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Categoria: Guerra e pace

Liberté

Liberté

bande a part 2 louvre

La folle corsa di Anna, Sami e Claude nel tentativo di visitare il Louvre in meno di 9 minuti e 45 secondi, il madison improvvisato dai tre amici  in un bistrot, Parigi (coprotagonista) con la nebbia e infine il cuore del film : l’ inquadratura fissa  di Anna nel metrò mentre sullo sfondo passa casualmente l’indicazione di una fermata : Libertè.

Inutile tirare in ballo i Rafale,i droni, la religione, lo stile di vita e non so più cos’altro.I nostri autodichiaratisi  nemici hanno in odio proprio la conquista più difficile e impegnativa : la libertà.

Definendone il concetto con sostantivi prelevati dal vocabolario dell’oscurantismo più sinistro : blasfemia,idolatria, perversione, abominio, hanno colpito i luoghi del divertimento più innocente : lo stadio, un teatro, alcuni ristoranti.Obiettivi non casuali di una strategia precisa.

Che dire. Centoventisei morti impongono sobrietà e non starò qui a scomodare i costruttori di cattedrali o i maestri del libero pensiero per opporre l’importanza dell’opera loro alla barbarie distruttrice.

Tuttavia, se il lascito di maestri e costruttori preoccupa al punto di dichiarare una guerra  a mezzo mondo, significa che la forza di quell’eredità è ancora viva. Non farne tesoro significherebbe consegnarsi mani e piedi al Terrore e quindi al Ricatto.

La libertà di decidere come essere,come vivere e da chi farsi governare non è il trascurabile orticello  che non vale la pena di una strenua tutela. E’ gran parte di tutto quello che abbiamo e in cui dobbiamo tornare a credere qualora  avessimo smarrito, persi nei  distinguo e nelle nostre digressioni geo-politiche, il senso di un Bene da trasferire intatto a chi verrà dopo.

 

 

 

Bande à parte è un film del 1964 regia di Jean Luc Godard con Anna Karina, Sami Frey, Claude Brasseur

 

 

 

Marchons…

Marchons…

Marche repubblicaine 2

Magari senza esibizioni di cartelli esistenzial-politico-militanti, avrei marciato anch’io condividendo qualche perplessità col manifestante qui sopra. Alla fine, escludendo le rifritture di puntuali teorie complottiste – si vabbè la Cia, gli opposti totalitarismi –  rispetto alle quali le nostre candide coscienze dovrebbero dimenticare che al soldo di chiunque fosse, qualunque storia o motivazione avesse, chi fa strage o sequestra  inermi cittadini è un assassino che va condannato,  le campane di Notre-Dame che suonano a distesa durante il minuto di silenzio per ricordare il colpo inferto alla più anticlericale delle riviste pongono interrogativi quasi quanto la presenza in prima fila di leaders politici  che con la libertà di espressione c’entrano come i cavoli a merenda.

Nonostante o proprio per questo, avrei percorso assieme agli altri le Boulevard Voltaire, quello che con sensata e coerente toponomastica unisce place de la République a place de la Nation. E tra i buoni motivi della scarpinata, ai principi repubblicani cui tengo di più, avrei aggiunto quello non meno importante di essere lì per il rispetto di me stessa.

Ovvero per ribadire che la ferma volontà di resistere all’arroganza, al manicheismo, al razzismo, al fanatismo e al sessismo non include tentennamenti,  men che meno intellettualistici rovelli su quale sia il gioco che si favorisca  partecipando, né inchieste sul pedigree di coloro i quali marciano assieme a me.

Che conoscano o meno le sottigliezze della geopolitica, l’arte della guerra e le strategie  dell’Intelligence, che per alcuni  sia stata questa la prima occasione di conoscere l’esistenza di una tal rivista Charlie Ebdo, poco conta.

L’indignazione dell’opinione pubblica è la più intelligente delle bombe. Con quella, e non certo con le leggi speciali, abbiamo sconfitto il terrorismo di casa nostra. E se il Potere fa il suo mestiere appropriandosi per identificatissimi scopi di Principi e battaglie, noi facciamo il nostro che non è certo quello di rimanersene  a casa tutti presi dalla contemplazione delle nostre narcisistiche riflessioni sulle infamie della CIA.

