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Libero di scegliere

Libero di scegliere

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D’istinto,  ognuno  vorrebbe che Roberto Saviano  restasse dov’è, cioè qui, nel suo Paese. Cedere alla prepotenza e al ricatto, ci sembra oggi  un fatto  davvero insopportabile. Esortazioni e appelli anche autorevoli si susseguiranno. E va benissimo : la solidarietà allevia il senso di solitudine e un poco rassicura.  Ma poi c’è quell’esclamazione letta su Repubblica  – ho ventotto anni ! – che ci obbliga ad altri pensieri. Uno su tutti :  difficilmente la considerazione dell’età gioca un qualsiasi ruolo, quando si parla del’autore di Gomorra. Bene ha fatto a rammentarcelo con forza, lui stesso. Lo scorso anno, un Saviano insolitamente vivace ed entusuasta, condusse sul terzo canale della radio, un ciclo di trasmissioni sul rap. Era piacevole stare a sentire le sue storie, ma soprattutto erano il piglio, la disinvoltura, la passione con la quale si veniva trascinati nell’esplorazione  di un mondo per molti semi sconosciuto, a fare la differenza  . Ecco, Saviano è poco più di un ragazzo – quella trasmissione rivelava in pieno la natura e l’età del suo conduttore – Differentemente da quel che si è potuto vedere a Cannes, luogo in cui tutti sgomitano e si divertono a guadagnare la vetrina, mentre lui si è concesso pochissime apparizioni e un soggiorno piuttosto defilato dalla mischia.  Motivo in più dunque per aver diritto a decidere della sua vita. Particolarmente se si pensa a quanto sia difficile per uno scrittore civile, sopravvivere in questo paese. A Saviano dobbiamo una visione assai centrata del fenomeno malavitoso e se oggi il fatto di essere la camorra "sistema" e non fenomeno locale, problema nazionale e non solo campano, problema culturale e non solo di gestione dell’ordine pubblico, è entrato a far parte del senso comune, sin oltre confine, è merito di  quello che è scritto in Gomorra. Lo si deve cioè, al talento del suo autore, alla sua capacità di penetrare la realtà  ma soprattutto al suo coraggio. La malavita con i suoi infiniti corollari,  è un tema succulento per uno scrittore. Come resistere alla tentazione di far letteratura con il fascino del male, denunzia con il folclore, pubblicità a se stessi speculando sul dramma ? Non è un caso che proprio i criminali , attraverso minacce,  abbiano tentato, in passato, di dettare le regole del racconto ( quello si, quello no). E non è un caso che i  comportamenti propri della malavita, spesso siano ispirati  a modelli  cinematografici o romanzeschi. Un universo che ne alimenta un altro. Operazioni letterarie di grande ambiguità ne derivano   spesso. Saviano nonostante la sua giovane età, si è mantenuto assai distante dal ruolo classico dello scrittore di noir e da quelle stesse ambiguità, ben comprendendo che se fosse stato più accattivante anche solo nel linguaggio, avrebbe vanificato il senso del suo lavoro. Un segno ulteriore di maturità  che però lo rende ancor di più esposto . E a nulla varrebbe moltiplicare le misure di sicurezza intorno a lui. Il punto è soprattutto, quanto costa in termini di autodeterminazione  – sin per eventi infinitesimali –  una vita sotto scorta.  Per questo deve essere lasciato libero di scegliere la strada che crede. E quelli che apprezzano il suo impegno, dovrebbero sostenere ogni sua decisione. Di tutto abbiamo bisogno, meno che di nuovi martiri.

 

The charging bull

The charging bull

Di qui a qualche ora si saprà se lo scudo predisposto dal G7 e dal vertice Europeo sarà in grado o meno di restituire fiducia ai mercati. Il piano  proposto ricalca quello di Paulson negli USA : lo Stato acquista una partecipazione azionaria nelle banche mobilitando risorse per la ricapitalizzazione, senza per questo pretendere un proporzionale diritto di voto. Non si tratta quindi di una partecipazione azionaria di controllo ma di un semplice impiego di risorse pubbliche per scopi privati. Saranno con ciò garantiti i depositi dei cittadini, scongiurando così il rischio di corsa agli sportelli per ritirare i risparmi. Si promette inoltre, anche se in modo velato, di estendere le garanzie all’intero sistema dello scambio interbancario, la cui paralisi il credit crunch, costituisce l’epicentro della crisi in atto. Infine saranno messe in atto azioni in grado di far ripartire il mercato delle cartolarizzazioni, proprio quello che ha provocato l’attuale terremoto per l’impossibilità di distinguere i titoli cattivi da quelli buoni. Il valore nazionale dei prodotti finanziari derivati è stato fissato dalla Banca dei regolamenti di Basilea, a febbraio scorso in 600.000 miliardi di dollari. Undici volte il Pil mondiale. Una cifra spropositata, impossibile. Nemmeno gli stati più ricchi  possono contare su risorse di queste dimensioni. Pertanto la fiducia che si  spera esprimano i mercati reali tra poco, più che sull’effettiva consistenza dei capitali da mettere in campo, si può basare solo sulla credibilità dei governi. Se invece prevarrà la considerazione dello scarto che c’è  tra quanto viene promesso e quanto realisticamente si può fare, la catastrofe sarà inevitabile. Si tratta di aspettare.

