Honi soit qui mal y pense
Siccome una non va a farsi fare il cappello da Philip Treacy e la redingote da Vivienne Westwood nella segreta speranza che tutti gli intenditori di mode, protocolli, vini e pesci, raccontino quanto perfetta fosse la cugina dello sposo, i commenti esageratamente schifati sono sembrati francamente inutili come pure gli anatemi sulle mises di altre ospiti. I matrimoni, si sa, difficilmente sono luoghi d’inappuntabile eleganza, quelli regali non fanno eccezione.
Tanto più che quel che ha fatto inooorridire stamane, è robetta rispetto alle tiare, ai veli, ai ciaffi e alle meringhe sgualcite di qualche anno fa. Lo stesso luogo, un altro tempo. Diciamo che stavolta se la sono cavata.
Sotto questo aspetto, non si può dire che l’era Blair sia passata invano.Chiunque visiti l’Inghilterra può rendersene conto. Quando si dice il cambiamento che modifica la vita delle persone attraverso riforme e provvedimenti i cui benefici sono tangibili, manifestandosi nelle grandi come nelle piccole cose. Sempre che aver imparato a divertirsi a mangiare e a vestirsi, da parte degl’inglesi, possa essere considerata una questione di poco conto.
Che invidia vivere in una società che si evolve. Che vuole il cambiamento e l’ottiene. Ma sempre a proposito di invidia, c’è di più.
Esclusi Tony Blair e Gordon Brown dalla cerimonia nuziale, ufficialmente per la loro non appartenenza all’Ordine più ambito, i labour si sono guardati bene dal rilasciare dichiarazioni indignate, né hanno sollecitato i loro giornali a minimizzare l’ evento o a screditare chiunque. Si sono risentiti, al posto loro, i Tories, gli avversari politici, rammentando a ognuno che gli elettori, quantunque di altro orientamento,meritano considerazione e rispetto.
Chiamiamolo fair play, chiamiamola ipocrisia, chiamiamola come ci pare, ma per chi, come noi, è abituato, da quasi un ventennio, a strilli, competizioni puramente verbali e svariati nulla di fatto, la finta sincerità del parlare con/alla cosidetta pancia, comincia a dare un senso di ripulsa.
E allora, Dio salvi la regina ( nipoti e cappelli compresi).
2 pensieri riguardo “Honi soit qui mal y pense”
Robetta come hai detto tu …
Quello è il paese in cui mi riesce di lavorare meglio.Preventivo sette giorni e in quattro ho già sbrogliato matasse che qui mi ci vorrebbero mesi.
Burocrazia semplificata, metro in orario…che ne so.
Quindi, non fosse altro che per riconoscenza, sarei incline a perdonare cappellini e robetta.Non i commentatori però.La cattiveria va benissimo,anzi mi piace.L’astio mi pare eccessivo e continuo a non capirlo.