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Categoria: Venezia 2010

Scavando

Scavando


Credenziali : il bel racconto di Lucentini –  senza Fruttero, uno dei pochi –   divenuto scrupolosa sceneggiatura nel 1964 e, nel 2010, dopo quarantasette anni, film ; un regista più versato a inseguire il progetto che le mode; due interpreti, bravi e dilaganti tra cinema e teatro, in questo caso, alle prese con personaggi spigolosi cui sarebbe stato difficile conferire spessore.


Complessivamente un esercizio di stile, per dirla con Greco, riuscito, se solo si pensa all’apparente inconsistenza della storia o alla difficoltà di far convivere ambientazioni (contemporanee) e  linguaggio ( metà anni sessanta). Scelta appropriata ma spiazzante quanto basta a riprodurre fedelmente l’atmosfera del racconto.


Poi ci sono le rovine di Villa Adriana che dovrebbero rassicurare lui, il Professore stonato factotum di una casa d’appuntamenti, una vita che potrebbe essere raccontato nella sua lingua di trenta parole e lei  ex ospite dello stesso bordello, mancata suicida per amore.E invece niente – ma poi chissà chi eravamo e tutto quanto che era –. Resta il loro incontro e il rapporto di affettuosa solidarietà che ne è derivato. Null’altro.



Notizie degli scavi è un film di Emidio Greco del 2010, con Giuseppe Battiston, Ambra Angiolini, Giorgia Salari, Iaia Forte, Francesca Fava, Annapaola Vellaccio, Emanuele Maggini. Prodotto in Italia. Durata: 90 minuti. Distribuito in Italia da Movimento Film

I miracoli di Manuela (e di Roberta)

I miracoli di Manuela (e di Roberta)

Le richieste  sono le  solite :  posti di lavoro – con indicazione dell’orario e del turno –   vincite alla lotteria,  guarigioni. Le piccole cose insomma. E qualche preghiera finanche viene esaudita, miracolosamente, visto che Manuela, piccola santa di Librino, ha davvero ritrovato la testa della statua raffigurante la Madonna, ma al contrario di quanto vorrebbe far credere, quella capocciona di gesso si è guardata bene dal rivolgerle la parola.


Dal prodigioso evento all’idea di mettere a profitto i superpoteri della ragazzina – che dal canto suo aspirerebbe al miracolo di ben altre attenzioni famigliari –  il passo è breve.


Ma che ti vuoi aspettare da una madre ex bellona del quartiere – perfetta Finocchiaro nel biondo periferico su incarnato scuro, con smalto nero e stampati  bestiali dal padre distratto e dalla sorella aspirante sciacquetta? Giusto di essere utilizzata a scopo di lucro.Il contesto dei postulanti, privi di speranza, non è da meno.



Roberta Torre ha il piglio, il mestiere, i toni, la scrittura e i colori giusti per raccontare con esattezza qualunque Sud side stori e che la chiave sia noir o musical o commedia o dramma o fantasy o tutto questo messo insieme, poco conta : è bravissima proprio perché, libera dall’assillo del genere, spazia un po’ dove e come le pare. Bellissime le sue gallerie di personaggi da più parti definite  surreali, ma basterebbe farsi un giro in certe periferie per capire che con la parrucchiera Degli Esposti dedita a cotonature mirabolanti, come con altri, si è solo lievemente calcato la mano. Come dire : quanto basta.


A Venezia 2010 nella sezione Controcampo al Sundance o in Russia, ovunque i Baci mai dati hanno catturato l’attenzione che meritano. E se è vero, come sembra, che  Roberta Torre si stia apprestando a girare un film,  titolo provvisorio – ma speriamo che no –  la Caduta dell’Impero, con Leporello, la maîtresse hygiéniste, il ragionier Spinelli e naturalmente il premier, tanto per non fare nomi, forse l’intera vicenda del letto in piazza  ha trovato quel che mancava :  un degno modo di essere raccontata



I baci mai dati è un film di Roberta Torre del 2010, con Donatella FinocchiaroPino MicolBeppe FiorelloCarla MarchesePiera Degli Esposti, Martina Galletta, Alessio VassalloTony Palazzo, Valentina Giordanella,Gabriella Saitta. Prodotto in Italia. Durata: 80 minuti. Distribuito in Italia da Videa-CDE

Tutta colpa della Depressione

Tutta colpa della Depressione

Sostengono La Lega –  particolarmente in vena di censure, negli ultimi tempi   – e i non pochi detrattori, che certi film così ambigui da risultare celebrativi del Crime, non andrebbero mostrati, onde evitare che la circolazione di pessimi modelli, pessime idee, pessimi stili di vita, pessimi linguaggi, pessimo tutto, influenzi negativamente i comportamenti del comune spettatore ovvero rinsaldi i già delinquenti nei di loro scellerati propositi.