Nell’illustrazione  The charging bull la statua del toro che presidia Wall Street, simbolo, oggi più che mai tronfio e ridicolo,  of aggressive financial optimism and prosperity.Come entusiasticamente avvertono le Guide della città.

Essere Mara

Essere Mara

Carfa

Va da sè che l’imperativo categorico sul far della mutazione, dev’essere stato : scordatevi del calendario, delle chiome fluenti, delle curve pronunciate e dell’effetto bagnato. Quale altro motivo al mondo potrebbe spingere una donna di trentadue anni a combinarsi come sua zia, se non l’esigenza di  rendere inequivocabili, i tratti di un cambiamento a trecentosessanta gradi ? Annullare il proprio passato. Che tema avvincente. Al cinema.  

Siccome però il cambiamento è tutto di facciata, lo spettacolo continua,  solo che al posto della scollatura profonda e della bigiotteria vistosa, oggi c’è di nuovo  che non si esce di casa senza una camicetta, un maglioncino, un foularino  che sottendano, costi quel che costi,   riservatezza e compunzione. Un monumento all’Inappuntabile. Una sorta di total look da personcina seria e perbene. Magari un po’ troppo total,  per essere vero, soprattutto per essere davvero il suo.

Anche da Stefania Prestigiacomo ci si sarebbe potuto aspettare  uno stile ministerial tranquillo, ma in quel caso, forse perchè meno integralista – e decisamente più intelligente e appassionata – qualche smagliatura nel Progetto, chessò un orecchino un po’ troppo colorato e pendente, una ciocca fuori posto, una nota vivace,  denotano umana presenza dietro l’attenzione alla mise.

Qui invece niente : dal caschetto integrale, al broncio, all’occhio sgranato, al colletto irreprensibile, pare tutto dipinto. E tutto rigorosamente in stile, come si dice in questi casi. Il fatto è che Mara Carfagna non deve solo esibire una nuova identità ma deve soprattutto dimostrare di essere preparata e adatta al ruolo che ricopre.

E qui è un po’ più complicato. E siccome dimostrare di essere – qualsiasi cosa –  è una tale fatica da non lasciar libere energie  per altre attività, gli scivoloni si susseguono. Non tanto quando si tratta di declinare i propositi di questo governo in merito ai servizi – l’ultima in ordine di tempo è la disinvolta proposta degli asili nido condominiali  e il cielo sa cosa ci volle per aprirne 18 a norma in luoghi di lavoro, figuariamoci nelle abitazioni – quanto fronteggiare impreviste domande da parte degl’interlocutori.

  Ed è esattamente questo il momento in cui l’aplomb comincia a vacillare. Ne sa qualcosa Ritanna Armeni che sere fa, tentava di piazzare un concetto e che è stata più volte interrotta dalla stizzita ministra, con espressioni del tipo lei dice sciocchezze ! Già. L’abito fa di sicuro il monaco, ma per i miracoli ci vuole il know how.  Oppure quando tratta di difendere il perimetro in cui crede di aver infilato se stessa. Allora no : Allora a domanda (di Mentana ) risponde a campanello e senza gobbo :  Veronica Lario mica alludeva a lei, in quella famosa lettera aperta al consorte. Ma ad altro. 

Pur  di tirarsi fuori d’impaccio, nega l’evidenza e  inguaia ulteriormente lo sponsor, così galante con le signore e così cortese. Oh finalmente la nebbia si dirada, e nella classica riproposizione di un ruolo già noto , si può rinvenire un briciolo di verità. Gratta gratta riemerge la soubrette della commedia all’italiana anni 50  – pur senza la magia dei suoi artefici –   E con Mara non bisogna nemmeno grattare troppo.

Agata !

Agata !

