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Categoria: The revolution will not be televised

Solitudini

Solitudini

annoLa tenutaria qui, detesta ogni forma di censura, mordacchia, metodo subdolo e pressione, quindi si augura che i vertici della Rai si preoccupino  di migliorare la qualità complessiva del Servizio,scarsetta anzichenò,invece di segare trasmissioni e bacchettare conduttori. Questo per un semplice motivo : mai sia  dovessero torcere un capello al quartetto Borromeo Santoro Travaglio Vauro, si dovrebbe ricomonciare con le marce e con gli appelli  e ciò unito alla sensazione di vivere in un paese in cui non c’è vera libertà d’espressione, sarebbe davvero intollerabile. Il punto – siamo sempre lì  – magari è un altro e concerne la chiarezza dell’informazione.Dalla trasmissione di ieri di Annozero, per esempio,titolo – A ciascuno il suo –  su corruzione , collusione tra affari e politica in Calabria  e solitudine del magistrato  al cospetto dei Poteri Forti,  tra metafore e lumeggiamenti Forleiani ( i bravi, Don Rodrigo,il Re che è nudo.. ma come si esprime anche costei? E chi sono sti benedetti Poteri Forti?) le piazze scalpitanti, gl’incisi , i parenti delle vittime e l’invadenza della conduzione in studio, ben poco si è capito su di un contendere che, proprio perchè delicato e complesso, andava squadernato di meno e affrontato di più, magari  con maggior precisione, rinunciando almeno per una volta alle civetterie , ai toni tribunizi, alle arguzie, alle metafore, agli ammiccamenti e alle piacionerie. E che diamine…va bene convocare in una trasmissione tutti i protagonisti e gli esponenti  dei  segmenti di società che insistono e vogliono dire la loro su un dato problema. Ma poi bisogna governare la compagine con mano ferma , altrimenti tutto si trasforma in vocio indistinto, in caravanserraglio , trasformando  anche la trasmissione più intelligente in una brutta copia delle altre. Per esempio qualcuno ha capito per cosa è indagato di preciso il Presidente Prodi ? E il Guardasigilli? . Quali siano i Poteri Forti cui ripetitivamente si allude, chi abbia messo i bastoni tra le ruote al tale giudice, intimorito il talaltro e come. Mi spiace ma se tutto il fumus persecutorio e  lo scandalo sta nelle ispezioni che seguono alle interrogazioni parlamentari, a me sembra che questa sia la prassi abituale (ed auspicabile)  e che comunque le ispezioni non dovrebbero indignare chi attende correttamente al proprio ufficio. A me sembra grave togliere ad un giudice un’ inchiesta o chiederne il trasferimento senza fondati motivi,  ma visto che in nome dell’Informazione, si sono disinvoltamente rivelati parecchi segreti relativi alle indagini,si poteva fare uno sforzo in più e dal non detto, passare direttamente ai nomi e cognomi. Lasciar intendere di aver preso qualcuno con le mani nel sacco e fermarsi ai puntini di sospensione,insinuando sospetti, non va bene.Serve solo a far volare più in alto gli stracci. Una delle cose di cui meno abbiamo bisogno.A noi serve capire ma nonostante quanto si vada dicendo sulla missione d’informare i cittadini, nessuno soccorre questo nostro bisogno di chiarezza. Clemente Mastella non è il Ministro di Giustizia dei miei sogni come  Craxi non è mai stato il Primo Ministro delle mie speranze, eppure l’episodio dell’Hotel Raphael e del lancio delle monetine è stato secondo me ignobile ed indegno.Come trovo volgare l’attacco a Clemente Mastella identificato Simbolo Unico della Casta e delle relative malefatte. In un unico piatto ci viene somministrata una zuppa che dalle case acquistate con agevolazioni, alla moglie Sandra, ai voli di stato, alle attività professionali  dei figli,  si aggiungono presunti abusi di potere nei confronti di magistrati, titolari di inchieste scottanti. Un bel blob . Non giochiamo, per piacere. Con le ariette trionfanti, gli spiritosi di turno, in un contesto da tragedia nazionale, non hanno di meglio da fare che incrociare le notizie sul dissesto, con il cartone animato del Venerabile Maestro ovvero lasciar intendere che tra la Calabria di oggi e la Palermo degli anni 80..massì non c’è nessuna differenza. E’ nelle cose  poi, che il giorno dopo, alla saporita vicenda, si aggiungano altre denunzie, altro lavoro per il CSM, altri stracci, in una catena infinita in cui orientarsi sarà sempre più difficile.I giudici che fanno il loro lavoro con coscienza sono soli,chi dice di no. Ma soli, invisibili e turlupinati per due tre , quattro volte  sono i cittadini che devono sorbirsi questo triste spettacolo che più è caotico, velenoso, irridente e monomaniacale, più ci restituisce la sensazione che – dai voli di stato, agli eventuali abusi – non s’intravede affatto la benchè minima speranza di ravvedimento.

