Le fiches e le ali per volare

Le fiches e le ali per volare

 

Con citazione da Riusciranno i nostri eroi.. di Ettore Scola, i lavoratori Alitalia hanno appeso un cartello ai cancelli  con su scritto Spinetta nun ce lassà . La scena del film cui si fa riferimento,  vede Nino Manfredi in veste di stregone, tra l’altro della pioggia, in fuga su di una nave che si allontana mentre sulla spiaggia un intero villaggio africano lo  implora di rimanere, ritmando appunto Fifì nun ce lassà. Difficile dire se il documento  " Le ali per volare”  stilato da un gruppo di dipendenti per chiedere il ripristino della trattativa con Air France, costituisca una vera e propria frattura con il sindacato e di che proporzioni e forse tutto sommato non sarebbe nemmeno questa la notizia del giorno, fatto è che le firme stanno arrivando e quelle quattro pagine sono un raro esempio di compiutezza e di efficacia. Non tanto per le “belle parole” , pochissime in verità, che definiscono, appena sfiorandola, la difficile dimensione dell’attesa quando si è in una posizione d’impotenza, quanto perchè attraverso la ricostruzione puntuale dei passaggi della trattativa,  emerge chiaramente come la proposta Air France obbedisca a criteri di credibilità e trasparenza. Non un’ espressione di troppo nei confronti dei sindacati, ne’ quando si fa riferimento alle numerose azioni di disturbo che hanno malamente segnato  i negoziati  o  quando si corregge il tiro alla disinformazione ,  si nomina  la campagna elettorale. Come se tutte le energie fossero destinate a correttamente informare.   L’unico appello forte è ai colleghi perchè recuperino autonomia di giudizio e si adoperino per riattivare il tavolo. Nel frattempo, tutt’altra natura di  appelli, Silvio Berlusconi, ospite di Coldiretti, rivolgeva all’orgoglio nazionale di liberi e coraggiosi imprenditori che, tra una mozzarellina e una gag, sollecitava  a scendere in campo  buttando sul tavolo una fiche , perchè infondo, ha spiegato minimizzando,  mica servono i milioni per posizionarsi in una compagine ( Buonaiuti ha detto che non bisogna chiamarla più cordata) che ambisca all’ acquisto della Compagnia di bandiera. Orsù ! Una bella colletta e passa la paura. Non so a quanto ammonti il valore nominale di una  fiche ma per superare  la cifra che investirebbe la perfida Air France  per umiliare la prospera Alitalia , pagandone i debiti, restituendo le quote e gl’importi relativi al prestito obbligazionario, nonchè rilanciando la compagnia, ci vogliono oltre dieci miliardi di euro  e visto che il Piano della Riscossa Nazionale , patriotticamente ridefinirebbe il ruolo di Malpensa, anche di più. Non si vedono all’orizzonte imprenditori capaci di molibilitare tali somme. Ma che fa? Il tempo di fare la due diligence – procedura evocata ogni volta che si vuol perdere tempo – e magari con la compagine ( non chiamatela cordata!)  si può direttamente interloquire dalla riconquistata poltrona di presidente del consiglio, affidando la direzione delle manovre più spericolate all’Immaginifico Tremonti. Voglio vedere chi direbbe di no come, in altra circostanza, ha elegantemente chiosato lo stesso Berlusconi. Chissà perchè in questo marasma in cui ognuno si guarda bene dall’interpretare correttamente il proprio ruolo, i lavoratori Alitalia che si mettono a scrivere un documento rispettoso e precisetto, pieno di dati e di riferimenti di legge, per meglio  confortare la decisione dei colleghi,  mi sembrano turaccioli dimenticati che galleggiano nella tempesta. Ma un po’ consola l’idea che sopravvive ancora chi per esistere rinuncia alle boutade e allo spettacolo per intraprendere la strada della presa di parola.

Le ali per volare è un documento pubblicato dal Sole 24 ore (anche online) la cui lettura consiglio a tutti.

Chi ha paura di Giuliano?

Chi ha paura di Giuliano?

