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Anno: 2008

11) Tracce di civiltà

11) Tracce di civiltà

Intendiamoci su questo. Non si tratta di mettere insieme i pezzi della vecchia sinistra. Sarebbe un’operazione fuori tempo e senza spazio. Il vecchio bisogna sempre che sia quello dell’avversario, mai il nostro. Tutte e due le tradizioni, quella comunista e quella socialdemocratica, sono esaurite. Ma non si creda che sia allora viva, per i bisogni della sinistra, la tradizione liberaldemocratica. Il partito del popolo della sinistra è oltre tutta intera questa storia. Le componenti popolari si sono sfaldate, ma le loro culture in senso lato, cioè le tracce di civiltà, che esse hanno depositato nella storia del nostro paese, sono lì, in attesa di essere riconosciute,valorizzate, riorganizzate e riunificate con le nuove culture, con i nuovi grumi di civiltà: le esperienze di organizzazione con le esperienze di movimento, il socialismo con il femminismo, il cattolicesimo sociale con i diritti della persona, il lavoro salariato con l’ambientalismo politico, la cultura del conflitto con la cultura della pace. Tutto questo, insieme, è popolo della sinistra. E può diventare partito del popolo della sinistra. Non è un blocco, è un campo. Non si comporrà da solo. Bisogna comporlo. Ci vuole decisione politica e pensiero forte. Ma, ecco: non si deve scherzare con i propri riferimenti, pratici e teorici. Altrimenti si diventa un’altra cosa.

Superiority complex ( una sinistra antipatia)

Superiority complex ( una sinistra antipatia)

 ricolfi

Sono all’edicola e un tale fisicamente ben messo – che magari si occupa di Priorità ma non di Precedenze –  piomba, dribbla la fila e chiede al gestore che la sua copia del Manifesto gli venga sostituita perchè stropicciata.  La battuta scatta spontanea  ed è del tipo  l’amore non dovrebbe guardare in faccia le stropicciature. Lui mi squadra e di rimando mi indirizza un  Certo ! carico e aggressivo, dietro al quale insiste un non vago sentore di disprezzo per la tranquillità borghese della divisa che indosso al momento ( anche lui ne ha una, di segno diverso  ma evidentemente non siamo pari ). Faccio segno con la mano al gestore che vorrebbe enumerare al manifestante anti stropiccio, le mie credenziali in termini di editoria schierata – ci mancherebbe altro –  poi, attraverso Largo di Torre Argentina e filo dritta a comperare il libro di cui all’oggetto e che promette spiegazioni sul perchè la gente di sinistra è antipatica. Alla fine – e devo dire non ci contavo troppo – mi sono fatta, in aggiunta, anche un'idea del motivo per cui difficilmente riconosce le metafore ( brutto segno), ha scarso senso dell’umorismo e non rispetta le file :

