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Tag: La fabbrica del cinema

Tutto quello che non so dire…

Tutto quello che non so dire…

E’ un fatto che il movimento femminista degli anni Settanta  abbia consegnato di sé scarsa o nulla memoria storica. Non che la fluviale produzione di scritti ,immagini, quotidiani e periodici di allora, sia del tutto scomparsa ma,  di sicuro, manca un’organizzazione sistematica di quel materiale che, ricucito, potrebbe raccontare a chi non c’era, la storia di un paese che praticava per legge il delitto d’onore e che considerava la contraccezione o l’aborto reati contro la stirpe e di quella collettiva ed energica ondata che impose altre leggi e inventò linguaggi creando un movimento di libertà. Questo Vogliamo anche le rose non è un vero e proprio film sul femminismo, piuttosto il tentativo ben riuscito di indagine documentata sull’identità femminile che Alina Marazzi realizza in prosecuzione dello splendido Un’ora sola ti vorrei.Il filo narrativo è costituito da tre veri diari scritti nel sessantasette,dunque  tre storie : una ragazza borghese travolta dal sessantotto,un’altra che racconta la sua esperienza di aborto clandestino e la terza una militante di via del Governo Vecchio (con un commosso omaggio all’amata Carla Lonzi che.. diceva proprio tutto quello che io non so dire   ) ,mentre fuori campo le voci scandiscono quei racconti,   passano  le immagini di un decennio incandescente  :si comincia da Grand’Hotel e si prosegue con gli spezzoni di Helga,il primo film sulla contraccezione,la psicoanalisi di gruppo,i dibattiti, la festa al Parco Lambro,gli scontri di Campo de’ Fiori, Paola Pitagora nel ” Segreto” il fotoromanzo dell’AIED , Emma Bonino che illustra il metodo Karman e poi ancora filmini in super8 e cartoni animati. Un pregevole lavoro di collazione di materiale d’epoca che segna le tappe di un percorso collettivo di presa di coscienza ma che soprattutto sollecita la memoria e invita a riflettere, senza rinchiuderle in gabbie, l’interpretazione di quegli anni di contraddizioni e conflitti tra sensibilità ed esperienza (il machismo rivoluzionario è peggio di quello moderato dice qualcuna).Un incredibile affresco alla fine del quale una madre gioca con una figlia bambina, degno epilogo per la storia di un ‘utopia allegra e ribelle.

Vogliamo anche le rose è un film di Alina Marazzi Genere Documentario, colore 85 minuti. – Produzione Italia, Svizzera 2007. – Distribuzione Mikado

The magnificent

The magnificent

Cosa sarebbe stato il neorealismo senza Anna Magnani ? E perchè, finita quella stagione , il cinema italiano con il quale aveva sempre dimostrato grande sintonia, non seppe offrirle opportunità commisurate alle sue capacità artistiche ? Solitamente si attribuisce questa rimozione alla difficoltà di strappare Anna dal clichè della popolana passionale ed aggressiva o a quel suo essere poco malleabile, qualità umana e professionale che faceva impazzire i registi e non solo. In realtà qualsiasi esperienza abbia vissuto Magnani  fuori dei confini del neorealismo, da quella teatrale a quella americana con Daniel Mann, Sidney Lumet e George Cuckor, o in Francia con Renoir o Autant Lara, dimostra  il contrario. Anna Magnani sapeva dare vita e spessore a qualsiasi personaggio, con la sua recitazione  e col suo modo d’intendere il Dramma.Ma soprattutto, impegnata che fosse , nella corsa disperata dietro al camion dei tedeschi a San Lorenzo o tra le sbarre di una prigione alle Mantellate o in testa alla rivolta di Pietralata o alle prese con le numerose sfaccettature dell’amore materno, sapeva rendersi interprete di potenti sentimenti collettivi. Magnani the magnificent, nella calzante definizione di Bette Davis,  ben al di là dall’essere  un fenomeno locale ,italiano o addirittura romano, era un’attrice che sfuggiva alle suggestioni della recitazione di scuola o di maniera ed era proprio questa sua assoluta naturalezza ed intensità a renderla Unica e  in grado di parlare al Mondo.  Al cospetto di tutto ciò, i pettegolezzi,i luoghi comuni  dei quali è ancora intrisa certa anedottica, sono poca cosa.Una parte risponde a verità, molto è inventato di sana pianta, altro ancora,è stato arricchito di particolari che via via si sono aggiunti. A saper leggere tra le righe però, anche questi antesignani del gossip, possono essere utili  ad inquadrare meglio la sua vicenda : una donna sola con il compito di crescere e far curare un figlio avuto fuori dal matrimonio, che non ha mai goduto,come spesso accadeva allora, di appoggi da parte di uomini dai quali è stata spesso utilizzata e che anzi,  in qualche caso ha contribuito lei stessa a rendere importanti.Tutto questo, accadendo negli anni 40 e a seguire,non poteva non poggiare su una determinazione forte fino alla durezza,su una necessità di prendere in mano la propria vita e incanalarla verso le realizzazioni che si era prefissa.

