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Anno: 2010

L’arrivée d’un train à La Ciotat ( lustrando gli occhialetti)

L’arrivée d’un train à La Ciotat ( lustrando gli occhialetti)


Che futuro s’intravede per il cinema ai tempi dell’utilizzo diffuso di trucchi e tecnologie estreme, credo, non sia dato sapere. Un po’ per la stessa natura inafferrabile dell’Oggetto che, partito come invenzione senza futuro, a detta dei suoi stessi inventori , è arrivato fino a noi –  oltre un secolo dopo cioè –  con un bagaglio di Opere d’Arte da far spavento,  vivo,  verde  e tutt’ora  in grado di far discutere ed emozionare.


Ma di una cosa si può essere certi : anche l’uso più spregiudicato dell’ hi-tech, non precluderà alcuna possibilità all’ Uomo e alle sue vicissitudini, di essere al centro di un racconto d’immagini e di parole.


Il computer è un mezzo,  non neutro d’accordo, come non lo è la macchina da presa o non lo fu  la lanterna magica ma  che non dimostra particolare predilezione per un soggetto piuttosto che per un altro.


Da Abel Gance a Kubrik passando per Lucas, Ridley Scott ed altri, è la sperimentazione di nuovi artifici che ha contribuito a tenere in vita la Macchina delle Meraviglie, obbedendo, in questo, ad un criterio – seppur differentemente declinato –  per il quale tutto deve concorrere ad un unico scopo : stupire.


Preceduto da potenti mezzi da sbarco, tipicamente made in USA e da un bel libro sulla realizzazione del film, sta per arrivare nelle sale italiane Avatar, che nessuno ha ancora visto ma su cui ognuno si è già formato un’opinione.


Certo, oltre un miliardo di dollari d’incasso in America durante il primo week end di programmazione, milioni di spettatori in perfetto silenzio durante la proiezione  che tributano applausi scroscianti sul far dei titoli di coda, impensieriscono. Come pure il racconto del set meta di illustri pellegrinaggi, Sodebergh, Lucas, Spielberg, che con  gran dispiego di superlativi e definizioni ultimative esprimono sconfinata ammirazione il   più grande film in 3D mai realizzato o il progetto destinato a cambiare il cinema.


Voltare le spalle alla tecnologia o agli artifici significa negare che il cinema anche di questo si nutre. E lo fa da sempre. Come pure la condanna tout court dell’effetto speciale acchiappa – spettatori, non pare del tutto lecita se si pensa alla ruffianeria e agli effettacci che certi film cosidetti tradizionali, per il tramite di inquadrature, montaggi, musica e sceneggiature dall’apparenza innocua, realizzano.


Essere o meno proiettati dentro una storia è un problema di Talento non di tecnologie utilizzate.Per quanto mi riguarda aspetto la visione. Ovviamente lustrando gli occhialetti.


Chi ben comincia…( tanti auguri al cinema italiano )

Chi ben comincia…( tanti auguri al cinema italiano )

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Tanti auguri al cinema italiano, che riesca a liberarsi di querelles oziose, di battibecchi stucchevoli, di polemiche provinciali  su chi riempie le sale col nazionalpopolare e chi le svuota con i film raffinati, su chi è premiato ai festival  ma fa crollare il box office, mentre quelli snobbati alle mostre internazionali con i loro mirabolanti incassi  mantengono l’intero sistema.
E via di seguito, tra commissioni ministeriali che conferiscono fondi a chi già ne ha, autori che perdono la vita in cerca di finanziamenti, disinformazione e paccottiglia di ogni genere.
Manco non avessimo fatto tutti, nella nostra vita, indigestioni a non finire di cinema americano, laddove, tra le altre cose,  si dimostra che per portare gli spettatori in sala non serve abbassare il livello, ma raccontare storie con accuratezza, coerenza e professionalità.

L’anno dunque comincia con Carlo Verdone perfetto esempio di cinema intelligente, popolare, di successo  e con il suo – storico, per la verità – desiderio, in barba  alle numerose conferme, di reinventarsi.
Ma soprattutto con quanto  sia difficile raccontare con il linguaggio  tradizionale della commedia, la società in cui viviamo.

Che ci vuole, si dirà, basta una storia di corna, due belle figliole, ammiccamenti d’attore, qualche parolaccia, una location esotica e il gioco è fatto.
Ma a ben vedere, anzi a leggere le cronache italiane allineando i fatti uno ad uno, i film del filone natalizio – vacanziero, d’evasione, finiscono con l’essere poco credibili come specchio dell’attuale società – espressione cara a chi quel cinema realizza o interpreta Nel senso che gli eventi e i personaggi hanno oramai di gran lunga superato anche la più iperbolica delle rappresentazioni. Inservibili come misura dello stato delle cose, valgono per quel che sono: innocui giocattoli usa e getta, divertenti, se uno ci si diverte.

Probabilmente è per quella difficoltà ovvero per scantonare il rischio stereotipizzante che la scelta di Verdone è caduta su di una storia ed un protagonista atipici ( anche Virzì e Soldini, in uscita nelle prossime settimane, hanno praticato analoghe deviazioni dall’abituale percorso).E su un filo conduttore, quello di chi dopo un periodo di allontanamento, ritrova il proprio mondo a soqquadro, non nuovo – come pure non lo è l’elemento destabilizzante Lara che riesce nel caos a ricondurre le cose ad un senso –  tuttavia affrontato con tocco lieve e privo di qualsiasi intento moralistico.Uno sguardo realmente esterno e quindi distante che diventa un prezioso tramite per lo spettatore.

Una grande prova d’attore – più è misurato, più coinvolge o diverte – e di regista oramai alla soglia dei trent’anni di carriera, quindi maturo (e pronto per il suo capolavoro).
Cast diretto con perizia e al meglio. Distributore con possibilità di lancio internazionale. Che pienamente merita.

Qui finisce…

Qui finisce…

l’avventura su Splinder. Il resto continuerà, non appena saranno risolte alcune disfunzioni, in uno spazio mio, svincolato da piattaforme e comunità.
Dovrei dire che dopo tanto tempo sono commossa etc etc che la partenza mi riempie di malinconia e invece niente di tutto questo.
Sono solo ansiosa di andare
. Non appena avrò tolto gli scatoloni dalla nuova casa, comunicherò l’ indirizzo.
 A presto.