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Lettere da un’intera società

Lettere da un’intera società

hogart la carriera di un libertinoPer vendicarsi del conte di Gercourt,un giovanotto frivolo e salottiero che l’ha tradita, la marchesa di Merteul  chiede aiuto al cavaliere di Valmont con il quale intrattiene,dopo esserne stata l’amante,una relazione di complice amicizia. Valmont dovrà ridicolizzare Gercourt , (rendendolo lo  zimbello di Parigi), ne dovrà sedurre e ingravidare l’inesperta ed ingenua fidanzata Cécile che  dovrà così recarsi all’altare incinta ma non del futuro sposo.Viene inoltre affidato a Valmont, il compito di conquistare l’angelica Presidentessa di Tourvel, con l’impegno di sacrificarla alla marchesa.A rendere possibile questo progetto non è solo la diabolica astuzia dei due libertini ma una perfetta padronanza di un codice di comportamento mondano che consente loro di ordire intrighi sotto gli occhi di una società fatua,priva di valori,attenta solo alle formalità.Se la verità finirà per emergere, sarà solo perchè il delirio di onnipotenza della Merteul e di Valmont, li porterà all’autodistruzione,la rottura dei patti,infatti provocherà una guerra tra di loro che avrà come conseguenza la perdita di controllo del gioco.La lezione che ne trarranno coloro che se ne sono fatti ingannare non lascia la benchè minima speranza di rigenerazione.La nostra ragione già così insufficiente a prevenire le nostre sventure lo è ancora di più a consolarcene.Sarà l’amara conclusione della madre di Cécile.

E’ la trama de Les Liasons dangereuses di Choderlos de Laclos, un classico settecentesco di corrosiva critica sociale scritto in forma di romanzo epistolare, alla maniera di Rousseau e Montesquieu, dei quali lo stesso Laclos era un discepolo fedele.L’occasione per scriverne, è data da una nuova ed efficace traduzione di Cinzia Bigliosi Franck che coniuga la piacevole scorrevolezza con  una notevole aderenza al testo francese (il che non guasta mai) e che nella nota introduttiva sembra privilegiare quella  lettura in chiave sociologica che lo stesso Laclos  indica quando definisce il suo romanzo raccolta di lettere di un’intera società.Il tema centrale del libro è il libertinaggio, non già quello di derivazione relativistico materialista, corrente filosofica che dalla metà del seicento fino ai primi anni del settecento, aveva fatto del libero pensiero il proprio tratto distintivo promovendo una nuova morale del piacere volta ad esaltare l’autonomia dell’individuo ma nelle forme degenerative degli anni antecedenti la rivoluzione del 1789 alla quale peraltro Laclos contribuì attivamente.Dunque il libertinaggio delle Liaisons è quel male che mina dal suo interno la società, quella aristocratica che è però talmente calcificata da essere incapace di riconoscerne la presenza, rendendo pericolose anche le relazioni apparentemente più innocenti.Diversi colpi di genio rendono questo libro memorabile a partire dalla scelta del protagonista,non un singolo personaggio ma una coppia,un uomo e una donna animati dallo stesso nichilismo, assolutamente paritari sul piano della forza, essendo entrambi illusoriamente convinti di essere padroni del proprio destino.In realtà entrambi verranno sopraffatti da una serie di imprevisti con i quali si dimostreranno incapaci di fare i conti.Sarà un sentimento inatteso nei confronti di Madame Tourvel a far crollare Valmont e l’insorgere della gelosia a  sconfiggere Madame de Merteuil.Ma…se il libertino è un personaggio socialmente integrato e le sue conquiste sono fonte di prestigio,la libertina è invece oggetto di biasimo generale : una donna perduta davanti alla quale si chiudono tutte le porte.Saranno infatti solo le sue lettere  e non quelle di Valmont ad essere divulgate,sarà solo lei, resasi ancor più criminale per essersi ribellata alle leggi del suo genere,  a fungere da capro espiatorio di una società ipocrita e prossima alla fine.

Le relazioni pericolose  è un libro di Choderlos de Laclos tradotto da Cinzia Bigliosi Franck edito da Feltrinelli nel 2007

Il barbiere di Stendhal (Les Transtévérins)

Il barbiere di Stendhal (Les Transtévérins)

StendhalDicono che anche Trastevere sia un quartiere pericoloso : io lo trovo superbo,pieno di “energia” qualità sempre più deficiente nel nostro secolo.Adesso abbiamo scoperto il segreto di risultar  bravissimi anche senza un dito di energia e di carattere.Nessuno “sa volere” : la buona educazione ci ha fatto dimenticare questa grande qualità….Per questa gente il colmo del ridicolo sarebbe di arrischiare anche una sola graffiatura nell’interesse del Papa loro Sovrano;essi lo ritengono,chiunque esso sia,un essere potente,felice e cattivo con il quale però è indispensabile mantenere buoni rapporti.Tutti parlano della sua morte,l’aspettano,ne godono,tranne alcuni tenebrosi personaggi che dicono ” il successore sarà ancora peggio ” ..Quando il mio giovane barbiere mi racconta qualche assurda usanza di cui si compiace,non manca di aggiungere ” Che volete..siamo sotto i preti”.