Oggi a trent’anni dalla morte,c’è chi per ricordarla si accontenta ancora di raccontare i suoi amori ,le scenate di gelosia,gli scontri sul set come tratti negativi di un’attrice per la quale essere se stessa,in tutti i momenti della vita,è stato patrimonio irripetibile della sua personalità.

Luca Magnani da Ciao Anna edizioni interculturali

Mi sono chiesto più volte come abbia fatto Anna a vivere nella società e a restare allo stesso tempo così libera dalle sue convenzioni.Era la donna più anticonvenzionale che ho conosciuto nell’ambiente professionale e fuori.Ritengo che la sua onestà fosse assoluta.Non mostrava mai alcuna mancanza di sicurezza,alcuna timidezza nelle relazioni con il mondo in cui viveva mescolandosi con gli altri senza complessi.Guardava chiunque si trovasse davanti ben dritto negli occhi e per tutto lo splendido periodo in cui siamo stati amici non udii mai una parola fasa sulla sua bocca.

Tennensee Williams

Johnny canta (meglio di tanti altri)

Johnny canta (meglio di tanti altri)

La vendetta è un sentimento nobile per Oscar Wilde e un piatto freddo per altri. In questo caso la vendetta è un pasticcio di carne ( una delle poche pietanze edibili della tradizione britannica ) per cui va pazza tutta Londra, e che la signora Lovett, lunare imprenditrice gastronomica, vende nella sua bottega, presumibilmente rifiutando di rivelare l’ingrediente segreto. 

Un libro, attribuito  a Malcom Rymertre ma probabilmente scritto collettivamente in una bottega ottocentesca, due versioni cinematografiche e una televisiva (Schlesinger alla regia e Ben Kinsley, fantasticamente istrionico, ai rasoi ) , un musical che Stephen Sondheim mette  in scena a a Broadway (567 repliche e 8 Tony Awards) con Angela Lansbury e Len Cariou, che diventò meta dei pellegrinaggi di famiglie in vacanza. Il tutto per raccontare la storia di un killer seriale, già uomo risolto e felice, divenuto incompreso e disperato per colpa del  giudice Timothy Spall che, innamorato della di lui moglie,  gli ha inflitto un’ingiusta condanna al solo scopo di allontanarlo e usurparne sposa e  figli.

Un soggetto che Tim  Burton,  al quale Sweeney è sembrato avere un che di  Edward Mani di Forbice, ha rimaneggiato con estrema cura, senza dimenticare i maestri di riferimento Mario Bava e Vincent Price e i disegnatori americani Chas Addams e Edward Gorey. Risultato : uno shock culturale dove il macabro diventa un inconsapevole simbolo ( Burton dice che non fa apposta ma che l’accostamento è fatale ) di tragica contemporaneità. Cosa non si farebbe  per amore e per vendetta  e così Sweeney, reduce dalle colonie penali  australiane, trovando la sua famiglia distrutta, cambia nome e mette su una barber shop  dove,  con calma e metodo, aspettando che anche il giudice vi  faccia tappa, per ingannare l’attesa , sgozza i suoi clienti, li getta   in una botola che comunica direttamente con il laboratorio di cucina,comparto lavorazione delle carni,   della  signora Lovett, cadaverico feticcio erotico , che nel frattempo è divenuta sua amante. Lei divorata dalla passione e lui dalla vendetta. Non rimane loro gran tempo per comunicare, per questo Lovett si concede il sogno dell’esistenza di una coppia qualsiasi cantando By the sea o Little Priest. Anche Depp – Sweeney, canta  praticamente per tutto il tempo, avendo Burton ridotto i dialoghi all’osso (quasi un film muto, ha osservato) e mentre il sangue che dalla sottile striatura dell’inizio, diventa quasi un fiume che scorre sotto la città, si materializza più di un’intuizione geniale , non ultima  quella di dare ad un lavoro orrorifico e feroce ,le sembianze del classico musical natalizio.

Il passaggio dal palcoscenico allo schermo non è dei più semplici,anche se la critica americana ha insinuato essere quest’opera degna dei musical di Vincente Minnelli.Burton riesce perfettamente nell’opera di trasposizione e soprattutto in quella di far cantare tutti (non professionisti) in modo impeccabile.Qui sopra un esempio classico di come il regista inseritosi nel set per dirigere Depp  ( o farsi dirigere, non è chiaro) sembra, anzi è , parte del film, nonostante l’abbigliamento contemporaneo e il fatto che trattasi di una pausa della lavorazione.Oscar a Ferretti e Lo Schiavo per la scenografia.

