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Tag: La fabbrica del cinema

Presente passato utopia

Presente passato utopia

Un ingovernabile – ma solo all’apparenza – flusso di ricordi,  dilaga nei centoquaranta minuti di questo racconto epico, implacabile, di dolorosa ed autentica  bellezza. Mentre spazi e tempi  in continuo spostamento danno vita ad una metamorfosi narrativa in cui instabilità e violenza sono rese da un’espressività cinematografica da incubo, Hailé Gerima si rivela un potente narratore, proprio nell’ abile impresa di  dare una direzione precisa ancorchè non meccanica, a quegli spostamenti.

 Storia del ritorno – dopo la deposizione dell’imperatore Selassiè e l’avvento del colonnello Menghistu –  di Anbember che, come molti della sua generazione, ha vissuto e studiato medicina in Germania, speranzoso nel cambiamento e nel  fervore rivoluzionario che percorre Addis Abbeba negli anni 80  e determinato a rendere disponibile al suo popolo ciò di cui si è reso edotto : il suo sapere di medico ma anche quanto  è stato dell’esperienza politica maturata nei movimenti universitari.

  Troverà un paese egualmente preda della violenza, della corruzione e dalla degenerazione ideologica. Rientrerà – dopo essere scampato ad un massacro e costretto ad una pubblica autocritica –  nella Germania dell’est, dove nel frattempo è caduto il muro e dovrà subire un’aggressione neonazista.

Il nuovo ritorno in patria avverrà a ridosso della fuga di Menghistu, cercando rifugio nel suo villaggio d’origine. Ma laddove, tempo addietro era terra rigogliosa ora c’è un  deserto senza pace, percorso da manipoli armati che rapiscono i bambini per farne dei soldati.

Questo è diventata  Teza – l’aramaica rugiada del mattino - regione dell’Etiopia e titolo del film.

 Quand’è così, si arriva a rimpiangere il villaggio dell’ infanzia senza luce elettrica e sin, sull’onda della disperata nostalgia e dei ricordi, a riabilitare il tiranno Selaissiè, anche se solo come fautore del panafricanismo e combattente dell’invasione coloniale italiana.

  Si fa presto a dire La meglio gioventù etiope. L’ottica è completamente differente, anche se la rigidità di certi schematismi che non lascia spazio ad altre sensibilità se non quelle prescritte da un ideologismo devastante, somiglia in qualche modo ad altri errori commessi. Altri luoghi, stesso tempo. Gerima critica apertamente quegli errori della sua generazione.

Un film appassionato e, nel suo genere, militante. Soprattutto un film che pur intriso di cosmica tristezza, non rinuncia alla speranza e all’utopia. Senza l’egida di Hollywood, non si prevedono folle al botteghino. Ma….. chi soffre di mal d’Africa e d’altre patologie connesse, si prepari  a inevitabili ricadute. Quindi si affretti.

Teza è un film di Hailè Gerima. Con Aron Arefe, Abiye Tedla, Takelech Beyene, Teje Tesfahun, Nebiyu BayeDrammatico, durata 140 min. – Etiopia, Germania, Francia 2008. – Ripley’s Film.

 

He’s just not that into you (farsene una ragione)

He’s just not that into you (farsene una ragione)


Se l’unica risposta razionale a molti allarmati dubbi pseudoamorosi, deve essere fornita da Sex and the city o da  un chick flick o da un blockbuster – ma non ci si precipiti, si può attendere tranquillamente l’uscita al noleggio o il passaggio televisivo – qualcosa non funziona in certi modi che le ragazze hanno d’intendere i meccanismi che presiedono la conquista del partner di sesso  maschile.

Ovvero: laddove  lo studio di pur utili strategie da tavolo, comincia ad essere percorso da troppi quesiti destinati a rimanere inevasi, quelli del tipo  perchè non chiama – perché non risponde – perché non mi vuole incontrare –  perché  non lascia sua moglie – e s’impantana in consolatorie improbabili interpretazioni di silenzi, sottrazioni e reazioni che in realtà non hanno nessun bisogno di essere interpretati : He’s just not that into you : La verità è che non gli piaci abbastanza. Può sembrare umiliante ma rischia di diventarlo solo al cospetto del  troppo insistere.

Gli uomini sono meno complicati di quanto non vengano disegnati dalla fantasia femminile con  le sue generose pretese di conferire dignità ad ogni infantilismo. Quando non ad ogni furbizia o mascalzonata.

Non un gran lavoro ma egualmente utile proprio perchè la banalità delle situazioni  è tale da indurre lo scatto d’orgoglio. Ergo, se avete amiche – in primavera poi certe situazioni dilagano peggio di un’epidemia – rose dai dubbi, accompagnatele al cinema oppure –  He’s just not that into you – regalate loro una mattonella con su scritto il tormentone, da piazzare in cucina.

