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Tag: elezioni 2008

In nome del popolo romano

In nome del popolo romano


Promettendo sgomberi e deportazioni, Gianni Alemanno cattura il voto delle periferie. Non è una novità dell’Oggi . Dal 1976 al 1985, una terna di Sindaci -  Argan Petroselli Vetere –  eletti nelle liste del PCI ed espressione di una classe politica di prim’ordine lavorò alla riqualificazione del territorio – si direbbe oggi – abbattendo le baraccopoli ed edificando le abitazioni per i cittadini , allora erano romani, che vi abitavano. Ma non solo. L’idea di Luigi Petroselli di un diverso rapporto centro – periferie come  appartenenza ad un ‘unica città, espresso simbolicamente dall’Estate Romana e il parco archeologico dal Campidoglio all’Appia antica, al centro della città, in modo da far coincidere come diceva Nicolini il nome e la cosa Roma , si andava delineando.  Ugo Vetere, amministrazione specchiata, moralità e conti in ordine, buon ultimo, dovette cedere la poltrona di sindaco, sconfitto proprio in quelle periferie che aveva contribuito a risanare. L’alternanza – allora si votava con il proporzionale e il sindaco non veniva eletto direttamente –  non poteva essere elemento del dibattito post elettorale nemmeno nella forma elementare del fisiologico bisogno di cambiamento e, nello smarrimento generale di un partito comunista  che proprio allora cominciava ad interrogarsi sul proprio destino, fu concluso, non del tutto a torto, che, per un difetto di comunicazione, gli indubitabili vantaggi dell’amministrazione di sinistra, non erano stati opportunamente promossi tra i cittadini e che il difficile rapporto col sottoproletariato urbano andasse risolto con una maggiore presenza anche a costo di una vera e propria mutazione dei linguaggi tradizionali. In pochi pensarono che quel che stava accadendo non dipendeva solo da buone o cattive amministrazioni. I tre sindaci che negli anni successivi si alternarono, confermando gli elettori ogni volta, la Democrazia Cristiana al comando, consegnarono la città al degrado e alla corruzione. Signorello, Giubilo, Carraro, i comitati d’affari del secondo che ben anticiparono tangentopoli e le  imprese del terzo che guadagnarono a lui e ai suoi gli onori delle cronache nazionali. Era il 1993 quando con la mossa del cavallo rappresentata da un sistema elettorale differente, nuove le regole e nuovissimo, data la sua storia, il candidato, portammo Francesco Rutelli in Campidoglio. Oggi a distanza di quindici anni, la destra si riappropria della città. Chi ha proposto Rutelli candidato per il 2008, evidentemente  più che pensare al rinnovamento, ha ritenuto proporre l’incarnazione della continuità stimando il Modello Roma, vincente comunque. Invece la percezione è stata della riproposizione di un vecchio arnese dismesso dalla politica nazionale da riciclare come sindaco.E questo è valso per gli elettori ma anche per gli alleati visto lo scostamento di 60.000 voti  da Comune a Provincia e un diverso orientamento nel voto dei municipi.  Ma, Rutelli a parte, non è bastato nemmeno che a Roma il Pil sia salito più che in ogni altra città italiana, non sono bastate le Notti Bianche, la Feste del Cinema o l’Auditorium, la nuova Fiera di Roma o la metropolitana : la Roma che trae ricchezza dalla sua stessa vita ed ha instaurato in questi anni relazioni internazionali proponendosi come una città di prestigio mondiale, ha ceduto il passo ad un’immagine distorta, irreale di  città insicura, degradata trascurata dai suoi amministratori a vantaggio della facciata : il cinema prima di tutto.  Oppure  il consolidamento di  gruppi di potere accomodati in salotti immaginari che di tanto in tanto, i detrattori,  tra invenzione e desiderio indicano come luoghi di decisione. Una vecchia cantilena cara alla destra e anche a una certa sinistra del Rigore e dei Quaresimali.

