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Il presidio della posizione

Il presidio della posizione

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Dice Villari : non mi dimetto perchè sento di rappresentare la soluzione del problema. Il problema sarebbe quello di presiedere la commissione di vigilanza RAI dopo le tortuose vicende legate al fallimento  della candidatura Orlando. Eletto Villari con designazione unilaterale e i voti della sola maggioranza, non è che si siano determinate storture in ambito costituzionale o di regolamento. Ma dato il susseguirsi degli eventi e il particolare contesto, nessuno può cavarsela asserendo che poichè non ci sono state violazioni, la presidenza Villari è regolare e dunque va bene.

Vero è, che dopo le  ripetute bocciature della candidatura Orlando, sarebbe stato utile che l’Italia dei Valori presentasse una rosa di nomi in alternativa, non fosse altro per  evitare che inutili radicalizzazioni esponessero un fianco politicamente – e numericamente –  troppo debole.  Se all’avversario è data la possibilità di selezionare un rappresentante in campo opposto, è scontato che  la scelta cada, non già su colui che meglio incarna il ruolo di garanzia,  ma sul  più malleabile. Sotto questo profilo Villari ha il curriculum ideale : ottimi rapporti con la destra e un percorso di esperto  saltatore da una formazione e l’altra.

Data però l’esigenza di una candidatura differentemente espressa, per lo stesso particolare regime di monopolio di buona parte degli assetti televisivi, si rende  indispensabile una figura sulla quale convergano i consensi. Ovvio che il PD chieda le dimissioni del neoeletto presidente o, in alternativa, che mediti nei suoi confronti,  il provvedimento disciplinare. Scelte maturate al di fuori del partito o del gruppo parlamentare e comunque in disaccordo con gli stessi, non sarebbero tollerate manco in una formazione anarchica. Inutile che si strilli al ritorno dello stile PCUS. Non c’è elettore del PD che io conosca e che in questo momento non si stia chiedendo come si è potuto arrivare a questo ennesimo cul de sac, ma soprattutto se il criterio di affidabilità e di condivisione del progetto, rientrino ancora nei parametri con i quali si scelgono i candidati da inserire nelle liste elettorali. E gli alleati.

Ma per tornare a Villari e al suo stravagante modo d’intendere il concetto di problema e di risoluzione del medesimo, l’elezione a presidente – a suo dire –  conferirebbe alla sua persona  il rilievo politico di uomo cerniera, ruolo indispensabile  nella difficile arte del dialogo tra opposizione e maggioranza.Il che ovviamente rende necessario il presidio della posizione.  Non so davvero, immaginando quale futuro. Certo è curioso un presidente che promuove il dialogo sulla propria successione, senza manifestare la benchè minima intenzione di dimettersi.

Ma probabilmente la chiave di tutto sta proprio in quel presidio della posizione, buttato lì da Villari, con disinvolta spensieratezza. E nel rifiuto di Di Pietro di adire al compromesso : una nuova candidatura o la rinunzia ad avere un presidente dell’Italia dei Valori. In entrambi i casi, mi sembra,  ci si allontani dal problema politico, ovvero dalla tutela dell’interesse comune, per far luogo al vero motivo della disputa : un problema di poltrone e dunque, cosidetto di casta. Spero che Veltroni, in evidente difficoltà, si cavi d’impaccio, decidendo in entrambe le circostanze, quello che molti si attendono. Un bel calcio nel sedere agli amanti del presidio. Rilanciato da tutti i notiziari della sera. E in perpetuo su You tube.

Costruire democrazia

Costruire democrazia

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C’è un detto in uso a Washington che più o meno recita così :  solo in due circostanze puoi far sgombrare un eletto dal seggio che occupa al Congresso : se viene sorpreso a letto o con una donna molto morta o con un bambino molto vivo.Tanto per dire come per la bianca ( e bellissima) testa di Ted Kennedy, non sia un fatto inconsueto, come pure non lo sono per altri, gli 11 mandati, corrispondenti a diversi lustri di onorato servizio, che poi, a dirla tutta, si risolve nel ricevere schiere di lobbisti, distribuire favori,  riceverne e raccogliere fondi elettorali quando ve ne sia necessità. Cioè di frequente.

Tutto questo mentre i due principali partiti che in campagna elettorale sembrano macchine  imponenti, partecipate ed oliatissime,  per il resto del tempo si riducono ad entità evanescenti e a tratti, sin poco distinguibili l’uno dall’altro.

