assistita. Anche in quei casi avremmo trattati internazionali, codici etici da rispettare o più semplicemente un sentimento di umana compassione del quale farsi carico. Anche in quei casi si tratta di soccorrere sofferenze. Anche in ciascuno di quei casi ci sarebbe un orribile discrimine da contrastare. Quelli di Famiglia Cristiana pensano di poter utilizzare principi universali solo a beneficio di alcuni casi particolari. Non è una novità, poichè è anche grazie alle analisi selettive della realtà di quei ministri, deputati, lettori cattolici, le cui coscienza l’editoriale va interrogando  con tanta foga,  che questo Paese si trova  nello stato di arretratezza in cui si trova.

Cos’hanno i russi da ridere ? ( un film per Maroni e Putin)

Cos’hanno i russi da ridere ? ( un film per Maroni e Putin)

E’ possibile che questo 12, remake in chiave russa de La parola ai giurati di Sidney Lumet non sia piaciuto a Putin. Poco male, conoscendo Nikita Mikhalkov, regista a torto considerato di regime, ma dalla bellissima pièce di Reginald Rose  – di questi tempi poi – non ci si poteva aspettare altro che la conferma di un concetto universalmente valido : senza giustizia ( non solo quella dei tribunali) è impossibile qualsiasi pace sociale mentre se a guidare le nostre azioni  è il  pregiudizio, il rancore, la meschina discriminazione – manco a dirlo – l’errore è garantito ( non solo quello dei tribunali) Ed è cercando  argomenti persuasivi per quei giurati che hanno fretta di concludere con una condanna da appioppare al giovane parricida ceceno, ed è indagando nella vita di quei giurati – materia di disanima impietosa della Russia d’oggi – che tra rivelazioni e colpi di scena, si dipana una storia che andrebbe inviata a Maroni per la visione obbligatoria, tre volte al dì prima dei pasti principali. Perchè i ceceni non sono rom, ma che fa? Sempre di nemici si tratta e in quanto tali restano trogloditi, ignoranti, animali e poi, oltre ad essere delinquenti nati, nemmeno sanno parlare bene il russo (ognuno ha il suo ceceno).

Siamo di fronte dunque a qualcuno che è innocente tanto quanto incarna il ruolo del condannato ideale. Mikhalkov regista, che qui è anche interprete – e quindi istiga doppiamente, fuori e  dentro la scena – è bravissimo ad aizzare i giurati a scatenarne gl’istinti peggiori – giustizialismo, antisemitismo, razzismo – tutto fuoriesce, in un generale rigurgito di liti e rinfacci, mentre i flashback sulla guerra in Cecenia squarciano il set – una palestra in cui si riunisce la giuria – aprono all’esterno, richiamando  una drammatica verità. Grande prova degli attori e degli sceneggiatori per aver reso al presente un testo americano anni 50 . Bellissima la fattura, com’è nello stile di Nikita Mikhalkov che rimane un grande regista ed un intenso interprete di quella che fu la parte di Hernry Fonda. Cos’hanno i russi da ridere si domanderà ad un certo punto uno dei personaggi, (l’attore comico/giurato)? Ridono di tutto perchè hanno paura. E noi? Cos’abbiamo da ridere, noi?

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12 è un film di Nikita Mikhalkov. Con Nikita Mikhalkov, Sergei Makovetsky, Sergei Garmash, Aleksei Petrenko, Yuri Stoyanov, Valentin Gaft. Genere Drammatico, colore 153 minuti. – Produzione Russia 2007. – Distribuzione 01 Distribution

Undici post

Undici post

Più umilianti ancora della sconfitta sono stati i termini del dibattito politico di questi ultimi mesi. Perdere può non essere un’esperienza tragica se ciò accade nonostante una lettura credibile dei segnali  di cambiamento che  la società manifesta di continuo o a fronte di proposte che da una parte ne tengano il dovuto conto e dall’altra non siano, divenendone il riflesso, ad esse soggiogate :

C’è un compito politico che ci impone nel tempo medio , di chiudere il dopo 89. Che vuol dire superare la diaspora che ha diviso la sinistra a partire da quella data  e ricomporla unitariamente, in grande, in avanti .

E’ un passaggio del discorso che Mario Tronti ha tenuto all’assemblea del CRS di venerdì scorso . In tal senso  le Undici tesi dopo lo tsunami   – declinazione del compito di cui sopra –  rappresentano il nucleo intorno al quale sviluppare una proposta politica  e insieme culturale  al cospetto  di un cambio di fase storica che reclama iniziativa. Qualcosa si può mettere in moto seguendo direttrici  non scontate nella discussione del dopo sconfitta e se il problema è, come più volte si è osservato, culturale prima ancora che di agenda politica, ci sarà modo di affrontare quanto è stato in questi anni rimosso se si attiva la necessaria capacità di uscire dal campo limitato del ceto politico di transizione, dislocando finalmente  i conflitti su territorio glocal . Niente, come si può capire, è a portata di mano in questo progetto di ricostruzione di una sinistra moderata, autonoma, critica, autorevole, popolare che contrasti la destra illiberale, non fascista e autoritaria sedimentatasi in Italia dal 1994 ad oggi ma… comunque la si pensi –  e all’assemblea del CRS i molti interventi hanno rappresentato una vasta gamma di umori – a me sembra che queste undici tesi siano la base di dialogo più interessante e concreta a nostra disposizione in questo momento. Per questo le ho fatte  diventare undici post e un nuovo tag, in modo che chiunque ne abbia voglia, possa chiosare nei “commenti" come meglio crede :