Il vero mistero invece è come abbia potuto Drew Barrymore produttrice, schierare un simile battaglione di dive e divi – infatti non è la recitazione che fa difetto –  convincerli ad interpretare una piéce così gracile da sembrare inesistente. Il cachet, non può essere la risposta, sono in troppi per essersene
aggiudicato uno appetibile. La frase in questione, tratta dall’episodio Il silenzio è d’oro della sesta stagione di Sex and the city è già un must in America e l’immagine della protagonista che per buona parte del tempo fissa un telefono che dopo il primo appuntamento , si rifiuta di squillare, un monito per ognuna.

Divertente il sito del film  con il test : otto passaggi per capire se una coppia può durare ( domande irresistibili)

He’s Just Not That Into You è un film di Ken Kwapis. Con Ben Affleck, Jennifer Aniston, Drew Barrymore, Jennifer Connelly, Kevin Connolly, Bradley Cooper, Ginnifer Goodwin, Scarlett Johansson, Justin Long, Leonardo Nam, Brandon Keener, Sasha Alexander, Morgan Lily, Michelle Carmichael, Trenton Rogers, Kristen Faye Hunter, Sabrina Revelle, Zoe Jarman, Alia Rhiana Eckerman, Julia Pennington, Renee Scott, Chihiro Fujii, Sachiko Ishida, Claudia DiMartino, Carmen Perez, Traycee King, Délé, Busy Philipps, Eunice Nyarazdo, Anita Yombo, Niki J. Crawford, Natasha Leggero, Anna Bugarin, Angela Shelton, Frances Callier, Rod Keller, Brooke Bloom, Marc Silverstein, Rene Lopez, Annie Ilonzeh, Mike Beaver, Kris Kristofferson, Shane Edelman, Bill Brochtrup, Stephen Jared, Melanie Stephens, Nicole Steinwedell, Erik David, Jarrett Grode, Alex Dodd, Kai Lennox, Wilson Cruz, Cory Hardrict, Hedy Burress. Genere Commedia, colore 129 minuti. – Produzione USA 2009. – Distribuzione 01 Distribution

Un pesce di nome Brunilde

Un pesce di nome Brunilde

 

Sembra facile, innocua, esile la storia –  Andersen o Collodi – della pesciolina rossa che per amore, o fantasia mutante, vuol diventare umana. Ma poi, come spesso accade con Miyazaki, dopo una breve immersione nella bellezza della fauna marina color acquarello, ci si ritrova a fare i conti con le metafore del sottotesto e le relative complicanze. Molto nipponico il tutto, quantunque le tematiche  possano definirsi universali. Dimenticare dunque la martellante,  gommosa canzoncina che nel più tradizionale stile sigla anime, ha preceduto con successo, l’uscita del film nelle sale

Ponyo Ponyo Ponyo pesciolina tu
dal mare azzurro, sei giunta fin quassù
Ponyo Ponyo Ponyo sofficiosa sei
pancino tondo tondo, bambina tu

E concentrarsi – che è meglio – su coraggio, amore, rispetto degli altri, lealtà, rapporto con la natura, mondo soprannaturale. Esorcizzato il melenso e l’infantile ecco qui il Cinema con il suo bagaglio di fantastiche immagini, poesia e colonne sonore colte by Hisaishi. Quanto c’è in questo film dell’universo di Miyazaki san – non si azzardi il  sensei che s’arrabbia è tutto da scoprire : dalla grande pittura giapponese di Hokusai a Silly Simphonies ad Antoine De Saint Exupery – Petite Prince  ma anche Vol de nuit e Terre des hommes  – a Wagner – e quando è Cavalcata delle Valchirie, interviene direttamente la matita  di Miyazaki, perchè le immagini della surfista Ponyo devono essere quanto più possibile all’altezza .E lo sono. Ma niente computer : 70 artisti, 180.000 disegni – moltissimi per un film di animazione e tutti rigorosamente a mano – a raccontare artigianalmente la Storia  dal punto di vista di un bambino :  Come andò che Brunilde ribattezzata Ponyo ,figlia di un ittiologo pazzo e di una divinità marina, ribellandosi al padre ne provocasse le tsunamiche ire e come, barattando i suoi magici poteri,  guadagnasse il privilegio di un’esistenza – si spera – normale, cioè da essere umano.

 

Ponyo sulla scogliera è un film di Hayao Miyazaki. Titolo originale Gake no ue no Ponyo. Animazione, durata 100 min. – Giappone 2008. – Lucky Red

 
What the hell does everybody want with my Gran Torino?

What the hell does everybody want with my Gran Torino?

Parcheggiata la Ford Gran Torino verde al centro della storia, Kowalski – Eastwood siede nella veranda della sua casa di Detroit che, come da allusiva inquadratura dal basso, pare l’Abramo Lincoln del Campidoglio. Un cimitero di lattine di birra vuote e l’espressione rabbiosa e disgustata – almeno per buona parte del film – raccontano la difficoltà ad accettare probabilmente l’età, la recente perdita della moglie ma soprattutto quel senso d’impotenza che nemmeno il Garand e la Colt 45 custoditi gelosamente in casa – ma pronti all’uso –  riescono ad attenuare. Walt Kowalski non sopporta il mondo così com’è diventato e gl’inveisce contro tutto il possibile repertorio di insulti fantasiosi e politicamente spietati.