Giuliano Ferrara, della vittima non ha l’inclinazione , ne’ l’allure ne’, tantomeno, le phisique du  rôle . Basterebbe osservare con quanta veemenza ieri a Bologna,  rilanciava insulti e ortaggi all’indirizzo dei suoi detrattori per rendersene  conto. Di questa sua reattività, dovremmo essergli grati, c’è un che di aggressivo nelle vittime silenti e nei martiri  che calcano un po’ troppo la mano nell’esposizione di soprusi e illiberalità. Lui no, interloquisce con la piazza e risponde per le rime agl’insulti e così facendo, almeno  risparmia ad altri  il disturbo di una solidarietà che non esula dal semplice fatto di non aver potuto tenere il suo comizio ieri a Bologna. Male. Male per essere stato, insieme ai cittadini che volevano ascoltare le sue parole, privato di un diritto elementare. Male, data la delicatezza del momento – la campagna elettorale – e dell’argomento che sbattuto in una piazza che ribolle , facilmente inclina a diventare una contesa tra pietosi  amanti della vita e del buonumore e tristi sostenitori di morte e selezione della specie. Penso alla pacatezza dei toni con i quali Adriano Sofri smonta pezzo per pezzo l’impalcatura costruita da Ferrara sulla Moratoria dell’Aborto nel suo bel libro Contro Giuliano e in cui non c’è ragione etica, giuridica, umanitaria, politica che non sia chiamata in causa per chiarire, in premessa quanto sia difficile, se non impossibile, per un maschio il solo ragionare di aborto sostituendosi ad una donna e a seguire, quanto un discorso di revisione della legge 194 nella direzione voluta da Ferrara incrinerebbe quel principio di autodeterminazione e responsabilità senza il quale non sarebbe lecito parlare di etica della vita. Farebbe piacere anche a me un avversario imbecille e grossier  in questa partita. Purtroppo non è così , Ferrara è un uomo intelligente e non sarà raccontando a noi stessi  la favola bella della sopraggiunta stupidità che lo renderemo inoffensivo. Chi ha paura di Giuliano Ferrara può darsi pace, non sarà tappandogli la bocca che se ne neutralizzerà l’impatto (scarsetto in verità), in questo bisognerebbe prendere esempio dalle donne che dopo aver  deciso di non raccogliere provocazione alcuna , hanno tuttavia fatto sapere di essere pronte a prendere la parola quando sarà il momento. Nelle more, decidano gli elettori .Ma per tornare a noi , in questo dibattito culturale o elettorale  che sia,  non entriamo a nessun titolo, ne’ ci appartiene,  men che meno per agevolare l’ennesima strumentalizzazione. Per noi la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza è un’ altra storia.

Contro Giuliano  è un libro di Adriano Sofri edito da Sellerio con una ricca appendice di interventi da Natalia Ginzburg a Pierpaolo Pasolini a Norberto Bobbio.Nell’illustrazione un dipinto di Felice Casorati titolato Conversazione Platonica che sulla copertina del libro,  ben introduce il tema in questione.

Finisce qui ( orgoglio & curatori )

Finisce qui ( orgoglio & curatori )

