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Mese: Marzo 2009

Cronaca di una morte dimenticata

Cronaca di una morte dimenticata

Un giovane entusiasta che ama  – ed è quindi impegnato a valorizzare – il proprio lavoro, è una mina vagante anche se fa l’impiegato del catasto, figurarsi se ha scelto il mestiere di fare informazione.

C’è un modo dello stare al mondo che non può esimersi dal continuo interrogare ciò che accade. Si riescano o meno ad ottenere risposte, quel modo è vissuto come sovversivo di un ordine delle cose che non è solo appannaggio delle organizzazioni criminali.

Interrogarsi è il primo importante passaggio sul tragitto del costruirsi un’Etica. Se ciò si realizza su scala sociale, difficilmente le cose restano come sono. Per questo chi ha un’etica ed un’integrità,  ha molti nemici naturali ma anche insospettabili detrattori nella tendenza fatalista e distruttiva di quell’entusiasmo che sta alla base della voglia di cambiare.

Giancarlo Siani viene ucciso non solo per l’importanza delle rivelazioni – esito di un lavoro scrupoloso d’indagine –  ma perchè il  suo semplice continuare a stare al mondo, avrebbe infranto più di un teorema, in primo luogo quello che vede la mafia, impermeabile alla giustizia, come  unica, ineludibile prospettiva.

C’è nel film di Marco Risi un linguaggio essenziale e maturo che, dal traveling aereo iniziale ai titoli di coda, molto si adopera nel seguire il filo del racconto, disegnando il ritratto dell’antieroe : un giovane uomo reso vulnerabile dall’età, dalle proprie contraddizioni e dalla solitudine in  un contesto di fatto ostile . Sostenuto in questo, anche dall’interpretazione sfumata ed estremamente rispettosa del personaggio di Libero De Rienzo, il film è alimentato da un continuo conflitto che in virtù di una scelta cinematografica  del tutto  intenzionale  non viene risolto, ne’ sospeso.

Il film non dovrebbe richiamare troppo il confronto con Gomorra, trattandosi di due stili narrativi differenti ma soprattutto di una materia che nell’arco di oltre vent’anni è profondamente cambiata. Tuttavia a Risi, nulla nel settore dei parallelismi fantasiosi è stato risparmiato, nemmeno il raffronto col padre Dino. Ne’ il ricorso all’iconografia di genere, quantunque da quando le telecamere ci hanno mostrato, dopo il loro arresto, le vere abitazioni dei camorristi, non è più chiaro se gli stili prediletti, siano dettati dal cinema o se il cinema si sia ispirato a tali tendenze d’ arredamento.

Va invece dato merito a Risi per la tenacia spesa in una realizzazione che, nel corso del tempo, ha incontrato parecchi ostacoli. Ma soprattutto per essere riuscito nell’impresa di un film non didascalico che nel contempo consente una visione agevole anche da parte di chi, troppo giovane, nulla può sapere di quella stagione.


Fortapasc è un film di Marco Risi. Con Libero de Rienzo, Valentina Lodovini, Michele Riondino, Massimiliano Gallo, Ernesto Mahieux, Salvatore Cantalupo, Gigio Morra, Gianfranco Gallo, Antonio Buonomo, Duccio Camerini, Marcello Mazzarella, Daniele Pecci, Ennio Fantastichini, Renato Carpentieri, Gianfelice Imparato. Genere Drammatico, colore 108 minuti. – Produzione Italia 2008. – Distribuzione 01 Distribution

Presente passato utopia

Presente passato utopia

Un ingovernabile – ma solo all’apparenza – flusso di ricordi,  dilaga nei centoquaranta minuti di questo racconto epico, implacabile, di dolorosa ed autentica  bellezza. Mentre spazi e tempi  in continuo spostamento danno vita ad una metamorfosi narrativa in cui instabilità e violenza sono rese da un’espressività cinematografica da incubo, Hailé Gerima si rivela un potente narratore, proprio nell’ abile impresa di  dare una direzione precisa ancorchè non meccanica, a quegli spostamenti.

 Storia del ritorno – dopo la deposizione dell’imperatore Selassiè e l’avvento del colonnello Menghistu –  di Anbember che, come molti della sua generazione, ha vissuto e studiato medicina in Germania, speranzoso nel cambiamento e nel  fervore rivoluzionario che percorre Addis Abbeba negli anni 80  e determinato a rendere disponibile al suo popolo ciò di cui si è reso edotto : il suo sapere di medico ma anche quanto  è stato dell’esperienza politica maturata nei movimenti universitari.

  Troverà un paese egualmente preda della violenza, della corruzione e dalla degenerazione ideologica. Rientrerà – dopo essere scampato ad un massacro e costretto ad una pubblica autocritica –  nella Germania dell’est, dove nel frattempo è caduto il muro e dovrà subire un’aggressione neonazista.