Del resto, combattere in Corea e lavorare cinquant’anni alla Ford, per poi avere un figlio che guida una Toyota o ritrovarsi il quartiere invaso da quegli stessi musi gialli incontrati in Indocina , non è il massimo per un americano conservatore che più americano e conservatore di così, non si potrebbe.

Ma c’è di nuovo che a conoscerli meglio quei coreani così attaccati alle loro tradizioni somigliano più a Walt di quanto non gli somiglino i suoi figli. Per non parlare di quei debosciati dei nipoti. Così è possibile che un insospettato legame paterno con  due adolescenti asiatici perseguitati dalle gang, si stabilisca e divenga ragione di vita ( e non solo ) e che nel training  che insegni loro a difendersi ma anche a divenire americani, l’umore migliori. Rimane il senso d’impotenza che però si risolverà nel sacrificio – offerta di se stesso come opportunità di giustizia.

Carrellata e compendio di tutti i personaggi interpretati da Eastwood nella sua carriera. Lucida riflessione sulla fragilità illusoria di certi colossi dai piedi d’argilla, sul cinismo che tutto travolge tranne che l’integrità e il coraggio. Gran maliconia, grandi rimorsi, grandissimo Eastwood.

 

 

Gran Torino è un film di Clint Eastwood. Con Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her, Christopher Carley, Austin Douglas Smith, John Carroll Lynch, William Hill, Chee Thao, Choua Kue, Brooke Chia Thao, Scott Eastwood, Xia Soua Chang, Cory Hardrict, Geraldine Hughes, Brian Howe, Brian Haley, Dreama Walker, Nana Gbewonyo, John Antony, Doua Moua, Sarah Neubauer, Lee Mong Vang. Genere Azione, colore 116 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Warner Bros Italia

Se l’Eden è a ovest

Se l’Eden è a ovest

Il clandestino Scamarcio – accusano con severità e pedanteria, i Soliti  – è troppo bello e levigato per essere vero. E dall’ex fuggiasco Gavras, ci si aspettava uno stile di denunzia più incisivo e  militante. Ovvero come introdurre un film sul Pregiudizio attraverso una serie di Stereotipi.

Ma Costa  – splendido ottantenne, ex fuggiasco dall’orribile dittatura, oramai parigino di adozione – pensa a Omero e a Charlot,  distribuendo ampie citazioni  nel racconto, ma soprattutto affrontando volutamente  un tema drammatico – l’immigrazione –  attraverso l’uso di registri narrativi inconsueti.

Ribaltando, l’ottica abituale,  approfittatori, violenti e  stupratori, appariamo noi, ovvero coloro che, in tutti i modi,  cercheranno di appropriarsi del giovanotto immigrato per sfruttarne le prestazioni e le capacità. Il clandestino così, da detestato intruso, diviene oggetto del desiderio. Nemmeno troppo oscuro.

Tra favola e metafora si snoda la vicenda del balcanico Elias che imbarcatosi per necessità  su una delle tante carrette del mare, sogna di raggiungere quello che per lui rappresenta l’Eden : Parigi, vissuta come luogo di tollerante accoglienza.

Gavras qui è abilissimo nel maneggiare il tema del Pregiudizio che non  limita alla pura  rappresentazione ma che serve sul piatto d’argento a  spettatori inconsapevoli, fabbricando con cura un clima di attesa del Peggio che poi si adopera a risolvere in un modo differente.

Una serie di brillanti trovate – Elias conosce solo una decina di parole in francese, parla pochissimo e quando gli capita, si esprime in un lingua inventata – crea gags divertenti che hanno l’andamento delle comiche.

Nel finale Elias è negli Champs Elysées, ha una bacchetta magica tra le mani,  la polizia alle spalle e davanti a sè la possibilità di accendere le luci della Tour Eiffel…

Omaggio ..agli emigranti gente che affronta mille peripezie per inseguire l’utopia. E’ necessaria grande personalità per lasciare tutto e arrivare in un paese in cui non sei nessuno e io volevo togliere al popolo dei clandestini un po’ di pesantezza, l’alone del pericolo…

Costa Gavras

Verso l’Eden è un film di Constantin Costa Gavras. Con Riccardo Scamarcio, Juliane Köhler, Ulrich Tukur, Anny Duperey, Antoine Monot Jr., Eric Caravaca, Michel Robin, Konstandinos Markoulakis, Florian Martens, Ieroklis Michaelidis, Bruno Lochet, Kristen Ross, Odysseas Papaspiliopoulos, Léa Wiazemsky, Tess Spentzos, Stella-Melina Vasilaki, Gil Alma, Marissa Triandafyllidou, Mona Achache, Alexandre Bancel, Igor Raspopov, Ina Tsolakis. Genere Drammatico, colore 111 minuti. – Produzione Grecia, Francia, Italia 2009. – Distribuzione Medusa –