Suvvia ..marchons.Avec les Autres.(possibilmente)

Illustrazione da Il Post

Morte di un tiranno (la pistola d’oro)

Morte di un tiranno (la pistola d’oro)

Rivendicando pubblicamente il diritto di uccidere il tiranno, i ribelli avevano già escluso l’eventualità che una corte internazionale si incaricasse di un regolare processo. Ben sapendo che,  in nessun caso, il verdetto avrebbe potuto significare sentenza di morte e che pertanto la Vendetta si sarebbe consumata solo in piccola parte, si sono fatti giustizia da sé.


L’Occidente, del resto, con buona pace dei mandati di cattura internazionali, che avrebbe  mai potuto  farsene di un imputato eccellente in vena di rivelazioni? Il fiume in piena delle confessioni di un Gheddafi alla sbarra, avrebbe prodotto solo guai e imbarazzi per ciascun  governo – cioè tutti –  che aveva con la Libia intrattenuto rapporti politici e di affari negli ultimi anni . Ergo : la ricerca della Verità non costituiva – e non costituisce nemmeno adesso –  assillo per alcuno.


Fortuitamente un drone ha risolto l’ impasse, indicando il nascondiglio ad un drappello di insorti : il linciaggio è stato il prevedibile epilogo dell’intera vicenda.


Gheddafi aveva giurato che  mai sarebbe fuggito dalla  Libia, preferendo morire in patria, combattendo da martire. E’ stato in parte esaudito, del resto, una vita da ex tiranno,ospite di un paese amico, non poteva rappresentare il suo stile, divenuto nel tempo, sempre più sfacciato e stravagante.


Finisce qui,  presumibilmente per mano del piccolo shobab che agita in segno di vittoria la pistola d’oro – ridicolo simbolo – sottratta al rais. Ma oltre che i calci, gli sputi e la pallottola alla tempia, il colpo di grazia  inferto al tiranno dev’essere arrivato con la brusca consapevolezza di una realtà dalla quale si era allontanato da tempo, così  come si conviene a ogni despota che aspira ad essere tutt’uno con un potere ossessivo, folle, intransigente, crudele. Nemmeno implorare clemenza gli è servito.


Non starò a giudicare le reazioni orribili ed inconsulte, né gli scempi.Il popolo libico, da oltre quarant’anni, è stato soggetto a sofferenze infinite e quando si conosce solo violenza, non si può far altro che restituire violenza. Vedremo, in seguito,  se i ribelli, organizzate le nuove Istituzioni, sapranno far tesoro delle angherie subite. Nelle mani del popolo  c’è, in questo momento, un ingente patrimonio di risorse materiali e di energie che forme democratiche evolute possono trasformare in benessere per tutti. O così o il rischio di una deriva neo-coloniale che renderebbe vani gli ultimi mesi di sacrifici in termini di vite umane.Le ultime, si spera.

Nell’illustazione Gheddafi a ventiquattro anni, quando, per molti, incarnava la speranza.


Sans papiers

Sans papiers

Tre campagne elettorali  in Europa – di cui una  presidenziale, cominciata con largo anticipo – e una recente debàcle, sono troppe anche per chi ha attraversato il mare affrontando i rischi che sappiamo.


Così anche il permesso di soggiorno provvisorio concesso, negato o osteggiato, torna utile come spot. Qui da noi,  si trasforma in un modo per scaricare su altri paesi qualche migliaio di esseri umani. Altrove, le arcinote clausole – la Francia e la Germania non si sono dovute inventare nulla – contenute nel trattato di Schenghen riguardo i mezzi di sussistenza dei richiedenti l’ingresso, dovrebbero diventare tranquillizzante – per gli elettori di quei paesi – ostacolo da porre alle frontiere.


Prima di concludere con le geremiadi dell’Europa assente, diciamo che questa è soprattutto l’Europa un po’ rozza e reazionaria dei paesi governati dalla Destra, quella stessa che in altre circostanze rifiuta ostinatamente di fissare procedere valide sull’intero territorio comunitario e che subordina a problemi interni – quando non mette a disposizione della propaganda –  le poche regole che è riuscita a concordare.