Stendhal penetrò più di ogni altro lo spirito dei trasteverini dei quali però, nelle Promenades non lodò, solo il carattere e la prestanza :

Il popolo romano ammira e invidia un Borghese,un Albani,un Doria etc cioè i principi romani più ricchi e famosi dei quali ha conosciuto il padre,il nonno.Il romano però non dimostra mai per i nobili quell’attenzione piena di rispetto che spinge un inglese a cercare nel proprio giornale il resoconto del rout del tale milord o del banchetto offerto dalla tale milady ad una “scelta società".Qui una simile venerazione per le classi sociali elevate sarebbe giudicata il colmo della bassezza e del ridicolo.Il costume dei romani di oggi tiene ancora di qualche fierezza repubblicana.Secondo me il romano è un vero uomo.Per fargli commettere una bassezza bisogna pagarlo “bene e in contanti”

Stendhal aveva chiesto che il barbiere personale fosse trasteverino e l’amico Pinelli  aveva reclutato volentieri un giovane burlone e pieno di energia che molto deve aver contribuito alla stesura delle Promenades dans Rome particolarmente nella parte relativa alle notazioni di costume e ai fatti di cronaca.Le promenades sono sotto questo aspetto un libro speciale in cui la guida alla Roma dei Cesari o a quella medievale,rinascimentale e barocca è inframmezzata da racconti di polizie segrete,dame belle e ignoranti, cospirazioni da salotto e fronde da soffitta e poi ancora corruttori,corrotti,nobili e popolani o cardinali più graditi di altri , per riservare la pena di morte esclusivamente alle  carbonerie.Stendhal lascia Roma nel 1829 mentre sale al soglio pontificio Pio VIII (un gran brutto strucchione de Pontefice secondo la brillante definizione del Belli).Il liberalismo napoleonico sta per spazzare via l’Italia di cui Les Promenades sono un’ottima, ultima testimonianza

Les Promenades dans Rome un libro di Stendhal edito in Francia dall’editore Gallimard e in Italia con il titolo di Passeggiate Romane da Garzanti nella traduzione di Marco Cesarini Sforza e con la bella introduzione di Alberto Moravia.

Commenti Zero

Commenti Zero

Zero Comments

Tracciando una teoria generale dei blog e dei social network traspare l’emergere di una cultura narcisista, decadente e nichilista, destinata a sgretolare un’industria dell’informazione e dell’intrattenimento ormai al capolinea.Questo, il piatto forte servito da Zero Comments, libro di Geert Lovink ,teorico olandese e critico della Rete presso l’Institute of Network Cultures di Amsterdam.Ora, con avvertenza che nichilismo è un termine che va inteso non nel senso di assenza di significato, ma di riconoscimento di una pluralità di significati, Lovink sostiene che l’aspetto nichilista emerge quando questo tipo di comunicazione si confronta con quello dei media mainstream che ancora rivendicano di rappresentare il loro pubblico. I blogger non rappresentano altro che se stessi. E in questo senso livellano, azzerano le strutture centralizzate di senso. Le autorità, dal Papa ai partiti alla stampa, non influenzano più la nostra visione del mondo. Sempre più persone si allontanano dai ‘vecchi media’ quando sono alla ricerca di senso, informazione, intrattenimento.Mi fermo qui, anche se sono affascinanti le  ipotesi sul blogroll come strumento che riesce ad esprimere solo accordo, o quelle sul software che,lontano dall’essere un semplice  dettaglio, adeguatamente strutturato, favorisce una maggiore interazione. Devo dire però  che durante tutta la lettura mi è stato difficile rinunziare a  continui riferimenti alla realtà, così come la conosco io,la quale è senz’altro riconducibile a qualcuna delle osservazioni del libro ma che parla anche di blogger che utilizzano in massima parte , i media mainstream, che non è tanto la diffusa autoreferenzialità a infastidire (tutte le comunità un po’ lo sono) piuttosto  il meccanismo di autosegregazione e conflittualità per il quale  ci si frequenta solo tra chi è già d’accordo, generando fenomeni di groupthink, il meccanismo psicosociale che impedisce non solo di capire ma persino di vedere un punto di vista diverso dal proprio.Non si argomenta per convincere ed ascoltare ma si esibiscono certezze.E’ il risvolto negativo dell’eccesso di identità che mentre rafforza una comunità erige barriere  contro chi non ne fa parte, siano essi tifosi di calcio,che appartenenti ad una medesima regione, per finire a quelli con la pelle di un altro colore.Tutto questo fa dei blog luoghi di cinguettante consenso, di citazioni reciproche che diventano costruzione di reputazione in un universo ristretto.L’esatto opposto dell’intento originario di Internet :  non parlare per parlare ma parlare in una sorta di interazione aperta,in cui ci si accapiglia pure, ma allo scopo di cambiare lo stato delle cose.

