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Categoria: La fabbrica del cinema

Il dio della carneficina (e quello della regia)

Il dio della carneficina (e quello della regia)

Niente in Carnage è del tutto sconosciuto : Non la storia, da una pìece teatrale, ovunque e con successo, rappresentata,  di Jasmina Reza, (qui anche co-sceneggiatrice),  né la messa in scena dell’ipocrisia borghese o della labile inconsistenza di Principi solo orecchiati ed esibiti alla maniera del mazzo di tulipani gialli che Tavoularis ha piazzato al centro della scena.

Tantomeno  il racconto del massacro senza spargimenti di sangue, tema assai caro a Polanski, o la dimestichezza con la quale  l’unità tempo spazio –  complessa da rendere al cinema – viene assoggettata a  cambi di inquadrature frequenti ma disciplinate da un montaggio cui l’intero film deve molto.


Eppure per ognuno dei  novantasette minuti, opportunamente sforbiciati da un testo  forse troppo parlato, niente riesce ad essere prevedibile. L’incontro tra i Cowen e i Longstreet genera una dinamica feroce, tra scontri verbali e mutevoli alleanze,  prima di coppia, poi di genere, infine tutti contro tutti. E mentre l’aggressività monta, la camera si muove lasciando intravedere gli scorci di un appartamento newyorkese tipicamente upper class : Polanski ha trasferito la vicenda dalla Francia in America (Variety, seppur sommessamente, non ha gradito).Una piccola vendicativa deroga alla fedeltà del copione.Come dargli torto.

Finale affidato non tanto ai giovanissimi Cowen e Longstreet, i ragazzini che dopo essersele suonate e aver involontariamente provocato l’incontro massacrante  tra le rispettive famiglie, tornano a giocare tranquillamente ma ad un piccolo animale domestico abbandonato che scappa via, felice di non dover avere a che fare con gli orridi padroni.

Attori molto bravi e compenetrati nell’indispensabile sopra le righe.Bravissimo anche il vicino di casa che ad un certo punto si avvicina alla porta incuriosito dagli strepiti  nell’appartamento accanto. Un’intrusione alla Hitchcock. Piacevolmente appropriata.










Carnage è un film a colori di genere drammatico della durata di 79 min. diretto da Roman Polanski e interpretato da Jodie FosterKate WinsletChristoph WaltzJohn C. Reilly.
E’ anche noto con gli altri titoli “God of Carnage”.
Prodotto nel 2011 in Francia, Germania, Spagna, Polonia e distribuito in Italia da Medusa il 16 settembre 2011.


Cose di questo mondo

Cose di questo mondo



A proposito della nutrita lista di film sull’ Immigrazione sparsi un po’ per tutte le Sezioni della Mostra,  non potevano mancare ironie – l’espressione istituiamo il premio gommone d’oro, sarebbe degna di Abatantuono/Patierno se non fosse stata davvero pronunciata – nè conclusioni tirate per i capelli sul fatto che il cinema italiano  sarebbe ossessionato dai Migranti. Ma visti i cartelloni dei concorsi internazionali  in cui film ad analogo tema, per di più provenienti da paesi – Francia o Stati Uniti – che con l’integrazione fanno i conti da decenni, trovano ampio spazio, il problema non si dovrebbe nemmeno porre.

Resta il fatto che qui da noi siamo semplicemente afflitti dalla Bossi Fini, madre di tutti i disastri legislativi , da una politica che – parola di Olmi – non è più degna di rispetto e da un’informazione che distorce fatti e numeri alimentando paure e xenofobia .

Seppure fosse ossessionato, il nostro cinema ne avrebbe ben donde.