Non per niente, e da anni,  la fiducia che i cittadini ripongono nel Congresso di Camera e Senato è sotto al 20%

Dico ciò a beneficio dei recenti  entusiasmi filoamericani, spesso legati ai fautori della politica vicina alla gente – ma poi se domandi loro come ci si deve regolare quando ti accorgi che la gente vuole impiccare l’immigrato al palo più alto, non sanno rispondere – o di quelli del rinnovamento – ma se poi  domandi loro di quali contenuti  riempire il nuovo,ti parlano di ricambio della classe dirigente in termini anagrafici, ovvero fanno come Berselli nel suo ultimo Sinistrati che in 181 pagine al netto dell’indice dei nomi, ne destina solo 23 ad un  che fare più disperato e discutibile del resto della sua storia sentimentale di una catastrofe politica, (libro invero piacevole, quantunque apocalittico) –

Insomma tutti coloro che guardano all’America, pensando di poterne replicare i modelli qui da noi, dovrebbero invece riflettere sulla connaturata propensione al cambiamento di quel popolo, tratto caratteristico che coniugato con l’ effettiva possibilità di liberarsi di  quello che si ritiene, non funzioni, è tra i motivi del successo di Obama.

In tutto questo, un ruolo speciale l’hanno svolto le Primarie, consentendo agli elettori di esercitare un reale potere nella designazione del candidato. Tant’è che in entrambi i campi, si sono verificati risultati in controtedenza rispetto alle volontà dei partiti. Anche Mc Cain era un outsider in casa repubblicana.

Eh sì, gli Stati Uniti sono proprio una grande democrazia, (la più grande che il denaro possa comprare, per dirla con Greg Palast ) comunque la si pensi però, una democrazia incardinata su regole che la maggior parte dei cittadini segue perchè condivide, trova utili e su di un Sistema in grado di punire severamente i grandi e i piccoli trasgressori. E’ tutta lì la certezza di potersi liberare di quello che non funziona.

Ora, noi perdiamo molto tempo per correre dietro ai rialzi, alle tinture, alle battute, ai loft e al discutere sul come si deve discutere e soprattutto come si deve comunicare quel che si è discusso ( cioè nulla)  ma nemmeno un briciolo di tutte queste energie ci viene in mente di investire nel pretendere che si costruisca anche da noi una democrazia tale da consentire al figlio dell’operaio di diventare presidente della repubblica.

A partire da vicino vicino, da quella legge elettorale che ci vede poco coinvolti ma che così com’è, ci sottrae potere decisionale. Stabilire come si smazzano le poltrone non è un passo verso il famoso ricambio ? Proporre primarie istituzionalizzate, non realizza nei partiti maggior democrazia? E ancora sul federalismo, sulla riduzione del numero degli eletti in camera e senato, sull’abolizione del bicameralismo perfetto e su tutto quanto fu l’asse portante, non solo della campagna elettorale del PD, ma della sua stessa costituzione.

Perchè siamo sempre pronti a denunziare la nostra scarsa mobilità, il malfunzionamento dell’ascensore sociale, ma non c’interroghiamo mai veramente sul perchè dal parlamento, alle banche, alle aziende, all’università, il nepotismo è così radicato?Davvero siamo convinti che un’opportuna regolazione non riesca a contrastare il fenomeno?

Forse  in quanto detto non c’è tutto il rinnovamento che molti si aspettano, certo che però avviare una simile riflessione sarebbe un buon inizio. A meno di pensare che tutto ciò sia meno interessante del vuoto rivendicare più spazio  negli organismi dirigenti o dei dibattiti sul trilocale di Veltroni a Manhattan.

Ara Massima d’Ercole

Ara Massima d’Ercole

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Se è vero che l’efficacia di un’ iniziativa  politica si misura anche dalle reazioni dell’avversario, questa manifestazione  più che un successo, è stata un trionfo con apoteosi Walteriana a coronamento dell’affresco.

I numeri a questo punto ce li conferma la stizza del PDL, del resto abbiamo capito che basta poco a far innervosire il capo del governo : Cinque o sei persone a casa di Veltroni per riannodare i fili della naufragata trattativa Alitalia, qualche migliaio di studenti, genitori e insegnanti a catalizzare l’attenzione oltre i sondaggi, una manifestazione di popolo serenamente tosta. E il cerone scolora insieme allo smagliante ed eterno sorriso.

Knock on doors

Knock on doors

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La notizia non consiste  tanto nel fatto che che Giovanna Melandri, italoamericana con doppia cittadinanza, faccia  Knock on doors per Obama, in quel di Filadelfia. Ma che i democratici di Obama organizzino ancora i porta a porta per gl’indecisi, mentre i democratici di Veltroni, in analoga circostanza – l’ultima campagna elettorale –  abbiano ritenuto di ridurre questa pratica, confidando quasi esclusivamente sulla copertura mediatica di cui, in effetti, ha goduto il tour del segretario, e sulle iniziative dei candidati. Più qualche ammennicolo di nuova, per il simpatizzante medio, concezione legato all’uso della Rete, ma sul cui funzionamento, ancora non si hanno le idee chiare.