Alitalia ha perduto il connotato costitutivo dell’impresa e in senso tecnico dovremmo definirla come un’azienda di consumo, al pari di una famiglia o di un’opera benefica». Alitalia «distrugge, non crea valore aggiunto: non solo il suo capitale, la sua stessa liquidità è in via di esaurimento.Questo il gioiello ( la definizione è di Padoa Schioppa )che si era messo sul mercato per la cessione e che avrebbe dovuto stimolare compratori per le sue alte potenzialità .Intorno a questo bene di famiglia, del quale siamo proprietari al 49%, il Mercato ha sviluppato l’attenzione che si presta ad un’impresa che prima di cominciare a produrre utili necessita di un robusto programma di ristrutturazione e rilancio, segnata da relazioni sindacali che all’estero vengono considerate perverse, un alto costo del lavoro, un hub di troppo, il tutto dislocato  in un paese di cui l’instabilità politica è un dato strutturale. L’ultima avventura conclusasi ieri con l’abbandono della trattativa da parte dell’unico compratore rimasto – Air France – era cominciata alla fine di gennaio dello scorso anno col posizionamento di un numero di imprese e cartelli  variamente costituiti.  Si sarebbe potuto far di meglio? Si può sempre fare  meglio, sebbene in questo caso, termini di paragone non ce ne siano molti, visto che per Alitalia nei cinque anni di governo del centro destra, non si è fatto proprio nulla, se non consentire che perdite si aggiungessero ad altre perdite che, via via  ripianate, senza apportare sostanziali correttivi, potevano solo concorrere a determinare un punto di non ritorno. In questi giorni ci è stato più volte detto quanto l’offerta Air France non fosse congrua e l’atteggiamento del governo incline alla svendita. Nessuno però ci ha spiegato rispetto a quale altra offerta corredata da piano industriale, fosse stata stimata l’incongruità. In cambio  Silvio Berlusconi  ha  calato l’asso della solita cordata fantasma, quella che quando se ne determina la circostanza, spunta fuori dal cappello, scombina quel che può,magari favorisce qualche amico  e poi finisce sul tavolo del magistrato. Poco conta se i nomi degli imprenditori del nord siano rimasti top secret,  a parte l’andirivieni  con rinunzia finale di figli illustri. La riservatezza in affari, si sa. Era naturale che campagna elettorale, trattativa e mercato azionario, tre circostanze in cui la riservatezza può essere invece tralasciata per dar luogo a strombazzamenti vari , fossero investiti di una simile uscita. Quando si dice la forza di una proposta.  Qualcuno a questo punto , deve aver pensato di poter utilizzare la cordata come una sponda per alzare la posta con Air France, non c’è altra spiegazione al rimaterializzarsi nella trattativa di ieri, della proposta concernente il mantenimento in Alitalia delle attività deficitarie di AZ Service. Sempre quel qualcuno, pensava anche di avere tutto il tempo davanti per articolare la trattativa, ovvero che Air France avesse una volontà così incrollabile di aggiudicarsi la posta da accettare l’ennesima penalizzante clausola. Così non è stato . La liquidità , con buona pace del ministro Bianchi, va assottigliandosi e la compagnia ha pertanto i minuti contati, Spinetta invece era così distante dalle controparti da non avere ricevuto nemmeno il mandato per trattare le sopraggiunte novità. Sembra impossibile essersi lasciati scappare l’unica possibilità credibile di cessione della compagnia . Le soluzioni a questo punto , a meno di colpi di scena, seguono i percorsi obbligati e non meno onerosi per la Collettività , del Fallimento attraverso l’Amministrazione Controllata. Ne’ i lavoratori ne’ i contribuenti ne saranno avvantaggiati.Non parliamo del servizio. Alitalia è un emblematico compendio delle nostre impossibili privatizzazioni  e cessioni : aziende che non sono interessanti per gli acquirenti a causa della poca competitività sul mercato, incapaci di rendere servizi improntati a criteri di economia ed efficienza, spesso irrecuperabili per l’insistenza di pesanti condizionamenti politici e sindacali e delle quali continuiamo  nonostante tutto a rimanere proprietari e a pagare i costi : nel caso di Ferrovia e Poste, dopo elaborate e onerose ristrutturazioni , socio di riferimento è rimasto il Ministero delle Finanze per quote che sfiorano il 60% , nel caso di Alitalia, dopo averne , anno per anno  ripianato i bilanci , la bancarotta, prospettiva che in Belgio e Svizzera ha visto risorgere compagnie decimate per organico e servizi. E meno male che la vituperata proposta francese era la più umiliante per il servizio, i lavoratori e per l’orgoglio nazionale al quale, oggi come oggi, non rimane che la tutela del Curatore.

Cinque lettere che sembrano vernice fresca (Rosso)

Cinque lettere che sembrano vernice fresca (Rosso)

