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Categoria: La fabbrica del cinema

Tutta colpa della Depressione

Tutta colpa della Depressione

Sostengono La Lega –  particolarmente in vena di censure, negli ultimi tempi   – e i non pochi detrattori, che certi film così ambigui da risultare celebrativi del Crime, non andrebbero mostrati, onde evitare che la circolazione di pessimi modelli, pessime idee, pessimi stili di vita, pessimi linguaggi, pessimo tutto, influenzi negativamente i comportamenti del comune spettatore ovvero rinsaldi i già delinquenti nei di loro scellerati propositi.


Affermazioni queste non nuove, ogni gangster story se ne tira dietro un assortimento ma che, unite alle proteste delle associazioni dei parenti delle vittime, avevano già prodotto a Venezia 2010, dove il film Vallanzasca, gli angeli del male è stato presentato fuori concorso, polemiche a non finire e il diniego del contributo ministeriale (analogamente, rifiuto del finanziamento compreso, a quanto avvenuto a Venezia 2009 per il Grande Sogno, sempre di Michele Placido).


A ben vedere però – cosa che è auspicabile si faccia, prima di concedere o negare quattrini pubblici – il film non è celebrativo di alcun disegno criminale e mostrando Renato Vallanzasca per quel che era , un balordo mitomane e narciso sino alle estreme, autodistruttive conseguenze, allontana da sè ogni sospetto di irresponsabilità del racconto.


Certo i panni del vero bandito sono addosso a Kim Rossi Stuart, bello e soprattutto bravo, partecipe documentatissimo della sceneggiatura,  ma – va detto – che tale era anche il nominato – dai giornali – Bel Renè, la prestanza fisica del quale, tanta parte ebbe nella costruzione di un Mito che perdurò  ben oltre la cattura, rinverdendosi ad ogni evasione o rivolta carceraria o efferatezza o libro autobiografico in uscita.


Come pure   i fiumi d’inchiostro quotidianamente profusi per raccontare gesta e abitudini del bandito, non poco contribuirono ad alimentarne la leggenda e la di lui civetteria, senza contare l’ intervista clandestina a Radio Popolare con quel finale del lato oscuro piuttosto pronunciato, poco affascinante se si pensa al dolore prodotto ma che molto colpì l’opinione pubblica di allora.


Lato oscuro del quale ancora si domanda conto a Placido, congruo narratore alla giusta distanza degli anni dai 70 agli 80 che ci restituisce privi dell’aspetto più  politico – la mancanza di cortei o d’altro, rappresenta secondo me una scelta sensata – e di qualche accuratezza ma egualmente veritieri e idonei a far da contesto ad una vicenda densa e rocambolesca, mentre a marcare esaltandolo, il ritmo degli eventi provvedono il bel montaggio e la musica dei Negramaro.


Raccontare Vallanzasca senza alludere alla sua, quantunque scellerata, etica del male significa non raccontare Vallanzasca. Allora se il proposito dell’Arte dev’essere didascalico- educativo, tanto vale girare la vita di Santa Rita da Cascia sempre che non ne abbia combinata qualcuna anche lei. Nel caso, Placido già interprete di Padre Pio, avrebbe evaso la pratica, conquistando così  il  suo bravo pezzetto di paradiso.


Sostiene De Cataldo che  in epoca di crisi economica la scelta criminale  appare più affascinante  che in tempi di vacche grasse, perchè percepita come alternativa sociale alla disperazione. Si parla ovviamente di spettatori di gangster movie e di lettori di romanzi variamente criminali  nel momento in cui  quasi si ritrovano ad apprezzare modelli e stili di vita che in altre circostanze,  riterrebbero inaccettabili.


In tempi di povertà la scorciatoia del delitto è un’opzione di indubbia presa per masse dolenti che hanno perso ogni fiducia nel presente e ogni speranza nel futuro e identificano il Nemico nel volto glaciale del banchiere che con un tratto di penna può rovinare migliaia di esistenze.