Una  prima edizione di Perchè siamo antipatici sottotitolo la sinistra e il complesso dei migliori era già uscita nel 2005 a ridosso delle precedenti elezioni politiche. Luca Ricolfi che ne è l’autore,  sosteneva allora che quelli di sinistra non sono antipatici solo alla destra, cioè al proprio naturale antagonista ma pure a tutti gli altri, a quelli cioè che non appartenendo ad una preciso schieramento, decidono dei propri orientamenti elettorali sulla scorta di considerazioni rispettabilissime ma  che con l’ideologia non hanno nulla a che vedere. Un target con il quale sarebbe indispensabile dialogare e che mai come ora è sembrato infinitamente distante e totalmente impermeabile  sin ai messaggi di elementare  ragionevolezza politica.   I motivi della sinistra antipatia, erano individuati dall'autore nell’adozione di un  linguaggio oscuro, codificato,  spesso  in contrasto con una visione realistica delle cose e in una sorta di ostentata supponenza morale e culturale, in un primato etico, in qualunque circostanza, orgogliosamente rivendicato. Un problema questo, che nel corso del tempo, è stato più volte segnalato da intellettuali di spessore, animando i pubblici dibattiti  di una precedente transizione, quando cioè , rispetto ai cambiamenti di quel complicato periodo che seguì la caduta del muro , ci si accorse non essere più i comunisti, i soli  a perseguire l’obiettivo di una società più giusta. Certo, la ricostruzione di un’identità sociale nuova è un lavoro che richiede anni, per capire però a che punto siamo o per meglio dire, quanto ritardo abbiamo accumulato, basta osservare il comportamento delle persone ritenute politicamente più sensibili al cospetto dell’ultima  sconfitta elettorale:  da quelli che vogliono sdegnosamente espatriare a quelli che  ritengono il popolo italiano una massa d’imbecilli ammaliati da Berlusconi, si snoda una vasta gamma  di propositi e sentimenti che non escludono nostalgici  ritorni ad un passato di coerente militanza oppure che spensieratamente sostengono il tanto peggio tanto meglio . C’è persino chi nega la sconfitta o chi è fermamente convinto che dall’opposizione si possa più agevolmente costruire una ripartenza. Ed è per l’appunto alla luce dell’ultima  debacle elettorale che Ricolfi aggiorna il suo Perchè siamo antipatici  aggungendo carne al fuoco e nuovi indizi di antipatia come per esempio   la resistenza  a  prendere atto di una semplice verità e cioè che messaggi più chiari e convincenti abbiano catturato i voti sin degli elettori  tradizionalmente vicini alla sinistra e che il successo della destra  sia stato ottenuto col contribuito decisivo della pessima immagine che ha mostrato di sè, durante l’ultimo governo Prodi.  E questo nonostante, Veltroni ci abbia provato a non alimentare il razzismo etico, inaugurando in campagna elettorale,  un linguaggio semplice, cercando di promuovere il rispetto dell’avversario, smorzando gli atteggiamenti di superiorità morale, prospettando un’idea differente  di rapporto tra le forze politiche. Non tutte le asserzioni del libro –  che comunque contiene qualcosa di più di un semplice fondo di verità –  sono condivisibili, la lettura procede agevolmente e se s’inceppa è solo perchè a tratti risulta irritante. Tuttavia sorge il dubbio che, in questo caso, siano proprio le nostre  reazioni di ripulsa ad avere bisogno di un attenta disanima, suscitando in noi quel  sospetto che è sempre una  preziosa risorsa per indagini e  riflessioni. Valentino Parlato all’indomani della sconfitta elettorale di Roma, adottando nei confronti della sinistra l'aggettivo repellente ben definiva le reazioni degli elettori al cospetto della stessa. Ed è vero, lo si avverte sin nell'osservazione di banali episodi quotidiani quando in certi contraddittori, pur esponendo ragioni improntate a criteri di buon senso, si viene guardati come marziani. Evidentemente con il nostro atteggiamento non rendiamo apprezzabili nemmeno i buoni principi di cui vorremmo essere portatori. Questo libro è anche un contributo sulla via della messa a punto di un linguaggio, le modifiche del quale oggi si ritengono indispensabili per contrastare il semplicismo con immediatezza degli spot di governo laddove tra disagio nostro e repellenza altrui bisognerà pur trovare un punto di approdo.Non senza una presa d’atto dei nostri errori. Ma, tristemente, sembra proprio quella che tarda ad arrivare.

Il sentimento di superiorità morale della sinistra riaffiora continuamente nel discorso politico, indipendentemente dalla carica e dai ruoli ricoperti. Che si tratti di dirigenti politici, di militanti o di semplici cittadini, che si tratti di moderati o di radicali,di riformisti o di massimalisti, l’idea di una superiorità etica della sinistra,sembra essere una convinzione profonda di una parte tutt’altro che minoritaria di coloro che fanno politica a sinistra e in qualche misura anche del popolo di sinistra in quanto tale.

Perchè siamo antipatici, la sinistra e il complesso dei migliori, è un libro di Luca Ricolfi edito da Longanesi.

Disertiamo tutti i festival italiani !

Disertiamo tutti i festival italiani !

spilla100autoriDopo anni, il cinema italiano era riuscito a ottenere dal precedente governo due norme vitali per il suo sviluppo, tax credit e tax shelter, misure che lo mettevano alla pari con gli altri paesi e lasciavano sperare in un rilancio e in una crescita artistica e industriale.

Ora invece siamo al paradosso: un governo liberista, che dice di voler aiutare l’imprenditoria del nostro paese, CANCELLA QUESTE NORME, lasciando solo quelle che aiutano il cinema USA e le ristrutturazioni delle sale cinematografiche.
Visto che si produrranno sempre meno film italiani, ci chiediamo perché rinnovare le sale a spese dei contribuenti. Per migliorare ulteriormente la visibilità dei film hollywoodiani?

La verità è che non c’è nulla di tecnico, nulla di economico in questa decisione. Infatti tutti gli studi anche a livello internazionale indicano che queste misure generano un “ritorno di cassa” superiore a quanto lo stato perde in tasse. Per esempio, in America ci sono oltre 200 misure di incentivazione fiscale per il cinema a livello nazionale e regionale.
Nel resto d’Europa tutti i paesi, anche i più piccoli, hanno forti meccanismi di tax shelter e tax credit per aiutare il cinema, oltre ai fondi statali e regionali di finanziamento per il cinema.
Il motivo per cui tutti i paesi avanzati utilizzano questi incentivi è che si tratta di misure liberiste che non pesano sulle finanze pubbliche, ma che al contrario creano ricchezza in tutto il mercato e aprono a nuovi investitori aumentando le risorse disponibili per produrre film.
Semplicemente, tax credit e tax shelter generano lavoro, generano cultura, moltiplicano i film e le occasioni per rappresentare il nostro paese – ma soprattutto producono libertà culturale. È proprio questa libertà che il governo Berlusconi, liberista a parole, vuole sopprimere.
In campo culturale le misure liberiste preferisce applicarle solo ai film hollywoodiani. I “nostri” film è meglio non farli. Potrebbero, come hanno fatto anche recentemente con riconoscimenti internazionali e successo di pubblico, rappresentare un paese che la televisione ha smesso di raccontare. Meglio, molto meglio che tutti coloro che fanno il cinema, sempre più stretti tra duopolio Rai e Mediaset, monopolio Sky e le grandi distribuzioni americane, rimangano nella condizione di questuanti della politica.

