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Mese: Aprile 2011

Honi soit qui mal y pense

Honi soit qui mal y pense

Siccome una non va a farsi fare il cappello da Philip Treacy e la redingote da Vivienne Westwood  nella segreta speranza che tutti gli  intenditori di mode, protocolli, vini e pesci,  raccontino quanto perfetta fosse la cugina dello sposo, i commenti esageratamente schifati  sono sembrati francamente inutili come pure gli anatemi sulle mises di altre ospiti. I matrimoni, si sa, difficilmente sono luoghi d’inappuntabile  eleganza, quelli regali non fanno eccezione.



Tanto più che quel che ha fatto inooorridire stamane, è robetta  rispetto alle tiare, ai veli, ai ciaffi e alle meringhe sgualcite di qualche anno fa. Lo stesso luogo, un altro tempo. Diciamo che stavolta se la sono cavata.


Sotto questo aspetto, non si può dire che l’era Blair sia passata invano.Chiunque visiti l’Inghilterra può rendersene conto. Quando si dice il cambiamento che modifica la vita delle persone attraverso riforme e provvedimenti i cui benefici sono tangibili, manifestandosi nelle grandi come nelle piccole cose. Sempre che aver imparato a divertirsi a mangiare e a vestirsi, da parte degl’inglesi, possa essere considerata una questione di poco conto.


Che invidia vivere in una società che si evolve. Che vuole il cambiamento e l’ottiene. Ma sempre a proposito di invidia, c’è di più.


Esclusi Tony Blair e Gordon Brown  dalla cerimonia nuziale, ufficialmente  per la loro non appartenenza all’Ordine  più ambito, i labour  si sono guardati bene dal rilasciare dichiarazioni indignate, né hanno sollecitato i loro giornali a minimizzare l’ evento o a screditare chiunque. Si sono risentiti, al posto loro, i Tories,  gli avversari politici, rammentando a ognuno che gli elettori, quantunque di altro orientamento,meritano considerazione e rispetto.


Chiamiamolo fair play, chiamiamola ipocrisia, chiamiamola come ci pare, ma per chi, come noi, è abituato, da quasi un ventennio, a strilli, competizioni puramente verbali e svariati nulla di fatto, la finta sincerità del parlare con/alla cosidetta pancia, comincia a dare un senso di ripulsa.

E allora, Dio salvi la regina ( nipoti e cappelli compresi).

Patiner sur glace

Patiner sur glace

Comunque la si pensi in merito alla querelle innescata da Asor Rosa  – personalmente credo che di ulteriori Stati di Emergenza si possa anche morire –  che oggi torna sulle pagine del Manifesto appunto per ribadire la natura provocatoria del suo scritto, dovrebbe essere chiaro che nessun articolo di giornale, quand’anche invocasse i colonnelli, può essere considerato un giusto contrappeso ai manifesti che paragonano i magistrati alle BR, tantomeno alle esternazioni del Presidente del Consiglio che spara ad alzo zero su qualsiasi Istituzione gli capiti o a quelle di ministri con le pistolettate facili.


Il clima, tra protervia e scoramento, sarà pure quel che sarà, ma il senso del limite non dovrebbe conoscere stati d’eccezione. Un primo ministro non è un editorialista e un manifesto rosso strillante, spiattellato per le strade non è l’articolo di un intellettuale su una testata di modesta – ma solo quella –  tiratura.


Pertanto smettiamola di abboccare a qualsiasi amo la destra  o Radio Londra ci vogliano  gettare :  un programma che prima ancora della sigla,  perde tanti  spettatori quanti ne recupera, dopo cinque minuti, il successivo, qualcosa deve pur inventarsi per trattenerne un po’ incollati alla sedia.


E smettiamola pure di avercela a morte con Asor Rosa (anzi, giù le mani)  manco ci avesse infilato in chissà quale inestricabile ginepraio d’imbarazzi o fosse il capofila di una misteriosa corrente di golpisti democratici. Il professore, che pensava solo di avviare una discussione  con qualche autorevole commentatore abituato a pietiner sur place e come spesso capita, s’è ritrovato a combattere con una schiera di maldestri con l’attitudine a patiner sur glace, merita, al di là di qualsiasi divergenza, ogni comprensione.


Con questo regista e questo film …

Con questo regista e questo film …



Tempo verrà anche per i detrattori, per la critica schizzinosa e per quelli cui piace passare per esigenti e fuori dal coro. Nell’attesa,  Habemus papam è già diventato HP, apprezzamenti e paragoni benevoli si sprecano in un’ unanimità consenziente e vagamente affettuosa. Il che non guasta.


L’idea del papa controvoglia, depresso,  in ansia da pontificato, crisi d’inadeguatezza, panico da possibili confronti col predecessore, deficit da accudimento e, come se non bastasse, in fuga da responsabilità connesse alla funzione pastorale, ha trovato tutti concordi per originalità della pensata (o facilità d’ identificazione).


Difficile dunque scrivere di un film di cui tutti parlano – da mesi –  atteso, come lo sono in genere i film di Moretti, non deludente e con battute destinate ad accrescere il novero già straripante delle citazioni e delle metafore sportive o cinematografiche. Difficile anche non scadere nel risaputo e nel ripetitivo.


