Tutti i mostri, le madri, gli anziani e i cattivi della Laguna
I mostri siamo noi . Noi che vessiamo, emarginiamo, torturiamo dileggiamo i diversi. E fin qui niente di nuovo : da Tod Browning a Walt Disney passando per Jack Arnold, cinematograficamente è tutta una lettura filomostruosa. Rincara Guillelmo del Toro con la storia d’amore tra una creatura acquatica – anfibia, per la precisione – e la cleaner del laboratorio scientifico in cui è tenuto prigioniero il mostro . Lui ha tutti, ma proprio tutti gli attributi, incluso l’apparato che gli consentirà di dare un senso alla liaison sospingendola con i suoi modi garbati fuori dalle secche delle carinerie e degli sguardi innamorati. Lei è muta, il che rafforza l’approccio comunicativo a mezzo stratagemmi espressivi (se poi lei è Sally Hawkins il gioco è fatto). Film bello in senso proprio e formalmente ineccepibile , con bravi attori e molte citazioni cinefile correndo dietro alle quali ci si può anche perdere. A molti spettatori del resto piace il Ripasso della Storia del Cinema. Ed eccoli accontentati. Il resto è guerra fredda, malvagi, colleghe di colore e amici gay discriminati sul lavoro. Condivido il giudizio estetico, apprezzo la regia, comprendo il Leone d’oro ma non mi unisco al coro degli emozionati per la delicata storia di amore e sesso tra diversi.
Donald, dopo la pausa Obama si ricomincia.Il percorso è segnato fin dai tempi di Bush figlio : registi, attori, produttori, star e starlette approfittano della visibilità offerta dai festival per lanciare invettive e appelli sul Pessimo Stato in cui versa l’Unione poi, intorno alla metà mandato (presidenziale), passano alle vie di fatto dirigendo, interpretando, producendo film sconsolati di aperta denuncia che nella disperazione generale del paese allo sbando possono anche degenerare in apocalittici horror quando non in sanguinolenti splatter (è già successo)
Clooney. Apre le danze il caro George in compagnia della piuccheperfetta consorte determinando entrambi un delirio di ciance su capelli e vestiti e scarpe (cosa sarebbero i festival senza glamour, ma poi bisognerebbe anche trovare il modo per parlare di Cinema). Il film di cui è regista ha subito una complicata gestazione ed è la storia di un tipico e ridente quartiere residenziale americano negli anni cinquanta, Suburbicon appunto, la cui tranquilla esistenza viene turbata dall’arrivo di una famiglia di colore. Script dei fratelli Coen e regia di Clooney : la tripletta funziona, George regista è meno immaginifico di Joel e Ethan ma qui la sceneggiatura prevale e i tratti tipici della Premiata Ditta sono ben visibili e quasi integri. Ma la notiziona è che George non vuole fare il presidente degli Stati Uniti (per ora)
Madri – Non sono il mio tema prediletto (abusato quindi potenzialmente a rischio e infine riduttivo) soprattutto quando il lato materno diventa punto di vista pressoché unico sulla femminilità ma, a parte questa notazione di gusto, amorevole, anaffettiva o indifferente che sia, c’è madre cinematografica e madre cinematografica. La Mildred Hayes per esempio interpretata dalla gigantessa Frances McDormand è assolutamente fuori da tutti gli schemi, molto per scrittura (Martin McDonagh che ha infatti portato a casa il Leone della miglior sceneggiatura) moltissimo per una recitazione calibrata quantunque messa a dura prova dal dover rendere disperazione, istinto di vendetta e sensi di colpa senza ricorso a trucco del mestiere alcuno. Altra madre alle prese questa volta con l’impossibilità di esserlo dovendo vendere ad altri genitori impossibilitati i figli che appositamente partorisce (dramma su dramma) è Micaela Ramazzotti. Brava e diligente come sempre senza però disporre di una sceneggiatura e di un dialogo all’altezza del tema. (Peccato). Velo pietoso su Jennifer Lawrence. Tutti quelli che hanno detto, e sono parecchi, che Darren Aronofsky» ha sbagliato il film hanno ragione.
Anche basta. Prima che le trame con, degli, e sugli anziani diventino genere, facciamo qualcosa. Avviatosi con Amour il filone non accenna a estinguersi e sebbene alcune prove, prima ancora di Venezia 74, assai rimarchevoli abbiano incoraggiato il prosieguo, il terrore è che il filone, esaurendosi con l’andar del tempo, ci regali mappazzoni ( esempio : non ti ricordi come si fa ? Prenditi il tuo tempo detto all’indirizzo di Redford, cara Fonda, carissimi sceneggiatori, nun se po’ sentì) mielosi ridicoli ed indigesti sulla quarta, quinta e forse sesta età. Senza contare i prevedibili a volte ritornano dei sequel e i c’era una volta dei prequel. Adorabili dunque Sutherland, Mirren, Fonda, Redford, Dench Ma come disse Quello : anche basta. E considerato il fatto che ognuno di questi superbi attori appartiene ad una generazione che, ovunque si trovi, qualunque cosa faccia, non schioda manco a cannonate, un provvedimento s’impone. Avete raccontato la rivoluzione, ora fate un po’ di silenzio. Magari raccontate quello. Non fosse altro per evitare che il prossimo premio al cinema del futuro lo incassi un qualche emergente oramai brizzolato.