Dunque Olmi,  Crialese, Lombardi, Patierno, Cupisti, Segre, Gipi. Ciascuno con il mezzo che gli è proprio  –  l’apologo, la commedia, il dramma,il racconto fantastico, il documentario –  ma tutti lodevolmente intenzionati a resistere alla tentazione del lacrimevole, a scantonare il didascalico, la lezioncina, il luogo comune per mettere in scena, dell’immigrazione, il punto di vista di chi attraversa il mare in cerca di futuro ovvero gli sconquassi che il fenomeno determina nelle comunità di eventuale accoglienza. Ultimi e penultimi non sempre solidarizzanti in situazioni di sfruttamento, schiavitù, criminalità, assenza di valori.



Approcci differenti,  e mentre Patierno citando  Un dìa sin mexicanos – un mondo senza migranti non è nemmeno concepibile – ridicolizza l’imprenditore del nord est che invece vorrebbe spedirli tutti a casa, Olmi restituisce un senso e una funzione ad una chiesa abbandonata che riprende vita accogliendo una comunità di clandestini e  Crialese tocco lieve – anche troppo – ma gran partecipazione emotiva nel descrivere cosa davvero succede nell’isola degli sbarchi  tra pescatori,clandestini, turisti.


E poi c’è Là Bas,  lavoro  riuscitissimo sull’educazione criminale di un giovane migrante di Castelvolturno sullo sfondo della strage del 2008. Racconto veritiero, onesto, quasi in presa diretta, recitato in francese inglese e dialetto del luogo – ci sono i sottotitoli – da un cast all black di attori non professionisti. Lombardo mette a servizio della verità la sua esperienza di cameramen  conferendo alla narrazione l’immediatezza che le è indispensabile. E se è consentita una nota personale, a me ha ricordato, in più tratti , il miglior cinema italiano.


Ma la buona notizia, è un’altra : oltre il Leone per la migliore opera prima, Là Bas a Venezia ha trovato persino un distributore.All’ultimo all’ultimo…e pensare che nessuno voleva crederci




Cose dell’altro mondo è un film a colori di genere commedia della durata di 90 min. diretto da Francesco Patierno e interpretato daDiego AbatantuonoValerio MastandreaValentina Lodovini,Sandra CollodelGrazia SchiavoMaurizio DonadoniVitaliano Trevisan, Riccardo Bergo, Sergio BustricFulvio Molena.
Prodotto nel 2011 in Italia e distribuito in Italia da Medusa


Là-bas è un film a colori di genere drammatico della durata di 100 min. diretto da Guido Lombardi e interpretato da Kader Alassane,Moussa MoneEsther ElishaBilly Serigne FayeFatima Traore,Salvatore Ruocco.


Terraferma è un film a colori di genere drammatico della durata di 88 min. diretto da Emanuele Crialese e interpretato da Filippo Pucillo,Donatella FinocchiaroMimmo CuticchioBeppe FiorelloTimnit T.Martina CodecasaFilippo ScarafiaPierpaolo SpollonTiziana LodatoRubel Tsegay Abraha.
Prodotto nel 2011 in Italia, Francia e distribuito in Italia da 01 Distribution


Il villaggio di cartone è un film a colori di genere drammatico della durata di 87 min. diretto da Ermanno Olmi e interpretato da Michael LonsdaleRutger HauerMassimo De FrancovichAlessandro Haber.
Prodotto nel 2011 in Italia e distribuito in Italia da 01 Distribution

Clooney believe

Clooney believe

Passa George finalmentesolo Clooney  e tutto è dimenticato : la pre-inaugurazione – che non s’è capita –  e finanche l’infiorata di amianto impacchettato e  nascosto dietro  quinte di cartone, a pochi metri dalla passerella.


Symbole aussi d’une Italie berlusconienne à la dérive...  chiosa le Monde che aggiorna i lettori con gran precisione    –  prendete il numero e mettetevi in fila, carini, che tra symbole e altri disastri  c’è un vasto assortimento –  e particolari di costi, peripezie, cricche e malgoverno  a spiegare come del Palazzo del Cinema che doveva essere pronto per il centocinquantesimo compleanno della Nazione, non si veda manco l’ombra.


