Il dibattito sì
Diceva Moretti – ieri sera ospite all’Est film Festival di Montefiascone dov’era in programma il Caimano – che non farà il sequel della Cosa. Il bel documentario girato nella sezione del PCI di Testaccio, fedele report di un’ assemblea tra militanti all’indomani dell’annuncio di Occhetto alla Bolognina, non avrà un seguito da girarsi magari in un circolo del Partito Democratico . Oggi – ha spiegato – non ritroverebbe la stessa passione – cioè quell’insieme di sentimenti insopportabilmente contrastanti – disperazione, voglia di cambiare, entusiasmo, nostalgia, rabbia , senso di smarrimento che segnarono quella stagione, inaspettatamente, per molti di noi. Trovo la scelta appropriata : la biografia di una parte politica ancora consistente di questo Paese, la si può scrivere in tanti modi, Moretti che lo fa da sempre, continuerà, con l’acume che lo contraddistingue. Qualsiasi storia racconti sarà sostenuto dalla sua idea di cinema. Che non declina narcisisticamente – Ecco il mio cinema ! – come fanno certi – e chissene frega – verrebbe da rispondere – ma che è nascosta nelle pieghe di ogni suo discorso ed esplicitata con estrema naturalezza nei suoi film . Una serata vivace con dialogo serrato, ad un certo punto sono spuntate, non so bene da dove, persino le serie americane della televisione via cavo , dove si sperimenta più che nel cinema . Verissimo. E poi ancora, il modo di lavorare dei registi che stanno alla macchina da presa come Garrone o di quelli come lui, Moretti, che non lo fanno e che pertanto non meritano il titolo di maestro – di cui a più riprese il pubblico ha tentato d’insignirlo – . Ho trovato apprezzabile l’ omaggio al versante artigianale del lavoro del regista e mentre il dibattito va avanti - so anche perchè – mi viene in mente la giusta distanza che amiamo in Rossellini o la necessità dell’ Herzog – per esempio – di Nosferatu di dirigere il film da dentro il set, mescolato alle comparse, persino durante le riprese. Poi arriva, immancabile, lo spettatore che esorta il regista a fare un cinema politico, incisivo, duro . Non faccio film per scuotere gli spettatori, racconto storie che danno forma ad un mio sentimento è la risposta. Ma poi ognuno sa che quel sentimento non è mai solo suo, perchè bravo come lui a raccontare le storie e gli altri attraverso se stesso, ce n’è pochi. Ci saranno state trecento persone ad ascoltare. Chissà se hanno realizzato quanto coraggiosa ed indipendente sia stata l’impresa di Moretti e Barbagallo, – La Sacher – per aver prodotto i primi Mazzacurati, Luchetti, Calopresti ma anche per aver dimostrato che si può lavorare senza scendere a compromessi. E lavorare bene. Quando spiega di aver voluto finanziare alcuni esordi per ripagare qualcuno della fortuna che avevo avuto, so che è sincero e so anche molto bene che non di fortuna si trattò ma di autentico talento, quello che è di tale evidenza da mettere d’accordo pubblico, critica, illustri colleghi e quant’altri. Fa sempre piacere ascoltare Moretti parlare di politica o di cinema e nell’uno e nell’altro caso, rinvenire i termini di un istinto civile che alle volte sembra essere smarrito. O divenuto talmente démodée da porre dubbi sull’utilità del prosieguo. Allora il dibattito sì. Che aiuta.