Lo stadio è diventato una metafora delle tensioni sociali e dei conflitti del nostro tempo, in un contesto in cui si sovrappongono suggestioni ideologiche, conflitto di classe, sfogo individuale e senso d’impunità. Un luogo extraterritoriale governato da un forte senso dell’omertà e da una radicata convinzione d’impunità.

Non è il passaggio chiave di un pamphlet sugli ultras ma lo stralcio dell’Ordinanza applicativa di custodia cautelare che ha disposto carcere e arresti domiciliari per una quarantina di persone implicate nei fatti di Pianura del gennaio scorso. Intendiamoci, le considerazioni generali possono riguardare qualsiasi stadio in una qualunque città, connessioni politiche e malavitose incluse. Tuttavia, in questa circostanza, l’aggravante – ma non è solo il piano giudiziario che  interessa – riguarderebbe da una parte, la presunta regia degli episodi di violenza, a cura di esponenti del governo e dell’opposizione nella città, quindi una presenza bipartisan che lungi dal significare trasversalità nella tutela del bene comune, lascia intuire tutto l’opposto e cioè  una  ricerca del consenso e dell’interesse privato così smodata da travalicare ogni uso costumato del proprio ruolo istituzionale,  fino a scatenare la guerriglia pur di perseguire i propri scopi, e,  dall’altra, la bieca strumentalizzazione di legittime istanze di cittadini che in buona fede hanno inteso manifestare il proprio dissenso . Va detto però, che le  varie sigle demenziali, Niss o Teste Matte che fossero, non  furono a Pianura, presenze misteriose e sotterranee,  ma attive sul campo ufficialmente,  cioè con l’intero visibile armamentario di slogan e  striscioni  teorizzanti comportamenti esiziali. Oggi sappiamo, grazie alle indagini,  a chi presumibilmente era affidata la movimentazione delle truppe, ma già da allora , qualcosa non era del tutto chiaro, giacchè diffficilmente  le famiglie in lotta con i ragazzini al seguito, sequestrano i bus per farne falò. Nè ingaggiano scontri con la polizia. Responsabilità della gestione impolitica del movimento di Pianura che come altri  consimili, non è stata in grado di isolare i violenti  e i mestatori. Ma anche di un’opinione pubblica territoriale che tende a  banalizzare qualunque ipotesi di connessione con la criminalità, ovvero a operare costanti rimozioni  circa i possibili intenti edilizio-speculativi, che poi spesso si rivelano essere il vero motore di certi falsi antagonismi.  La discarica, una delle tante spine nel fianco del governo Prodi,  infine non è stata riaperta. Buon per i cittadini di Pianura. Ma a quale prezzo? Beh  forse questo ce lo sapranno dire i cittadini di Chiaiano, tra breve. Vale la pena di leggere le considerazioni che sostengono l’Accusa nell’ordinanza  di cui sopra. Parole avvertite, limpide ma  durissime  come difficilmente capita in simili documenti, realizzano il contesto di cui i reati ascritti sono il naturale esito :

Al consigliere dell’opposizione e all’assessore con delega alla protezione civile –devastazione, per aver sistematicamente incoraggiato, sostenuto e diretto azioni di forza violente, rispondendo a logiche di propaganda e a interessi speculativi contigui alla camorra –

Al resto degli indiziati : Devastazione Scontri di piazza pilotati per acquisire consensi e speculare sugli immobili  nell’ambito di un disegno criminale sostenuto da esponenti dei clan Varriale

 

Agata! Era il grido di battaglia degli ultras di Pianura prima degli assalti. E’ l’unica concessione al folclore del quale ieri erano, come di consueto, stipati gli articoli sulle gazzette, che credo, lecita. Agata ! Non vuol dire nulla, o meglio nessuno sa cosa voglia dire. Ha, secondo me, una strana asonanza col grido  dei musulmani che dedicano il colpo di mortaio, la decapitazione, l’autoesplosione al loro padreterno –  Allah Ackbar – loro, lo pronunciano contraendo le vocali, ma sono congetture probabilmente  suggeritemi da qualche vaga analogia con le circostanze in cui viene urlato. Appena prima dell’azione. Nell’insensatezza di tutto, questo grido surreale sancisce la misura di una situazione altrettanto surreale : Chi in una sorta di war game, chi nell’esercizio plateale di un potere ( sono davvero tutti uguali i toni  nelle intercettazioni) che rispetto al vero potere di chi muove i fili è ridicolmente insignificante, mentre lo scarto che c’è tra quei toni da feldmaresciallo e l’effettivo danno prodotto alla collettività, è pura tragedia. Chi incarna contestualmente il ruolo di capo del governo e quello di capo della banda. E in questa discrasia oltre che la propria schizofrenica doppiezza, realizza l’ incapacità di adeguarsi ad un solo ruolo : o quello di chi governa (e rischia) o quello chi si oppone (e rischia). Chi in buona fede, costoro ha eletto e si è impegnato in una battaglia per la vivibilità e la salute e che non merita di essere, come la metti, la metti, turlupinato. Chi ci ha rimesso la faccia, la credibilità e il consenso onestamente acquisito. E infine chi davvero vorrebbe raccontare un’altra storia. Agata!