Affermazioni queste non nuove, ogni gangster story se ne tira dietro un assortimento ma che, unite alle proteste delle associazioni dei parenti delle vittime, avevano già prodotto a Venezia 2010, dove il film Vallanzasca, gli angeli del male è stato presentato fuori concorso, polemiche a non finire e il diniego del contributo ministeriale (analogamente, rifiuto del finanziamento compreso, a quanto avvenuto a Venezia 2009 per il Grande Sogno, sempre di Michele Placido).


A ben vedere però – cosa che è auspicabile si faccia, prima di concedere o negare quattrini pubblici – il film non è celebrativo di alcun disegno criminale e mostrando Renato Vallanzasca per quel che era , un balordo mitomane e narciso sino alle estreme, autodistruttive conseguenze, allontana da sè ogni sospetto di irresponsabilità del racconto.


Certo i panni del vero bandito sono addosso a Kim Rossi Stuart, bello e soprattutto bravo, partecipe documentatissimo della sceneggiatura,  ma – va detto – che tale era anche il nominato – dai giornali – Bel Renè, la prestanza fisica del quale, tanta parte ebbe nella costruzione di un Mito che perdurò  ben oltre la cattura, rinverdendosi ad ogni evasione o rivolta carceraria o efferatezza o libro autobiografico in uscita.


Come pure   i fiumi d’inchiostro quotidianamente profusi per raccontare gesta e abitudini del bandito, non poco contribuirono ad alimentarne la leggenda e la di lui civetteria, senza contare l’ intervista clandestina a Radio Popolare con quel finale del lato oscuro piuttosto pronunciato, poco affascinante se si pensa al dolore prodotto ma che molto colpì l’opinione pubblica di allora.


Lato oscuro del quale ancora si domanda conto a Placido, congruo narratore alla giusta distanza degli anni dai 70 agli 80 che ci restituisce privi dell’aspetto più  politico – la mancanza di cortei o d’altro, rappresenta secondo me una scelta sensata – e di qualche accuratezza ma egualmente veritieri e idonei a far da contesto ad una vicenda densa e rocambolesca, mentre a marcare esaltandolo, il ritmo degli eventi provvedono il bel montaggio e la musica dei Negramaro.


Raccontare Vallanzasca senza alludere alla sua, quantunque scellerata, etica del male significa non raccontare Vallanzasca. Allora se il proposito dell’Arte dev’essere didascalico- educativo, tanto vale girare la vita di Santa Rita da Cascia sempre che non ne abbia combinata qualcuna anche lei. Nel caso, Placido già interprete di Padre Pio, avrebbe evaso la pratica, conquistando così  il  suo bravo pezzetto di paradiso.


Sostiene De Cataldo che  in epoca di crisi economica la scelta criminale  appare più affascinante  che in tempi di vacche grasse, perchè percepita come alternativa sociale alla disperazione. Si parla ovviamente di spettatori di gangster movie e di lettori di romanzi variamente criminali  nel momento in cui  quasi si ritrovano ad apprezzare modelli e stili di vita che in altre circostanze,  riterrebbero inaccettabili.


In tempi di povertà la scorciatoia del delitto è un’opzione di indubbia presa per masse dolenti che hanno perso ogni fiducia nel presente e ogni speranza nel futuro e identificano il Nemico nel volto glaciale del banchiere che con un tratto di penna può rovinare migliaia di esistenze.

Repubblica 9 gennaio 2011 Giancarlo De Cataldo Il fascino del Male ai tempi della Crisi


La storia del cinema sembrerebbe confermare con i vari Nemico pubblico, Piccolo Cesare, Scarface ed altri, tutti film usciti a ridosso della Grande Depressione contro il trionfo di grandi poliziotti e perspicaci investigatori dei 60th. Il gioco può continuare con i Padrini e i Godfellas nei 70 e via dicendo.

Ma, prosegue De Cataldo Il punto è che l’economia politica non si adegua ai modelli culturali : l’economia politica li impone.Se questo è lo stato delle cose, è inutile prendersela con chi il crimine lo racconta. A predicare morale e legalità siamo tutti buoni. Il difficile semmai è metterle in pratica ( articolo citato)


Vallanzasca – Gli angeli del male è un film di Michele Placido del 2010, con Kim Rossi Stuart, Filippo Timi, Valeria Solarino, Moritz Bleibtreu, Francesco Scianna, Roberto Cardone, Paz Vega, Federica Vincenti, Gaetano Bruno, Lino Guanciale. Prodotto in Italia. Durata: 125 minuti. Distribuito in Italia da 20th Century Fox

Noi, dolce parola. Noi credevamo…

Noi, dolce parola. Noi credevamo…

Differentemente dai libri di scuola, dalla Versione Ufficiale e dal presumibile spirito di  celebrazioni a venire, il cinema con Blasetti, Vancini, Rossellini, Lizzani, Visconti, Soldati, Taviani,  aveva già fatto del Risorgimento l’occasione di un racconto antiretorico e senza rimozioni.