Repubblica 9 gennaio 2011 Giancarlo De Cataldo Il fascino del Male ai tempi della Crisi


La storia del cinema sembrerebbe confermare con i vari Nemico pubblico, Piccolo Cesare, Scarface ed altri, tutti film usciti a ridosso della Grande Depressione contro il trionfo di grandi poliziotti e perspicaci investigatori dei 60th. Il gioco può continuare con i Padrini e i Godfellas nei 70 e via dicendo.

Ma, prosegue De Cataldo Il punto è che l’economia politica non si adegua ai modelli culturali : l’economia politica li impone.Se questo è lo stato delle cose, è inutile prendersela con chi il crimine lo racconta. A predicare morale e legalità siamo tutti buoni. Il difficile semmai è metterle in pratica ( articolo citato)


Vallanzasca – Gli angeli del male è un film di Michele Placido del 2010, con Kim Rossi Stuart, Filippo Timi, Valeria Solarino, Moritz Bleibtreu, Francesco Scianna, Roberto Cardone, Paz Vega, Federica Vincenti, Gaetano Bruno, Lino Guanciale. Prodotto in Italia. Durata: 125 minuti. Distribuito in Italia da 20th Century Fox

Aldiqua

Aldiqua

Si potrebbe anche dire che il vecchio Clint affronta con Hereafter un tema tipico dell’età   – sarebbero ottanta, artisticamente ben portati – ma al cinema si sa, l’anagrafe non conta come pure dimostrano entusiasmo e vivacità nel girare – finito un film ne ha sempre un altro da cominciare, anche stavolta –  incurante di critica e  box office non sempre  generosi ed incoraggianti. Quantomeno negli USA.

L’età c’entra come miglior occasione della vita per poter fare ciò che si vuole. Risolvendosi l’arcano in punto di convergenza, immancabilmente in ciascun nuovo film,  dell’ intera sua filmografia. Un giochino non da poco.


Comunque, tanto per sfatare ogni pregiudizio, la prima terrificante mezz’ora, in digitale con effetti speciali da stravolgere i più abituati, il caro Clint, riferiscono le cronache,  se l’è girata da dentro (l’oceano)  con macchina a spalla. Pare non abbia resistito ad entrare in acqua. Si doveva rappresentare lo tsunami  del 2004 che tutto si portò via, mentre trascina Marie, una giornalista francese, fin sulle soglie di un’esperienza misteriosa, emersa dalla quale, si ritroverà a vivere con valori, interessi e priorità completamente scombussolati.


Poi c’è George un medium che considera la propria capacità di parlare con i morti una maledizione e preferisce lavorare come operaio piuttosto che mettere a profitto i suoi lucrosi poteri e infine il giovanissimo Marcus che vorrebbe un segno, un contatto col fratello gemello  morto in un incidente e che rappresentava per lui l’unico trait d’union col mondo.


In cerca di risposte o di speranza, in tre luoghi differenti e lontani, le vicende dei tre personaggi corrono parallele, s’intrecceranno solo alla fine in un incontro casuale quantunque accuratamente pianificato e premeditato da regia e sceneggiatura.


Nel finale nessuna risposta ne’ romantica, ne’ religiosa, ne’ scientifica ne’ metafisica sull’aldilà – del resto il mestiere del cinema non è forse porre o suscitare domande ? – nessun annullamento del dolore, nessun cedimento tipo Ghost al generone. I tre sono sufficientemente presi da un aldiqua che sottrae loro vita reale, tra licenziamenti e famiglie adottive distratte, per poter cercare nell’aldilà quel tipo di risposte. Approccio laico al problema dunque. E’ anche qui l’originalità del racconto.


