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Anno: 2008

Il presidio della posizione

Il presidio della posizione

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Dice Villari : non mi dimetto perchè sento di rappresentare la soluzione del problema. Il problema sarebbe quello di presiedere la commissione di vigilanza RAI dopo le tortuose vicende legate al fallimento  della candidatura Orlando. Eletto Villari con designazione unilaterale e i voti della sola maggioranza, non è che si siano determinate storture in ambito costituzionale o di regolamento. Ma dato il susseguirsi degli eventi e il particolare contesto, nessuno può cavarsela asserendo che poichè non ci sono state violazioni, la presidenza Villari è regolare e dunque va bene.

Vero è, che dopo le  ripetute bocciature della candidatura Orlando, sarebbe stato utile che l’Italia dei Valori presentasse una rosa di nomi in alternativa, non fosse altro per  evitare che inutili radicalizzazioni esponessero un fianco politicamente – e numericamente –  troppo debole.  Se all’avversario è data la possibilità di selezionare un rappresentante in campo opposto, è scontato che  la scelta cada, non già su colui che meglio incarna il ruolo di garanzia,  ma sul  più malleabile. Sotto questo profilo Villari ha il curriculum ideale : ottimi rapporti con la destra e un percorso di esperto  saltatore da una formazione e l’altra.

Data però l’esigenza di una candidatura differentemente espressa, per lo stesso particolare regime di monopolio di buona parte degli assetti televisivi, si rende  indispensabile una figura sulla quale convergano i consensi. Ovvio che il PD chieda le dimissioni del neoeletto presidente o, in alternativa, che mediti nei suoi confronti,  il provvedimento disciplinare. Scelte maturate al di fuori del partito o del gruppo parlamentare e comunque in disaccordo con gli stessi, non sarebbero tollerate manco in una formazione anarchica. Inutile che si strilli al ritorno dello stile PCUS. Non c’è elettore del PD che io conosca e che in questo momento non si stia chiedendo come si è potuto arrivare a questo ennesimo cul de sac, ma soprattutto se il criterio di affidabilità e di condivisione del progetto, rientrino ancora nei parametri con i quali si scelgono i candidati da inserire nelle liste elettorali. E gli alleati.

Ma per tornare a Villari e al suo stravagante modo d’intendere il concetto di problema e di risoluzione del medesimo, l’elezione a presidente – a suo dire –  conferirebbe alla sua persona  il rilievo politico di uomo cerniera, ruolo indispensabile  nella difficile arte del dialogo tra opposizione e maggioranza.Il che ovviamente rende necessario il presidio della posizione.  Non so davvero, immaginando quale futuro. Certo è curioso un presidente che promuove il dialogo sulla propria successione, senza manifestare la benchè minima intenzione di dimettersi.

Ma probabilmente la chiave di tutto sta proprio in quel presidio della posizione, buttato lì da Villari, con disinvolta spensieratezza. E nel rifiuto di Di Pietro di adire al compromesso : una nuova candidatura o la rinunzia ad avere un presidente dell’Italia dei Valori. In entrambi i casi, mi sembra,  ci si allontani dal problema politico, ovvero dalla tutela dell’interesse comune, per far luogo al vero motivo della disputa : un problema di poltrone e dunque, cosidetto di casta. Spero che Veltroni, in evidente difficoltà, si cavi d’impaccio, decidendo in entrambe le circostanze, quello che molti si attendono. Un bel calcio nel sedere agli amanti del presidio. Rilanciato da tutti i notiziari della sera. E in perpetuo su You tube.

Requiescat

Requiescat

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Il prontuario dell’esponente cattolico di maggioranza, non contempla risposte di merito. Nelle apparizioni televisive, nelle dichiarazioni, nessuno si prende la briga di approfondire, dimostrare o misurare. Ogni argomento, marchiato dalla ripetitività ossessiva di espressioni pronunziate in spregio al verosimile, all’etica, al decoro, mira semplicemente a circoscrivere la libertà della persona entro limiti  che ne impedirebbero il diritto a tutelare la propria salute e a condurre un’esistenza dignitosa.

