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Anno: 2018

Il più bravo di tutti a raccontare

Il più bravo di tutti a raccontare

 

“Ma filmare è vivere, e vivere è filmare. È semplice, nello spazio di un secondo guardare un oggetto, un volto, e riuscire a vederlo ventiquattro volte. Il trucco è tutto qui”.

Non so se quella scena del disseppellimento fosse tratta da un episodio realmente accaduto, spero di sì per quel senso autenticamente liberatorio che suggerisce la bandiera di stracci rossi cuciti insieme, prudentemente nascosta durante il ventennio e infine esibita con gioia sfrenata, troppo grande per sventolare, viene agitata sull’aia da decine di mani.

Ci lascia il più bravo di tutti a raccontare, a dirci chi siamo, a trasformare la letteratura in immagini. Grazie di tutto.

Miserabili

Miserabili

(Il ministro dell’ Interno e vicepremier Matteo Salvini durante il dibattito in aula al senato sul voto di fiducia, Roma, 05 giugno 2018. ANSA/ANGELO CARCONI)

Come è potuto accadere lo sappiamo molto bene. Dove andremo a finire è meno chiaro  anche se gli esordi sono quelli che sono. Ma non si tratta solo di fogli persi, contratti, clausole, congiuntivi a vanvera e cravatte sbagliate. E nemmeno dell’accozzaglia di forze politiche ostili in campagna elettorale ed ora alleate sotto la guida di un incolore, improbabile, ancorché privo di qualsiasi autonomia, Premier.

Ergo, il giudizio su questo governo non abbisogna dell’attesa di provvedimenti. I nazionalismi non hanno mai prodotto  niente di buono (guerre, al più) mentre il ridicolo armamentario sovranista oltre che un fiero retaggio del tempo che fu, serve solo a gonfiare il petto senza offrire l’ombra di un vantaggio. Su tutto poi domina un cinismo fin qui sconosciuto anche alla Destra più becera : lasciare più di seicento persone in mare in attesa di conoscere il proprio  destino – come se non ne avessero avuto abbastanza –  al fine di farne un elemento negoziale con l’Europa è una crudeltà inaudita, non parliamo poi dello scopo biecamente elettorale, delle urne aperte sulla sofferenza del prossimo speculando sull’ignoranza e sulla paura.

Si sono messi a confronto con Malta, un’isola che ha un numero di abitanti inferiore ad un quartiere di Roma e che percentualmente accoglie più di noi. E infine hanno ricevuto una lezione dalla Spagna. Con ciò credo che Salvini abbia finito di fare il bullo con la chiusura di porti e confini.

Ne gâchon pas la  fête (parte prima)

Ne gâchon pas la  fête (parte prima)

Quesito fondamentale rivolto ad  Anna Karina, “c’était comment le baiser avec Jean-Paul Belmondo?

Risposta minimizzante « comme ça! »

Tuttavia il bacio comme ça tra Pierrot e Marianne ha incartato  il Palais e quanto possibile lì intorno, omaggio a  Godard – il vero l’unico habitué di Cannes, anche se non ci va da decenni lui, con o senza film in gara, semplicemente c’è sempre – alla vita spericolata, al montaggio che se ne infischia della sequenza  cronologica , alle canzonette e al cinema con le sale piene degli anni 60. Infine omaggio al 68, ai  cineasti – Truffaut,  Saura, Godard Polanski, Berri, Resnais –  agli attori  – Jean Pierre Léaud, Monica Vitti, Geraldine Chaplin – agli operai Renault che assieme agli studenti occuparono la Croisette bloccando il festival.