C’è poi tra i motivi di personale gradimento  la presenza più o meno costante di riferimenti a  Charles Dickens – compreso smemoramento estatico di George davanti al Dickens dream custodito nel Charles Dickens Museum di Londra – che presumibilmente offre una chiave di lettura sul presente come esito del passato mentre determina il futuro. Sono i fantasmi di Scrooge e dunque quelli dello stesso Dickens, dormiente mentre i suoi personaggi gli danzano intorno ad aprire la strada verso l’incontro dei tre al London Book Fair. In un abbaglio di luce





Hereafter è un film di Clint Eastwood del 2010, con Matt Damon, Bryce Dallas Howard, Frankie McLaren, George McLaren, Cécile De France, Mylène Jampanoï, Marthe Keller, Jay Mohr, Richard Kind, Thierry Neuvic. Prodotto in USA. Durata: 129 minuti. Distribuito in Italia da Warner Bros

Away we go (che è meglio)

Away we go (che è meglio)

Phoenix, Tucson, Madison, Montreal, Miami.  Altro giro altra famiglia, stavolta  in tour (circolare, si arriva dove si è partiti)  alla ricerca del posto più adatto per vivere e allevare la bambina che è in arrivo.


Ad ogni tappa l’incontro di Burt e Verona con strampalati personaggi  persi in situazioni da paradosso,  impone alla storia l’andamento obbligato del viaggio di solo ritorno con le conclusioni che il caso comporta.


A patto di non farla troppo facile liquidando il tutto come il rifiuto di modelli famigliari  ritriti, radical o new age, questo ritorno a casa non ha nulla della conservazione in cui lo si vuol cacciare per forza. Piuttosto di prosieguo della ricerca e del viaggio in un luogo dell’anima più confacente alle esigenze di una coppia davvero innamorata e che, se non emana gioia, come è stato da più parti rilevato (ma chi l’ha detto che) di sicuro è energica e determinata nell’obiettivo prefisso.


Belli i dialoghi – Dave Eggers e Vendela Vida sono gli sceneggiatori – affidati alla recitazione di famosi attori televisivi, mentre la regia, com’è nelle abitudini di Mendes, rifà il verso al cinema indipendente del quale in effetti  ha goduto le ristrettezze da budget  – risicatello al punto da ricostruire tutte le tappe del viaggio  unicamente in Connecticut –  solo quelle però. Mendes è troppo meticoloso per poter riprodurre quel tocco di elegante sciatteria che fa tanto Sundance e dintorni, ergo, il trucco riesce solo nella parte in cui conferisce agilità alla narrazione. Perchè American Life? Va a saperlo. Una volta che ci si era decisi a mantenere l’inglese non era cento volte meglio Away we go?




American Life è un film di Sam Mendes del 2009, con John Krasinski, Maya Rudolph, Carmen Ejogo, Catherine O’Hara, Jeff Daniels, Allison Janney, Jim Gaffigan, Maggie Gyllenhaal, Josh Hamilton, Bailey Harkins. Prodotto in Gran Bretagna, USA. Durata: 98 minuti. Distribuito in Italia da Bim Distribuzione

Guess who’s coming to dinner

Guess who’s coming to dinner

Indovina chi viene a cena. E invece di  Sidney Poitier all’inizio della Lunga Marcia  che da Casa Drayton lo porterà diritto alla Casa Bianca, arriva Enzo Jannacci sul viale del Tramonto.

Non meno affascinante. Salvo che come aspirante  fidanzato di una quindicenne, centuplica le perplessità del Matt Drayton di turno e pure quelle del comune spettatore.



Inoltre  la Val d’Orcia nel terzo millennio non è la San Francisco dei 60th, la coppia  è più che mai  liberal, sempre presa da professioni interessanti ma vieppiù problematizzata : e se le mamme imbiancano e i papà straparlano, pure le figlie crescono ma c’è differenza rispetto ad allora.


Tutta colpa dell’educazione permissiva, retaggio di un periodo di grandi trasformazioni in cui ogni cosa si è voluta mettere in discussione e a tutto, per dirla col Poeta, si è voluto dare una risposta.