Naturalezza dei diritti

Naturalezza dei diritti

E’ possibile che stanco degli equilibrismi lessicali, delle acrobazie normative, dei distinguo e delle carte in regola, che contraddistinguono il dibattito sui DICO, Michele Santoro giovedì sera, abbia preferito  mostrare la comunità omosessuale al Gay Pride di Roma 2000 e non intenta alla scrivania manageriale o in sala operatoria o in cattedra  a la Sorbonne,  tutti luoghi in cui si cimentano gli omosessuali di successo in favore di camera,ciò a dimostrazione, da una parte che ce l’hanno fatta anche loro e dall’altra che oramai sono tra di noi in grisaglia e non più a laccarsi le unghie nel segreto dei ghetti.Ben precisando il senso di quella scelta,il conduttore ha messo l’accento sul problema dell’Eccesso come sintomo di negata visibilità.Come dire che continuare a sventolare Dolce & Gabbana come esponenti del mondo gay vuol dire davvero poco, anzi nel caso in cui si dovessero esprimere entrambi,addirittura niente.A seguire la trasmissione si è avvalsa della presenza di un amministratore pubblico e del suo compagno notevolmente più giovane e di una coppia di lesbiche che grazie alla fecondazione assistita (in altro paese) e ai pacs (idem) ha messo su famiglia in Italia,con tanto di pupetta in età scolare.Un amore venticinquennale, a quanto si apprende.Arrivati a questo punto, se qualcuno ,incauto,avesse voluto, avrebbe potuto anche introdurre il piatto forte teodem del dibattito sui DICO  costituito dal richiamo al  diritto naturale peccato che,guardandosi intorno,chiunque avrebbe concluso come la naturalezza in realtà viaggi in tutt’altra direzione.Ed è  stato così che, irritato dal clima che nel frattempo Marco Travaglio aveva contribuito ad arroventare agitando lo spettro di Andreotti e del clero talvolta pedofilo,il Guardasigilli sdegnato è uscito per la comune prima ancora di poter sorridere compiaciuto (così usa tra gente di mondo, in questi casi) alle vignette di Vauro.La trappola tesa,perchè di questo si è trattato, si è rivelata fatale.Quel che stupisce è che il Ministro abbia dimostrato risentimento e finanche minacciato provvedimenti nei confronti della faziosità del conduttore (hai capito la novità).Insomma vanno bene le arene, i realities di scontro fisico e umiliazione,le torte in faccia e gli schiaffoni in diretta ma quello che davvero è intollerabile è un conduttore non addomesticato e un programma in cui si parli apertamente di Diritti, chiamando le cose con il proprio nome.Che mestiere fa un giornalista che concorda preventivamente con il suo ospite ancorchè ministro il taglio da dare alla trasmissione.E poi Santoro un problema reale l’ha evidenziato : il rifiuto dei politici di confrontarsi con i cittadini che poi è quel che determina l’ allontanamento degli stessi dalla politica.Per qualsiasi intimo motivo Michele Santoro lo abbia fatto (Gigioneria?Propensione all’arringa?Narcisismo spinto?) poco importa : egli ha detto la verità che oltre che essere,come qualcuno ricordava,rivoluzionaria,ha anche il gran pregio di avere consistentemente a che vedere con il mestiere che assai compiutamente,svolge.Può dire la stessa cosa il Guardasigilli?