I Centoautori chiedono pertanto le immediate dimissioni del ministro Bondi, il quale pur essendosi impegnato a difendere questi incentivi con dichiarazioni alte e ispirate sul ruolo della cultura e della bellezza, alla fine ha ceduto alle istanze del governo. Un governo che inizia la sua azione mostrando di non avere una visione per il futuro e di non credere al ruolo del cinema nel rilancio del nostro paese.

I Centoautori, d’accordo con le associazioni dei produttori italiani ANICA e API, invitano autori, registi, produttori, attori, al boicottaggio di tutti i festival italiani, rifiutandosi di partecipare a giurie, concorsi e premi.

Non festeggiamo il cinema, mentre il governo fa di tutto per affondarlo.

100 autori

Comunicato dei 100 autori del Cinema Italiano

Spifferi

Spifferi

Democratic PartyPrimo spiffero : D’Alema  “Riformisti e democratici” (Red), costola di Italianieuropei. Vassallo  “Fondazione scuola di partito”. Fioroni and co  Quarta fase” ( con rivista). Fassino, “Pensiero democratico”. Letta  “Trecentosessanta gradi”. Rutelli  “I Coraggiosi” e – ultima in ordine di apparizione – Controcorrente di Giovanna Melandri, la corrente di quelli contro le correnti, starring nientepopodimenochè Giuliano Amato,  grand deserteur della riunione di Red al Farnese, dov’era atteso in quanto copresidente di Italianieuropei, ieri pomeriggio. In agenda poi ci sarebbe  la riunione dei Mille  che senza mezzi termini dichiarano di voler uccidere il padre (curioso ordine del giorno ma.. problemi, come si dice in questi casi, loro ). E’ ignoto se questo parricidio comporti necessariamente il farsi corrente o fondazione o quel che l’è, ma questo lo sapremo dopo l’assise  di luglio (o forse mai, che è lo stesso). Questa, più o meno, la mappatura delle Correnti a stasera. Devo dire che non considero tutto questo movimento ( ce n’è parecchio) un sintomo di crisi che casomai, si evidenzierebbe altrove. Del resto seppur meno esposte ai rumors e alla mediacità,  all’interno del PCI ci sono sempre state, ne sanno qualcosa Giorgio Napolitano e Armando Cossutta, entrambi capofila di rispettive compagini, attivissime e quasi mai allineate, lo dico così  ..tanto per citare un paio di esempi di quanto sia nuovo, il nuovo che ci avanza. E va da sè che non siamo nemmeno al Passato che ritorna, se ognuna di queste organizzazioni riuscisse ad attirare con le proprie iniziative,  l’interesse di cittadini politicamente non schierati, a immettere energie altre nel circolo chiuso di dinamiche stranote,  questa fioritura tardo primaverile sarebbe persino un bene. Così purtroppo non sarà, ognuno parteciperà ad un numero imprecisato di riunioni, con gli amichetti propri ( sempre quelli, perchè oramai nemmeno chi sta con chi provoca sussulti rispetto all’andazzo generale, sonnacchioso anzichenò) e poi quando sarà il momento i più bravi presenteranno il conto. Cioè in soldoni chiederanno la rappresentanza nelle liste elettorali di futura compilazione. Davvero crediamo ancora alla Befana?

