Sfogliato da
Tag: americana

Stand with Hillary

Stand with Hillary

Dice un adagio (ammuffito e quantomai consolatorio) che dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna. Non so se ciò corrisponda a verità cioè se sia davvero possibile questo trasferimento di grandezza da una femmina ad un maschio. Una donna può , a spese tristemente sue, incaricarsi dell’ambizione di un uomo, fare in modo che sia circondato di atmosfere rassicuranti e preziose che poi renderanno più agevole l’andare per il mondo pronto e duro di lui , può creare le condizioni al contorno di un’irresistibile ascesa, può, ingoiando  il rospo, essere indispensabile a salvargli la faccia : andare in televisione a dire che no, che non è successo niente, che sono tutte sciocchezze. Niente di più. In questo ultimo caso, per esempio, Bill Clinton è diventato agli occhi di tutti, di sicuro un uomo molto fortunato ma è rimasto lo sporcaccione traditore che era. Dunque ognuno alla fine mantiene la propria individualità. La grandezza è non trasferibile. Mentre sono in molti a giurare che l’onnipresente coniuge abbia nuociuto alla campagna della consorte. Ma sono illazioni. Una cosa invece è più sicura e accertata : dietro una grande donna, c’è sempre una grande madre. In quel caso è l’esempio a fare la differenza. Per questo è già pronta la spilla Chelsea in ’16. The pantsuits have been passed to a new generation .Il tutto a incorniciare la faccetta sorridente ( e assai migliorata) della piccola. Se son rose fioriranno alle prossime presidenziali. Appunto nel 2016. La tempra di Hillary Rodham quasi mai si smentisce.

Thinking points (il metodo Reagan)

Thinking points (il metodo Reagan)

Ronald Reagan , o meglio il suo stratega principale Richard Wirthlin aveva capito che una scelta elettorale è più improntata sulla capacità del candidato di entrare in sintonia con la gente che sul vero e proprio programma politico e che sono i valori, l’autenticità, la capacità di ispirare fiducia e di offrire un modello in cui identificarsi a determinare il voto. Reagan era considerato una persona vera ed aveva instaurato un rapporto  così viscerale che l’elettorato lo sostenne anche dopo aver capito che la sua politica economica non avrebbe dato impulso al Paese. Incarnava  un ‘ idea di America in cui si riconoscevano i repubblicani , gli elettori indipendenti e persino una larga fetta di democratici. Metodologicamente Obama guarda molto a Reagan, la sua proposta è diametralmente opposta ma la sua idea ricorrente di unire il paese e di colmare il deficit di empatia  tra politica e cittadini permea i suoi discorsi esaltando il pragmatismo del fare politico che produce risultati concreti per le classi più deboli e i ceti medi in notevole difficoltà in questo momento negli Stati Uniti. A differenza di Hillary Clinton che ha sempre sottovalutato l’acume politico di Reagan, ritenendo che il successo ottenuto per il prevalere della personalità sulla politica fosse in qualche modo, illegittimo . Al centro di queste Primarie però, non ci sono solo i candidati ma una profonda divisione nel Partito Democratico : la prima è una triangolazione :  spostarsi a destra per ottenere più voti,è stato uno dei motivi di successo di Bill Clinton e anche Hillary pensa di fare altrettanto quando parla di Bipartisansheep.Per Obama invece questo termine significa  riconoscere che i principi morali progressisti sono gli stessi di tutti gli americani,in questo modo non è costretto ad annacquare i suoi principi per apparire bipartisan. Poi c’è il gradualismo cioè la determinazione di Hillary a far passare una alla volta  una serie di decisioni ben strutturate e concrete mentre Obama crede nelle scelte coraggiose e nella costruzione di un movimento del quale farsi interprete. Entrambi i metodi, hanno guadagnato un maggior numero di elettori alla causa democratica, basti pensare al supermartedì e alla quantità di indipendenti che ha votato per i democratici sottraendo,dati alla mano, voti ai repubblicani ed è un bene che nelle prossime settimane altri elettori abbiano la possibilità di essere raggiunti dai messaggi e dalle sollecitazioni di Hillary e di Obama.Intanto le primarie e i caucuses di stanotte in Kansas, Louisiana, Nebraska e Isole Vergini se li è aggiudicati Obama raggiungendo i 1039 delegati contro i 1100 di Hillary e con buona probabilità accadrà altrettanto negli stati  in cui si voterà dal 10 al 19 febbraio , Maine, Maryland ,Columbia Virginia, Wisconsin e Haway che però attribuiscono pochi delegati. Una nuova  resa dei conti è prevista il 4 marzo con Texas, Ohio, Vermont e Rodhe Island ma in quel caso il raffronto inevitabile sarà con i repubblicani.In realtà tutto lascia intendere che sarà la Convention con i Superdelegati a decidere chi correrà la partita finale.

