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Mese: Gennaio 2012

Effetto Monti

Effetto Monti


Ad Altaroma, Gattinoni apre le sfilate col  Monti dress, in voile di qualcosa – la foto non è chiara –  corpetto effetto fascio di banconote da euro 500   – che, visti i dispiaceri procuratici sarebbe meglio mandare fuori corso, tanto per vedere di nascosto l’effetto che fa – su modella in avanzato stato di gravidanza ad indicare,sofisticata metafora dello stilista Mariotto,la Gestazione della Rinascita Italiana.


Si potrebbe dire che non ce l’abbiamo proprio fatta a rimanere seri e dopo due mesi di conti all’insegna del rigore e  della coperta corta ci è stato difficile resistere al fascino della spettacolarizzazione.E invece non è soltanto questo, Monti piace presumibilmente alle clienti della Maison in questione ma soprattutto  al 58 % degli italiani,saldi e determinati nella speranza del prosieguo e ciò nonostante le mazzate del Salva, gli scioperi del Cresci e le difficoltà  operative del Semplifica.


Risultato sorprendente, dato da un ruolino di marcia governativo velocissimo,da un metodo rigoroso, interdisciplinare, quanto più possibile dialogante e da qualche buona notizia proveniente dal piano sgravi che destina i proventi dell’evasione alla riduzione dell’Irpef di prima fascia (da 23 a 20%), da effettivi  controlli fiscali o dall’avvio di un programma di tagli alla spesa pubblica a cominciare dalle indennità dei parlamentari.

E se è pur vero che un largo strato, quantificato nel 56 %, trova condivisibili alcune ragioni delle proteste di categoria,è altrettanto vero che il ritorno ad un passato di scarsa considerazione internazionale e immobilismo sostenuto da sterili litigiosità, spaventa più del previsto aumento dell’IVA.


L’effetto Monti rivela un quadro di frantumazione già noto, per di più  segnato da un ruolo dei partiti in una crisi di  fiducia che ne accentua l’ incapacità manifesta o la rinunzia al proprio compito di rappresentanza e mediazione.Come prima e più di prima,avendo i cittadini acquisito oramai consapevolezza che quanto si sta realizzando in pochi giorni,poteva esser fatto dalle forze politiche se solo queste stesse si fossero preoccupate del Bene Comune più che della propria autoconservazione.

Nell’anomalia generale del Paese in crisi sistemica,la stranezza non è certo il  governo tecnico caldeggiato dal  Presidente – di una Repubblica non presidenziale – e sostenuto da una maggioranza che più ampia e variegata non si potrebbe – senza che ciò assomigli neppur vagamente ad un progetto di Große Koalition –

Prova ne è che tutto ciò oggi sostiene la fiducia riguadagnata in ambito internazionale, pur in assenza di elezioni come è accaduto in Grecia e Spagna, al pari di una figura prestigiosa come Monti.

Non so se questo diventerà, come auspicato dal Gattinoni dress, vera Rinascita, ma di sicuro  dopo Monti, vedo difficile un ritorno al vecchio modo di concepire la Politica. Rischi ce ne sono, tuttavia, ma il Futuro tornerebbe nelle nostre mani di elettori capaci,volendo, di evitare derive pericolose.


Dati dal sondaggio Demos per Unipolis pubblicato da Repubblica del 30 gennaio 2012.

Foto da Rainews 24.it

Abito di Gattinoni, copricapo in pvc realizzato su disegno di Leonardo dalla modista (che mi piace sempre tantissimo ricordare) Velia (Roma)


The crimes we are investigating aren’t crimes, they are ideas

The crimes we are investigating aren’t crimes, they are ideas

Giunti al trentacinquesimo capitolo de La Storia Americana secondo Eastwood – che poi siano Callaghan, Kowalski o Angelina Jolie i tramiti narrativi di questa  epopea non necessariamente gloriosa, poco conta  – la trama prende la piega del biopic d’introspezione psicologica e fatalmente s’inceppa.