Il secondo spiffero arriva da qui  – gran delusione – e cioè dalla oramai consueta  rampogna del neo designato Wittgenstein  ( dunque non eletto come gli altri) alla Direzione Nazionale, peraltro su proposta del Segretario del PD Veltroni (ma de eso no se habla). Che strazio …ma è ovvio che essere giovani non basta esattamente come non basta  essere vecchi, ma sta storia finirà col diventare  un tormentone senza senso se non viene quantomeno mutato il registro. Intanto perchè nel caso di specie i gggiovani  hanno mediamente quarantacinque anni, il che non li colloca propriamente all’interno della categoria classicamente intesa, e poi perchè molto più semplicemente l’idea che conoscere il mondo coincida con avere confidenza con Facebook o con la Rete è di una banalità sorprendente. Le uniche credenziali possibili, sono i voti riportati da qualche esponente del citato elenco alle primarie o peggio alle elezioni. Che altro? Con tutto il rispetto per i curricula di tutto rispetto, in una organizzazione democratica contano le proposte, quelle che  ancora non ci è capitato di conoscere. Le aspettiamo da un anno a questa parte. In mancanza, stiamo ascoltando esclusivamente  le lamentazioni che poi vengono  rimpallate dai blog,  ma quanto può durare? Tutti dicono che il problema è culturale ( e vai col tango della nuova cultura) che  bisogna trovare altri linguaggi su sicurezza, legalità e giustizia per rivolgere ai cittadini le nostre proposte che – attenzione! – non devono essere  costruite sulla scorta di  quelle della destra ma autentiche originali e in armonia con la nostra formazione di sinistra. E poi? E poi basta.Tutti si fermano lì. Al limite ci  si  lamenta, mentre tra un sospiro e una sgranata d’occhi  ci si interroga smarriti su cosa faccia l’Opposizione. Forse continuiamo ad essere  in balia delle vecchie nomenclature perchè il  nuovo che qualcuno va squadernando da mesi  non poggia su un’iniziativa politicamente dignitosa?

Greetings from Sherwood

Greetings from Sherwood

Sherwood

Certo la Robin Tax – tassare i ricchi per redistribuire ai poveri – suggestiva e tanto accattivante da essere stata lo spot di parecchie  campagne elettorali  americane, consta di un solo trascurabile inconveniente : quello di essere una tassa che facilmente si ri-trasferisce sui cittadini sotto forma di aumento dei prezzi. Sperare che la Compagnia Petrolifera XYZ, si arrenda al balzello senza rivalersi sui consumatori, appartiene all’area della  leggenda quasi quanto l’arciere di Sherwood. E che l’intera trovata sia invece, in tutto e per tutto, degna di Giovanni il Re Fasullo d’Inghilterra e dello Sceriffo di Nottingham , è indicato dalla scarsa reattività  alle variazioni di prezzo tipica della domanda di carburante. I consumatori per difendersi dovrebbero cambiare radicalmente abitudini, ci vorrebbero anni per spegnere qualche luce e chiudere le macchine in garage, quindi XYZ ha tutto il modo di praticare gli aumenti  che vuole, senza particolari preoccupazioni di  contraccolpi sulle quantità vendute. E’ vero che Tremonti  nel Decreto ha fatto inserire un articolo  in cui espresso è il divieto di traslare le maggiorazioni d’imposta sui consumatori ma è altrettanto vero che ampi settori del mercato energetico, non essendo regolamentati non sono altresì soggetti a prezzi amministrati in virtù di direttive comunitarie….come dire: un cortese invito del Governo ma niente di più. La metà dei proventi di questo prelievo sarà destinato alla copertura finanziaria delle carte prepagate per generi alimentari e bollette. Il resto prenderà altre strade ( ignote al momento) . Nulla è dato sapere dei beneficiari, se non che verrà seguito un criterio anagrafico e anche qui, non è ben chiaro perchè solo agli anziani  e non ai giovani disoccupati per esempio, ma soprattutto perchè lo Stato dovrebbe sobbarcarsi  dell’onere organizzativo – stampa distribuzione gestione amministrativa delle card –   quando potrebbe erogare direttamente i quattrini agli aventi diritto. Nelle pieghe della Robin Tax, ci sono macchinazioni a non finire, dalle royalties per l’estrazione del petrolio su territorio nazionale, al prelievo sulla rivalutazione delle scorte di magazzino ( che non sono tutte su territorio oltre che costituire in gran parte, l’intoccbile riserva strategica )  all’incremento dell’IRES sull’intera filiera petrolifera (dalla produzione alla distribuzione) e sulla stessa generazione e commercializzazione dell’energia elettrica. Ma non sarebbe stato più semplice attingere dai dividendi che lo Stato deve incassare dall’ Enel e che oltretutto sarebbero stati soldi veri già pronti per l’eventuale uso? Evidentemente si, ma allora avrebbe dovuto davvero pagare lo Stato.  Alla fine della fiera nessuno conosce l’importo del gettito ma una cosa è certa : che nonostante tutti i marchingegni non sarà elevatissimo e che  le card saranno finanziate dall’aumento dei prezzi. Altro che socialismo reale tremontiano. Da noi agli anziani insomma,  non senza l’importante mediazione pubblicitaria di Tremonti Nottingham. E con questo il governo ha messo a posto anche  i poveri. Va a dir male della creatività  e della sveltezza ( nove minuti di consiglio dei ministri) che qui a Sherwood – per chi non se ne fosse ancora accorto – è tornato a splendere il sole.

Nell’illustrazione la foresta di Sherwood.Quella vera.