Che bella cosa ( a nation vote )

Che bella cosa ( a nation vote )


Il lungo programma elettorale della CNN segue  primarie e  caucuses del supermartedì riuscendo nell’impresa  di interessare anche quando sfiora gli argomenti classicamente ostici delle complicate ingegnerie elettorali (non tutti gli stati seguono le stesse regole) Per fare questo si avvale di tecnologie spettacolose (ma funzionali) e di una discreta compagine di commentatori, analisti, giornalisti ed esperti in sondaggi. Dopo un paio d’ore di carte geografiche e numeri ti accorgi che il programma tiene il ritmo e fila liscio per il semplice motivo che in studio mancano i politici, non tanto quelli interessati che presidiano i rispettivi headquarters circondati da famiglie ( McCain oltre che moglie patinata esibisce la mamma novantaseienne che pare sua sorella) e sostenitori, quanto quelli che invece da noi sgomitano per occupare i palinsesti, dalle ricette al liscio passando per lo sport e che in analoga circostanza sono soliti presenziare l’affluenza dei dati continuando a berciare o ad attribuirsi vittorie. Anche in caso di evidenti disfatte. Come dire le solite facce ma quel che è peggio – qualunque cosa accada – sempre gli stessi argomenti. L’informazione politica senza i politici. Che bella cosa.


Obama non viene contattato da studio per la dichiarazione di rito e nemmeno affida il compito ad un portavoce, così pure Hillary e McCain, di tutti viene mostrato il discorso di ringraziamento.Poi si torna all’analisi del voto. Manco a dire che i politici in America non si servano dei media. O forse proprio per questo, perchè ne considerano seriamente le potenzialità e i rischi. Pochi paralleli possono essere tracciati tra quel paese e il nostro, per ovvi motivi.Certo però che se la politica da noi rinunciasse ad un uso dissennato delle presenze televisive, ci guadagneremmo tutti.

 

Al momento non è possibile conoscere i dati definitivi, si sa che Hillary si è aggiudicata il maggior numero di delegati e che Obama può invece contare su una quantità maggiore si stati, che McCain sbanca il supermartedì ma che Huckabee, il candidato repubblicano che corre senza particolare appoggio del Partito e con mezzi infinitamente più contenuti rispetto a quello dei suoi avversari in entrambi i campi , colpisce il segno negli stati più autenticamente repubblicani.Infine che, repubblicani o democratici, il meccanismo delle primarie sta evidenziando un dato incontrovertibile : per quanto potenti possano essere le Unions o i Partiti, gli elettori stanno scegliendo il loro candidato secondo criteri che con le indicazioni degli apparati hanno poco a che vedere.


E mano mano che aumenta il successo degli outsider – anche Obama in qualche modo lo è – la partecipazione e l’entusiasmo crescono mostrando che la domanda di cambiamento non viene solo dagli stati tradizionalmente attenti alla politica  ma dal cuore del paese , dagli stati del sud che premiano Huckabee , dal Conneticut dal Minnesota e dallo Utah in cui vince Obama. Senza parlare del risultato del Massachussetts appannaggio tradizionale della famiglia  Kennedy in cui vince Hillary nonostante l’endorsment del governatore dello stato, di Kerry e dello stesso clan kennediano.Così come sembrerebbero messi i risultati ,nessun candidato democratico ha la certezza di essere il predestinato per lo scontro finale.In questo momento sarebbe folle pensare ad un ticket, il prosieguo della corsa con candidati contrapposti, garantisce ampia partecipazione e poi nessuno, ne’ Hillary ne’ Obama,  ha intenzione (giustamente) di fare il vice. Buon segno.


State of the Union (in casa repubblicana)

State of the Union (in casa repubblicana)