Giocano in questo voto molti fattori dipendenti dall’andamento nazionale e più strettamente  legati ad esigenze territoriali: l’assillo della sicurezza con quella distanza tra percezione e realtà dei numeri che è stata la chiave di volta della vittoria della destra alle politiche, innanzitutto. Limitare la propria indagine ai soli confini del candidato sbagliato significa semplificare una questione che invece richiederebbe maggior sforzo analitico. Il Pd spero vorrà riflettere su un’antica magagna: il ricambio della classe dirigente che pure è un punto fermo nei propositi delle democratiche e dei democratici che hanno accettato di dar vita alla nuova formazione , importa un maggiore impegno in direzione dello spazio e delle responsabilità da conferire ai giovani,alle donne, ad esponenti della società civile. E’ improbabile che  quand’anche si fosse voluto sottoporre alle primarie la candidatura a sindaco di Roma, ci sarebbero stati competitori credibili  per Francesco Rutelli. La sua campagna elettorale pur  generosa ma inevitabilmente  fagocitata dalla campagna nazionale e, al secondo turno, sebbene correttamente giocata sul”esaltazione dei risultati ottenuti e sull’antifascismo, non è riuscita ad essere convincente. Sulla sicurezza tema sensibile in una campagna elettorare ha dovuto  giocare di rimessa preso, come tutti noi, in contropiede da un utilizzo spietato da parte dell’avversario, di recenti episodi di cronaca.Una serie di concause, in definitiva, ne hanno accentuato la debolezza. Inutile recriminare o attribuire responsabilità dello sfracello a Veltroni : in cinque mesi non si risale la china del consenso perduto, non si approntano due campagne  elettorali difficili contestualmente rinnovando il partito. Credo che anche in caso di conta congressuale, la sua leadership non sia in questione. Tornando a Roma, chi  scrive appartiene alla scuola del rispetto per il popolo sovrano,pertanto è  giusto che Gianni Alemanno governi la città che il popolo stesso gli ha affidato. Pur non essendo insensibile ai saluti romani e alle spacconate, particolarmente sulle scale di Palazzo Senatorio, simbolo della Municipalità, più che l’arroganza dei vincitori brucia e immagino brucerà ancora per molto, la fine del Modello Roma, un progetto appassionante che  per arditezza e modernità, è stato il compedio ideale di un Fare Politico che riusciva a rendere disponibili e al servizio della città idee, sensibilità, ed esperienze. Un percorso di partecipazione che da Petroselli a Veltroni si è rivelato fonte di entusiasmo e infinite soddisfazioni. Ciò che è stato realizzato non potrà essere facilmente sottratto ai romani pena una sensazione collettiva di grande vuoto. E questo rimane motivo d’orgoglio e di una non piccola consolazione.

Nell’illustrazione il Tabularium realizzato in una galleria che unisce la parte vecchia e quella nuova dei Musei Capitolini


