Perchè non posso credere ai miraggi
Poiché considero il populismo una malattia grave, i predicatori un cancro e le pari opportunità indispensabili allo sviluppo di una società civile, non ho potuto votare a Roma la prima sindaca, giovane donna di successo che oltretutto annovera tra le sue peculiarità, quella di essere esponente di un movimento che ha contribuito con pensieri, parole, opere ed omissioni non poco ad imbarbarire il già sfibrato dibattito politico nazionale e cittadino.
Mi sarebbe piaciuto esultare ma con buona pace del mio passato di belle speranze e qualche battaglia, le donne che raggiungono postazioni di rilievo mi commuovono solo a patto di un curriculum significativo e una granitica fede nella propria autonomia.
Candidatura esemplare, esito di un’operazione di marketing elettorale volta alla ricerca di figure gradevoli e rassicuranti, docili al punto da poter esigere firme in calce a contratti di fedeltà alla Causa, al Movimento e alla Casaleggio Associati, Virginia non poteva rispondere alle istanze cui tengo di più. Anzi i passaggi della sua vicenda, emblematica di quell’arroganza maschile che, messa all’opera, devasta più di dieci bombe d’acqua con esondazione del Tevere e dell’Aniene, hanno contribuito molto a indirizzare il mio voto altrove.
Né avrebbe potuto convincermi la lettura dei suggestivi undici punti programmatici fatti di biciclette, pannolini da lavare, gran bevute dell’acqua del rubinetto e baratti (in ogni caso privi del come incentivare le attività contenute in ciascuno dei capisaldi di questo incredibile e glorioso ritorno al secolo scorso).
Non parliamo poi della sezione relativa alle cospicue pendenze comunali – il famoso Debito – di cui risulta a tutt’oggi oscura la modalità di rinegoziazione, visto che la stessa non è, in massima parte, nelle disponibilità del sindaco di Roma.
Così la favola bella, già appannata ai tempi della proposta del sindaco Marino per l’assessorato alla sicurezza, in un primo momento accettata e poi sconsigliata alla Raggi dalla Casaleggio, ha continuato la sua parabola discendente nel corso di una campagna elettorale molto rivolta ad accontentare tutti : autisti dei mezzi pubblici, operatori della nettezza urbana, tassisti, dipendenti comunali, le di loro famiglie e i di loro sindacati (specie se di destra) difesi nel corso di scioperi volti particolarmente a far intendere chi comanda a Roma e ai quali si sono promesse ristrutturazioni aziendali senza torcere un capello ad alcuno.Tutta gente questa che, rinfrancata, è poi corsa a rimpinguare il composito bacino elettorale delle Stelle.
E a Roma, si sa, dai speranza alle corporazioni e hai bello che vinto il Campidoglio.
Che dire in questo paradiso di mistificazioni,di gnaolamenti,di tempistiche missive coniugali e della retorica commossa della ragazza (a trentotto anni?) chesièfattadase, che pende a sinistra col mercatino del riuso ma si è formata in studi legali contigui alla destra. Quelli dove entri solo se sei fidata.E affidabile.? (Alla faccia dell’anti-sistema)
Niente, se non che pur comprendendo l’elettore che preferisce affidarsi al sogno (ne abbiamo passate..) piuttosto che alla razionalità, devo ammettere che, a queste condizioni, nemmeno la speranza mi è concessa.Salvo quella che questa tiritera moralistica duri il meno possibile .
Magra ma unica consolazione.