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Categoria: La fabbrica del cinema

American way of life

American way of life

Borat : Cultural Learnings of America for Make Benefit Glorious Nation of Kazakhstan.Il titolo è già tutto un programma.Borat Sagdiyev è un reporter kazako che  attraversa in lungo e in largo gli Stati Uniti  per girare un documentario sul celebrato stile di vita americano,  lo scopo del viaggio è intervistare qualcuno – politici, esperti di comportamento – per provare a capire la cultura americana:il chiodo fisso però è soprattutto  incontrare l’eroina del suo telefilm preferito (e cioè Baywach dunque Pamela Anderson) e sposarla.
Borat è un Mockumentary dissacrante, ironico, demenziale e scorretto, che dell’America non salva nemmeno un bruscolo .ll reporter Borat qui si presta,  ma va detto, le persone sono vere filmate in situazioni reali,a mettere in difficoltà i propri interlocutori nei modi più imbarazzanti possibili.L’incontro con un gruppo di femministe newyorchesi, la cena con un predicatore del sud e la performance a un rodeo in West Virginia, sono le gag più riuscite Ovviamente di fronte ad una materia così vasta e densa di spunti, è possibile che la volgarità prevalga senza che però venga mai meno una certa dose di intelligente satira politica e sociale .Ne viene fuori un film irriverente,sovversivo,oltraggioso ai limiti della sopportazione . Eccezionale bravura di Baron Cohen nel dare vita a un personaggio cinico e sconcertante che non esita  a sfiorare misoginia e razzismo scardinando di volta in volta le certezze e le ipocrisie di una cultura carica di pregiudizi e oscenità. 

Il fascino discreto del Tiranno

Il fascino discreto del Tiranno

Isola d’Elba 1814. C’è  un giovane maestro ,velleitario visionario,ossessionato dal tirannicidio che è stato licenziato dalla scuola per le sue idee sovversive .C’è la sua amante una baronessa godereccia e un pò mignotta, (per ammissione della stessa interprete Monica Bellucci) una donna che non è vissuta e resta attaccata alla sua giovinezza perduta E poi c’è tutto un ambiente provinciale e isolano scombussolato ed esaltato  dall’arrivo a Portoferraio di lui ,proprio lui ,Napoleone al suo primo esilio.Rivisitazione del bel libro di Ernesto Ferrero il film si dipana intorna al tema tutto novecentesco del fascino persuasivo del tiranno in questo caso interpretato da un Daniel Anteul bravo da non far rimpiangere nemmeno un po’ ne’ gli Steiger ne’ i Brando, con l’impeccabile interpretazione della noia e dei poco imperiali vezzi quotidiani

Alla fine il giovane maestro,assunto come bibliotecario da Napoleone non riuscirà nell’intento tirannicida ma rimarrà affascinato dalla personalità del generale che tuttavia tornerà a deluderlo  portandosi via nella fuga anche la baronessa Emilia.

Molti hanno contestato l ‘eccesso di livornesità e invece a Virzì va dato merito di una direzione molto accurata e di una discreta chimica con gli attori, ciò ha consentito a  Massimo Ceccherini, di affrancarsi dalla sua maschera consueta impersonando Cosimo, un locandiere impacciato che corteggia la Diamantina della bravissima Sabrina Impacciatore con uno stile ed un linguaggio sorprendentemente misurato.

 

 

L’Arriflex di Gillo

L’Arriflex di Gillo

Conservo un bel filmato di Genova 2001, non so se sia stato poi montato: Gillo Pontecorvo è affacciato ad una finestra, accanto a lui, c’è un operatore con una cinepresa Arriflex.

 

Gillo guarda di sotto, fa un gesto largo con la mano, suggerisce l’inquadratura –  un corteo di ragazzi  che sciama,  tra le loro mani  centinaia di cineprese digitali in funzione – impartisce altre istruzioni, sorride e poi sparisce lasciando solo il cameramen .

 

Pontecorvo sta partecipando alle riprese di un documentario collettivo che poi si chiamerà Il cinema italiano a Genova insieme a  Monicelli, Scola ed altri.

Lo aveva detto che avrebbe utilizzato l’Arriflex  – come una volta – aveva anche aggiunto. – A Genova ci concentreremo sulle espressioni, gli umori, le frasi dei manifestanti, le dichiarazioni dei personaggi che andremo a intervistare. Ma se partendo dai fatti di Genova riusciremo poi a parlare dei problemi drammatici del mondo di oggi, inserendo nel filmato dei frammenti di vita autentica nel mondo contemporaneo, ecco che il tutto si trasformerà in un’occasione unica per fare davvero un film insolito

Il tono dei suoi interventi conservava l’entusiasmo degli esordi. Quello dei suoi  film, tra  i movimenti di massa, quando per scarsità di mezzi era preferibile una botta in testa dalla polizia che lasciar cadere in terra  l’Arriflex.

 

Sarebbe bello raccontare di Gillo, regista che ci lascia  non moltissime opere, attraverso progetti mai realizzati per non aver trovato produttori coraggiosi .

 

Uno si sarebbe dovuto chiamare Confino Fiat sui sindacalisti che in epoca scelbiana erano messi in un reparto speciale. Lavoro impossibile da produrre negli anni 60. Un altro sui poteri paranormali sciamanici nato da colloqui con Ernesto De Martino e dalle sue ricerche in vari paesi.