 Rispetto a questo, non c’è chiacchiericcio sulla natura dell’alimentazione forzata o sull’accertamento della volontà di Eluana, che tenga. Men che meno speciosi paralleli con l’eutanasia potrebbero mettere in discussione quanto era già scritto nel nostro Ordinamento e che  la sentenza della Cassazione, sulla scorta di corpose relazioni scientifiche e di una puntuale esegesi giurisprudenziale, ha sancito, soprattutto nella parte in cui si esclude che in simili scelte definite personalissime , sussista  il coinvolgimento di  un interesse pubblico. Una legge sul testamento biologico sarebbe auspicabile solo entro il perimetro costituzionale disegnato dalla sentenza.

Ma non è aria. E mentre da alcune parti si negano le strutture sanitaria, da altre si mette in scena la farsa del cavillo fraudolento che lascia poco sperare nella futura sobrietà della disputa. Storpiato, come oramai è d’uso, il contraddittorio, devastato il lavoro dei tribunali, la solita ibridazione che non serve a nulla e che anzi,  in alcuni casi complica e aggrava i problemi, sarebbe  dietro l’angolo. Meglio niente. Magari il silenzio, se ne siamo capaci.

Aspettando

Aspettando

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Ogni volta che gli viene rivolta  l’abusata  domanda – cosa prova? – Beppino Englaro risponde parlando di Eluana, o al più di una condizione genitoriale, sempre espressa però , in termini di disagio esistenziale, mai emotivo.

Beppino avrebbe potuto servire il suo dolore sui piatti d’argento dei talk show della sera, magari autoassolvendosi  con  quella  visibilità che sembra oramai indispensabile  al successo  di ogni causa. Invece ha scelto di tenere un contegno differente, per  consentire più spazio al tema civile e dei diritti, piuttosto che a quello dell’ambito  privato.

Ha resistito con dignità alla violenza che procedure complicate infliggono a chi, ha visto uno spiraglio nella Giustizia. E predisponendosi ad un’attesa che quando non è vana, prelude ad altre attese ed altre ancora  genera, ha imparato a sue spese a vivere in una dimensione che noi possiamo solo immaginare.

Tutta la scienza e la coscienza del mondo dovrebbero soccorrere  il suo essere padre e cittadino. Comprese quelle sedi istituzionali,  le stesse che invece di tutelarne i diritti, hanno consegnato lui e sua moglie al superamento di altri ostacoli e ad altre attese.

E da ultimo la tempestiva intromissione del Pontificio Consiglio per la salute che con espressioni pesanti ed irrispettose, ha espresso anticipata condanna su eventuali decisioni della più alta magistratura di un altro Stato.

Nelle mani di magistrati – eccellentissimi supremi giudici – chiamati a decidere su correttezze procedurali , non è solo la liberazione di Eluana dalla sua triste condanna ma il diritto di Beppino e di sua moglie a vivere il dolore del distacco, elaborando un lutto che dura da diciotto anni.

Costruire democrazia

Costruire democrazia

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C’è un detto in uso a Washington che più o meno recita così :  solo in due circostanze puoi far sgombrare un eletto dal seggio che occupa al Congresso : se viene sorpreso a letto o con una donna molto morta o con un bambino molto vivo.Tanto per dire come per la bianca ( e bellissima) testa di Ted Kennedy, non sia un fatto inconsueto, come pure non lo sono per altri, gli 11 mandati, corrispondenti a diversi lustri di onorato servizio, che poi, a dirla tutta, si risolve nel ricevere schiere di lobbisti, distribuire favori,  riceverne e raccogliere fondi elettorali quando ve ne sia necessità. Cioè di frequente.

Tutto questo mentre i due principali partiti che in campagna elettorale sembrano macchine  imponenti, partecipate ed oliatissime,  per il resto del tempo si riducono ad entità evanescenti e a tratti, sin poco distinguibili l’uno dall’altro.

