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Categoria: libri

Obituary

Obituary

Il racconto del fallito tentativo del sarto di Ulm, sottace l’invito a perseguire l’ambizioso obiettivo di volare nonostante le difficoltà e gl’insuccessi.E se è pur vero che il rudimentale marchingegno si sfracella provocando la morte del povero Beblinger, è altrettanto vero – conclude Brecht –  che ciò non avrebbe avuto conseguenza alcuna sulla effettiva e futura possibilità per l’uomo di volare.


Della metafora – piuttosto in voga nel dibattito fine 80 sullo scioglimento del PCI – si servirà Lucio Magri in un suo libro titolato appunto Il sarto di Ulm.Una possibile storia del PCI.Vale la pena di leggerlo o ri-leggerlo proprio nel momento in cui la banalità dell’elogio funebre,o peggio, il preteso dibattito sulla scelta di tirare avanti con una vita di cui non sai più – qualunque sia il motivo – che fartene, ci restituisce un’immagine, tra definizioni artificiali ed espressioni di circostanza, di Lucio Magri piuttosto incolore.Comunque la si sia pensata, all’epoca delle suo articolato tragitto politico, così non è.



Il libro, di cui non condivido troppo la lettura del compromesso storico come inizio di decadenza del PCI, è un buon esempio di come le tesi  cosidette avverse, in questo caso quelle di Enrico Berlinguer, possano essere esposte con puntualità, onestamente, riconoscendo alla tragica esperienza cilena e alla situazione politica di allora, tra crisi economica, stragi e incipiente terrorismo, un’influenza determinante su quella scelta che Magri stesso definisce deviante.(Mentre tutta la parte sul mancato rapporto del PCI con i movimenti la trovo inappuntabile)



Ma per tornare al movente del libro, così ben descritto nella prefazione, credo che anche se a qualcosa si è rinunciato, sia inappropriato conferire a quella fase e a quelle che si sarebbero alternate, l’esclusivo senso della Rinuncia, poichè ogni volta non è mancata la prospettiva di costruire un marchingegno buono ad alzarsi da terra. Stava (sta) sempre a noi scegliere quale.


(Al di là dei numerosi interrogativi che la metafora ancora suggerisce, resta aperta la questione sull’effettivo nesso tra il marchingegno di Beblinger e un moderno deltaplano ovvero se la caparbietà del sarto di Ulm non avesse di per sé un significato puramente simbolico di esempio da seguire o testimonianza da rendere)


Il sarto di Ulm.Una possibile storia del PCI. è un libro di Lucio Magri edito da Il Saggiatore

(illustrazione dal Corriere.it)


Vient-de-paraître

Vient-de-paraître

Mi ribello all’affermazione corrente che sia un dono di natura, la comicità è un lavoro di cervello.


Come lo scrivere del resto e molte altre cose che comunemente si ritengono innate. La Franca Valeri scrittrice  peraltro non è  una novità, lo attestano  le Cecioni, le Cesira e le signorine snob che nel corso del tempo, si è cucita addosso, perfette e intramontabili come i Capucci indossati con ironica frivolezza. Ovvero le brillanti sceneggiature dal Segno di Venere al ( bellissimo)  Parigi, o cara o le commedie : Non tutto è risolto, La vedova Socrate etc


A novant’anni suonati, anche un’ autobiografia  Bugiarda no, reticente come da azzeccata definizione materna, una carrellata senz’ordine cronologico messa insieme su  un incastro di ricordi, con qualche nostalgia – appena una venatura –  molta attenzione a quanto andava via via succedendole  intorno e il consueto spirito caustico. Rimpianti quasi niente, semplicemente per aver fatto della sua vita ciò che voleva, scrivendo e recitando.