 

 

La casa della vita

La casa della vita

La casa della vita ,bellissimo libro dell’anglista  e  critico Mario Praz, usci nella sua seconda edizione, mentre anche io (assai più modestamente)  mettevo su casa” in  piazza Capranica,uno slargo che si apre nei vicoli,tra piazza del Pantheon e  piazza Montecitorio.L’appartamento di proprietà del Sacro Collegio Romano era in cima ad una specie di torretta ,assai bello, ovvero rispondente a quelli che allora (e forse ancora), erano i miei canoni estetici (travi a vista, finestroni e finestrelle, indivisibilità razionale degli ambienti, ed una scala interna che non portava da nessuna parte ma che successivamente servì, munita di cuscini da salotto verticale ed incomunicabile visto che le persone vi si accomodavano ma non potevano guardarsi in faccia pena scomode torsioni).Anche se infestato dalle pulci e da altri insetti, il cui allontanamento definitivo costò una robusta opera di disinfestazione,  prima dell’arrivo dei pochi mobili ,per me la casa di piazza Capranica, rimarrà invariabilmente legata alla lettura delle cinquecento pagine interamente dedicate ai mobili agli oggetti ai dipinti e alle sculture che Praz aveva collezionato nell’arco della vita.Collezionato è una parola fortemente riduttiva,lo si capisce bene ancor oggi visitando a palazzo Primoli quella casa che,grazie alla generosa donazione che il Professore ne fece dopo la sua morte, è diventato il museo meno museale che ci sia.Pur non mancando gli ambienti di consistente dispiego di mobili Impero,di dipinti,di sculture e finissime porcellane…quella casa ha mantenuto lo stesso aspetto confortevole e vissuto di quando vi abitava il Maestro.La sua idea di abitazione – compendio di oggetti percepiti come tanti minuscoli regni che scortano silenziosamente e fedelmente la vita di una persona e della sua famiglia, mi sembrava assolutamente rispondente alla mia concezione ma soprattutto al forte rimpianto che guerra e deportazione aveva lasciato nella mia famiglia a causa della perdita di oggetti cari o utili o semplicemente ritenuti belli dai proprietari. Gli uomini passano e i mobili, rimangono a evocare coloro che non sono più. Alla mia famiglia era rimasto non moltissimo per evocare ma è sempre stato nelle mie aspirazioni, circondarmi di quel poco per rivitalizzare i tappeti calpestandoli, stipare la libreria con nuovi testi, cucinare nelle vecchie pentole, servire pietanze nelle zuppiere troppo grandi e sfogliare i libri scritti dal prozio velleitario, imitatore ora di Pitigrilli ora di Dannunzio. Non è per questo forte desiderio di rianimare che è  mai stato mortifero il senso di pletora che ha sempre accompagnato le mie case. Piuttosto sul Passato inteso come roba vecchia ed ammuffita, ha sempre prevalso la voglia di ricordare i Miei, di mischiare il mio Disordine col Cipiglio delle nonne, le mie idee balzane con quelle minutamente scritte e organizzate nei quaderni di sconosciuti aspiranti (poeti, giuristi e chissà cos’altro).

 Ma per tornare a Praz il suo libro, è importante e davvero da non perdere, soprattutto il ricco corredo di foto è degno di attenzione. Attraverso la descrizione di ogni stanza non solo è raccontata l’avventura  di uno studioso, intensa e mirabolante ma anche i piccoli episodi relativi alla ricerca e alla sistemazione degli arredi, delle opere d’arte, nonché le circostanze in cui furono scritti alcuni dei suoi saggi. Inoltre questa casa in stile impero riesce ad essere totalmente immersa nella contemporaneità dell’autore che non tralascia di riferire di fatti storici e di costume relativi al proprio vissuto. Luchino Visconti prendendo le mosse da Scene di Conversazione di Praz scrisse il suo film Ritratto di famiglia in un interno. Casa e vecchio professore ne sono gl’indistinguibili ispiratori.

