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Uso di mondo

Uso di mondo

Lella Bertinotti, alle prese con le domande piuttosto pepate  di una recente intervista, ha chiarito che lei  i Ferrero a casa di De Benedetti ce li ha incontrati spesso (sottintendendo : che vuole quello da mio marito, con questa storia dei salotti che allontanerebbero la sinistra dalla gggente ? ).Tanto è bastato perchè la compagna di Ferrero – per non essere da meno, come direbbe Jannacci – scendesse in campo replicando che sì ,  ogni tanto qualche mondanità se la concedono  anche loro, i granitici esponenti  della sobrietà rivoluzionaria,  ma che quando questo accade, tornando a casa, non mancano mai d’interrogarsi  sulla Redistribuzione delle Ricchezze. Lo dice con l’enfasi che un simile argomento richiede – manco si trattasse di obbligatori esercizi spirituali, o di una sorta di lavacro o, più probabilmente,  di un tributo da pagare al senso di colpa – lasciando peraltro intendere che certi personaggi, invece che l’attico o il piano nobile dei palazzi in centro, abitano direttamente la Grotta di Ali Babà. Esaurita l’annosa polemica sulle barche e i titoli nobiliari ( persino Enrico Berlinguer ne era vittima) , sulle scarpe di D’Alema e il debutto in società della sorellina della Melandri al Grand Hotel ( o era l’Excelsior? Bah), ora il moralismo imperante si esercita  sui salotti, rei del disastro, della sconfitta e dell’annacquamento ideologico. Sarà, ma fatte le debite proporzioni a me pare che questa del far salotto sia un’abitudine inveterata e assai più diffusa di quanto sembri,  senza contare  che normalmente quelli che strillano di più sono i Piccoli Desideranti, coloro cioè che per un the freddo a casa De Benedetti, venderebbero la propria madre . Più la crisi della sinistra, se di crisi si tratta,  si presenta complessa e senza via d’uscita, più il dibattito tocca punte di conclamata imbecillità  tra motivazioni fantasiose e inconsistenti e banali rivisitazioni di vecchi luoghi comuni che resistono all’usura del tempo, ai crolli dei muri, alla globalizzazione e alle invasioni barbariche. Può succedere l’Impensabile, la colpa ultimamente è sempre del sommier di casa Tal dei Tali e dei di lui ( o lei )  ospiti che hanno tradito Causa e Fede tra una chiacchiera, una congettura e un bon bon. Magari fosse, sarebbe assai più semplice  ottenere il ritorno delle passioni e il recupero dei consensi perduti : basterebbe chiudere quei luoghi di perdizione,  d’autorità o per decreto, ovvero  proibire i dopocena e le barzellette nel fumoir.  Ferrero ( & signora) non sono certo Piccoli Desideranti,  visto che qualche devianza, di tanto in tanto se la concedono. Tuttavia  richiamando la questione dei salotti nell’ufficialità del congresso rifondarolo, è probabile  che il nuovo segretario intendesse fomentare l’odio di classe. Nei confronti di De Benedetti? Macchè. In quelli  dei coniugi Bertinotti. Dopo aver battuto l’avversario e con qualche furbizia riportando ben otto voti di vantaggio, ci si può permettere di stravincere. Non so cosa pensino i simpatizzanti di Rifondazione che una settimana sì e l’altra pure vengono presi per il naso, ora da chi va a fare spettacolo ma con gli indios nel cuore, ora da chi confessa di frequentare le case dei notabili  per obbligarsi a pensare ai poveri. Una delle critiche più ricorrenti che gli avversari politici rivolgono alla sinistra, è quella di avere un pessimo rapporto con la realtà. Più che pessimo, ha tutta l’aria di essere alterato.  Non rimane che sperare che in queste loro, quantunque sporadiche e sofferte frequentazioni, ai vari Ferrero,  rimanga appiccicato addosso, oltre che l’ insopportabile senso di colpa, anche un po’ di quello che viene definito  uso di mondo, qualcosa che andrebbe oltre l’utilizzo delle posate e dei bicchieri giusti, complicazione  che però tutti possono imparare ma che di fronte a controversie – anche non salottiere –  che virano al pianerottolo, suggerirebbe un contegnoso silenzio.  Invece di  inginocchiarsi sui ceci e sui cocci riflettendo sulla redistribuzione, certuni potrebbero mutare esercizio e dedicarsi alle buone maniere e al rispetto. Anche le masse, impegnate di questi tempi a fare i conti con ben altri grattacapi, ne sarebbero, credo, assai sollevate.