Dunque quel che lei definirebbe con lieve disappunto un vient de-paraître ( non troverete mai nella mia libreria ne’ l’ultimo Campiello ne’ il vient…. vedi intervista rilasciata alla Stampa luglio 2010 ) è il breve racconto – che molto risente, come tutta la sua opera, di quegli scrittori dell’assurdo  incontrati a Parigi –  di una lunga esistenza spesa con passione al servizio dell’Arte ( teatro, cinema,opera lirica). Inutile, a questo punto,  chiederle di svelare il mistero di tanta vitalità.

(Bugiarda no, reticente è un libro di Franca Valeri edito da Einaudi)





Il montaggio è tutto!

Il montaggio è tutto!

Sarà che l’ interdisciplinarità  resta per me, oltre che un insostituibile ferro del mestiere, un assillo al quale sono particolarmente affezionata, sarà che l’idea di un ritratto del Novecento da costruire, attraverso un ‘operazione di vero e proprio montaggio – in senso cinematografico, sì – di brani letterari, filosofici, teatrali, musicali  oltre a quadri, fotografie e spezzoni di film, è incredibilmente attraente, vitale  e consona all’arco di tempo in questione, sarà che nel lavoro di collazione, la possibilità di abolire ogni tipo di gerarchia operando su interferenze ed attriti oltre che su associazioni, trasforma  il Novecento da secolo per definizione  breve a secolo interminato e (per vocazione) interminabile…

Saranno tutte queste cose messe insieme, ma la lettura – che poi non è solo lettura – di questo Ritratto del Novecento, mi ha fatto seriamente rimpiangere il non aver avuto modo di partecipare alle quattro serate dedicate rispettivamente alla Psicologia, al Montaggio, alle Avanguardie e alla Lotta di classe, tenutesi a Bologna dal 12 al 16 dicembre 2005 e il 2006,  di cui questo libro raccoglie i materiali preparatori.

Dunque in sessantotto tessere numerate sono contenuti cento interpreti – non i più importanti, secondo Sanguineti ma i più tipici – delle arti  figurative o della letteratura, della musica da  mescolare arbitrariamente ed assemblare in  infinite possibilità di mosaici o performances multimediali  (dai quali inevitabilmente discendono altrettante possibilità di  lettura.)

Il libro, ricca prolusione a parte, non ha testo, ma contiene, tessera dopo tessera,  l’indicazione dei brani o dei testi utilizzati nelle giornate di Bologna, con avvertenza che sia gli autori che i brani o le immagini, possono essere sostituiti ovvero se ne possono aggiungere altri, seguendo il filo di connessioni o rimandi che possono manifestarsi in corso d’opera  . Un manuale aperto dunque, per la scuola, si direbbe, ma anche per i teatri, per il cinema nonchè per personali tragitti esplorativi.

Qui di seguito un esempio. E’ tessera n. 43 ( Montaggio) dalla quale mancano  immagini filmate o fotografiche (che invece abbondano in altre tessere) sostituite da una particolare selezione di dipinti di Chagall.

Preludio : i primi minuti di Schelomò per violoncello e orchestra di Ernest Bloch

Lettura di cinque poesie di Nathan Zach :

– Il Cammello di Re Salomone

– Sfavorevole agli addii

– La forma e il paesaggio

– Nessun clamoroso cambiamento

– Confessione

Durante la lettura dei versi sullo schermo vengono proiettate diapositive ricavate da opere di Chagall

– Il violinista

– La donna incinta

– La passeggiata

– Il violinista verde

– La sposa dai due volti

– La fidanzata dal volto blù

– Il guanto nero

– l’Occhio verde

– Resistenza

– Liberazione

– Al crepuscolo

– Sogno di una notte d’estate

– La Guerra

– Il Matrimonio

– Le Luci del matrimonio

– Notturno

– La notte verde

– Autoritratto.

Nelle illustrazioni, due quadri di Chagall della selezione, Il violinista verde e la Passeggiata, (quest’ultima incantevole)

Ritratto del Novecento è un libro di Edoardo Sanguineti  curato da Niva Lorenzini ed edito da Manni

 

Holocaust Connections Inc.

Holocaust Connections Inc.