Tutta colpa delle tradizionali  ambivalenze clintiane – laico alle prese con l’aldilà,yankee che racconta il punto di vista giapponese su Iwo Jima etcetc –  che al cospetto dei cinquant’anni di servizio di J. Edgar Hoover, capo dell’FBI in un arco di tempo ininterrotto da Coolidge a Nixon compreso , vengono risolte ponendo al centro della scena un’esistenza segnata  da turbe e ossessioni di natura sessuale senza che ciò interferisca minimamente con la tesi tutta conservative del servitore dello stato comunque.



Il che ovviamente non è sufficiente a spiegare l’operato di intercettazioni, trame, manipolazioni, creazioni di mostri e nemici pubblici che animano una materia già di per sé corposa –  complicata tra l’altro da andirivieni temporali e flash back – che a tratti sembra scappare di mano, mentre  la variazione sul tema, per dirla con lo stesso Eastwood, dell’uomo pieno di segreti che indaga sui segreti altrui, non  risulta poi così affascinante come nelle originarie  intenzioni. Stridono certi automatismi – mamma dominante genera disastri e latenze – ma soprattutto convince poco la tesi  che con tutte quelle macchinazioni tecnologiche e indagini tra le lenzuola di dive e first lady e macchine del fango perfettamente oliate, Hoover abbia in realtà messo ordine nel Far West delle procedure investigative americane.


Vero è che su Edgar J. il cinema (pur ritenendo Mc Carty, an opportunist not a patriot, Hollywood è stata uno dei bersagli prediletti di Hoover ) si era già esercitato con produzioni dedicate e non ed un ennesimo film su quanto fosse spregiudicata e fuori da ogni controllo l’FBI da lui reinventata e diretta, non sarebbe stata propriamente avvertita come un’operazione di quelle indispensabili.


Tuttavia, vuoi per i dialoghi – del premio Oscar Dustin Lance Black – vuoi per la recitazione del mutante Di Caprio, coraggioso bellone, qui sfigurato da protesi, dentiere e il cielo sa cos’altro, nelle cinque ore di trucco che gli ci son volute per diventare Edgar J., vuoi per il mestiere di Eastwood che oramai renderebbe interessante pure una carrellata sull’elenco telefonico di Amado, Arizona, vuoi per gl’immancabili  riferimenti all’attualità pre e post 11 settembre, il film risulta miracolosamente da non perdere:


Non fosse altro per quel No one freely shares power in Washington, D.C. Alle volte qualcuno non lo avesse ancora capito.


J. Edgar è un film drammatico della durata di 137 min. diretto da Clint Eastwood e interpretato da Leonardo DiCaprio, Naomi Watts, Armie Hammer, Josh Lucas, Judi Dench, Josh Hamilton, Geoffrey Pierson, Cheryl Lawson, Kaitlyn Dever, Brady Matthews.
E’ anche noto con gli altri titoli “Hoover”.
Prodotto nel 2011 in USA – uscita originale: 11 novembre 2011 (USA) – e distribuito in Italia da Warner Bros nel 2012.

Difficile trovare una buona notizia

Difficile trovare una buona notizia

Difficile trovare una buona notizia che identifichi l’anno 2011.Persino l’immagine di piazza Tahrir,  colta nel momento in cui vengono annunciate le dimissioni di Hosni Moubarak,  avverte quanto sia dolorosa la battaglia se all’idea di Progresso si vuol conferire il senso di uguaglianza,giustizia, diritti.Vale per la  difficile transizione del nord Africa e per la nostra che mostra connotati differenti mentre siamo alle prese con scenari inediti e soluzioni che appaiono parziali, inadeguate,inservibili finanche per i rappezzi.


Avendo solo da poco smesso di credere ai miracoli, paghiamo un elevato prezzo all’Incertezza : tra i sacrifici che ci saranno richiesti ci sono un cambio di visione e forse di approccio alle cose.La mutazione in atto non può richiedere le solite risposte. Il coraggio delle scelte che da più parti viene evocato, probabilmente consiste nel cercare rimedi differenti.Che non compromettano,declinandoli al netto delle ideologie, i Principi.

Se alla fine di tutto avremo salvato quelli, sconfiggendo l’idea di Progresso che genera ineluttabilmente diseguaglianza,avremo vinto la guerra. Risanare, crescere, ottimizzare, sono un gioco da ragazzi, rispetto al compito che ci attende.

Gli auguri per il 2012 sono tutti rivolti al successo di questa impresa,

(Foto Reuters)