Il nuovo ritorno in patria avverrà a ridosso della fuga di Menghistu, cercando rifugio nel suo villaggio d’origine. Ma laddove, tempo addietro era terra rigogliosa ora c’è un  deserto senza pace, percorso da manipoli armati che rapiscono i bambini per farne dei soldati.

Questo è diventata  Teza – l’aramaica rugiada del mattino - regione dell’Etiopia e titolo del film.

 Quand’è così, si arriva a rimpiangere il villaggio dell’ infanzia senza luce elettrica e sin, sull’onda della disperata nostalgia e dei ricordi, a riabilitare il tiranno Selaissiè, anche se solo come fautore del panafricanismo e combattente dell’invasione coloniale italiana.

  Si fa presto a dire La meglio gioventù etiope. L’ottica è completamente differente, anche se la rigidità di certi schematismi che non lascia spazio ad altre sensibilità se non quelle prescritte da un ideologismo devastante, somiglia in qualche modo ad altri errori commessi. Altri luoghi, stesso tempo. Gerima critica apertamente quegli errori della sua generazione.

Un film appassionato e, nel suo genere, militante. Soprattutto un film che pur intriso di cosmica tristezza, non rinuncia alla speranza e all’utopia. Senza l’egida di Hollywood, non si prevedono folle al botteghino. Ma….. chi soffre di mal d’Africa e d’altre patologie connesse, si prepari  a inevitabili ricadute. Quindi si affretti.

Teza è un film di Hailè Gerima. Con Aron Arefe, Abiye Tedla, Takelech Beyene, Teje Tesfahun, Nebiyu BayeDrammatico, durata 140 min. – Etiopia, Germania, Francia 2008. – Ripley’s Film.

 

Estrella estrellita

Estrella estrellita

serracchiani

Debora Serracchiani, consigliere provinciale, che non è  Amèlie e manco Heidi, ma –  mi dicono e non ho dubbi – un tostissimo avvocato del lavoro di Udine, oltre che invadere il web e la stampa nazionale è finita pure su El Pais e da quanto par di capire, domani sera – o prossimamente –  sarà ospite della nuova trasmissione della Bignardi.

Va benissimo, nell’un caso e nell’altro. Tutti coloro i quali si dicono, a vario titolo, preoccupati  dell’eventuale esposizione con relativa possibilità di massacro mediatico, dovrebbero riconsiderare il famoso video, dal quale inequivocabilmente si evince che Debora Serracchiani è in grado di badare a se stessa e di gestire l’improvviso successo come si conviene ad una persona adulta, equilibrata e capace.

Se poi qualcuno aveva ancora dubbi sul fatto che persone non coinvolte nelle dinamiche d’apparato, siano capaci di chiarezza al punto di richiamare l’attenzione non solo dei numerosi passeggiatori, bloggatori twittatori, oramai immancabili in ogni consesso – ma è davvero necessario che il mondo sappia, in tempo quasi reale, che il leader o il sottopanza,  alle ore 10.00 , si sono soffiati il naso? – ma di un consistente pezzo di Partito abitualmente estraneo alle celebrazioni autoreferenziali, pensi alla Serracchiani e si domandi se non sia il caso di aprire un confronto funzionale e serio con i circoli. Magari si scopre che di Serracchiani è pieno il Partito e  si va alle Primarie con le idee più chiare. Magari lo spariglio tanto atteso, è solo a un passo.

Il nodo da sciogliere non è l’età o l’identikit della nuova leadership o se le Primarie sono più belle e interessanti del Congresso, ma ancora una volta come si governano le differenze. E oserei aggiungere, come si sta nelle istanze di partito. Debora che, non a caso, riscuote consensi perchè interpreta il sentimento di molti, lo ha dimostrato. Fosse anche solo per questo, evviva lei.

He’s just not that into you (farsene una ragione)

He’s just not that into you (farsene una ragione)


Se l’unica risposta razionale a molti allarmati dubbi pseudoamorosi, deve essere fornita da Sex and the city o da  un chick flick o da un blockbuster – ma non ci si precipiti, si può attendere tranquillamente l’uscita al noleggio o il passaggio televisivo – qualcosa non funziona in certi modi che le ragazze hanno d’intendere i meccanismi che presiedono la conquista del partner di sesso  maschile.

Ovvero: laddove  lo studio di pur utili strategie da tavolo, comincia ad essere percorso da troppi quesiti destinati a rimanere inevasi, quelli del tipo  perchè non chiama – perché non risponde – perché non mi vuole incontrare –  perché  non lascia sua moglie – e s’impantana in consolatorie improbabili interpretazioni di silenzi, sottrazioni e reazioni che in realtà non hanno nessun bisogno di essere interpretati : He’s just not that into you : La verità è che non gli piaci abbastanza. Può sembrare umiliante ma rischia di diventarlo solo al cospetto del  troppo insistere.

Gli uomini sono meno complicati di quanto non vengano disegnati dalla fantasia femminile con  le sue generose pretese di conferire dignità ad ogni infantilismo. Quando non ad ogni furbizia o mascalzonata.