Non per niente, e da anni,  la fiducia che i cittadini ripongono nel Congresso di Camera e Senato è sotto al 20%

Dico ciò a beneficio dei recenti  entusiasmi filoamericani, spesso legati ai fautori della politica vicina alla gente – ma poi se domandi loro come ci si deve regolare quando ti accorgi che la gente vuole impiccare l’immigrato al palo più alto, non sanno rispondere – o di quelli del rinnovamento – ma se poi  domandi loro di quali contenuti  riempire il nuovo,ti parlano di ricambio della classe dirigente in termini anagrafici, ovvero fanno come Berselli nel suo ultimo Sinistrati che in 181 pagine al netto dell’indice dei nomi, ne destina solo 23 ad un  che fare più disperato e discutibile del resto della sua storia sentimentale di una catastrofe politica, (libro invero piacevole, quantunque apocalittico) –

Insomma tutti coloro che guardano all’America, pensando di poterne replicare i modelli qui da noi, dovrebbero invece riflettere sulla connaturata propensione al cambiamento di quel popolo, tratto caratteristico che coniugato con l’ effettiva possibilità di liberarsi di  quello che si ritiene, non funzioni, è tra i motivi del successo di Obama.

In tutto questo, un ruolo speciale l’hanno svolto le Primarie, consentendo agli elettori di esercitare un reale potere nella designazione del candidato. Tant’è che in entrambi i campi, si sono verificati risultati in controtedenza rispetto alle volontà dei partiti. Anche Mc Cain era un outsider in casa repubblicana.

Eh sì, gli Stati Uniti sono proprio una grande democrazia, (la più grande che il denaro possa comprare, per dirla con Greg Palast ) comunque la si pensi però, una democrazia incardinata su regole che la maggior parte dei cittadini segue perchè condivide, trova utili e su di un Sistema in grado di punire severamente i grandi e i piccoli trasgressori. E’ tutta lì la certezza di potersi liberare di quello che non funziona.

Ora, noi perdiamo molto tempo per correre dietro ai rialzi, alle tinture, alle battute, ai loft e al discutere sul come si deve discutere e soprattutto come si deve comunicare quel che si è discusso ( cioè nulla)  ma nemmeno un briciolo di tutte queste energie ci viene in mente di investire nel pretendere che si costruisca anche da noi una democrazia tale da consentire al figlio dell’operaio di diventare presidente della repubblica.

A partire da vicino vicino, da quella legge elettorale che ci vede poco coinvolti ma che così com’è, ci sottrae potere decisionale. Stabilire come si smazzano le poltrone non è un passo verso il famoso ricambio ? Proporre primarie istituzionalizzate, non realizza nei partiti maggior democrazia? E ancora sul federalismo, sulla riduzione del numero degli eletti in camera e senato, sull’abolizione del bicameralismo perfetto e su tutto quanto fu l’asse portante, non solo della campagna elettorale del PD, ma della sua stessa costituzione.

Perchè siamo sempre pronti a denunziare la nostra scarsa mobilità, il malfunzionamento dell’ascensore sociale, ma non c’interroghiamo mai veramente sul perchè dal parlamento, alle banche, alle aziende, all’università, il nepotismo è così radicato?Davvero siamo convinti che un’opportuna regolazione non riesca a contrastare il fenomeno?

Forse  in quanto detto non c’è tutto il rinnovamento che molti si aspettano, certo che però avviare una simile riflessione sarebbe un buon inizio. A meno di pensare che tutto ciò sia meno interessante del vuoto rivendicare più spazio  negli organismi dirigenti o dei dibattiti sul trilocale di Veltroni a Manhattan.

A tutta pagina (ma che belle che sono..)

A tutta pagina (ma che belle che sono..)

La prima pagina allude ad una celebre pubblicità.

La seconda ad un noto conduttore.

La terza è dedicata ad una ministra.

La quarta agli studenti…

Oggi, abituale giorno di riposo, il Manifesto esce egualmente. Solo  con quattro vignette firmate Vauro. Una per pagina. A tutta pagina.

Tanto non le pubblico. Che aspettate?