Non è razzismo ( ma allora cos'è?)

Non è razzismo ( ma allora cos'è?)

E’ possibile che l’omicidio del giovane ladro di biscotti a Cernusco, dei sei lavoratori di Castelvolturno o che i pestaggi di Parma e di Roma e da ultimo la perquisizione della donna somala a Ciampino, non corrispondano effettivamente ad un’autentica emergenza legata ad odio razziale. Per ognuno di questi casi, ci viene fornita una risposta differente : tragico errore, regolamento di conti, montatura a fini mediatici, bravata etc. Tuttavia, è difficile negare quanto in ciascun episodio, il colore della pelle, l’appartenenza ad altra etnia, giochi – non solo ai fini investigativi – un non trascurabile ruolo, quando non realizzi un vero e proprio movente. Minimizzare sulla scorta dell’ irrilevanza del campione statistico, quando si tratta di incolumità e dignità delle persone, non ha gran senso.  A meno che il ministro dell’interno non intenda preoccuparsi solo un attimo dopo il manifestarsi di cappucci bianchi a forma di cono, ogni episodio racchiude il  segnale di un modo della civile convivenza che sta cambiando. Al governo che schiera i ministri nei contenitori domenicali più seguiti, s’immagina per essere più vicino alla ggente, spetterebbe l’onere di una battaglia culturale in cui non basta più l’annuncio tutti uguali  qualunque sia l’etnia. Oggi il problema dell’immigrazione viene presentato come un male contro il quale prendere provvedimenti o come una triste necessità di supplenza nei lavori più umili, quelli che noi non vogliamo più fare. In nessun caso si parla di governo del fenomeno  se non in termini punitivi o ottimisticamente restrittivi. Ne’ si allude mai ai motivi che spingono – carestie, persecuzioni, guerre, povertà inimmaginabili – masse di uomini e di donne a muoversi dai loro luoghi d’origine, semplicemente per motivi di sopravvivenza. Non si vuol essere generosi? Che almeno si sia concreti, perchè  una presa d’atto di quella dinamica, dovrebbe suggerire già di per sè, altre politiche. L’immigrato clandestino è a rischio sfruttamento, ci viene detto. Di sicuro. Mica solo da parte di criminali organizzati però. Che dire dello sfruttamento nei luoghi dove il lavoro nero non genera solo l’ignominia del basso salario e della mancanza di garanzie, ma ingrossa il bacino del sommerso, dell’evasione. Un lavoratore pagato in nero produce una quantità di ricchezza esente da tasse. Non è socialmente pericoloso anche questo? Allora perchè insistere con un atteggiamento che non favorisce la regolarizzazione e genera soltanto risentimento? Perchè alimentare la paura, perchè sdoganare,  banalizzandole, definizioni sconvenienti. In nessun paese civile i media usano la parola negro, in molti è perseguita l’espressione sporco negro, in quasi tutti l’informazione evita di precisare la nazionalità dell’eventuale autore di un crimine. Non c’è di che stupirsi se un tale clima genera intolleranza. Una presa di parola veritiera sull’immigrazione, sarebbe auspicabile. Una verifica, quantomeno sui provvedimenti recenti che si sono assunti in materia di poteri ai sindaci, la cui efficacia, a parte fantasiosi ed inutili provvedimenti, sul piano dell’ordine pubblico è sotto gli occhi di tutti, doverosa oltre che necessaria. Non basta armare i vigili urbani e allargare il loro campo d’azione per ottenere un servizio di ordine pubblico che le forze di polizia svolgono dopo ben altro addestramento che un paio di sedute al poligono di tiro. Davvero le nostre città hanno bisogno esclusivamente ( perchè solo di questo si parla) di una bonifica antimmigrato? E seppure fossero completamente ripulite da queste inquietanti presenze, la  pessima qualità dei servizi, l’invivibilità, il traffico, l’abusivismo, sparirebbero? Noi non siamo razzisti ma lo stiamo lentamente diventando, così almeno ci percepisce la stampa estera. Per carità, chi è senza peccato… il fenomeno è globale, particolarmente accentuato se governa la destra. Ma altrove almeno hanno i diritti.