Il padre delle spose è un capolavoro assoluto

Il padre delle spose è un capolavoro assoluto

Non si capisce bene perchè in televisione può andare in onda di tutto, anche l’avvocato Taormina e persino il Procuratore della Repubblica Simonetta Matone che mentre chiede l’inasprimento delle pene per qualsiasi reato,si assesta lo jabot maculato della blusa ( ma pagatele un consulente di stile) o allarga l’orlo sghembo della gonna sul sofà e invece  un onesto prodotto come “Il padre delle spose” deve suscitare l’ira funesta di mezzo parlamento e dell’Osservatore Romano che tramite il suo critico televisivo, fa sapere che la fiction è un ‘immonda polpetta,finta popolare, con un happy end improponibile.Il problema ovviamente non sta nel film che poteva anche essere diretto da Rossellini redivivo,non avrebbe avuto trattamento migliore ne’ dall’Osservatore Romano ne’ dal seguito di moralisti parlamentari o meno.Il punto è nell’argomento,i matrimoni tra omosessuali che non vanno giù alla curia, alla destra e a notevoli pezzi del centro sinistra.Invece con molta semplicità e naturalezza  andrebbe detto che lo Stato non dovrebbe mettere il naso nei sentimenti delle persone e nella  loro legittima aspirarazione al riconoscimento ufficiale di un amore che al di là di discorsi pur sacrosanti di reversibilità,eredità e quant’altro comporta il poter vivere l’affettività alla luce del sole,come tutti.E oltre..apriamo la possibilità agli omosessuali di allevare figli propri,regolamentiamo anche questo settore,prima che ognuno provveda al solito,per conto proprio o con l’inseminazione o con le adozioni in paesi esteri.Prima cioè che i nascituri o gli adottandi si ritrovino titolari di situazioni pasticciate.Il Primo Canone diceva che Dio creò l’uomo e la donna e che in qualche maniera i sessi erano due e le combinazioni possibili una sola.Ora non è più così e il legislatore qualunque siano le proprie impostazioni,non può ignorarlo.Quanto ai ruoli necessari alla crescita di un bambino,visto il buon esito dell’educazione impartita dalle mamme e dei papà perfettamente etero,c’è di che aspettarsi soluzioni migliori da altri ruoli,altre famiglie,altri insiemi altre impostazioni.Per questo ma soprattutto per  aver proposto i temi delle unioni omosessuali con naturalezza e per aver stigmatizzato il pregiudizio,”il padre delle spose” è un film da Oscar.

Rula colpisce ancora

Rula colpisce ancora

Sarà per le numerose forzature (il femminile che proprio non va, la metafora eccessiva e tortuosa) ma il sostantivo “gnocca” è proprio brutto. Anzi fa schifo.E pazienza se qualche gentile signora se ne compiace, si vede che non ha mai conosciuto esseri umani di genere maschile garbati e in grado di rivolgere apprezzamenti più eleganti. Rula Jebreal è una bellissima creatura ma questo passa in sottordine di fronte alla sua non comune (per i giornalisti di casa nostra) competenza in materia,per esempio, di politica internazionale.Inoltre Rula ha la rara capacità di affrontare le interviste ponendo lievemente a disagio l’interlocutore. Il che mi sembra un buon modo, seppur in controtendenza rispetto agli yes men cui siamo abituati e che favoriscono l’autocelebrazione del potente di turno, attraverso domande assolutamente imbecilli sul bacio della buonanotte ai bambini o sui regali di compleanno alla consorte. Ma chi dei presenti all’ultima trasmissione di “Anno Zero” può aver definito Rula Jebreal “gnocca senza testa”?Assolutamente chiunque. Dagli ospiti, al conduttore, al pubblico, al regista, ognuno di loro potrebbe vantare “buoni motivi” per avercela con lei. Bella ma professionale, capace ma elegante, preparata eppure così poco compiacente.Se almeno ammiccasse un po’, se ci rassicurasse con un lieve sovrappeso,se indossasse almeno un colore sbagliato se non portasse la propria bellezza con tanto sfacciata arroganza, se si facesse da parte al cospetto dei colleghi, se non insistesse con domande imbarazzanti, se infine tacesse quando gl’intervistati con quell’aria di sufficienza le fanno notare che non gradiscono essere messi all’angoletto da una signora…Il punto è proprio questo : Rula non si riesce a collocare in nessun Immaginario,qualunque canone le va stretto ed è questo che infastidisce e che proprio non le si vuol perdonare.”Gnocca senza testa”, non può in nessuna maniera essere considerato un apprezzamento ma sia per Rula il segnale evidente, del risentimento maschile, della competizione mal riuscita, dell’impossibilità di ridurre un essere umano di genere femminile a sé, alle proprie regole, al proprio sistema di valori del cavolo. E in qualche modo,se le fosse possibile, superi l’amarezza, consapevole, nonostante tutto, di avercela fatta.