Mc CainGeorge W. Bush pronunzia il suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione in coincidenza con le primarie repubblicane in Florida. – Pazienza in economia e costanza in guerra! – ha raccomandato al futuro presidente. Come dire : beccatevi la recessione che avanza e continuate a inviare truppe in Iraq . L’intero discorso ha funzionato da assist per Mac Cain che, ad urne aperte (ma in America si può), ne ha riannodato i fili con i temi classici della propria campagna soprattutto nei numerosi passaggi dedicati alla speranza (che altro sennò?) Poi, incassato il risultato del 36%,  ha annunciato l’intenzione di ispirare il proprio mandato presidenziale alla rivoluzione di Ronald Reagan, il che è indubbiamente musica per le orecchie dell’anziano e repubblicanissimo elettorato locale. Dunque McCain vince le primarie in Florida onorando i sondaggi, un po’ meno le aspettative del Partito,  più propenso a sostenere Romney. Questo potrebbe essere il momento per Rudolph Giuliani che molto aveva puntato su queste primarie della e su quelle della California, di tirare i remi in barca per entrare in squadra con Romney (e quindi presumibilmente in eventuale staff presidenziale) ma sono illazioni che qua e là spuntano sui giornali. Giuliani, che porta a casa un risultato assai deludente, ha già dichiarato ai propri sostenitori  che continuerà a battersi fino alla fine : The responsibility of leadership doesn’t end with a single campaign. If you believe in a cause, it goes on and you continue to fight for it, and we will. I’m proud that we chose to stay positive and to run a campaign of ideas. Rudolph finoinfondo come direbbero negli States.Ma è ancora tutto da vedere.

Tabelle del New York Times  (le primarie erano solo repubblicane ma i democratici hanno votato lo stesso pur non potendo eleggere in Florida alcun delegato.Vince Hillary Clinton) Foto di John McCain trionfante con immancabile famiglia.

Like my father (in casa democratica)

Like my father (in casa democratica)

 

Il  caucus democratico di Las Vegas si è tenuto nei casinò nonostante la fiera opposizione del Partito ad utilizzare le case da gioco come sede di assemblee e consultazioni, tanto che rispetto ad apposito ricorso, si è dovuto pronunciare il Tribunale dello Stato del Nevada. Battuti in quella sede, i democratici hanno potuto riprendersi incassando una vivacissima, oltre che consistente, partecipazione. Il salone del Bellagio zeppo di elettori divisi, come da regolamento, in tre gruppi  con gli oratori pro e contro  , cinque minuti a testa a cercare di convincere gl’indecisi  o guadagnare qualche mutamento di rotta in proprio favore, sono stati un bel vedere anche per noi che quanto a scelta di candidati, invece di avvicinarci ad un metodo democratico ce ne allontaniamo sempre più. L’immagine della democrazia al lavoro, ci regala al Bellagio sussulti d’ entusiasmo.Sarà che quello adottato nel caucus , è il metodo che il vecchio PCI utilizzava per scegliere le candidature non più tardi di dieci anni fa. E anche in quelle occasioni, non mancavano la verve ne’ i colpi bassi. Ma tornando agli Stati Uniti, più in generale in queste primarie si registra che ,  messo a punto il dato relativo al  numero dei partecipanti,  più numerosi (almeno sin qui) del previsto, i sondaggi cominciano a recuperare attendibilità e il voto  a rivelare connotazioni differenti rispetto alle previsioni all’indomani delle consultazioni di midterm . Non era infatti assolutamente scontato che Obama riuscisse a convogliare su di sé i voti della comunità nera o che le donne facessero quadrato intorno alla candidatura di Hillary Clinton che al momento sembra catturare anche il voto degl’ispanici.In entrambi i casi,  collocazione upper class e carriere prestigiose si temeva potessero rendere difficoltoso  il processo d’identificazione degli elettori dei ceti più deboli con il proprio candidato. Altro tipo di sorprese ha rivelato il caucus sempre in Nevada dove il sindacato dei croupiers e degli addetti alle case da gioco, aveva indicato Obama ed è stato invece sconfessato dagli iscritti che massicciamente hanno preferito Hillary.


Tanto di guadagnato per i democratici se il voto oltre che crescere manifesta una volontà di autonomia degli elettori . Adesso non rimarrebbe che stemperare i toni e dire addio ai pettegolezzi magari serbando energie e vis polemica per lo scontro finale, quello con i repubblicani i quali manco a dirlo, volano nei sondaggi nazionali (Romney e McCaine sono avanti sia a Hillary che a Obama). Intanto il New York Times sceglie i candidati meritevoli di nomination finale nei campi avversi – Clinton e McCaine – anche se l’editoriale  di ieri firmato Caroline Kennedy è di aperto sostegno ad Obama definito come l’unico erede del bagaglio dei valori di  papà e come ispiratore di un  forte coinvolgimento dei giovani a queste consultazioni.  Il clan  – Edward Kennedy  si pronuncerà ufficialmente oggi o domani – non è più quello di una volta ma questa decisione  è un fatto di sicuro rilievo per Obama .Tutto è ancora in gioco e fino a martedì 5 febbraio non si potranno avere idee precise sugli indirizzi generali. Obama nel frattempo si è assicurato il South Carolina come da previsioni e come accadde pure la volta scorsa al reverendo Jesse Jackson ,  particolare che Bill Clinton  non ha mancato di rilevare.

 Tabelle riepilogative del New York times e Obama  in South Carolina.