NO! NO! NO!  ai selfie, come del resto l’anno passato, ma stavolta con avvertimenti – divieto stradale distribuiti alla Stampa su graziosi cartoncini e impressi su banderoles sventolanti in punti strategici. Siamo venuti qui per vedere e non per essere visti  chiosa il pontificante  Frémaux  (si, vabbè)

No a Netflix in nome della centralità delle visioni in sala per le quali si evocano sperticate suggestioni e delle severe leggi francesi. Poi non s’è capito dove sono più i distributori coraggiosi e dunque i cinema dedicati in cui proiettare certe meraviglie (dico meraviglie perché credo lo siano) che Cannes seleziona ogni anno e che nessuno riesce a vedere. No alle anteprime, i film in concorso si guardano – pubblico, giornalisti, addetti ai lavori – tutti insieme appassionatamente o comunque dopo la Première  in modo tale da evitare stroncature anticipate (soprattutto su twitter). Vogliamo l’innovazione ma senza troppi smartphone e internet. No alle serie televisive, solo il cinema è poesia il resto è industria. (anche questo abbiamo dovuto sentire) Evidentemente si vuol  salvare il Sistema Cinema ponendo veti e spartiacque e rinunciando alla modernità, del resto Frémaux  come direbbe Sordi c’ha ‘na capoccia così e di sicuro anche una strategia. Speriamo vincente. Nelle more dei proclami e dell’elogio del tempo che fu, niente presentazione di The Other Side of the Wind l’incompiuto di Orson Welles ultimato da Peter Bogdanovich e finanziato da Netflix.  (Venezia si prepari)

No alle molestie e ci mancherebbe pure ma qui oltre che cospicua presenza di giurate e cineaste,  marce e raduni,  funziona un numero verde per denunciare eventuali molestie ambosessi. Non prima delle 9 di mattina, non dopo l’una di notte.Nel lasso di tempo in cui il servizio è chiuso non resta che mollare schiaffoni.

Oh Martin  A lui il premio Carrosse d’or 2018. La Quinzaine proietta il suo “Mean Streets”, Festival  di Cannes del ’74 , dove tutto cominciò ma rispetto alla sopravvivenza del cinema ha idee differenti  : “Ciò che conta è fare i film, anche se li paga Netflix”. Pure  Scorsese, va detto, “c’ha ‘na capoccia così”, la sua strategia però sembra più convincente il suo approccio più concreto e meno ancien regime.

Ah Lars  Riabilitato dopo sette anni di ostracismo per le stupidaggini dette nella conferenza stampa di Melancholia e dichiarato indesiderabile dalla Procura locale oltre che dalla severissima organizzazione del Festival, Lars von Trier  ha presentato a Cannes la sua opera ultima. Rentrée elaborata , per lui niente concorso, niente conferenze stampa, proiezione del film dopo le 22. (manca solo a letto senza cena). In compenso The house that Jack Built  non è all’altezza del suo – peraltro sempre discusso – standard.  e non tanto perché il pubblico abbandona la sala turbato, faccenda non inusuale che è stata rimarcata da tutte le recensioni  manco fosse un evento straordinario, ma perché The House è un film  inutilmente brutale. Abbiamo capito che l’umanità è, senza appello né possibilità di redenzione, malvagia ma trattare l’omicidio come opera d’arte architettonica pare un po’ troppo anche a chi, come me, è fondamentalmente d’accordo con la premessa.

Eh Daniel –  Il 68 si diceva,  quindi non poteva mancare un road movie sociale (qui i generi si moltiplicano) firmato Daniel Cohn Bendit e Romain Goupil, due protagonisti assoluti di quella stagione, il documentario si chiama  La Traversée , viaggio attraverso la Francia per incontrarne i cittadini registrando scrupolosamente i cambiamenti sociali. E gira che ti rigira chi vanno a interrogare… mais le Chef de l’Etat, ovvero Emmanuel  Macron, sette minuti di conversazione totalement improvisée ( si, certo) in un Caffè di Francoforte,  una cosa tipo ma guarda chi c’è : Macron ! Un movimento di macchina che Daniel ha già sobriamente battezzato scène culte. (Resta inteso che Daniel Cohn Bendit in smoking non si può guardare, se è, come dicono, la sua prima volta, faccia in modo che sia anche l’ultima ma il suo lavoro, acquistato dalla televisione e in onda domani alle 20,50 su France 5 è decisamente interessante)

