Götterdämmerung (dall’esito incerto)
Parteciperei volentieri ad una Giornata dell’Insofferenza, sentimento meno blasonato dell’Indignazione ma diffuso e trasversale come i SI referendari e i No a fatiscenti gestioni amministrative di qualche settimana fa. Vale per la protervia (e le liste di nozze) di certi ministri, per le agendine di Pontida con tanto di ultimatum, scadenzario e conto della serva, ma vale anche per i conduttori in tuta da (altrui) lavoro, i sindaci che bevono a garganella acqua – divenuta pubblica – da fontane zampillanti, i governatori con l’eloquio evocativo pronta cassa e le Divine che si fanno prendere le impronte digitali per solidarietà con i poveri cristi.
Il termine populismo – più due ministeri qua, meno qualche missione ONU o NATO là, diminuisci i parlamentari e rottama le auto di servizio, istituisci il senato federale e taglia le tasse e così via delirando – oramai non basta più a definire l’air du temps, quantomeno non rende al meglio le componenti di burinaggine, sciatteria e inutilità ad affrontare anche la più piccola contingenza di certe ricette buttate lì come l’osso al cane.
Beati i tedeschi che con i sostantivi composti riescono a stipare le parole di concetti. In questo caso ci sarebbero anche imbroglio e falsificazione da aggiungere, ma con la lingua italiana si può far poco, le perifrasi sono indispensabili.
Dunque i colpi di coda, la classe dirigente sul far del declino, se li gioca in chiave di boutade e incartapecorite proposte – sempre quelle – incurante dell’Indignazione e della ribellione civica che hanno animato le consultazioni ultime scorse. Tanto poi tutto finisce nell’imbuto del dibattito parlamentare con fiducia accordata, grazie ai responsabili, compagine allargata a ben oltre gli Scilipoti.
Si galleggia. Le Camere non rappresentano più il Paese, l’incanto amoroso si è rotto e mentre in Aula ci si compiace della tenuta, nella piazza antistante sgomitano manifestanti di varie categorie che la polizia puntualmente carica. Più rappresentazione plastica di così.
La parabola del declino non è mai faccenda che si consuma in pochi attimi, tuttavia il contrappunto dei giudizi e delle iniziative delle agenzie di rating e le nuovissime intercettazioni – lobby faccendieri e politica – disegnano un quadro ulteriormente tragico : da una parte un’economia disastrosa cui nessuno ha veramente intenzione di metter mano, dall’altra il totale disprezzo di qualsiasi regola. E in mezzo noi che, indignati o insofferenti, avremmo tutti bisogno di respirare un’altra aria (du temps).
Se sia o meno arrivato il momento che l’anello torni in mani sicure, non è dato prevedere. Nel frattempo – indispensabile misura – vorrebbero togliere di mezzo la pubblicità delle intercettazioni.Una grave perdita ai fini del Racconto – romanzo ? – di questo paese.