Il dibattito sì

Il dibattito sì

Nanni209

Diceva Moretti – ieri sera ospite all’Est film Festival  di Montefiascone dov’era in programma  il Caimano – che non farà il sequel della Cosa. Il  bel documentario girato nella sezione del PCI di Testaccio, fedele report di un’ assemblea tra militanti  all’indomani dell’annuncio di Occhetto alla Bolognina, non avrà un seguito da girarsi magari in un circolo del Partito Democratico . Oggi –  ha spiegato – non ritroverebbe  la stessa passione  – cioè  quell’insieme  di sentimenti insopportabilmente contrastanti –   disperazione, voglia di cambiare, entusiasmo, nostalgia, rabbia , senso di smarrimento che segnarono quella stagione, inaspettatamente, per molti di noi. Trovo la scelta appropriata  : la biografia di una parte politica ancora consistente  di questo Paese, la si può scrivere in tanti modi, Moretti che lo fa da sempre, continuerà, con l’acume che lo contraddistingue. Qualsiasi storia racconti  sarà sostenuto  dalla sua idea di cinema. Che non declina narcisisticamente –  Ecco il mio cinema ! –  come fanno certi – e chissene frega – verrebbe da rispondere –  ma che è nascosta nelle pieghe di ogni suo discorso ed esplicitata con estrema naturalezza nei suoi film . Una serata vivace con dialogo serrato, ad un certo punto sono spuntate, non so bene da dove, persino le serie americane della televisione via cavo , dove si sperimenta più che nel cinema . Verissimo. E poi ancora,  il modo di lavorare dei registi che stanno alla macchina da presa come Garrone o di quelli come lui, Moretti, che non lo fanno e che pertanto non meritano il titolo di maestro – di cui a più riprese il pubblico ha tentato d’insignirlo – . Ho trovato apprezzabile l’ omaggio al versante artigianale del lavoro del regista e mentre il dibattito va avanti  - so anche perchè – mi viene in mente la giusta distanza che amiamo in Rossellini o la necessità dell’  Herzog –  per esempio – di Nosferatu di dirigere il film da dentro il set, mescolato alle comparse, persino durante le riprese. Poi arriva, immancabile,  lo spettatore che esorta il regista  a fare un cinema politico, incisivo, duro . Non faccio film per scuotere gli spettatori, racconto storie che danno forma ad un mio sentimento è la risposta. Ma poi ognuno sa che quel sentimento non è mai solo suo, perchè bravo come lui a raccontare le storie e gli altri attraverso se stesso, ce n’è pochi. Ci saranno state trecento persone ad ascoltare. Chissà se hanno realizzato quanto coraggiosa ed indipendente sia stata l’impresa di Moretti e Barbagallo, – La Sacher – per aver prodotto  i primi Mazzacurati, Luchetti, Calopresti ma anche per aver dimostrato che si può lavorare senza scendere a compromessi. E lavorare bene. Quando spiega di aver voluto finanziare alcuni esordi per ripagare qualcuno della fortuna che avevo avuto, so che è sincero e so anche molto bene che non di fortuna si trattò ma di autentico talento, quello che è di tale evidenza da mettere d’accordo pubblico, critica, illustri colleghi e quant’altri. Fa sempre piacere ascoltare Moretti parlare di politica o di cinema e nell’uno e nell’altro caso, rinvenire i termini di un istinto civile che alle volte sembra essere smarrito. O divenuto talmente démodée da porre dubbi sull’utilità del prosieguo. Allora il dibattito sì. Che aiuta.