E meno male che proprio nel momento in cui sembra impossibile salvare la faccia, sempre ci soccorre  lo stile pezza a colore, genere per il quale non siamo secondi a nessuno. E la dichiarazione ( di Baratta ) Più che di monumenti abbiamo bisogno di sale pare fatta apposta a confortare – o distrarre da –  qualsiasi obiezione (vagli a dire che trasparenza e  buon governo  ci darebbero solo e semplicemente un  Palazzo del Cinema. Quello serviva. Mica la luna ).


Così anche Le Monde, il giorno dopo, può aggiustare di poco  il tiro : La Mostra a-t-elle parié cette année sur le glamour pour gagner en considération? Coincé entre Cannes, star des stars, et Berlin la nordique, aiguillonné par le jeune Toronto, le festival de Venise lutte pour rester un “moment stratégique” du 7e art. ( si, vabbè)


E dunque consoliamoci col bel restauro della Sala Grande,  in stile Volpi di Misurata  – il passato.. il futuro, oddio che strazio – faggio e velluto di lino marron. E naturalmente con Clooney .


Che qui – produttore, sceneggiatore, regista, interprete, oramai gli manca solo di fare il candidato –  presenta un lavoro ben scritto,  non troppo cliché –  un pregio, tenuto conto che con il tema del potere che trasforma ideali e aspirazioni in brutale cinismo, il cinema americano ha prodotto qualche capolavoro  ma anche molti luoghi comuni  –  e interpretato in maniera convincente dall’intero cast. La trama piuttosto densa, non è attraversata da profonde considerazioni né da particolari messaggi, scelta lodevole e vantaggiosa per la visione e  lo spettatore che, come pure è sostenuto da regista e interpreti variamente torturati dalle consuete domande,  sa benissimo tirare da sé le conclusioni .


Il racconto in compenso è realistico,  con numerosi richiami a quanto effettivamente accade o è di recente accaduto.  Clooney del resto non è Eastwood – come molti già gli predicono – né Ritchie  né altri,  è un fenomeno a sé, come pure  particolari sono  il momento storico e i guai in cui si dibatte Obama. In questo contesto, il coraggio di raccontare le cose come stanno senza retorica ed equilibrismi non è affare di poco conto. Esce a gennaio.

Le idi di marzo (The Ides of March) è un film drammatico diretto da George Clooney e interpretato da George Clooney, Ryan Gosling, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Paul Giamatti, Philip Seymour Hoffman, Jeffrey Wright, Max Minghella, Lauren Mae Shafer, Danny Mooney.
prodotto nel 2011 in USA e distribuito in Italia da 01 Distribution
Passa la bellezza (che non è tutto)

Passa la bellezza (che non è tutto)

Von Triers  –  più promo che provo – diventò  persona non grata per il cumulo di sciocchezze rilasciate alla conferenza stampa di Melancholia. Tuttavia  Cannes che, per dirla con Lelouch, è festival delle opere e non dei registi, ha mantenuto il film  in gara e così il premio della migliore attrice se l’è potuto aggiudicare Kirsten Dunst, brava e credibile nel ruolo della sposa in bianco, isterica q.b. e maniaco depressiva come non mai (unica  possibile rivale in materia di palme e nevrosi  avrebbe potuto essere  Tilda Swinton, mamma del giovane assassino in We need to talk about Kevin).


A seguire,in parziale ossequio all’esprit du temps, ovvero alle tematiche care al Concorso –  pedofilia, prostituzione, infanzia abbandonata, mamme cattive e padri padroni – seppur con toni meno disperanti, la palma del miglior film se l’è portata a casa  il demiurgico ed imprendibile ( c’è, non c’è, è nascosto tra il pubblico) Terrence Malick con il suo The Tree of life,film atteso già l’anno scorso a Cannes – e su cui sperava anche Venezia – infine giunto sulla Côte , tagliuzzato e rimaneggiato cento volte da un esercito di montatori.(ne ha fatto,le spese Sean Penn che s’è visto ridurre la parte)


Così nel momento in cui i criteri di attribuzione dei premi sfuggono tanto vistosamente, un minimo di  monday morning  quarterbaking, diventa d’obbligo.


