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And the winner is..

And the winner is..

Berlusconi non sfonda, il PD tiene, l’antisarkozismo non paga, la maggioranza regge, l’astensione dilaga, smotta l’Spd, tracolla Zapatero, Verdi e Bloqo de izquierda in ascesa, Linke in stallo…Pasoch in rimonta.

Qualunque sia la formula scelta a definire il risultato elettorale, mi permetto di segnalare in aggunta alla nota, la vittoria del voto de panza, inutile che Scalfari si sbatta anticipando a sabato l’omelia – bellissima peraltro – della domenica sull’atteggiamento raziocinante da tenere al cospetto delle urne. Il voto – ma anche l’astensione – de panza, miete allori un po’ dovunque.

Qui da noi  contiamo addirittura due  formazioni de panza, entrambe  a mordere il sedere rispettivamente agli schieramenti principali. Due risultati speculari, belli tondi, due contenitori  in cui far convergere tutte le istanza emotive, i celodurismi, i voti di protesta e gl’istinti più bassi e inconfessabili dell’elettorato . L’offerta politica ne risulta così arricchita riuscendo i due partiti  a coprire ogni tipo di esigenza. Per esempio uno vanta un'organizzazione storica collaudata  e l’altro è più nuovo, più rustico,  entrambi sono giustizialisti ma solo uno è xenofobo, solo uno è protezionista, solo uno è antiberlusconiano. solo uno è latentemente antieuropeista. Insomma il populismo e il sentimento pre-politico di casa nostra si scapriccia e può essere variamente rappresentato. A destra  come a sinistra.

Vero è che di Europa si parla assai poco e se ai commentatori e ai politici,  di qualunque risma, dell'Unione importa un fico secco, figuriamoci agli elettori che nella migliore delle ipotesi pensano a Strasburgo associandone la funzione alle complicanze della burocrazia, alla pizza col ragù che però sempre pizza si può chiamare o alla mancata tutela del ficofiorone .

Di qui la sfiducia nella possibilità dell’Europa stessa di far fronte a problemi più seri degl’impedimenti che incontra il vino fatto con i piedi. Vedi la crisi economica. E se la disillusione alimenta il dato astensionista, il disagio nondimeno  penalizza i governi in carica nei singoli paesi  e infine  colpisce i partiti di sinistra eredi della tradizione socialdemocratica.

Ergo ne risulta favorita  l'affermazione di forze euroscettiche, quando non xenofobe che fondano le loro fortune sulla paura da invasione barbarica e sul senso d’insicurezza che ne discende. Formazioni che non possono esser annoverate certo tra le fila della destra tradizionale cosidetta di governo. Prova ne è che i Tories inglesi – partito che non potrebbe mai riscuotere il mio consenso ma  per il quale credo sia lecito nutrire una certa considerazione – stanno seriamente pensando di dar vita ad un gruppo a parte in seno al parlamento europeo. Conservatori va bene, populisti forcaioli e fascistoidi è un’altra storia.

Il disastro impone un mutamento di rotta, vedremo se la sinistra europea sarà in grado di fare conti definitivi con la crisi culturale e politica che investe la propria tradizionale impostazione socialdemocratica, oramai obsoleta e in rotta di collisione dalla caduta del muro in poi.  Dopo trent’anni forse è il caso di chiudere quel tipo di  partita avviando una stagione autenticamente  riformista.

Ma per tornare all’orticello di casa  la perdita del PD – 7% dei voti –  quantunque siano note le direzioni che hanno preso –  non può definirsi un risultato soddisfacente,non perchè  ce la passiamo meglio che gli altri in Europa, portiamo in dote al futuro gruppo un discreto numero di eletti il che nulla toglie al risultato che è di evidente sconfitta.

Anche il PD ha da affrontare la sua battaglia politica e culturale.

Certo viene da sorridere che nel momento in cui si cercano consensi per vincere i ballottaggi, si facciano anche discorsi di lungo respiro su future (strutturali) alleanze. Ma questo fa parte di un costume politico improntato al senso dell’opportunità. Tutto non si può mica avere.

Al momento l’unico risultato di cui compiacersi  è il silenzio – sono quasi tre giorni – del  Premier. Che pace, pur nella disfatta.

Nell’illustrazione Picos de Europa ( Spagna sett. Asturias)

I portavalori di papi

I portavalori di papi

Certosa

Se questo è solo l’assaggio dell’Occupazione delle Reti, in programma – a quanto sembra –  per la settimana prossima, si può immaginare il resto. Dopo gli amici affezionati, i dipendenti devoti e le arringhe tonanti dei legali a mandato no stop, Papi cala l’asso e schiera la Generosa Prole umiliata e offesa dalla protervia irrispettosa del capo dell’opposizione, che poi sarebbe quel Mostro – a non so quante teste –  di Dario Franceschini.