Avete pagato caro non avete pagato tutto. Minacciosa sintesi di una  deriva del Presente. Ovvero un messaggio respinto dal destinatario, ma anche  sottotitolo del libro  Rosso (1973 – 1979). A trent’anni dalla fine delle pubblicazioni esce la raccolta completa dell’omonima rivista che faceva capo all’area dell’ autonomia milanese , approdo di trasmigrazioni e diaspore:  dal Gruppo Gramsci a Potere Operaio dopo lo scioglimento del Convegno di Rosolina. Vista la pletora di pubblicazioni  commemorative su sessantotto e seguenti, vale forse la pena di recuperare i documenti, gli scritti, i periodici di una stagione , sotto questo aspetto, estremamente prolifica , non fosse altro per allontanare il rischio che mediazioni tardoromantiche, o iperpoliticizzate o nostalgiche o apocalittiche stravolgano gli eventi , li assoggettino rovinosamente al punto di vista dei vari autori, spesso invadente nell’esercizio dello spiegare più che in quello  del raccontare . Quegli anni visti attraverso i linguaggi, le immagini, i disegni, gli articoli di un gruppo di intellettuali e militanti appassionati, attenti ai fenomeni, ai cambiamenti,  appaiono in una luce del tutto differente rispetto alle abituali rappresentazioni . Rosso, in tal senso, è uno strumento conoscitivo ricco e sofisticato,  perché, al di là di una una disinvolta enfatizzazione dell’uso della forza come elemento di ricomposizione politica, ha intuito nelle sue analisi molto di ciò che sarebbe stato del mondo a venire. Le lotte operaie contro la ristrutturazione industriale  post autunno caldo, la talpa femminista che evidenziando contraddizioni , minava  gruppi  e  partitini nati nel 68 , il proletariato giovanile in fermento nelle periferie delle città trovarono in Rosso un contenitore sensibile per essere ampiamente raccontate e analizzate. Rosso era la rappresentazione di un universo variegato, conflittuale, sulfureo con il quale il riformismo di allora aveva perso i contatti. Una lettura retrospettiva troverà  un filo conduttore  nella fine dell’operaismo con la conseguenziale esigenza del rapporto con un Politico da ridefinire, in quella di convogliare in una forma organizzativa (Partito non Partito ) che ;s’incaricasse della mutata  composizione della forza lavoro, tutti i temi che in quegli anni animavano il dibattito all’interno di un movimento che parallelamente cercava altri punti di riferimento e li rinveniva  in Deleuze, Guattari, Focault. Poi l’accelerazione della storia trascina il discorso altrove  e sono l’ illegalità armata e la critica alle brigate rosse a tener banco. Un’altra stagione di esodi e trasmigrazioni, poi ancora la repressione che significherà la fine dell’esperienza e per molti redattori cattura ed esilio. Rosso era tutt’altro che  una formazione combattente era solo un laboratorio in grado di leggere quello che succedeva nel mondo : la fine della centralità della fabbrica, il proletariato sociale, l’intellettualità di massa,il precariato in bianco e al nero,le periferie che si ribellano,il black out di New York.

«Rosso» dell’estraneità   operaia», delle lotte in fabbrica e poi della produzione che si rovescia sul territorio. “Rosso” delle occupazioni, delle autoriduzioni, dell’illegalità di massa. “Rosso”  del perché a Lenin non piaceva Frank Zappa. «Rosso  di Pat Garrett e Billy Kid. «Rosso delle pellicole crepuscolari di Sam Peckinpah, nell’aurora del proletariato giovanile. «Rosso della fabbrica diffusa e dell’operaio sociale. «Rosso che sulle gradinate dello stadio Meazza, Milano, San Siro, intravede «guerriglieri  e non più «foche ammaestrate». «Rosso; di nuvole e chine, caustiche come vetriolo. «Rosso  delle foto in bianco e nero di Aldo Bonasia: niente distanza di sicurezza, prego, e sempre a un metro dal cordone più duro del corteo. “Rosso” del «Riceviamo e pubblichiamo». «Rosso” dell’Avete pagato caro. E anche del Non avete pagato tutto. Secondo Lea Melandri, « Rosso» giornale dentro la confusione». «Rosso”contro la metropoli, alla ricerca d’un altro Che fare? “Rosso” dimenticato, seppellito da quintali d’incartamenti giudiziari, cancellato da anni di galera e decenni d’esilio.
“Rosso ” ritrovato

Avete pagato caro non avete pagato tutto. La rivista “Rosso” (1973-1979),  è un libro di Tommaso De Lorenzis, Valerio Guizzardi, Massimiliano Mita 109 pp.+DVD con la raccolta completa della rivista editore DeriveApprodi,

In mid career ( e scusa se è poco )

In mid career ( e scusa se è poco )