Il ritratto è intitolato “La fanciulla dei canarini” di Elizabeth Chaudet.Occupa la “Camera di Lucia”,la stanza da letto e di giochi della figlia di Mario Praz. Questo ambiente al quale è dedicato un capitolo piuttosto denso del libro, con rievocazioni a volo d’angelo che toccano il sindaco Nathan,i Fratelli Rosselli,o le prime volte al cinematografo ma soprattutto ove si racconta il tenero rapporto con Lucia bambina e di struggenti commiati  tra padre e figlia contiene inoltre una bellissima  barcellonette una culla con l’interno di velluto capitonnée che somiglia molto a quella del Re di Roma custodita a Fontainbleu.

Tra le due finestre del salone sono stati sistemati trofei d’armi intorno ad un quadro a soggetto militare.Mario Praz si definiva un non idolatro di Napoleone,nonostante la spiccata passione per i mobili Impero, tuttavia ammetteva che l’epoca in questione era stata senz’altro  quella in cui gloire  faceva rima con victorie e il Maresciallo di Francia ritratto mentre appunta la legion d’onore sul petto di un ufficiale di cavalleria attorniato da nove militari un po’ di tutte le armi,ne è un discreto indizio.

Un particolare della Galleria con la tipica libreria a ponte e il piano superiore delimitato da balaustre.In fondo una spelndida statua di amore con  faretra di Leopoldo Cicognara

Questa è una veduta parziale del salone con divano e due dormeuses di velluto rosso ai lati del caminetto che ha un parascintille ricamato:all’esterno Nell’alcova della biblioteca bianca e oro,un ritratto di Caterina Murat.Due vedute spagnole di Cannella e miniature Hummel e Le Guay.

La Casa della Vita è un libro di Mario Praz edito da Adelphi (di recente anche in edizione economica)

Il fondo Mario Praz  ha sede a Palazzo Primoli in via Zanardelli a Roma al terzo piano del palazzo che ospita anche l’interessante   Museo Napoleonico .

L’appartamento è aperto tutti i giorni tranne il lunedì con orario 9-14. 14.30 – 19.30.

Poichè sono consentite visite di non più di dieci persone è consigliabile prenotare