La bellezza formale – elemento che con differenti esiti riguarda anche Bonello con l’ignorato Apollonide e i Dardenne premiati con le Gamin au vélo –  ovvero l’ossessione estetizzante sembrerebbe aver dominato le scelte. Come metro sarebbe ineccepibile, ma allora Von Triers – nazi o non nazi – avrebbe meritato la Palma.


Quanto al miglior attore, cosa avrà mai avuto  lo strabuzzante Jean Dujardin protagonista di The Artist più di Piccoli di Penn o di Brad Pitt?


Tutto farebbe pensare ad un gruppo di giurati in disaccordo e ad una sorta di mediazione al ribasso.Peccato perché l’edizione 64 sarà ricordata per la presenza, in gran numero, di bei film tra Concorso e sezioni minori  (Le nevi del Kilimangiaro di Guédiguian,  Le Havre di Aki Kaurismaki, Pater di Alain Cavalier, Hara-kiri di Takakashi Miike)



Da ultimo nessun riconoscimento  per Moretti –  vendite all’estero, a parte – Rohrwacher  e Sorrentino, autori dei film più originali. E’ andata dunque come sempre o quasi :  con la solita palma alla carriera, tardiva quanto risarcitoria. E’ toccata quest’anno a Bernardo Bertolucci che l’ha girata agl’italiani resistenti ( seppur  esausti).


Une autre affiche ?

Une autre affiche ?

L’effetto cartolina c’è, ma era nel conto. Vale per Parigi come è stato per Barcellona, Londra, Venezia e New York . Si sa che delle città che ama, Allen idealizzerebbe, se lo dovesse mostrare,  anche il degrado. Ergo :  a quel molestatore di Robert Guédiguian, che  ieri l’altro si domandava –  ..à quoi pense Allen quand il regarde notre beau pays : Est-ce qu’il pense aux smicards français ? Aux chômeurs français ? – si potrebbe rispondere che salari minimi e disoccupati oramai non caratterizzano alcun luogo (essendo ovunque) né la loro presenza allontana il rischio di altre cartoline. E poi lo scontato, il risaputo, nel caso di Midnight in Paris  si ferma all’ Americano a Parigi, il resto non è certo quel che si direbbe un film prevedibile.



E dire che di materiale a rischio ce n’era parecchio tra nostalgie  dell’ âge d’or – gli anni venti – nella ville lumière, gomito a gomito con i miti dello sceneggiatore – malgré soi –  industriale (e, come ti sbagli, desideroso di scrivere romanzi) e cioè : i redivivi Francis Scott Fitzgerald (con delirante signora), Salvador Dalì,  Ernest Hemingway, Gertrude Stein, Pablo Picasso e, immancabilmente, Cole Porter. Invece Allen maneggia ogni santino, smonta ogni cliché del presente e del passato , con delicatezza ed ironia irresistibili. Del giro artistico è  persino un giovanissimo e sbalordito  Buñuel cui suggerire un passaggio de l’Ange exterminateur.Esilarante.




Dunque si ride (e questo senza che  smicard e schômeurs français abbiano ragione di aversene a male per la mancata citazione) mentre è ricorrente il tema del passato che a torto si idealizza (alibi o fuga, non importa). Meglio vivere il presente, raccomanda Allen, meglio crescere.

Non a caso, sempre a proposito di presente, Allen dimostra di avere le idee chiarissime quando  a gentile domanda sulla situazione politica italiana, risponde educatamente  che Italia e Francia sembrano paesi governati dai fratelli Marx. Che dire di più? ( Chissà Carla)



Midnight in Paris è un film di Woody Allen del 2011, con Owen Wilson,Marion CotillardRachel McAdamsCarla BruniKathy BatesMichael Sheen,Léa SeydouxKurt FullerGad ElmalehMimi Kennedy. Prodotto in USA. Durata: 100 minuti. Distribuito in Italia da Medusa