A mezzo posta

A mezzo posta

La diceria che in Poste l’assunzione non fosse più soggetta a concorso ma a sentenza del giudice del lavoro circolava dai tempi successivi alla privatizzazione, da quando cioè  il taglio di 22.000 addetti aveva reso indispensabile il ricorso alla flessibilità dei nuovi contratti.  Tutta colpa, dunque, di un imponente, malaccorto  ( e sovradimensionato)  Piano di Assunzioni a tempo determinato, mai sottoposto ad autorizzazione degli Uffici competenti, quindi invalido, proprio come i contratti di lavoro che originava e che risultando, privi della condizione essenziale per l’apposizione del termine, erano nulli. Scoperta che fu la falla, ben presto si capì che sarebbe stato sufficiente aver lavorato venti giorni, per essere in condizione di fare un ricorso, rivendicando, con buona probabilità di successo,  risarcimento e reintegro. Inutile dire che le Preture furono, in breve tempo, invase da richieste, minimo di un ristoro in denaro. Questa faccenda che va avanti in realtà da una decina d’anni, non riguarda solo i 27.000 , sopraggiunti agli onori delle cronache per il famoso emendamento antiprecari, poichè a quelli  andrebbero  sommati  i 17.454 che hanno vinto la causa e sono già stati reintegrati. Appare chiaro che se l’enorme contenzioso si avviasse ad esito positivo per i ricorrenti, si produrrebbero per Poste Italiane le condizioni ( esuberi più esborsi) di un sicuro fallimento. Taccio sulla misura proposta dal Governo che risolve una questione e ne apre altre mille e su questo modo di infilare di soppiatto tra le pieghe della Finanziaria, qualsivoglia emendamento con la speranza di farla franca. Mi domando invece cosa ne sarà del mercato del lavoro, se a fronte di una gestione impropria della flessibilità, la via più breve per essere assunti o per recuperare un po’ di soldi, è fare causa e questo con buona pace degli sbandieratori del merito, dello studio, dell’impegno e della qualità del servizio che certo con queste migliaia di avvicendamenti, non ci guadagna. A noi contribuenti resta, al solito,  da pagare il prezzo dell’ennesima gestione dissennata e, con ogni probabilità, clientelare.