 

Altri sull’Italia dell’autunno caldo, sulla strategia della tensione. O altri ancora su Cristo visto come “eroe del suo tempo, rivoluzionario di un’epoca di passaggio, si sarebbe dovuto intitolare I tempi della fine. Oppure sugli indiani d’America nel Sud Dakota.

 

Fu solo grazie a star del calibro di Susan Strasberg e Marlon Brando che spesso Pontercorco riuscì a imporre alle produzioni i suoi film. Il suo primo lavoro diventa subito  un successo internazionale : Kapò .

Poi arrivò La battaglia di Algeri, la messa in scena della guerra di popolo. Yacef Saadi in persona, il comandante militare del  Fronte di liberazione viene in Italia a cercare un regista che racconti l’epopea del suo popolo.

 

Diventerà uno dei più grandi film sul Senso della Rivolta –  abbiamo raccontato lucidamente come nasce, come si organizza e come si combatte una guerriglia – diceva Solinas. Gillo del resto, quel film l’aveva già vissuto durante la guerra partigiana. Lo sguardo del regista era vasto come l’internazionalismo che teorizzava.
Visionato indifferentemente dalle Black Panthers e dai militari americani entrambi desiderosi  di imparare qualcosa su repressione interrogatori e tortura, il film fu fatto uscire clandestinamente in Francia nel 1971 e poi ritirato per una serie di attentati ai cinema in cui veniva proiettato. Ufficialmente fu riproposto nel 2004, i francesi del resto hanno sempre considerato i massacri compiuti un falso storico.

 

La filmografia è scarna :

La grande strada azzurra (1957);
Kapo’ (1960);

La battaglia di Algeri (1966);

Queimada (1969);

Ogro (1979) con Gian Maria  Volonte’ , il film sull’Eta e sull’attentato a Carrero Blanco.

 

Poi, tanto lavoro politico – che Pontecorvo ha sempre continuato a fare dai tempi della militanza con Berlinguer  e che non si interruppe nemmeno quando nel 1956 uscì in silenzio dal PCI a cui rimase comunque vicino tutta la vita.
Poi un po’ di pubblicita’. La direzione della Mostra del cinema di Venezia e la presidenza di Cinecittà. Ma niente piu’ cinema. Perche’? A chi glielo chiedeva Pontecorvo rispondeva che per fare cinema lui doveva innamorarsi. Del progetto, naturalmente.

Hanno scritto su Gillo Pontecorvo :

Massimo Ghirelli, Gillo Pontecorvo, Il castoro cinema, Milano

Irene Bignardi. Memorie estorte a uno smemorato. Vita di
Gillo Pontecorvo, Feltrinelli, Milano 1999]

Businnes street

Businnes street

I conti della Festa del Cinema sono presto fatti : due milioni e mezzo di euro investiti dalla Camera di Commercio,quattro milioni e mezzo dagli sponsor,tre milioni e mezzo dagli Enti locali.Non un centesimo dallo Stato.Il progetto è in piena sintonia col Modello Roma inaugurato dall’allora sindaco Rutelli, proseguito da Walter Veltroni e che ha visto crescere in modo esponenziale  l’economia di una  città,tradizionalmente fondata sull’edilizia e sul massimo utilizzo delle risorse archeologiche e  museali ma assolutamente inadeguata quanto a servizi e infrastrutture .La scelta di fornire servizi avanzati,congressualità,fiere,turismo ha pagato in termini economici.riversando su Roma ingenti capitali,ciò ha consentito di ampliare ulteriormente l’offerta culturale.La festa del Cinema è un importante passaggio di questo progetto.Centro artistico,culturale,proiezioni e tappeto rosso all’Auditorium, 20 sale cinematografiche in città più la Casa del cinema del Jazz  e della Letteratura in funzione ,Businnes Street a via Veneto dove sarà all’opera tra l’Hotel Excelsior e il roof garden dell’Hotel Bernini in cui sono state allestite piccole sale di proiezioni e punti d’incontro, una macchina silenziosa che cercherà di far funzionare il mercato,un luogo riservato ai Buyers and sellers,venditori e acquirenti di film non ancora finiti o in attesa di distribuzione o addirittura da  produrre di sana pianta.E’ una scommessa ambiziosa .”Wait and see”:intanto dei duecento buyers invitati 100 hanno già richiesto l’accredito e sono realtà importanti quali la Bavaria Film ,la Celluloids Dreams e la Pathe francesi,il media Asia Group,La Filmax spagnola e persino la Lakeshore Entertainment,oscar 2004 per “Million dollar baby”.Il tutto nel tentativo di creare una postazione di mercato per il cinema italiano che ne è privo da quando la Mifed  di Milano (la fiera di settore )ha chiuso i battenti.Roma può essere un’ occasione per inserire il cinema italiano nel network delle coproduzioni europee.La partita per il cinema non si gioca tanto sui film in concorso,le star,i parties benefici e gli stilisti pronti ad organizzarne di fantasmagorici,se vince Businnes Street vince la festa e vince il cinema italiano nel segno di una cultura che mentre migliora il livello di civiltà è anche un grande propulsore di sviluppo economico.