Un impossibile kit di garanzie

Un impossibile kit di garanzie

Libera nos dagli uomini di lotta e di governo alle prese con un caso di stupro che, provvidenziale ai fini ben identificati della stampa e della propaganda politica, capita in campagna elettorale. Proprio qui, a Roma. Ma a parte il solito considerare la violenza sulle donne  alla stregua dello scippo di una borsetta ed inserirne le contromisure nella rosa di improbabili provvedimenti –  ventimila espulsioni…Alemanno deve essersi candidato anche a Prefetto, oltre a non conoscere le procedure e a non saper contare – o pacchetti detti  della sicurezza, si possono dormire sonni tranquilli : nella sarabanda di strumentalizzazioni nessuno sta davvero pensando a noi, men che meno  alla nostra incolumità. Se così fosse, invece di spremere le meningi alla ricerca dello spot più efficace, si parlerebbe d’altro :  per esempio di sessualità maschile, perchè gli stupri censiti nel nostro paese, viaggiano, tra pareti domestiche e strade, alla velocità di tredici al giorno, poi ci sono quelli non denunziati e poi c’è anche chi pensa di fare del turismo sessuale o essere, nella propria città,  cliente abituale di minorenni dell’est e non essere annoverato nella categoria degli stupratori. Quali misure si propongono in questi  casi o in quelli in cui il barbaro, oltre che non essere romeno è anche un rispettabile signore o uno che conosci molto bene? Ma queste sono problematiche che non riguardano mai gli uomini di lotta e di governo ma sempre qualcun altro. Ci sono scomode verità dietro questa storia che vanno ben oltre il semplice spietato utilizzo a fini elettorali dello stupro di una ragazza e che nessun maschio di lotta o di governo, troppo occupato a battibeccare – sicurezza si,  sicurezza no, ronde si, ronde no, diritti si, diritti no, libertà si, libertà no – ammetterà mai : si chiama esposizione all’altro e non c’è democrazia che tenga, ne’ garanzie sufficienti ad eliminare il rischio. Si chiama libertà femminile interpretata dai media come disponibilità sessuale. Servirebbe un’altra riflessione e un’altra cultura ma sono tutti così impegnati : chi a tirare i remi in barca, chi a leccarsi le ferite, chi a riorganizzarsi e chi a marciare armi e bagagli su Roma con nutrito seguito di forze politiche e sindache compiacenti targate nord  - ce la devono far pagare del resto e  se riuscisse loro l’impresa, altro che stupro subirebbe questa città – che non c’è speranza. Men che meno ce la potrebbe offrire chi storicamente  vive la libertà e la dignità delle donne come una minaccia. Fortunatamente in questa città, non siamo all’anno zero delle politiche femminili, ne’ tanto disperate da invocare l’intervento delle ronde. Alemanno pensi all’agricoltura. Possibilmente nell’orto di casa sua.

nell’illustrazione il bel pavè delle nostre strade

Crescerà la cicoria a via Condotti

Crescerà la cicoria a via Condotti

Il MIS Movimento Idea Sociale di Pino Rauti, invita militanti e simpatizzanti a votare Gianni Alemanno al ballottaggio di domenica prossima.  Sottolinea in particolare che a differenza di Rutelli, che di agricoltura non si è mai interessato, Gianni Alemanno di agricoltura ben si intende dopo il suo incarico ministeriale e che questo è importante perchè Roma è il più grande Comune agricolo di tutta Europa e dal Campidoglio si può gestire un territorio che è esteso undici volte l’area comunale milanese.

Vinca l’eresia ( una volta tanto)

Vinca l’eresia ( una volta tanto)