Down the drain

Down the drain

Il delegato di Cosenza, oramai distante anni luce dalle beghe interne, impegnato com’è tra Centro Studi e Rivista – Alternative per il socialismo, si chiama  ed è molto bella –  ha strappato lacrime ed applausi ma non ha fatto il miracolo e Ferrero ha trovato la quadratura del cerchio annettendosi i voti  di un paio di mozioni intransigenti. Il tutto si è consumato in quella che impropriamente è stata chiamata la Notte dei lunghi coltelli e che invece sarebbe stato più giusto definire la Notte delle Correnti ( ebbene sì) minoritarie – Pegolo Giannini :  Per rilanciare il conflitto sociale e  Bellotti  Per la falce e martello  – in cui , attaccate con lo sputo appartenenze e risentimenti antibertinottiani, si è fatto maggioranza di un minimo comun denominatore che fa scattare all’indietro il calendario e annichilisce per mancanza di senso politico.
Vendola le ha chiamate guazzabuglio di culture minoritarie…Suvvia, vanno bene le  articolazioni suggestive ma poi… (soprattutto in politica) ogni cosa ha il suo nome. I passaggi della nuova stagione sono contenuti nell’intervento di Russo Spena   Superare la collaborazione organica col PD. è uno, Collaborazione con i movimenti comunisti rivoluzionari recita un altro,  Svolta a sinistra del PRC,  un altro ancora. E siccome mai più al governo! è stato lo slogan più rilanciato durante tutta la tre giorni, da parte dei sostenitori di Ferrero, par di capire che Rifondazione si condanni ad un destino extraparlamentare, al più di eterna opposizione . Sempre che ce la facciano a superare gli sbarramenti.
Bene ha fatto Vendola a non accettare soluzioni pasticciate, bene farà a presentare il conto dopo le europee, qualora i risultati fossero – come possibile – insoddisfacenti.
Ma non si può fare a meno di rilevare che mentre la sinistra si dissolve nei congressi, nei loft o dove pare a lei,  ci sia qualcuno che ne rivendica, per le proprie politiche, l’appartenenza: Brunetta soi disant esponente di centro sinistra o Berlusconi stesso  che lo ha annunciato pubblicamente  di far politiche di sinistra a proposito del Welfare targato Sacconi. La sensazione è che la destra ammicchi, non ai consensi che rimangono ancora alla sinistra, ma a quelli che ci ha sfilato negli ultimi anni. Colpa nostra che ancora non abbiamo capito cosa voglia dire esattamente fare politiche di sinistra oggi, in questo paese. Sarà ancora il caso di difendere i fannulloni? E i malati immaginari della pubblica amministrazione? Sul precariato che oggi ritorna in auge per un disgraziato emendamento che ci fa giustamente indignare, sarà invece giunta l’ora  di puntare in alto, ad un sistema di ammortizzatori sociali, piuttosto che ad improbabili tesi abolizioniste che creerebbero solo disoccupati e lavoro nero? Si dice spesso di tornare ad ascoltare la gente, io aggiungerei anche di essere pronti, dopo quell’ascolto, a mutare rotta. Ad un governo smaccatamente di destra – statalista, razzista, protezionista – non dovrebbe essere lasciato l’agio di fare spot. Che non siano loro ad occupare, anche solo virtualmente, lo spazio che è della sinistra. Ci sono cose che dovevamo fare e non abbiamo fatto. Vediamo di recuperare almeno dicendo come stanno le cose. Mentre Brunetta butta fumo negli occhi con la guerra ai fannulloni, attende ad una riorganizzazione della pubblica amministrazione su cui c’è molto da dire. Lasciamo stare i fannulloni e puntiamo alla sostanza. Diventiamo Riformisti, davvero.

Forza Nichi

Forza Nichi

Nichi

 

Nessuna delle  mozioni congressuali  –  ben cinque  –  ha raggiunto la maggioranza assoluta, quindi è possibile che tra le proposte che hanno raccolto più consensi,  si giunga ad un accordo che vincoli i primi firmatari,  Vendola ( o Ferrero), ad una linea politica mediata. Il rischio pasticcio è dietro l’angolo ma questo è purtroppo il più grosso limite di regole congressuali concepite in tal modo. Lo scatto d’orgoglio unitario che ci si attendeva dopo la sconfitta elettorale è stato disatteso, da una parte perché l’intera sinistra arcobaleno non è riuscita nell’intento di costruire una formazione unica, nemmeno federata, dall’altra perché la stessa Rifondazione si presenta al congresso decisamente frammentata con all’interno serie tendenze scissioniste. All’ eventuale guida del Partito, Vendola  sacrificherebbe la proposta di una costituente di sinistra e la presentazione alle elezioni europee con un cartello elettorale, ipotesi entrambe osteggiate dalla mozione Ferrero. Le ragioni dell’unità e del rilancio, come si vede, non sono riuscite  a prevalere sui distinguo.Tuttavia  l’unica personalità politica in grado di aver ragione del minimo comun denominatore che si sta tentando di cercare in queste ore, è proprio Vendola per essere un uomo politico che ha ben chiara la dinamica delle alleanze, per l’analisi lucida della sconfitta come crisi culturale e per aver introdotto in Rifondazione un linguaggio diverso . La rinascita della sinistra molto dipende dagli esiti di questo settimo congresso. Qui, non si è di Rifondazione ma si fa il tifo per Nichi.