Ma a voler seguire scrupolosamente le indicazioni morettiane sulla molteplicità ( senza esagerare) delle letture possibili, quella contro cui si va a sbattere inevitabilmente è l’Ossessione del Potere – teocratico peraltro,  il più distante e complicato da decifrare – nei suoi differenti corollari, in questo caso è dominante il Panico, esattamente come in altri fu la Follia  nella variante del Delirio di Onnipotenza.


A dirla tutta, l’immagine dell’uomo investito nientedimeno che dallo Spirito Santo che, schiacciato dell’enormità del compito, asseconda l’irrefrenabile istinto di fuga rinunziando ad affacciarsi alla finestra per ricevere l’acclamazione della folla, non ci è troppo famigliare, circondati come siamo da uomini e donne che per un millesimo dell’investitura e dell’ acclamazione venderebbero la mamma. Non parliamo poi di quel che darebbero per stare eternamente davanti a quella finestra. Ad ante spalancate.


Ergo: questo papa che chiama in causa il disagio da senso d’inadeguatezza proprio ci voleva.


Tutto il  resto – dalla regia, alla sceneggiatura, alle luci, alle ambientazioni, ai costumi –  è meticolosità e precisione tipica in Moretti. Film oltretutto benedetto – a proposito di perfezionismodal Cardinal Ravasi  (ma non ancora dall’Osservatore Romano), con un Michel Piccoli talmente bravo da far scomparire tutti i papi, e non sono pochi, del cinema. Esce in cinquecento copie, per la gioia di chi non dovrà percorrere chilometri per goderselo.


Con questo regista e questo film si potrebbe vincere Cannes 2011.





Habemus Papam è un film di Nanni Moretti del 2011, con Michel Piccoli, Nanni Moretti, Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Margherita Buy, Franco Graziosi, Camillo Milli, Roberto Nobile, Ulrich von Dobschütz, Gianluca Gobbi. Prodotto in Italia, Francia. Durata: 102 minuti. Distribuito in Italia da 01 Distribution

Prognosi delinquenziale

Prognosi delinquenziale

Nel sistema Italia non e’ giusto trattare nello stesso modo incensurati e recidivi, che hanno una prognosi delinquenziale completamente diversa, viene riferito con molto sussiego (e aria soddisfatta, soprattutto per quella prognosi delinquenziale, appannaggio quasi esclusivo   delle aule  e finalmente approdata agli studi televisivi a sostegno dell’Insostenibile).



Senza rovinare la festa al relatore Paniz con l’articolo 3  – sempre quello – o insinuare pulci nell’orecchio sul valore dell’immacolata fedina penale di Al Capone e quella (meno ineccepibile, almeno a sentire  il governo birmano) di Aung San Suu Kyi – prognosi delinquenziali senza dubbio differenti –  ovvero sulle richieste europee di maggior efficienza nell’amministrare la Giustizia – non di smantellarne l’impianto – vale la pena di osservare come, essendo oramai difficoltoso sostenere l’ininfluenza della recente Norma sui processi (soprattutto) Mills, e poi anche Ruby, Mediatrade e  seguenti, alcuni sostenitori di Berlusconi si siano infine risolti a dire la verità.


Chi pensava che la spudoratezza fosse una faccenda che avesse a che fare  col simulacro di Priapo offerto alle ospiti di Arcore in luogo delle entrée, non aveva ancora sentito alcuni affezionati giornalisti televisivi e della carta stampata dichiarare apertamente che a processi contra personam è logico e forse anche lecito, opporre leggi ad personam, come in effetti la norma sul processo breve può considerarsi.


Fumus – e come ti sbagli –  persecutionis  dunque, che attanaglierebbe uno solo,  ma da contrastare regalando all’intero paese un’ammnistia indiscriminata, senza limiti di tempo, né fastidiose contumelie con quella parte dell’opinione pubblica che, meno propensa ai provvedimenti di clemenza, in questi casi puntualmente insorge.


Tralasciamo le sfinenti polemiche, quelle a colpi di urla e boutade ma anche le altre, pazientemente condotte a fil di logica o in punta di Diritto, se questi giorni sono serviti a qualcosa, è a capire, ove mai ce ne fosse ancora bisogno, che Berlusconi non sarà mai processato, né sarà processabile, ergo : è destinato all’impunità, fino alla fine dei suoi giorni.


E non sono i suoi show, la sua abilità nel buttare tutto in barzelletta o quella dei suoi avvocati a piegare o inventare  Norme secondo le più  disparate esigenze a suggerire l’impraticabilità della via giudiziaria. E’ la solerzia delle persone che gli si affannano intorno, mentre corrono a votare o  sostengono, senza una piega, impossibili teorie senza tema di perdere la faccia, tra una ragion di stato rispolverata per occasioni che davvero non meritano e la millantata persecuzione di giudici che vorrebbero solo fare il proprio mestiere e non ci riescono.


Ecco, più questa corte di fedelissimi – altrimenti litigiosa, ricattatoria, organizzata in correnti mentre ordisce trame e  camarille a pranzo o cena, come si conviene ad ogni vera corte, ma pur sempre pronta a ricompattarsi per la salvezza del Capo –  continua a raccontare di persecuzioni, golpe e volontà popolare assolutoria al solo scopo di garantire l’impunità a Silvio Berlusconi, più il convincimento che qualunque sia la prognosi delinquenziale l’imputato deve essere processato, si rafforza. Il contrario rischia di essere davvero troppo, per i cittadini e per questa Repubblica.