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Categoria: La fabbrica del cinema

Who gave this son of the bich a green card?

Who gave this son of the bich a green card?

OSCAR 2015 alejandro-gonzalez-inarritu_3b8b088c4b4c8e66df29a7b9ce70171c

 

Dopo Cuarón anche  Iñarritu e giustamente qualcuno comincia a domandarsi dove andremo a finire con queste aperture agli Ispanici  ma Alejandro tira dritto sostenendo di indossare le mutande di Keaton – anche Neil Patrick del resto, e il divino Gaultier ai César ma lui per puro divertimento –  come portafortuna e nei quattro ringraziamenti, quattro quante sono le statuette che ha spazzolato il suo Birdman (o le imprevedibili virtù dell’ignoranza) , auspica una vita migliore agli immigrati e un governo più giusto per il Messico. E come disse Eva Longoria, straordinaria oratrice, alla convention di Denver pro ri-elezione di Obama :  Si.Se puede!

Kyle  contro Thompson, ovvero un redneck vendicativo contro una egotica star del box office in piena crisi identitaria. Eastwood non ce la poteva fare,il suo sniper allucinato, tra la repubblicana – Mc Caine.Ancora tu? – definizione di nobile guerriero e quella di icona contro la guerra, lasciava troppi spazi alle ambiguità dell’immaginario .Qui da noi, mentre il botteghino americano totalizzava  l’impossibile, ci stavamo già perdendo negli intelligenti arzigogoli della critica più raffinata col Doppio Mustafà-Kyle, con le obnubilanti tempeste di sabbia ma soprattutto con la macchina da presa che lavora come un’arma: inquadra, punta, spara.E lì,c’è poco da fare, a sparare siamo noi dalle nostre poltrone.Volevamo pure un Oscar?

E infatti solo gli spiccioli  di una statuetta minore : il sonoro. Ad ogni buon conto American Sniper resta uno dei film più significativi sulla dinamica della vendetta, le sue devastazioni, le sue inevitabili ritorsioni.La condanna dell’orrore non abbisogna di  una narrazione correttamente impostata, né una qualche voice over o stratagemma della sceneggiatura o del montaggio avrebbero potuto di più della tragica scorrettezza di quelle immagini.Oscar o non Oscar siamo al cospetto di un gran lavoro di cui Bradley Cooper è interprete ideale.Chi dice che è un film fascista, ri-veda.

Peccato per Timbuctu del maestro Sissako asso pigliatutto ai César per ragioni artistiche e non solo.Peccato per la sua importante tesi sull’integralismo che nega ogni frettolosa visione occidentale ma anche per l’estrema efficacia della struttura narrativa,per le immagini e per quel dato di cinema-cinema che fa la differenza.

E peccato anche per il Sale della terra del –  di recente premiato alla Berlinale –  Wim Wenders devoto e sincero omaggio alla bellezza del pianeta attraverso immagini che è difficile descrivere con aggettivi appropriati.

Insomma a dispetto di tutte le piccole trasgressioni in mutande,dei Diritti dei malati di malattie devastanti,della parità salariale – grande Patricia Arquette –  e di una certa qual propensione per il cinema un po’ meno  mainstream (con moderazione!), l’Academy rifugge dal mettere il dito nella piaga e mimetizza la tendenza premiando film di tutto rispetto ma che finiscono per scivolare nel convenzionale.Siamo alla piccola rottura degli schemi.Ignorare o quasi Boyhood o American Sniper ha un po’ significato questo.I tempi di Moore e della Bigelow sono lontani.

 

 

Marion (o del vincere la paura)

Marion (o del vincere la paura)

 

 Cannes 2014  due giorni e una notte s16__1209_jpg_1400x0_q85

 

Un po’ La parola ai giurati per la caparbietà di voler rovesciare un giudizio definito argomentando con gli altri, un po’ western per le sfide e i duelli, un po’ piccola storia dominata dal Ricatto e dalla ricerca di una  Solidarietà divenuta sentimento che non ci si può più permettere.

Nessun Quarto Stato però alle spalle di Sandra, il suo è un viaggio in quattordici stazioni da postulante solitaria mentre si adopera per convincere i colleghi ad una rinuncia cui è appesa la possibilità per lei di continuare a lavorare.

Dunque incarnazione della Fragilità messa a dura prova  quattordici differenti volte in cui ciascun interlocutore ha un buon motivo per rifiutarle l’assenso.

La fine è scontata, un po’ meno il Coraggio di cui sembrava in un primo momento  essere priva ma che  tappa dopo tappa  prende forma  divenendo Consapevolezza.La vera ragione di quel penoso mettersi in cammino è  in questa trasformazione.

