L’Arriflex di Gillo
Conservo un bel filmato di Genova 2001, non so se sia stato poi montato: Gillo Pontecorvo è affacciato ad una finestra, accanto a lui, c’è un operatore con una cinepresa Arriflex.
Gillo guarda di sotto, fa un gesto largo con la mano, suggerisce l’inquadratura – un corteo di ragazzi che sciama, tra le loro mani centinaia di cineprese digitali in funzione – impartisce altre istruzioni, sorride e poi sparisce lasciando solo il cameramen .
Pontecorvo sta partecipando alle riprese di un documentario collettivo che poi si chiamerà Il cinema italiano a Genova insieme a Monicelli, Scola ed altri.
Lo aveva detto che avrebbe utilizzato l’Arriflex – come una volta – aveva anche aggiunto. – A Genova ci concentreremo sulle espressioni, gli umori, le frasi dei manifestanti, le dichiarazioni dei personaggi che andremo a intervistare. Ma se partendo dai fatti di Genova riusciremo poi a parlare dei problemi drammatici del mondo di oggi, inserendo nel filmato dei frammenti di vita autentica nel mondo contemporaneo, ecco che il tutto si trasformerà in un’occasione unica per fare davvero un film insolito –
Il tono dei suoi interventi conservava l’entusiasmo degli esordi. Quello dei suoi film, tra i movimenti di massa, quando per scarsità di mezzi era preferibile una botta in testa dalla polizia che lasciar cadere in terra l’Arriflex.
Sarebbe bello raccontare di Gillo, regista che ci lascia non moltissime opere, attraverso progetti mai realizzati per non aver trovato produttori coraggiosi .
Uno si sarebbe dovuto chiamare Confino Fiat sui sindacalisti che in epoca scelbiana erano messi in un reparto speciale. Lavoro impossibile da produrre negli anni 60. Un altro sui poteri paranormali sciamanici nato da colloqui con Ernesto De Martino e dalle sue ricerche in vari paesi.
Altri sull’Italia dell’autunno caldo, sulla strategia della tensione. O altri ancora su Cristo visto come “eroe del suo tempo, rivoluzionario di un’epoca di passaggio, si sarebbe dovuto intitolare I tempi della fine. Oppure sugli indiani d’America nel Sud Dakota.
Fu solo grazie a star del calibro di Susan Strasberg e Marlon Brando che spesso Pontercorco riuscì a imporre alle produzioni i suoi film. Il suo primo lavoro diventa subito un successo internazionale : Kapò .
Poi arrivò La battaglia di Algeri, la messa in scena della guerra di popolo. Yacef Saadi in persona, il comandante militare del Fronte di liberazione viene in Italia a cercare un regista che racconti l’epopea del suo popolo.
Diventerà uno dei più grandi film sul Senso della Rivolta – abbiamo raccontato lucidamente come nasce, come si organizza e come si combatte una guerriglia – diceva Solinas. Gillo del resto, quel film l’aveva già vissuto durante la guerra partigiana. Lo sguardo del regista era vasto come l’internazionalismo che teorizzava.
Visionato indifferentemente dalle Black Panthers e dai militari americani entrambi desiderosi di imparare qualcosa su repressione interrogatori e tortura, il film fu fatto uscire clandestinamente in Francia nel 1971 e poi ritirato per una serie di attentati ai cinema in cui veniva proiettato. Ufficialmente fu riproposto nel 2004, i francesi del resto hanno sempre considerato i massacri compiuti un falso storico.
La filmografia è scarna :
La grande strada azzurra (1957);
Kapo’ (1960);
La battaglia di Algeri (1966);
Queimada (1969);
Ogro (1979) con Gian Maria Volonte’ , il film sull’Eta e sull’attentato a Carrero Blanco.
Poi, tanto lavoro politico – che Pontecorvo ha sempre continuato a fare dai tempi della militanza con Berlinguer e che non si interruppe nemmeno quando nel 1956 uscì in silenzio dal PCI a cui rimase comunque vicino tutta la vita.
Poi un po’ di pubblicita’. La direzione della Mostra del cinema di Venezia e la presidenza di Cinecittà. Ma niente piu’ cinema. Perche’? A chi glielo chiedeva Pontecorvo rispondeva che per fare cinema lui doveva innamorarsi. Del progetto, naturalmente.
Hanno scritto su Gillo Pontecorvo :
Massimo Ghirelli, Gillo Pontecorvo, Il castoro cinema, Milano
Irene Bignardi. Memorie estorte a uno smemorato. Vita di
Gillo Pontecorvo, Feltrinelli, Milano 1999]