Sweenwy Todd il diabolico barbiere di Fleet street è un film di Tim Burton. Con Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen, Laura Michelle Kelly, Timothy Spall, Anthony Stewart Head. Genere Musical, colore 116 minuti. – Produzione USA, Gran Bretagna 2007. – Distribuzione Warner Bros Italia

Il romanticismo del Male ( Oil !!!)

Il romanticismo del Male ( Oil !!!)

L’altra faccia del Sogno Americano  è un Incubo che  da Cimino a Huston a Ford a Griffith, senza tralasciare  James Dean e Spencer Tracy,  il cinema ci ha servito in differenti versioni . Nel caso del temerario There will be blood, uscito in Italia col titolo Il petroliere,  lo spirito intrinseco dell’esperienza americana, è incarnato dall’infernale protagonista Daniel Plainview che, ossessionato dalla ricchezza intraprende la sfida del petrolio con una tensione non dissimile da quella con la quale Achab  s’incapriccia e tartassa Moby Dick. Una tale mefistofelica impresa, ovviamente non può essere condotta attorniati da famiglie e affetti ma esige assoluta solitudine onde poter coltivare in pace, le  classiche, maniacali ossessioni di contorno. Capitalismo ed Evangelismo ,forze portanti dell’epopea a stelle e strisce sono coprotagoniste di questo bel colosso minimal  tratto dal libro    Oil !  anno 1927, scritto dal  giornalista muckraking, Upton Sinclair. Se qualche morboso spettatore, dopo aver visionato il terzo o quarto film americano della stagione ,sta chiedondosi se per caso non  sia in atto da quelle parti, un processo di romanticizzazione del Male, la risposta è senza ombra di dubbio : SI. Prova ne è che interrogati sull’argomento ,registi,sceneggiatori e produttori rispondono senza timidezza che poichè l’epoca è di transizione e l’orrore impazza,tanto vale indagarne gli anfratti con la massima cura. E indagando indagando…Grazie tante signori, ci state regalando splendide emozioni attingendo spesso da buona letteratura ma…la sensazione è che abbiate bisogno di una nuova stagione. Hillary o Obama, fate voi. Noi incrociamo le dita. Per voi e per noi.

 

IL PETROLIERE è Un film di Paul Thomas Anderson. Con Daniel Day-Lewis, Paul Dano, Kevin O’Connor, Ciarán Hinds, Dillon Freasier, Colleen Foy. Genere Drammatico, colore 158 minuti. – Produzione USA 2007. – Distribuzione Buena Vista

Vince il caschetto

Vince il caschetto

Non ci sono nomination  per le pettinature, se ci fossero state, il parrucchiere di Bardem  se ne sarebbe aggiudicate un paio di cui una, in contumacia,  per Mireille Mathieu ispiratrice della coiffure qui sopra . Al cospetto di questo  caschetto ben appiccicato, carrè , con tirabaci appena accennati , l’arma micidiale di cui si serve lo psicopatico omicida, diventa acqua fresca. Ed è così che il cattivo moltiplica le sue possibilità  interpretative  guadagnando un posto nell’Olimpo dei Perversi, gomito a gomito con Charles Laughton. Che dire dunque, di questo film dei Coen bello desertico e sanguinolento ? Tutto è stato scritto la settimana scorsa , comprese le laudi sperticate per il ritorno dei fratelli ad un cinema meno mainstream ( ma che c’era di male in Ladykillers e in Prima ti sposo e poi ti rovino?) e più nei registri dell’autorialità spinta. Eclettici, ironici, depistanti, cinefili ( e non è facile trovarne tra i registri) fino al midollo, anarchici nella caparbia determinazione di non voler rispettare le regole di alcun genere cinematografico, i Coen celebrano la loro rinascita artistica ( ma che c’era di male in Ladykillers etc…) portando sullo schermo un romanzo di Cormac Mc Carthy No country for old men (leggere anche quello ) e a casa, quattro statuette che,  di sicuro, non saranno che l’inizio di una lunga teoria di premi. Storia di una valigetta dei sogni scovata in un mucchio di cadaveri , piena di quattrini e di un marchingegno che segnalando la posizione  si tira dietro  folli e multipli  inseguimenti. Magnifica, poetica carneficina . Vista due volte di seguito.Che il distributore sappia.

Non è un paese per vecchi è un film di Ethan Coen, Joel Coen. Con Tommy Lee Jones, Javier Bardem, Josh Brolin, Woody Harrelson, Kelly MacDonald, Garret Dillahunt, Tess Harper. Genere Thriller, colore 122 minuti. – Produzione USA 2007. – Distribuzione Universal Pictures