Passa la bellezza (che non è tutto)
Von Triers – più promo che provo – diventò persona non grata per il cumulo di sciocchezze rilasciate alla conferenza stampa di Melancholia. Tuttavia Cannes che, per dirla con Lelouch, è festival delle opere e non dei registi, ha mantenuto il film in gara e così il premio della migliore attrice se l’è potuto aggiudicare Kirsten Dunst, brava e credibile nel ruolo della sposa in bianco, isterica q.b. e maniaco depressiva come non mai (unica possibile rivale in materia di palme e nevrosi avrebbe potuto essere Tilda Swinton, mamma del giovane assassino in We need to talk about Kevin).
A seguire,in parziale ossequio all’esprit du temps, ovvero alle tematiche care al Concorso – pedofilia, prostituzione, infanzia abbandonata, mamme cattive e padri padroni – seppur con toni meno disperanti, la palma del miglior film se l’è portata a casa il demiurgico ed imprendibile ( c’è, non c’è, è nascosto tra il pubblico) Terrence Malick con il suo The Tree of life,film atteso già l’anno scorso a Cannes – e su cui sperava anche Venezia – infine giunto sulla Côte , tagliuzzato e rimaneggiato cento volte da un esercito di montatori.(ne ha fatto,le spese Sean Penn che s’è visto ridurre la parte)
Così nel momento in cui i criteri di attribuzione dei premi sfuggono tanto vistosamente, un minimo di monday morning quarterbaking, diventa d’obbligo.
La bellezza formale – elemento che con differenti esiti riguarda anche Bonello con l’ignorato Apollonide e i Dardenne premiati con le Gamin au vélo – ovvero l’ossessione estetizzante sembrerebbe aver dominato le scelte. Come metro sarebbe ineccepibile, ma allora Von Triers – nazi o non nazi – avrebbe meritato la Palma.
Quanto al miglior attore, cosa avrà mai avuto lo strabuzzante Jean Dujardin protagonista di The Artist più di Piccoli di Penn o di Brad Pitt?
Tutto farebbe pensare ad un gruppo di giurati in disaccordo e ad una sorta di mediazione al ribasso.Peccato perché l’edizione 64 sarà ricordata per la presenza, in gran numero, di bei film tra Concorso e sezioni minori (Le nevi del Kilimangiaro di Guédiguian, Le Havre di Aki Kaurismaki, Pater di Alain Cavalier, Hara-kiri di Takakashi Miike)
Da ultimo nessun riconoscimento per Moretti – vendite all’estero, a parte – Rohrwacher e Sorrentino, autori dei film più originali. E’ andata dunque come sempre o quasi : con la solita palma alla carriera, tardiva quanto risarcitoria. E’ toccata quest’anno a Bernardo Bertolucci che l’ha girata agl’italiani resistenti ( seppur esausti).