Se Tova Reich non fosse stata una scrittrice ebrea – e di famiglia ortodossa per giunta – il suo libro My Holocaust pubblicato negli USA  da Harper Perennial  e uscito lo scorso anno, qui da noi con Einaudi, avrebbe suscitato polemiche e scandali a non finire.

Poichè non di solo humour ebraico – caustico, com’è nella tradizione –  ne’ delle abusate  malignità si tratta, ma di una favola, nera e truculentissima su come si possa trasformare in  businnes anche la Shoah, che però induce riflessioni al di là di quelle consuete sul Mercato che tutto macina.

Basta dunque una holding, la Holocaust Connections Inc , un padre e un figlio intraprendenti ed in grado di fiutare l’affare giusto ed ecco che con un’ accorta  gestione,  il  campo di concentramento ( vero) diventa un luogo di memoria sì, ma artificiale,  come una sorta di tunnel degli orrori al  Luna Park, tra finti sopravvissuti e finti bidoni di Zyclon – B, premi ai donatori più munifici, scolaresche che si rincorrono tra le baracche e bonzi tibetani in preghiera. Irresistibile.

Perchè questo libro caustico ed irridente proprio oggi ?

Istituzionalizzare  il giorno della Memoria è stato un passaggio importante, ma a distanza di nove anni,  il rischio che la ritualità pubblica o l’essere queste celebrazioni troppo concentrate sul ricordo, abbia un effetto banalizzante o di perdita di senso, è concreto.

Se dopo aver ascoltato testimonianze, visto film, letto libri di altissimo valore ed impatto emotivo, aver visitato i campi di concentramento, non si sviluppa  intorno ai temi della discriminazione razziale, della macchina dello sterminio, del totalitarismo, una vera e propria coscienza civile, tutto sarà stato inutile.

Noi abbiamo oggi la gran parte della destra italiana che vuole riabilitare i repubblichini di Salò, che rifiuta sistematicamente di misurarsi sui temi del razzismo e della xenofobia, abbiamo la Lega che legge la storia in chiave di complotto di minoranze che opprimono maggioranze. E come se non bastasse, in maniera del tutto trasversale,  siamo capaci di riconoscere le differenze solo in chiave beatificante  o ghettizzante – che poi è lo stesso – Mai in in termini di coabitazione. Se la riflessione collettiva sullo sterminio antiebraico non suscita in queste forze politiche, o gruppi di cittadini, nemmeno l’ombra del dubbio, questo vuol dire che la Giornata della Memoria ha fallito il suo obiettivo.

Mai più, significa dare un senso all’agire politico oggi.

Come pure le visite degli studenti ai campi – Buchenwald, Dachau, Auschwitz, Risiera – esperienze fortissime, che però rischiano di essere vissute come semplici episodi se nessuno avrà posto l’accento su quali complessità storiche siano dietro la macchina dello sterminio.

Il problema non è solo da che parte stare.

In ultimo : a Dachau c’è un distributore della Coca Cola ( forse più d’uno) e appena fuori dal campo un Mc Donald. La racconto così, come se stessi allegando una foto del luogo, anche se il confronto è stridente, mi sono sforzata di pensare che dove ci sono ragazzi…che era nel conto, insomma.

La sfida però consiste nel fare in modo che quei segni di contemporaneità non prevalgano sul resto. Perchè è pur vero che la vita continua – per chi continua –  ma bisogna decidere insieme come.

Lampo

Lampo

Una piccola notazione,per il fortunato lettore della Folie Baudelaire, libro non  semplice, ma solo perchè siamo sempre meno abituati ad esplorare i territori del pensiero complesso. Per giusto contrappasso però,la scrittura è nitida, scorrevole, naturale, anche se le citazioni sono davvero tantissime e richiedono qualche andirivieni tra  motore di ricerca, reminescenze e scaffali di casa – diciamo  quelli posizionati nelle parti alte –  Poco male. Quando si chiude il libro, la sensazione di aver aggiunto al proprio bagaglio qualcosa, è netta e vale quel piccolo impegno.