Il risentimento del perdente radicale

Il risentimento del perdente radicale

La bibliografia di Hans Magnus Enzensberger vanta titoli suggestivi come Che noia la poesia.Pronto soccorso per lettori stressati o Dialoghi tra immortali,morti e viventi o La breve estate dell’anarchia.Vita e morte di Buonaventura Durruti oppure Ma dove sono finito.La mia nota è necessariamente breve  poichè per contenere i titoli dell’opera omnia,non basterebbe l’intera pagina di un giornale.Tedesco,classe 1929 animatore insieme a Günter Grass ed Heinrich Böll del Gruppo 47, costituito nella Germania Federale per il rinnovamento della letteratura tedesca,Enzensberger  è una figura di spicco nel panorama culturale europeo,un vero e proprio maître a penser  che non ha mai tralasciato d’ intervenire  nella discussione pubblica esprimendo posizioni quasi sempre in controtendenza.Nel breve saggio Schreckens Männer. Versuch über den radikalen Verlierer, Suhrkamp, 2006 (Uomini del terrore. Saggio sul perdente radicale) pubblicato di recente da Einaudi con il titolo de Il perdente radicale, Hans Magnus Enzesberger mette in relazione gli sterminatori adolescenti di Colombine,gli attentatori suicidi palestinesi,i talebani e i coniugi di Erba, accomunandoli in una unica tipologia  – perdenti radicali  – persone cioè che le vicende del mondo globalizzato ma sempre fondato su una competizione senza esclusione di colpi, ha messo fuori gioco,sospinti ai margini,privato agli occhi degli altri e soprattutto ai propri di ogni valore. A differenza del fallito, rassegnato alla propria sorte, però, il perdente radicale si ritrae in disparte,diventa invisibile,coltiva il suo fantasma,raduna le proprie energie e attende la sua ora.L’ora della resa dei conti .Non limitandosi a patire la propria condizione,si interroga cercando un colpevole e immancabilmente individuandolo nel vicino di casa rumoroso,nel campo di nomadi accampato nel suo quartiere,nello strapotere del Grande Paese o nel Complotto Internazionale.Certo nel suo desiderio di vendetta è un caso singolo , un’ anomalia, ma è un’ anomalia che la contemporaneità riproduce in serie,moltiplica a ritmo vertiginoso  e che va  ad infoltire a dismisura le fila dei perdenti radicali.Cosa accade allora quando questa molteplicità di sconfitte singolari, trova la sponda di un collante ideologico o una comunità pronta a mettere a profitto la valenza distruttiva ed autodistruttiva del perdente radicale?Facile per un intellettuale tedesco pensare subito a Versailles 1919,alla congiura “giudaico bolscevica” contro il popolo germanico e al nazionalsocialismo che speculando sul sentimento di sconfitta trascina  la Germania verso la guerra di sterminio e l’autodistruzione.Sulla scia di questo ragionamento sono anche i signori della guerra e i movimenti armati più o meno affetti da fanatismo o da perdità di realtà,pronti a raccogliere gli sconfitti della storia e della vita quotidiana.Sostiene inoltre  Enzesberger che oggi,tramontata la stagione delle utopie rivoluzionarie,vi è un solo movimento all’altezza dei tempi,capace di far scattare il dispositivo su scala globale con la possibilità di coinvolgere le masse di diversi paesi  ed è l’Islamismo.Esso dispone di tutti i requisiti necessari per trasformare la moltitudine dei perdenti che la globalizzazione dissemina lungo il suo cammino, in forza politico-militare : innanzitutto la frustrazione araba che vive il declino secolare di una civiltà che si era affacciata sul Mediterraneo vincente e innovativa,all’epoca del Califfato,come una intollerabile sconfitta inflitta ai credenti dalle schiere sopraffattrici degli infedeli coloro che non credono in nulla,rinnovata dal colonialismo e dallo Scambio Ineguale.Da ultimo il paragone drasticamente sfavorevole tra le condizioni di vita delle società arabe e quelle opulente dell’Occidente.Tuttavia – argomenta Enzesberger – l’islamismo non può vincere la sua guerra totale ,ponendosi come obiettivo il Califfato Planetario e la distruzione di tutti gl’infedeli e dunque finirà col volgere la sua volontà di distruzione in autodistruzione.Un’intera civiltà starebbe dunque correndo verso l’annientamento non senza aver inflitto al mondo condizioni d’insicurezza e di minaccia capaci di revocare tolleranza diritti e libertà anche nel cuore dell’occidente democratico.E’ un po’ il destino dell’attentatore suicida che di questa generale tragedia è l’ efficace metafora.

Il ragionamento è suggestivo e non privo di verità e riscontri ,tuttavia a me sembra non tenere conto del fatto che oggi  l’Islam non solo mobiliti  le masse con visioni apocalittiche e speranze di Califfato ma persegua nel contempo obiettivi più concreti  – mantenimento di equilibri nel mondo arabo,conservazione di vecchie gerarchie messe in discussione dalla modernizzazione o dal differimento di spazi di potere e autonomia dati dall’immigrazione islamica nel mondo –  l’ottenimento dei quali non è esente da compromessi ed astuzie.Ma pur mantenendo l’impianto suggerito da Enzesberger manca alla sua visione la percezionei di un Occidente egualmente perdente e alla ricerca di un collante ideologico, egualmente minacciato,egualmente irrazionale,egualmente incline a restaurare certezze assolute come rimedio alla propria fragilità, nella convinzione o nel terrore di non poter mantenere a lungo i propri privilegi,la propria opulenza,il proprio stile di vita.E il senso di minaccia invariabilmente si traduce in chiamata alle armi contro nemici che si avvertono e si moltiplicano ovunque, rispetto ai quali si ritiene finanche di dover rinunciare a a Garanzie Democratiche e Stato di Diritto.Oltre il senso di Sconfitta Radicale a me sembra sia il Risentimento a tenere insieme in modo del tutto trasversale le diverse forme d’inimicizia.Risentimento moraleggiante :  una Parte  identifica la ricchezza con la corruzione, l’Altra vive la diversità come un affronto.Da una Parte s’ imparenta con lo Spirito Religioso dall’Altra si traduce in Autoritarismo.Funziona nella dimensione globale come nella violenza privata.E’ il risentimento che tiene insieme i coniugi di Erba e i martiri di Alqaeda,il razzismo della lega e l’antisemitismo arabo,gli elettori di Bush e quelli di Ahmdinejead,i teppisti dello stadio e quelli della tolleranza zero.I poteri grandi e quelli piccoli ,i pastori di greggi e gli strateghi del capitale lo sanno bene e se ne servono a piene mani

Il perdente radicale (Schreckens Männer. Versuch über den radikalen Verlierer) è un libro di Hans Magnus Enzesberger edito da Einaudi