Lo spirito dovrebbe essere tutt’altro, ma è difficile richiamare L’Europa ad un reale senso comunitario ed essere credibili al tempo stesso, quando in casa nostra lo spettacolo al quale si assiste è lo scaricabarile sulla pelle degli esseri umani.

Le ragioni umanitarie non sono disgiunte da quelle politiche, solo così il governo dei fenomeni diventa investimento per il futuro. E noi a quello dovremmo pensare, invece di accapigliarci su dove piazzare la tendopoli o il bagno chimico.


Qualcosa di sconvolgente gli assetti tradizionali sta percorrendo l’Africa del Nord e noi abbiamo già rinunciato all’unico ruolo che democrazie mature, quali pretendiamo di essere, possano ricoprire.

E questo solo perché riteniamo più conveniente correre dietro alla tutela del giardinetto.


Dipenderà da noi sorvegliare sul fenomeno dell’immigrazione ma non saranno certo i pattugliamenti a contenere gli espatri, né le operazioni poliziesche.


Noi possiamo solo lontanamente immaginare cosa significhi  vivere un’ esistenza interamente condizionata all’ottenimento di un pezzo di carta con timbro. A questo pensiamo mai?


D’altronde, comunitaria o meno, la politica che non ruota intorno all’essere umano, è fallimentare in partenza. Inutile pavoneggiarsi ai G8 ( 9, 10, 11 o 11.000) se non si è capaci di provvedere a ventimila esseri umani. Quegli stessi che, con qualche ottimismo, pensano di essere sbarcati nel mondo civile.


Dispersione

Dispersione


Inseguiti, senza troppa convinzione, dalle forze dell’ordine in un’ operazione che nella sola località di Manduria impegna cinquecento uomini, i migranti cercano una via di fuga nella speranza di raggiungere – si presume –  parenti e amici residenti in altri paesi europei.


Dopo un mese, della maggior parte,  non conosciamo ancora nazionalità e  status ma intanto, per non saper né leggere né scrivere, nei trasferimenti in nave,  come per i detenuti,  ritiriamo loro i lacci delle scarpe e le cinture. Il che sarebbe ancora poco se nelle tendopoli acqua, servizi igienici e cibo fossero sufficienti per tutti.



Se il Governo la smettesse di giocare alle Grandi Strategie e ai Grandi Annunci e si risolvesse a mettere in atto gli strumenti che ci sono – il permesso temporaneo di soggiorno, ad esempio –  lo spettacolo di esseri umani allo sbaraglio, in fuga nelle campagne, sui treni e alle frontiere nel tentativo di un impossibile passaggio, non ci sarebbe, mentre ciascuno Stato, dovrebbe affrontare la porzione di ricongiungimenti famigliari o richieste di asilo che gli spetta. Tutto questo  senza ricorso da parte nostra a sparate sull’inerzia dell’Europa o peggio, a guerre che oramai dovremmo considerare di campanile, contro francesi, tedeschi etcetc.


Oggi il presidente del consiglio è a Tunisi a conferire con un governo che abbiamo sufficientemente strapazzato considerando provvisoria e inaffidabile la permanenza di interlocutori che giustamente reclamano le firme in calce ai trattati – unico modo, peraltro, di stipulare con gli Stati e non con i Governi, alla faccia del provvisorio –  chiederà loro di bloccare le partenze. Non so cosa potranno convenire, so che la Grancassa governativa batterà a dismisura anche solo per i convenevoli . Speriamo che il governo tunisino almeno colga l’occasione per raccontare come è stato affrontato il transito di oltre centomila migranti nel campo di Shusha a Ras Jedir (confine libico – tunisino) con efficienza e collaborazione delle popolazioni locali ma soprattutto dignità e senza stracciarsi le vesti per una questione che uno Stato moderno, quale pretendiamo di essere, dovrebbe saper risolvere almeno senza troppo nuocere agli esseri umani.



Per come sono le cose, dai campi si può solo fuggire. Lo dice l’espressione soddisfatta di questo ragazzo che scivola via sotto la rete della tendopoli a Manduria e che spero fortemente, ce l’abbia fatta.