 Il cuore, in ogni senso, dell’Opera è quello che Calasso chiama   lampo analogico, lo stesso che ha ispirato la cultura europea dai suoi inizi, segnando specialmente il Rinascimento e il diciannovesimo secolo. Un metodo d’indagine sicuro, da preservare in epoca di frantumazione ( del pensiero  ma anche delle relazioni).

Lampo dunque, racchiudendo la bella  parola in sè, gli esiti di un entusiasmante tragitto tra connessioni interdisciplinari ed intuito. Analogo significato è nascosto in questi versi : 

La natura è un tempio dove colonne viventi
lasciano talvolta uscire delle confuse parole
l’ uomo vi passa attraverso foreste di simboli
che l’ osservano con sguardi famigliari.
Come lunghi echi che da lontano si confondono
in una tenebrosa e profonda unità,
vasta come la notte e come la luce,
i profumi, i colori e i suoni si rispondono

Baudelaire

Il sogno di Baudelaire, l’unico che si conosca, è la vasta rappresentazione di un bordello che è anche un museo. Il labirinto dell’inconscio funziona come una sorta di Esposizione : nelle sale si susseguono, Ingres,  Delacroix, Degas, Manet, Rimbaud, Proust, Baudelaire, Constantin Guys, Berthe Morisot, Mallarmè, Flaubert, Sainte-Beuve. Opere sublimi ma anche artisti e critici minori degni di nota ovvero pura e semplice paccottiglia. (e mentre una folla si accalca intorno alle rappresentazioni, sullo sfondo si manifesta per un istante Napoleone III, che non dice mai niente, e mente sempre)

Calasso, che di questo gioco dell’ immaginario è la guida, conosce minuziosamente  tutto quello che è avvenuto, che è stato scritto e dipinto in Francia dal 1830 al 1900 e ne propone di quando in quando interessanti digressioni. Siamo tuttavia ben lontani dalla banale esposizione di un erudito. Accostamenti continui tra un poeta e un pittore ovvero tra una poesia e l’ articolo di un giornale di moda, rivelano audacia e tutt’ altro approccio. 

Centro dell’attenzione è il Baudelaire scrittore di articoli e saggi su Delacroix, Gautier, Constantin Guys, Poe. Tutta la Folie Baudelaire  risente del suo punto di vista e del suo modo di sentire , ricercando Calasso con Baudelaire, una sorta di immedesimazione, particolarmente quando osserva  i personaggi o le figure mentali del proprio tempo. Ad un certo punto sarà Paul Valéry a sostituirsi a Baudelaire, il libro cambierà passo, forse perderà qualche nota di  entusiasmo, ritrovando  però, in cambio, una sorta di logico compimento.

 Valéry si augurava che un giorno potesse esistere una Storia Unica delle cose dello Spirito, che avrebbe sostituito ogni storia della filosofia, dell’ arte, della letteratura e delle scienze. Da allora – scrive Calasso –  la storia analogica non ha fatto molti passi avanti. Rimane un desiderata sempre più urgente in un’ epoca debilitata come la nostra.

Dunque la Folie Baudelaire è il tentativo di realizzare questo desiderio adottando come principale strumento interpretativo il lampo analogico di cui si è detto . Un’operazione coraggiosa, anche questa alla maniera di Baudelaire che non scriveva trattati ma al quale era sufficiente un cenno, nascosto in una considerazione sulla pittura, la letteratura o la politica, per cogliere, nuda, abbagliante, la verità metafisica.

 

 

E ancora, prosegue, Calasso a ribadire il concetto : Diderot non aveva propriamente un pensiero, ma la capacità di far zampillare un pensiero. Da lì, se si abbandonava al suo rapinoso automatismo, Diderot poteva arrivare ovunque

La Folie Baudelaire è un libro di Roberto Calasso edito da Adelphi