Avessero anteposto il fatto che l’amor filiale è cieco, transeat, quantunque anche a quello ci sia un limite stabilito dalla decenza, ogni scarrafone ringrazia  ‘a mamma sua, non fosse altro per la bella vita e l’elargizione di cariche sociali come se piovesse. Certo però che essersi inerpicati sul terreno dei Valori ricevuti in dote con l’Educazione, sempre che questi ultimi siano dati dall’Esempio e non dal puro esercizio retorico, è davvero un po’ troppo.

Una scorsa alle cronache degli ultimi vent’anni e passa la paura: si comincia con l’amico Craxi e si finisce con non lo conosco Mills. Per il momento.  In mezzo scorre il fiume, come diceva quello, di altre cronache, tra giudiziarie e politiche, segnate da costante sfregio alle istituzioni. Hai voglia tu, i Valori che trovi disseminati sul percorso di papà. 

Quanto poi al secondo letto sbandierante un ambito famigliare equilibrato e – ancora! –  ricco di valori, direi che siamo alle comiche, con Mami su tutti i giornali a chiedere  il divorzio per i noti avvenimenti e papi a cambiar un paio di versioni al giorno sull’origine di certe sue frequentazioni.

Suvvia ci mancavano solo i figli compunti e dolenti a completare l’affresco. Decisamente non suscita tenerezza questo ennesimo capitolo della saga. Altro giro, altra strategia e c’è da credere che di qui alle urne per le europee, il teorema Ghedini si arricchirà di altri colpi di teatro. Prepariamo i fazzoletti.

Nell’illustrazione la villa sarda, i cactus, la piscina i palmizi etc.. ( altri valori, qualche abuso edilizio, un condono il rispetto per l’ambiente e via dicendo)

Miriam non Miriam

Miriam non Miriam

Strasburgo

Hanno ragione coloro i quali attribuiscono a Silvio Berlusconi la capacità di aver prima sconvolto e poi ridefinito i termini del dibattito politico. Prova ne è che ad ogni apparir di ragazzotta di belle speranze, sulle liste elettorali del PDL – dalla Gardini in poi, non una novità –  i fieri oppositori si lasciano beatamente coinvolgere in una querelle all’insegna dell’ uguale e contrario, conclusione : replicano  volgarmente a qualcosa che ritengono  volgare.

E vai col tango del trito repertorio misogino e della terminologia più vieta, manco fosse colpa di quelle sprovvedute se la politica si è così ridotta.

Ma il punto non sono ovviamente le ragazze  e anche se il tema della presenza femminile è stato  posto in modo intelligente da Sofia Ventura, si tratta di allargare la riflessione ad un terreno più ampio di cui la reificazione delle donne  è uno dei pilastri,  ma non il solo.

Perchè una cosa è certa :  o il  problema della compilazione delle liste diviene un caso che riguarda in generale il modo in cui gli apparati di partito, provvedendo in via esclusiva all’autoconservazione, selezionano una classe dirigente funzionale alla propria immagine,  oppure continueremo in eterno a moraleggiare  con ridicole varianti del dove andremo a finire, per via di  quattro belle figliole definite scioccherelle e inadatte per profilo, al ruolo in questione.

Che si tratti di collocamento per principi azzurri e starlette o di prepensionamenti eccellentissimi, il problema è uno solo. Ed è politico. Mi spiace, per lo spessore di Luigi Berlinguer che indiscutibilmente si pone a distanze siderali da quello di qualunque blasonato o ballerina o soi disant gggiovane – trombato alle Politiche e riproposto come una minestrina riscaldata alle Europee –  ma la faccenda è metodologica e  riguarda anche un tipo di candidatura come la sua.

Finchè saranno logiche partitiche spicciole e interessi di bottega a soprintendere la scelta dei candidati, ognuno provvederà a sistemare i suoi avendo per  la testa ben altro che la rappresentanza. A nessuno è dato di mettere il naso in casa d’altri ma se si desse al meccanismo delle primarie un valore istituzionale, sono convinta che le candidature improbabili sarebbero sensibilmente ridotte, quantomeno un’investitura più democratica conferirebbe un senso differente  alle scelte.

Le liste elettorali delle Europee sono – complessivamente e trasversalmente –  brutte . A chi ha a cuore il  buon andamento dei nostri interessi a Strasburgo, non rimane che sperare nella continuità degli staff tecnici, più in grado dei nostri politici di orientarsi nella complessità della normativa europea e delle questioni internazionali. Ma qualcuno pensa all’importanza del Parlamento Europeo? O siamo tutti a sfogliare la margherita se Miriam Bartolini questa volta  sia in combutta col consorte o ce la faccia a presentargli infine,  il conto del matrimonialista?

Un mare di detriti

Un mare di detriti

Strano modo di concepire l’Informazione come indispensabile  e preziosa, nel momento in cui s’incarica di fare da cassa di risonanza  alla Versione Ufficiale,  e irresponsabile – anzi indecente –  quando manifesta un punto di vista differente  rispetto alle martellanti celebrazioni governative con soccorsi e soccorritori  tempestivi, angelici ed efficientissimi.