Non del tutto casualmente, le proposte politiche più interessanti, al momento vengono da due amministratori locali. Ed è forse per quel comune tratto di continuativa eresia nei confronti delle rispettive appartenenze che i loro interventi risultano meritevoli di attenzione . Soprattutto nei momenti in cui la riflessione sull’ insuccesso si appiattisce un po’ troppo sui registri consueti di fallimento del marketing elettorale, si avverte un consistente vuoto  di misure in vera controtendenza . Credo che l’originalità nasca  dalla stessa pratica di governance e che attendibilità, chiarezza, veridicità scaturiscano da una capacità speculativa educata a misurarsi con le complessità quotidiane. Vendola ha pronunziato l’intervento più ricco dell’Incontro dell’Arcobaleno a Firenze, applaudito in piedi dalla platea, sebbene non riportato nel sunto che della giornata il sito di Rifondazione pubblica . E non  a caso. Uno che vuole saltare a piè pari la fase del redde rationem, per avviare subito quella del che fare, non può essere il più amato dagli Apparati. Al centro del suo ragionamento sta un problema di linguaggio, serissimo a mio avviso, e non meno importante, quello inerente ad un’altra questione che viene definita dell’ascolto, ovvero di analisi della realtà che non possono prescindere da prese d’atto, vuoi delle dinamiche, vuoi delle sensibilità in gioco, (nel caso specifico vengono citati  i precari di cui si parla ma che non vengono ascoltati ). Quello che magari non è chiaro, è cosa si vuol fare dell’ascolto :  cioè se questo rendersi disponibile alla società civile, possa o meno produrre cambiamenti in termini di orientamenti programmatici. Un laboratorio politico quale Vendola auspica, vive d’interazione, ma cosa succede se dal confronto con la realtà scaturiscono contraddizioni tali da richiedere un mutamento di rotta?. Di fronte a fatti di questa importanza i nostri strumenti analitici e strategici sono asfittici, desueti, poveri, ce la caviamo solo con un po’ di sociologia della catastrofe . Espressioni dure, che oltretutto scavano in annose controversie ideologiche legate al modo d’intendere la pratica politica. Non so se le parole di Vendola diverranno mai il suo  documento politico congressuale e nemmeno se l’applauso caldo e spontaneo  sia scoppiato per i toni appassionati più che perché le ricadute altamente sovversive di un’ottica marxista, della sua proposta. Da qui a luglio vedremo se Vendola riuscirà a vincere la sua battaglia di rinnovamento del partito che oltretutto, essendo ancora presente a livello locale, potrebbe dedicarsi con maggiore intensità a ricucire rapporti che al momento sembrerebbero smarriti. E’ di Cacciari invece la proposta più ardita, di Partito Democratico del Nord federato al PD centrale. La questione settentrionale, colpevolmente trascurata dai partiti di sinistra è, non da un giorno, richiamata all’attenzione  e ritenuta da Cacciari dirimente. Il PD  che a quei territori ha dedicato candidati e tappe del viaggio elettorale di Veltroni , ha prestato ad essi, forse per la prima volta, reale attenzione . Ma un intervento che, se isolato, rischia di essere percepito come pura strategia in vista delle urne, non è sufficiente: i passaggi successivi non possono non tener conto della specificità di quei territori in cui convivono le regioni della grande industria fordista e quelle  del terziario, del finanziario e della creatività. Distanze culturali enormi con il resto del paese, segnate da una perdita di contatto della sinistra con le trasformazioni sociali. Il capitalismo personale, la rivoluzione culturale della classe operaia, sono processi che non sono stati compresi fino in fondo.Il conseguente allontanamento con perdita di consensi ne è stato l’esito disastroso. Per questo un nuovo cammino importebbe la necessità della rappresentanza autonoma, libera, nella formazione di gruppi dirigenti, candidature, programmi. Magari fosse vero…anticipare l’idea federalista con una differente forma partito. Migliore ipotesi di radicamento sul territorio non si potrebbe immaginare.Senza considerare l’eliminazione del partitone elefantiaco che dal centro pretende di sapere tutto e di governare ogni cosa. E il cuore mi dice che se son veri gli strilli all’apostasia di alcuni dirigenti con tanto di rivendicazione del primato della questione meridionale, l’idea è incredibilmente efficace. Anche qui bisognerà aspettare, non troppo però. Domani Veltroni va a Milano a discutere con i diretti interessati. Sperem.Come dicono da quelle parti.

Vogliamo vivere

Vogliamo vivere

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Il processo di trasformazione della città di Roma  è cominciato con Francesco Rutelli nel 1993, quando ricevette il primo mandato a sindaco e in eredità il deserto che una lunga teoria di amministratori di centro destra incapaci e in alcuni casi corrotti, avevano lasciato.Il clima di mediocrità provinciale in cui abbiamo vissuto per decenni è stato soppiantato da quindici anni di saggia amministrazione di centro sinistra . Rutelli è stato un buon sindaco, fortemente impegnato nel risanamento ma anche nella moralizzazione di molti settori, chi scrive può testimoniare  la cura, l’onestà e il rigore con i quali sono state regolati, per la prima volta, gli appalti miliardari delle mense scolastiche, sottraendoli  ad appetiti, ad un regime di scarso controllo, e all’ignominia del massimo ribasso. Roma non solo non merita di tornare indietro ad un clima mortifero e a una cultura egoista ma soprattutto vuole mantenere la sua peculiarità di zona franca e fuori del controllo della destra. Roma è un laboratorio attivo in cui tra mille errori e tutte le difficoltà che una metropoli di dimensioni europee comporta, si è applicata un’intelligenza politica che ha prodotto risultati sul piano dell’economia, della cultura e dell’accoglienza di  oltre 160 etnie che con noi pacificamente vivono, lavorano, studiano. E noi ne siamo orgogliosi.  Il ballottaggio con Alemanno e l’apparentato Storace ha per sovrapprezzo una decisa connotazione antifascista. Sia questa la ragione forte della nostra mobilitazione e il Bene della Città, il senso del nostro voto. Non devono passare.