Morte di un tiranno (la pistola d’oro)
Rivendicando pubblicamente il diritto di uccidere il tiranno, i ribelli avevano già escluso l’eventualità che una corte internazionale si incaricasse di un regolare processo. Ben sapendo che, in nessun caso, il verdetto avrebbe potuto significare sentenza di morte e che pertanto la Vendetta si sarebbe consumata solo in piccola parte, si sono fatti giustizia da sé.
L’Occidente, del resto, con buona pace dei mandati di cattura internazionali, che avrebbe mai potuto farsene di un imputato eccellente in vena di rivelazioni? Il fiume in piena delle confessioni di un Gheddafi alla sbarra, avrebbe prodotto solo guai e imbarazzi per ciascun governo – cioè tutti – che aveva con la Libia intrattenuto rapporti politici e di affari negli ultimi anni . Ergo : la ricerca della Verità non costituiva – e non costituisce nemmeno adesso – assillo per alcuno.
Fortuitamente un drone ha risolto l’ impasse, indicando il nascondiglio ad un drappello di insorti : il linciaggio è stato il prevedibile epilogo dell’intera vicenda.
Gheddafi aveva giurato che mai sarebbe fuggito dalla Libia, preferendo morire in patria, combattendo da martire. E’ stato in parte esaudito, del resto, una vita da ex tiranno,ospite di un paese amico, non poteva rappresentare il suo stile, divenuto nel tempo, sempre più sfacciato e stravagante.
Finisce qui, presumibilmente per mano del piccolo shobab che agita in segno di vittoria la pistola d’oro – ridicolo simbolo – sottratta al rais. Ma oltre che i calci, gli sputi e la pallottola alla tempia, il colpo di grazia inferto al tiranno dev’essere arrivato con la brusca consapevolezza di una realtà dalla quale si era allontanato da tempo, così come si conviene a ogni despota che aspira ad essere tutt’uno con un potere ossessivo, folle, intransigente, crudele. Nemmeno implorare clemenza gli è servito.
Non starò a giudicare le reazioni orribili ed inconsulte, né gli scempi.Il popolo libico, da oltre quarant’anni, è stato soggetto a sofferenze infinite e quando si conosce solo violenza, non si può far altro che restituire violenza. Vedremo, in seguito, se i ribelli, organizzate le nuove Istituzioni, sapranno far tesoro delle angherie subite. Nelle mani del popolo c’è, in questo momento, un ingente patrimonio di risorse materiali e di energie che forme democratiche evolute possono trasformare in benessere per tutti. O così o il rischio di una deriva neo-coloniale che renderebbe vani gli ultimi mesi di sacrifici in termini di vite umane.Le ultime, si spera.
Nell’illustazione Gheddafi a ventiquattro anni, quando, per molti, incarnava la speranza.
4 pensieri riguardo “Morte di un tiranno (la pistola d’oro)”
Prova commento.
ok a posto
Il futuro di un paese che per tanto tempo ha conosciuto soltanto un regime dittatoriale, è sempre un’incognita. Quanto a Gheddafi ha davvero fatto la fine del sorcio.
Volendo trovare comunque una nota ironica, mi piace la vignetta di Staino sulla vicenda. Dialogo fra Bobo e la figlia: «Ha detto ‘Sic transit gloria mundi’!».«Anche in questi momenti riesce a pensare solo a se stesso!».
In genere siamo abituati a pensare alla democrazia come un progetto di pronta realizzazione. Invece richiede tempo e impegno su di un tragitto spesso contraddittorio e pieno di ostacoli.
Come vedi… noi ci stiamo ancora lavorando.