Grâce à la justice, le sortilège est rompu, l’avvocato Sarfati che ha difeso il diritto di Don Chisciotte  e di Terry Gilliam di essere a Cannes chiude la questione della  presunta Maledizione che avrebbe accompagnato la lavorazione del film venendo a capo di una noiosa diatriba legale tra produttore e regista. A parte questo, incidenti, decessi, intemperie, ferimenti sono anche i protagonisti indiscussi  del making off  titolato Lost in Mancha.  Tuttavia il lieve ictus che ha colpito il caro Gilliam  ha potuto avere la meglio sulla Sfiga grazie alla sua forte tempra (ed impudenza)  Sono ancora vivo e verrò a Cannes. E così è stato. Il film è molto bello (e il documentario pure). Gli incidenti sul set capitano, i lutti ahimè anche e le questioni di soldi sovrastano ogni cosa ma…un nemico alla volta si può vincere.

 En marche!  10 maggio, mercoledì, cinque attrici  di fama planetaria percorrono mano nella mano Boulevard de la Croisette dirette non ai gradini del Palais des Festivals ma alla più modesta e defilata entrata del Marché du Film dove produttori, acquirenti, distributori e programmatori cercano di far funzionare il business del cinema per il prossimo anno. Marion Cotillard , Lupita Nyong’o, Penelope Cruz, Jessica Chastain e Fan Bingbing sono venute a cercare di persona personalmente il distributore del loro prossimo progetto cinematografico, 355 . Hanno pensato – giustamente – che sarebbero state più convincenti del regista Simon Kinberg ( X-Men: Days of Future Past ). L’impatto visivo  è travolgente i rangers cuissardes di Marion assolutamente perfetti per la marcia. Un trionfo.

(Fine prima parte) con altra  notizia fondamentale  :

Catherine Deneuve n’est plus blonde ! 

 

 

Quella del ’18

Quella del ’18

L’orologio in basso a destra segna le 6,12 del mattino, di lì a poco alcuni preti  faranno  il loro ingresso nella piazza sfidandosi a palle di neve (manco Fellini ci aveva pensato) qualcuno azzarderà una discesa (con gli sci, e quanno te ricapita) costeggiando il colonnato del Bernini, altri  sorveglieranno il pascolo dei pupi alle prese con lo slittino e la scarsa pendenza. Gli uffici, i negozi, i bar, le scuole sono chiusi, l’autobus non passa e noi ..ma sì qualcuno avrà pure smadonnato ma poi si sarà convinto  che ‘na bella passeggiata ar Gianicolo o ar Pincio a vedé la Grande Bellezza Innevata sarebbe stato molto mejo che stare a casa a rattristarsi col Messico, lo spazzaneve che non c’è o il piano neve che chissà. E così tutti in giro con i telefonini a fotografare le statue  vestiti da ghiacciaio, un overdressed per la  delizia di turisti norvegesi e badanti ucraine  che non la finiscono più  di raccontarci  che da loro la neve…

La foto qua sopra l’ha pubblicata Luca – passajeersale – Barbarossa sul suo profilo twitter e ho trovato fosse la migliore risposta dell’assai deriso, in queste ore, senso dei romani per la neve, ovvero del come gli abitanti di questa città siano storicamente colpiti da incontenibile euforia al cospetto della più modesta delle nevicate. Cioè dei dieci (forse meno) centimetri praticamente  a ogni morte de papa . Da noi del resto le nevicate sono così rare che si ricordano con l’anno di caduta. E ispirano canzoni.

Avete ragione abbiamo esagerato, siamo esagerati, a noi i circenses vanno bene pure senza il panem ma sarebbe ingiusto non aggiungere come dietro l’apparente superficialità non si nasconda semplicemente l’istinto di sopravvivenza di chi, abituato a vivere nell’eterno splendore, è afflitto dall’altrettanto eterna sensazione di occasione mancata, di spreco, di incuria di classi dirigenti inadeguate e cantilenanti la propria autocelebrazione . Ma sotto la neve e con questa giornata di inattesa vacanza tutto sembra più sopportabile. Anche lo spazzaneve che non c’è e il sale che non si è visto. Persino il Messico.