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Scuola scuola scuola

Scuola scuola scuola

In meno di due giorni la scuola viene invocata (Scuola Scuola Scuola) da Umberto Galimberti e Giuseppe Fioroni entrambi su “Repubblica”,per l’episodio infelice del ragazzo molestato,picchiato,in classe sotto gli occhi indifferenti dei compagni e dell’insegnante e perchè, avendo qualcuno immancabilmente filmato e immesso in Rete la prodezza,ognuno cliccando ha potuto farsi un’idea di come venga accolto benevolmente un giovane, con problemi di vista e udito,in certe scuole.Doppia problematica dunque al vaglio di ministro e insigne professore : c’è chi mena, chi le piglia,chi immortala e molti stanno a guardare,vicini e lontani che siano.

Dice Galimberti “i compiti che vengono affidati agl’insegnanti sono molti ma prima ancora di insegnare l’educazione civica impartita per avviare al rispetto delle leggi,la scuola dovrebbe indagare se i fondamentali della natura umana sono ancora presenti e attivi nei ragazzi che ogni giorno vanno a scuola e poi una volta a casa accendono il computer per identificarsi con l’aggressività malsana che fraintende la crudeltà con la forza e l’affermazione della propria identità con l’accanimento fisico sul più debole e il più indifeso.

Scuola Scuola Scuola, conferma il giorno dopo Giuseppe  Fioroni, “faremo la nostra parte” anche se poi  i ragazzi  a scuola stanno poche ore e per il resto sono ostaggio dei videofonini,televisione e videogiochi, che  vanificano lo sforzo degl’insegnanti, come svuotare il mare col cucchiaio.Morale : tutta la società dev’essere coinvolta.”Il processo educativo ha bisogno di tanti attori e con questa sproporzione di forze l’azione educativa della scuola, per quanto appassionata e incisiva rischia di essere insufficiente” 

Passa un altro giorno e un ulteriore episodio torna a occupare le cronache.Una professoressa è indagata per violenza sessuale aggravata e corruzione di minore ai danni di alcuni suoi alunni.Una storia da appurare ma , vera o falsa che sia,  egualmente preoccupante, intanto per gli aspetti al contorno : ,la scuola media di un piccolo centro, (quindi un centinaio, forse più, di ragazzini dai 10 ai 13-14 anni) sbattuta in prima pagina.Il preside che per difendersi non trova altro che sventolare i programmi di educazione sessuale svolti  tesi a dimostrare la tesi che “senza affettività non c’è sessualità”(bah).L’equipe psicologica il cui lavoro però non impedisce ai ragazzi interessati alle presunte vittime,di andarsene in giro per il paese a raccontare la propria versione o a rilasciare interviste.Domani, c’è da giurarci,avremo anche i commenti di scandalizzate famiglie e dopodomani l’Indagata, di spalle e con voce contraffatta andrà a difendersi in televisione, badando bene di scegliere il contenitore domenicale che più le giova all’ora di massimo ascolto.

I giornali del resto riportano già  di uno spaesamento della donna che insegnava matematica in copresenza,cioè insieme ad una collega “per non lasciarla in balia di alunni scalmanati” spiega il preside – o di lamentele  di parenti degli alunni per i di lei atteggiamenti con i ragazzi,eccessivamente complici,pare. 

Tutto concorre a configurare un quadro secondo il quale questo guaio dovesse essere in lista d’attesa.Doveva proprio succedere il peggio perché si decidesse di porre rimedio al disastro?La scuola dell’obbligo che boccia per ben due volte un ragazzo,(la presunta vittima) non dovrebbe essere di per sè allertata intorno ai problemi dell’apprendimento e oltre ?

E una volta scoppiata la bomba,in questa piccola comunità della civile Lombardia,c’è qualche autorità, sindaco, preside sacerdote o  usciere che si preoccupi, oltre che di comparire in televisione,di proteggere  i minori, quelli direttamente interessati  ma anche gli altri, dagli assalti della stampa,dalle domande imbarazzanti, da un’esposizione mediatica che le loro giovani età non sono pronte a sopportare?

Scuola Scuola Scuola …ma sono poi tanto sicuri Fioroni e Galimberti che qualcuno risponderà all’appello?Certo la scuola non è tutta così e  di sicuro ci sono tanti insegnanti e dirigenti scolastici che cercano di fare il proprio dovere ma nonostante ciò,siamo proprio sicuri di poter affidare a questa scuola missioni salvifiche che vanno dall’insegnamento del rispetto della legalità,del valore positivo della solidarietà,della tolleranza,del rispetto? E come,con quali risorse , visto lo sfracello, intenderemmo fosse svolto  questo insegnamento?E soprattutto da chi?