Non un gran lavoro ma egualmente utile proprio perchè la banalità delle situazioni  è tale da indurre lo scatto d’orgoglio. Ergo, se avete amiche – in primavera poi certe situazioni dilagano peggio di un’epidemia – rose dai dubbi, accompagnatele al cinema oppure –  He’s just not that into you – regalate loro una mattonella con su scritto il tormentone, da piazzare in cucina.

Il vero mistero invece è come abbia potuto Drew Barrymore produttrice, schierare un simile battaglione di dive e divi – infatti non è la recitazione che fa difetto –  convincerli ad interpretare una piéce così gracile da sembrare inesistente. Il cachet, non può essere la risposta, sono in troppi per essersene
aggiudicato uno appetibile. La frase in questione, tratta dall’episodio Il silenzio è d’oro della sesta stagione di Sex and the city è già un must in America e l’immagine della protagonista che per buona parte del tempo fissa un telefono che dopo il primo appuntamento , si rifiuta di squillare, un monito per ognuna.

Divertente il sito del film  con il test : otto passaggi per capire se una coppia può durare ( domande irresistibili)

He’s Just Not That Into You è un film di Ken Kwapis. Con Ben Affleck, Jennifer Aniston, Drew Barrymore, Jennifer Connelly, Kevin Connolly, Bradley Cooper, Ginnifer Goodwin, Scarlett Johansson, Justin Long, Leonardo Nam, Brandon Keener, Sasha Alexander, Morgan Lily, Michelle Carmichael, Trenton Rogers, Kristen Faye Hunter, Sabrina Revelle, Zoe Jarman, Alia Rhiana Eckerman, Julia Pennington, Renee Scott, Chihiro Fujii, Sachiko Ishida, Claudia DiMartino, Carmen Perez, Traycee King, Délé, Busy Philipps, Eunice Nyarazdo, Anita Yombo, Niki J. Crawford, Natasha Leggero, Anna Bugarin, Angela Shelton, Frances Callier, Rod Keller, Brooke Bloom, Marc Silverstein, Rene Lopez, Annie Ilonzeh, Mike Beaver, Kris Kristofferson, Shane Edelman, Bill Brochtrup, Stephen Jared, Melanie Stephens, Nicole Steinwedell, Erik David, Jarrett Grode, Alex Dodd, Kai Lennox, Wilson Cruz, Cory Hardrict, Hedy Burress. Genere Commedia, colore 129 minuti. – Produzione USA 2009. – Distribuzione 01 Distribution

Un pesce di nome Brunilde

Un pesce di nome Brunilde

 

Sembra facile, innocua, esile la storia –  Andersen o Collodi – della pesciolina rossa che per amore, o fantasia mutante, vuol diventare umana. Ma poi, come spesso accade con Miyazaki, dopo una breve immersione nella bellezza della fauna marina color acquarello, ci si ritrova a fare i conti con le metafore del sottotesto e le relative complicanze. Molto nipponico il tutto, quantunque le tematiche  possano definirsi universali. Dimenticare dunque la martellante,  gommosa canzoncina che nel più tradizionale stile sigla anime, ha preceduto con successo, l’uscita del film nelle sale

Ponyo Ponyo Ponyo pesciolina tu
dal mare azzurro, sei giunta fin quassù
Ponyo Ponyo Ponyo sofficiosa sei
pancino tondo tondo, bambina tu

E concentrarsi – che è meglio – su coraggio, amore, rispetto degli altri, lealtà, rapporto con la natura, mondo soprannaturale. Esorcizzato il melenso e l’infantile ecco qui il Cinema con il suo bagaglio di fantastiche immagini, poesia e colonne sonore colte by Hisaishi. Quanto c’è in questo film dell’universo di Miyazaki san – non si azzardi il  sensei che s’arrabbia è tutto da scoprire : dalla grande pittura giapponese di Hokusai a Silly Simphonies ad Antoine De Saint Exupery – Petite Prince  ma anche Vol de nuit e Terre des hommes  – a Wagner – e quando è Cavalcata delle Valchirie, interviene direttamente la matita  di Miyazaki, perchè le immagini della surfista Ponyo devono essere quanto più possibile all’altezza .E lo sono. Ma niente computer : 70 artisti, 180.000 disegni – moltissimi per un film di animazione e tutti rigorosamente a mano – a raccontare artigianalmente la Storia  dal punto di vista di un bambino :  Come andò che Brunilde ribattezzata Ponyo ,figlia di un ittiologo pazzo e di una divinità marina, ribellandosi al padre ne provocasse le tsunamiche ire e come, barattando i suoi magici poteri,  guadagnasse il privilegio di un’esistenza – si spera – normale, cioè da essere umano.

 

Ponyo sulla scogliera è un film di Hayao Miyazaki. Titolo originale Gake no ue no Ponyo. Animazione, durata 100 min. – Giappone 2008. – Lucky Red