Tutto, tutto : a cominciare dai Padri. Così almeno interpretano i teorici del (tardivo) schiaffone  del Genitore Assente, già attivissimi ai tempi della Luna di Bertolucci nell’applaudire quel gesto estremo ma salutare per chi lo riceve e parzialmente risarcitorio dell’ Abbandono del Ruolo, ai fini del racconto.


Schiaffone per schiaffone però, si domanda il morboso  spettatore, anche genitori troppo presi da se stessi e impegnati a costruire altri ruoli meriterebbero le botte. Ma, a ben vedere, costoro gli schiaffoni sono soliti darseli  da soli. E l’equilibrio si ristabilisce.


Il troppo clichè è solo apparente in questo film di Castellitto & Mazzantini sul fallimento di certe famiglie forzatamente non tradizionali e anche il rilievo di recitazione sopra le righe, cadrebbe se si pensasse a quanto eccessive, mefitiche e innaturali siano le coppie ( e i single!) di combattenti & reduci che hanno fatto dell’approccio ideologico lo strumento unico per affrontare qualsiasi tema esistenziale. Col risultato che l’estrema inadeguatezza del mezzo porta con sè in termini di confusione, nevrosi e fallimenti.

Non è Non ti muovere (forse irripetibile) ma una dignitosa e divertente commedia della specie all’italiana. Attori bravi come loro solito. Giallini e Jannacci perfetti.




La bellezza del somaro è un film di Sergio Castellitto del 2010, con Sergio Castellitto, Laura Morante, Marco Giallini, Gianfelice Imparato, Emanuela Grimalda, Barbora Bobulova, Lola Ponce, Enzo Jannacci, Svetlana Kreval, Renato Marchetti. Prodotto in Italia. Durata: 107 minuti. Distribuito in Italia da Warner Bros

Indovina chi viene a cena? è un film di Stanley Kramer del 1967, con Spencer Tracy, Sidney Poitier, Katharine Hepburn, Katharine Houghton, Cecil Kellaway, Virginia Christine, Roy Glenn, Beah Richards, Barbara Randolph, Isabel Sanford. Prodotto in USA. Durata: 108 minuti.


Standard Operational Bullshit ?

Standard Operational Bullshit ?

o  Sexually Oriented Business ? Oppure  …..Son of a Bitch ? O più semplicemente lo sconsolato  SOB dei fumetti ?


Non si sa. E  poco conta  dato che ognuna di queste soluzioni dell’acronimo S.O.B.  è adatta a definire  la  più irriverente e crudele  slapstick  contro  Hollywood  che Hollywood rammenti.


Dirige Blake Edwards che di quel mondo aveva ben donde e che  fu trattato anche peggio di come  racconta  nella dissacrante storia del regista famoso  che per riconquistare il box office, vuol trasformare un suo clamoroso insuccesso in una specie di musical pornografico. Un lavoro autobiografico, diranno poi i patiti del classificatore, quelli  che con Blake comunque sono sempre cascati male.

Infatti è assai di più.


Curioso come il regista di Colazione da Tiffany ci lasci una filmografia ancora tutta da scoprire. Sono i lavori che l’establishment  ha ostacolato con ogni mezzo, le commedie più spigolose e fuori dagli schemi, la vera ragione della serie Pantera Rosa, sette film di successo, alcuni dei quali realizzati per poter lavorare al suo cinema.


Che è inclassificabile per quella particolare attitudine di mischiare i generi, di smontarli e rimontarli buttando all’aria qualsiasi codice o schema narrativo.Che è divertente e profondo, acuto e lieve, un bell’esempio di ciò che può fare il cinema nelle mani di un Maestro.


S.O.B. è un film di Blake Edwards del 1981, con Julie Andrews, William Holden, Marisa Berenson, Larry Hagman, Robert Loggia, Stuart Margolin, Richard Mulligan, Robert Preston, Craig Stevens, Loretta Swit. Prodotto in USA. Durata: 122 minuti.