Saranno anche importanti, e oramai irrinunziabili, la mediaticità di una campagna, i cospicui finanziamenti, gli spot, le cene coi notabili, i siti internet, i blog, myspace e tutto il resto del corredo – e Obama in tal senso è attrezzato come non mai – ma poi alla fine, con gli indecisi, quello che funziona di più è  il contatto diretto. Un elenco di nomi stilato da chi conosce la tal  porzione di territorio e i relativi orientamenti, perchè evidentemente ci ha lavorato,  l’appuntamento, collettivo o individuale che sia, e il confronto diretto, nel tentativo di soccorrere con successo le incertezze. Con tanti cari saluti a facebook.

Per carità, non che con questo si sarebbero rovesciate le carte sul tavolo della storia, a Obama per spopolare – e ancora non è detto – oltre che i potenti mezzi e le sue indubbie qualità, gli ci sono voluti una guerra, l’impoverimento del paese, il crollo dell’Impero e due mandati Bush che avrebbero ucciso qualunque continente. Ma intanto, se nonostante le condizioni assai favorevoli rispetto al risultato, la tensione è tale da mobilitare volontari oltreoceano, per ascoltare ed eventualmente convincere gl’indecisi, significa che la modalità classica, un senso di efficacia ancora lo conserva. E in epoca di difficoltà a rettificare le informazioni distorte, per inadeguatezza di mezzi, rispetto all’insostenibile spiegamento proprietario della controparte, qualcuno che viene a sciogliere qualche incertezza vis à  vis, vale oro. Non un improponibile  ritorno al passato di defatiganti campagne capillari – che poi, sempre di controinformazione  erano fatte – ma un sitema integrato di mediaticità, tecnologia e rapporto diretto con le persone. Se si fa per Obama…

nell’illustrazione pasticcini “elettorali” a Denver

Un mondo che parla con sé, di sé

Un mondo che parla con sé, di sé

L’altra sera, ospite di Matrix, Veltroni ha detto : se alla sinistra, come argomenti, togli la mancanza di progetto, quella di democrazia interna e di un grande dibattito da avviare nel paese, si avvilisce. Sono considerazioni  che condivido. Non fosse altro perchè  tra chiudi e apri partiti , in questi ultimi anni, i temi propri dell’autoreferenzialità hanno sempre occupato uno spazio spropositato rispetto al resto. Insomma si è trascorso molto più tempo a discutere di  forme partito, rinnovi di classi dirigenti, quote e correnti, piuttosto che della società, della vita reale, ottenendo così sostanzialmente due risultati : uno quello di non rinnovare affatto quanto aveva eventuale urgenza di essere rinnovato, due, quello di rendere incomprensibile il proprio discorso all’esterno, alle persone comuni, determinando con ciò un conseguente allontanamento del partito dalla stessa società. I medesimi concetti sono stati al centro dell’intervento di Veltroni, ieri pomeriggio,  all’assemblea dei Mille  il cui topic  Superare il passato, liberare il futuro: la necessità di uccidere il padre  al di là degl’intenti provocatori,  pone più di un interrogativo – ma non è un po’ tardiva per un gruppo di ultraquarantenni questa esigenza parricida? E posta sul terreno delle rivendicazioni non assegna comunque al discorso un carattere  invariabilmente subordinato? – Non stupisce che Veltroni rispetto alle intenzioni omicide abbia avuto buon gioco a rispondere . Uccidete pure il padre, uccidete chi vi pare, ma non diventate come lo zio e il nonno. Il rischio c’è ed è serio nel momento in cui dalla relazione del portavoce non s’intuisce il tipo d’iniziativa politica cui s’intende dar seguito. Si parla di potenziamento della rete di rapporti che il gruppo ha saputo costruire e dei blog come veicolo ed interazione. Pertanto ancora di metodo. Ma che cosa veicolano questi blog ? Presumibilmente Informazione. Auspicabilmente corretta. Ma è sufficiente ciò  per essere vicini alla società? E non è forse questo uno strumento che seppur utilizzato con intelligenza e professionalità, raggiunge solo un nucleo ristretto di cittadini? Vizi che vengono dal passato, non siate separati dalla società come è successo anche a una parte della nostra classe dirigente. Non rannicchiatevi in una discussione su voi stessi, ma aprite le porte, fate irrompere la vita reale nelle vostre discussioni. Se volete maggiore innovazione io ci sto e sono il primo a chiedervi di collaborare. E’ l’invito finale  del segretario .Ecco qualcosa che ancora latita dai nostri discorsi politici, mantenendoli nel vano dell’astrazione :  il filtro della propria esperienza,della propria pratica comune. Quel modo non autocompiaciuto di partire da sè per connettersi agli altri. Non distanziarsi dalla società significa anche questo.