A dire il vero non se ne può più. In questo paese ogni minimo tentativo di comportarsi come una comunità coesa, responsabile  e pensante,  annega invariabilmente in un mare di retorica. E se sopravvivesse ancora qualche dubbio sulle intenzioni del governo di servirsi del terremoto per trasformare le operazioni di soccorso, nell’ ennesimo miracolo dell’Era Berlusconi ter, basterebbe leggere le reazioni indispettite nei confronti di una trasmissione televisiva che si è solo limitata a denunziare alcune disfunzioni  attraverso le testimonianze dirette di chi ne ha dovuto sopportare i disagi, per tirare le conclusioni del caso. C’è dietro a tutto questo furore , un’idea di pubblico servizio da riconsiderare. O magari  di Pubblico tout court

Ma peggio del consueto ricatto che oppone la generosità dei volontari o lo spirito di servizio delle forze dell’ordine al fatto che, ancora  fino a ieri, mancavano l’acqua e le stufe nell’ospedale da campo di Piazza d’Armi –  come se tra i due eventi ci fosse relazione – c’è solo questa insensata richiesta di silenzio –  taccia la politica, tacciano le voci dissonanti – Godiamoci quest’altra favola bella del paese solidale e unito di fronte alla furia di elementi talmente imperscrutabili da rendere inutile la seppur minima forma di prevenzione.

Centotrenta sono i comuni abruzzesi  colpiti dal sisma, di molti non conosciamo nemmeno il nome, nonostante le numerose troupes e la consistente squadra di inviati di stanza in zona, troppo impegnati a segnalare le mosse del presidente del consiglio che consola gli afflitti e glissa sulle responsabilità. Lui non ha la bacchetta magica ma voi inviate i quattrini e soprattutto  non pensate alla politica. Chissà di che materia sono fatte  le virtù civili  tanto care ai media di questi tempi.

..and there’s nothing you can do about it. Nothing!

..and there’s nothing you can do about it. Nothing!

Basterebbe poco. Se richiesto di un commento, il Ministro con emme maiuscola rispondesse che in Democrazia le manifestazioni di dissenso sono un segnale di buona salute, finirebbe lì: in dissolvenza con brusio di ammirazione per l’istituzionale fair play . Nei futuri servizi sarebbe ricordato per l’aplomb.

E invece no. Bisogna cavalcare l’opinione più volgare reperibile su piazza e rendersene interprete. Scampagnata, carnevalata o che so io. Nei futuri servizi sarà difficile  che non sia ricordato per la stizza.

Salvo che nel prosieguo dell’intervista non gli si domandi dell’evasione fiscale, visto che manco a farlo apposta, qualche ora prima della scampagnata, sono stati resi noti i dati sui redditi del 2007 dai quali inequivocabilmente si evincono i 100 miliardi e passa, pari a 7 punti di PIL, tale è il costo del mancato introito nelle casse dello Stato che dobbiamo sopportare. Finalmente un primato europeo.

Qui la replica del ministro si tinge di fatalismo con l’incipriata cinefila  di profilo medio – E’ il paese, bambola – e pur  senza aggiungere il finale alla citazione – And there’s nothing you can do about it. Nothing! – si affretta a sintetizzarne il senso : il problema è strutturale. Boing.

Lo si fosse chiesto ad un impiegato dell’Agenzia delle Entrate, sarebbe comprensibile ma un Ministro con emme maiuscola e pretesa efficientistico riformatrice, dovrebbe squadernare le misure assunte e quelle in programma. A campanello : un.. due.. tre… : abbiamo fatto questo e quello e ancora faremo questo e quell’altro. Ma poichè in nome della semplificazione, più che smantellare il poco che il perfido Visco era riuscito a mettere in campo per contrastare l’evasione, non si è fatto, l’unica risposta possibile consiste nel buttarla in caciara.

In realtà ci sono conti che ancora tornano nel nostro Paese : sono quelli della manifesta diseguaglianza, ma qui è meglio non interrogare il ministro che altrimenti ripolvererebbe tutte le leggende sulla bontà dello stimolo a fare meglio che un tale disastro dovrebbe produrre. Film  a confortare l’ottimismo, ce ne sarebbero in quantità.

Sulla manifestazione di ieri la si può pensare come si vuole, se fosse o meno opportuna, se Franceschini dovesse o non dovesse… se Epifani sia o non sia.. Tutto si può discutere, tranne il fatto che chi tira la carretta ne abbia ben donde di lamentarsi e, se del caso, scendere in piazza. Magari senza doversi sobbarcare di ironie ministeriali. Gira che ti rigira a quelli del governo, maiuscoli o minuscoli che siano, è sempre la manifestazione libera del dissenso a infastidire. Eppure that’s the democracy, baby. The democracy! And there’s nothing you can do about it. Nothing!