Lui , i personaggi dei suoi film, prima  li disegna , un po’ come faceva  Fellini con la Saraghina o la Gradisca. Il tratto è bello nitido, entusiasta,  i colori brillanti e accanto ad ogni figurina, in tutto e per tutto somigliante all’attore cui sarà destinata quella  parte, annotazioni e freccette puntate su  particolari – colorazione innaturale –  e la freccetta è orientata  su  una coda di cavallo biondo periferia di tutte le città – piercing al belico – (Livorno Livorno) – tatoo tribale tipo Michelle Huntzinger – e vai su un  braccio esile –  e poi ancora – borse sotto gli occhi – e finanche, meticoloso come si conviene ad un regista che tutto vede e al quale nulla potrebbe sfuggire – neo sopra le labbra –  Là.. ecco definita nel miglior modo possibile,  tal  Sonia ragazza madre,  impiegata in un call center . Sartoria, trucco e acconciatori  possono dirsi a metà dell’opera. Ma  Lui , non è abile solo a disegnare , è gaiardissimo  pure con la scrittura. Dice una delle sue attrici preferite, ed è vero,  che i suoi copioni sono pagine di letteratura. Che volemo de più? Niente. Magari solo avvertire che Lui  è Paolo Virzì e che chi scrive ama molto il suo Modo di fare Cinema. Anche agli americani, del resto,  non dev’essere sfuggita la cifra di un talento che si percepisce generoso in ogni sua manifestazione  se il Moma di New York,  ha allestito una mostra – Paolo Virzì in Mid-Career – dei suoi film,  tutti meno l’ultimo su Napoleone, ma solo perchè era in programmazione nelle sale . Nessuna meraviglia dunque  e  in forza della stessa ragione per la quale  se si volessero spiegare a chi non sa, vicende del nostro Paese quali la dismissione delle acciaierie di Piombino o definire il clima che ha spianato la strada a Berlusconi ovvero quanto sia senza scampo la trasversale crudeltà di certi ambienti borghesi differentemente orientati  o ancora  quanto subdolamente seducente sia la  Logica del Tiranno, sarebbe decisivo, per una migliore comprensione, mostrare i film di Paolo Virzì che di tutto ciò raccontano,  senza nulla omettere , semplicemente attraverso l’evolversi di piccole ma emblematiche storie.

Un grande cartello pubblicitario –  Pellizza da Volpedo, il Quarto Stato – in una rivisitazione interpretata dagli attori del film  Tutta la vita  davanti  suggerisce –  e so anche perché –  un ‘Idea di Futuro, quella attuale,  resa irriconoscibile da radicali stravolgimenti socio economici. Per questo una qualsiasi Rappresentazione del Presente non può prescindere dall’indagine sulle  Ricadute che  questa epocale mutazione  ha comportato : una Precarietà che diventa condizione esistenziale di individui e collettività, che tracima e dilaga contaminando qualsiasi settore . Vittime e carnefici in questo film, a ragione definito corale, sopraffatti dalla vita, sconfitti sin nelle aspirazioni più elementari , sono costretti a rimanere a galla nemmeno nella prospettiva di un contratto a termine ma per l’ottenimento del punteggio, del risultato, del premio . E mentre si consuma questa sorta di dramma generale del lavoro in cui centrali sono la Prestazione e la Gara, l’atmosfera è tutta un risuonare di canzoncine incentivanti , di applausi e riconoscimenti a quello che ha raggirato il maggior numero di vecchiette rifilando  loro  inutili elettrodomestici. Il film si apre con il sogno della protagonista :  un mondo danzante che saltella al ritmo della musichetta del call center dove lavora e si chiude con un’ immagine di recuperata e vera serenità. In mezzo il racconto di un universo senza regole e certezze che in una lenta progressione di cinismo e crudeltà genera disperazione e follia. Salvi saranno solo quelli che avranno saputo far prevalere un briciolo di coscienza e di integrità : il sindacalista irriso da tutti e la laureata in filosofia che riesce a recuperare una visione più realistica delle cose. Si è scritto di  citazioni da I Compagni di Monicelli, o da Viale del Tramonto di Wilder e in definitiva di quale strumento irrinunziabile d’indagine sociale sia  la commedia e quale ruolo abbia svolto in passato, la commedia all’italiana in particolare . E’ tutto vero, ma altrettanto importante è mettere in luce, più che l’eredità acquisita,  il tratto originale dell’Erede che qui realizza un film politico adottando registri comprensibili e alla portata di tutti. Attori bravissimi, a loro agio e  in grande spolvero, perfettamente tratteggiati . Eccezionale Sabrina Ferilli nel ruolo (ingrato) della donna in carriera, abbigliata fetish – dominatrix , forse il più drammatico fin qui interpretato..

Tutta la vita davanti è un film di Paolo Virzì. Con Isabella Ragonese, Sabrina Ferilli, Elio Germano, Massimo Ghini, Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti. Genere Commedia, colore 117 minuti. – Produzione Italia 2008. – Distribuzione Medus