Istituzioni di tavoli,apertura di portali , intensificazione di letture dantesche,visite ai musei e scambi culturali con l’Africa nera?Basta il programma di “educazione sessuale” per impedire l’inverarsi di episodi come quelli descritti?

Se manca una scuola pubblica di qualità  non c’è problema che possa essere risolto.Ovvero come dice Domenico Starnone La scuola ha bisogno di essere ripensata a partire da quello che accade nelle classi, dietro la porta chiusa, e fin su in cima al ministero; e allora non bisogna gridare scuola scuola scuola e prendersela coi videotelefonini e istituire tavoli, ma fare, fare, fare, bene e subito. A meno che non si creda che i mali stranoti dell’istituzione si curino con i buoni propositi e le invocazioni rituali.

Repubblica 12 novembre 2006  Botte al Down ,spopola il video di Umberto Galimberti

Repubblica 13 novembre 2006  Un fronte comune contro la violenza di Giuseppe Fioroni

Il Manifesto 15 novembre Non nominate la scuola invano di Domenico Sta

Invisibile

Invisibile

Produzione di opinioni a mezzo di opinioni: sappiamo bene che l’informazione e la comunicazione oggi funzionano così, e che il gigantesco dispositivo massmediale che comanda la nostra percezione del presente, a onta della moltiplicazione di fonti, notizie e commenti che continuamente produce, finisce paradossalmente col fornire pochi elementi originali alla comprensione dell’attualità. L’attenzione allo scarto e alla differenza, necessaria al pensiero per individuare i varchi del cambiamento possibile mal si concilia con il dispositivo della ripetizione cui tutto il sistema dei media è improntato. E l’ascolto di soggetti ed esperienze che restano ai margini dell’ordine del discorso dominante,viene anch’esso depotenziato da un sistema della comunicazione che accende e spegne i riflettori sui marginali e gli esclusi a caso, un giorno sì e cinque no, una testimonianza oggi e l’oblio quasi sempre, un’apparizione in tv a piccolo risarcimento dell’assenza destinata dal mercato economico e politico delle merci e delle idee. Mai la censura è stata così potente come nella società dei media che tutto dice e tutto fa vedere. Mai l’invisibile e l’indicibile di un’epoca sono stati così estesi come nell’epoca della massima visibilità e dicibilità: è questo il paradosso in cui ci troviamo a vivere, che rende insieme più possibile e più arduo decifrare il tempo presente. Non per questo possiamo desistere: è sbagliato cedere alle derive apocalittiche del discorso sui massmedia di cui è costellato il pensiero critico novecentesco; è sulla moltiplicazione, non sulla riduzione dell’informazione e della comunicazione che le strategie di resistenza devono comunque puntare. Significa, quanto alla comprensione del presente, che non dobbiamo mai cessare di interrogarci su quello che vediamo e su come ce lo fanno vedere e lo vediamo, ma anche su quello che non vediamo perché nessuno ce lo fa vedere. Su quello – sempre più – che è consentito dire, e su quello che non è consentito dire e resta censurato; e ancor più, su quello che non serve censurare perché proprio il regime della dicibilità di tutto rende tutto equivalente e privo di senso. Che cosa non abbiamo visto di un evento mediatico per eccellenza come l’11 settembre? Quali invisibili pratiche di sopravvivenza quotidiana rendono possibile la vita in quei lembi di terra  di cui vediamo solo immagini di morte e distruzione? Che cosa accade in questo momento in quel pianeta dimenticato dal dio televisivo che è il continente africano? Che cosa va perduto di ciascuna esperienza e di ciascuna differenza nel gigantesco dispositivo della traduzione linguistica che consente la comunicazione globale? Quante pratiche di resistenza al potere riesce a nascondere e a depotenziare il potere? Sono domande che dovremmo prendere l’abitudine di farci ogni volta che sfogliamo un giornale o guardiamo un tg. E la patinata impaginazione del presente che ogni mezz’ora viene approntata per ricondurlo forzosamente nelle compatibilità dell’ordine del discorso ci apparirebbe subito per com’è, piena di buchi e di strappi e di paradossi, altrettanti varchi in cui infilarsi per sovvertirlo o, quantomeno, ostacolarne l’onnipotente pretesa.