Declinando in chiave di rivoluzione tradita, il tema della Storia che logora i Valori, mutando in Male anche l’azione più nobile, Mario Martone si inserisce nel tracciato dai predecessori col suo Noi credevamo, film in parte tratto dall’omonimo libro di Anna Banti e che, tra gli altri, vanta il merito, di averne ben individuato lo spirito.

Risultato : quasi tre ore di grande cinema rigoroso ed emozionante per questa vera e propria Nascita di una Nazione, raccontata attraverso le vicissitudini di tre giovani patrioti del Cilento, disposti a tutto pur di perseguire l’Utopia unitaria. ( la visione meridionalista, unica possibile, a proposito di rimozioni ed omissioni, costituisce valore aggiunto all’intero lavoro. )


Storia che giunge a proposito – non solo degli anniversari – per una migliore comprensione di insospettabili dinamiche del presente. L’Italia di oggi gretta superba ed assassina, per dirla con Anna Banti, è nata non tanto – o non solo –  da acute trame diplomatiche, epiche battaglie e Contesse di Castiglione – finalmente assente assieme a suo cugino il Conte –  ma da atti veri e propri atti terroristici, stragi, complotti, tradimenti, sospetti e grandi trasformismi.

Film corale nel senso stretto del termine e cast superlativo, affresco marcatamente contraddittorio tra racconto di ciascuna visione dell’Ideale e anacronismi disseminati per tutto lo svolgersi della narrazione. Il miglior film italiano di Venezia 2010 e, in genere, di quest’anno.


Ma io non conto, eravamo tanti, eravamo insieme, il carcere non bastava; la lotta dovevamo cominciarla quando ne uscimmo.

Noi, dolce parola

Noi credevamo

Anna Banti – Noi credevamo. Mondadori





Noi credevamo è un film di Mario Martone del 2010, con Luigi Lo Cascio, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Guido Caprino, Renato Carpentieri, Ivan Franek, Andrea Bosca, Edoardo Natoli, Luigi Pisani, Stefano Cassetti. Prodotto in Italia, Francia. Durata: 204 minuti. Distribuito in Italia da 01 Distribution



Prima che il gatto canti

Prima che il gatto canti

Crisi creativa del cinquantenne  regista emergente che se continua con l’inattività rischia di non schiodare mai più dall’emergenza – corroborata dall’unica proposta che passa il convento : una storia da cucire intorno ad una insulsa diva della tivvù desiderosa di passare al cinema.


Ovvio che con questi presupposti la crisi diventi blocco e il blocco, con annesse frustrazioni e senso d’inadeguatezza, un macigno inamovibile. Ma i guai non vengono mai soli.


L’essere accidentalmente obbligato dalle autorità  – Sandrelli e Messeri – di un paesino toscano a mettere in scena la tradizionale rappresentazione di Pasqua, in cambio del pagamento di una pesante multa, aumenta quel senso di frustrazione mentre il baratro dei come sono caduto in basso si spalanca innanzi a lui.


Cinque giorni per trasformare la più sgangherata delle comunità – il metereologo locale ( Gesù) che legge le previsioni alla maniera di Carmelo Bene,  è un Corrado Guzzanti imperdibile – in qualcosa che vagamente rassomigli ad una Rappresentazione, è l’impresa che è, ma alla fine l’ Insieme maldestro e intruppone  porta a termine l’impresa risultando sin commovente.

Il regista resterà con tutte le sue emergenze ma un qualche  bandolo smarrito – prima che il gatto canti – sarà ritrovato . La Passione come tema chiave, nel duplice senso di morte (e resurrezione) di Gesù ma anche d’impegno ed entusiasmo da mettere nelle cose.


Certo che se il regista Mazzacurati avesse ascoltato i suggerimenti  (fortunatamente ) postumi del giurato Salvatores per un Cinema Italiano Vincente ai Concorsi –  liberarsi dei padri neorealismo e commedia all’italiana ( che  casomai sarebbe madre) noi non avremmo avuto il bene di questa piacevole, pur nell’andamento discontinuo ed altanenante – si ride molto e un po’ ci si dilunga – visione.

Ma i giurati, al contrario dei film, passano. Come del resto i presidenti di giuria, le polemiche e i ministri. Mentre a questa Passione realizzata senza ammazzamenti di mamme e di papà o altre efferatezze metaforiche, non mancava proprio nulla per essere all’altezza di Premi e Concorso.


La passione è un film di Carlo Mazzacurati del 2010, con Silvio Orlando, Marco Messeri, Stefania Sandrelli, Giuseppe Battiston, Corrado Guzzanti, Maria Paiato, Kasia Smutniak, Cristiana Capotondi, Giovanni Mascherini, Fausto Russo Alesi. Prodotto in Italia. Durata: 106 minuti. Distribuito in Italia da 01 Distribution