Due giorni e una notte per raccontare senza trucco e senza inganno  un pezzo di contemporaneità intorno alla quale il cinema molto si sta adoperando.Ma la tradizionale assenza di toni melensi o di tentazioni socioculturali  con cui i Fratelli Dardenne riescono sempre ad avere la meglio su di una materia insidiosa e sulla ripetitività delle situazioni,nulla toglie al dramma  e alla coerenza del racconto. Una regia né dell’aggiungere né del togliere il cui unico scopo è cedere spazio a concatenate riflessioni.

 

Cotillard senza Dior,smartphone,gettoni e rullini ma in grande spolvero di occhi blu, magliette del mercato,occhiaie da sonno perduto dietro a indicibili preoccupazioni e scatole di Xanax come mezzo di contrasto alla disperazione.Sempre convincente per regale naturalezza.

Nella cinquina degli Oscar 2015 come miglior film straniero assieme al nostro (per nulla impensierito) Capitale Umano

 

 

Due giorni e una notte è un film di genere drammatico dei Fratelli Dardenne con Marion Cotillard Fabrizio Rongione,Olivier Gourmet,Catherine Saléet.Prodotto in Belgio nel 2014.Distribuisce Bim

Godard for ever! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

Godard for ever! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

 Que l’on ait parqué les journalistes dans les allées latérales du Théâtre Lumière n’a rien fait pour atténuer la pression. Des rangs du centre, où se massaient les professionnels de la profession, un « Godard for ever ! » a retenti quand la lumière s’est éteinte. Une salve d’applaudissements et d’éclats de rire a tonné au moment du premier effet 3D. Puis plus rien que des toussotements.

Isabelle Reigner Le Monde 22 maggio 2014

Godard for ever ! : nell’attimo che passa tra il buio in sala e l’inizio della proiezione – l’unica autorizzata dall’ Autore e dunque affollatissima –  l’urlo rompe l’attesa. Subito ci si rende conto che ci vuole un bel coraggio a sostenere che Jean Luc non sia a Cannes. E non tanto per la capacità di trasformare l’assenza in palpabile evidenza – ha fatto disdire la conferenza stampa, rilasciato interviste al fulmicotone, parlato di mercato delle vacche e di congresso dei dentisti, riempito la Croisette di piccole spille con su impresse frasi del film, ma per quanto di suo, dilaga – esplicitamente o meno – nel miglior cinema che qui si è potuto vedere. Il suo e quello degli altri, per intenderci. Non può essere che così quando si è forse l’unico titolare di un Pensiero del Film , si è segnato il proprio tempo e quello a venire, inventando una stagione che ne ha influenzato altre. Continuando per tutto il tempo a sperimentare e a cercare. Godard for ever! Ovvero : lunga vita a Godard ! l’Assente che il giorno dopo verrà definito da malaccorti recensori  un furbo, un alieno, un millantatore. Uno che non fa un film interessante da lustri. Tutto questo era prevedibile quanto ininfluente. Alla fine l’unica realtà possibile è  quel  puis  plus rien que des toussotements nel buio della sala a raccontare la tensione. E la meraviglia.

 Le propos est simple. Une femme mariée et un homme libre se rencontrent. Ils s’aiment, se disputent, les coups pleuvent. Un chien erre entre ville et campagne. Les saisons passent. L’homme et la femme se retrouvent. Le chien se trouve entre eux. L’autre est dans l’un. L’un est dans l’autre. Et ce sont les trois personnes. L’ancien mari fait tout exploser. Un deuxième film commence. Le même que le premier. Et pourtant pas. De l’espèce humaine on passe à la métaphore. Ca finira par des aboiements. Et des cris de bébé.”

Simple…dice lui. Salvo l’impazzimento del 3D utilizzato in modo non convenzionale,non per potenziare l’immagine o produrre effettacci  ma per sdoppiarla,sovrapporla  destrutturarla Chiudi un occhio, poi quell’altro, gli occhialetti da soli non bastano.

Simple dice lui. Salvo quel dividere il film in due parti e titolarne una Natura e l’altra Metafora.

Simple e génial. Sfottere  il 3D, citare Straub-Huillet, confermare che non si (fa cinema) né di quel che si vede, né di quel che non si vede. Si fa cinema del fatto che non si vede, ovvero del luogo in cui i nostri occhi non possono arrivare.

Simple nel suo essere manifesto del futuro a mezzo di un’opera, a tratti ,sublime

Simple apprezzarne il lavoro per quel che Jean Luc rappresenta oggi prima ancora di celebrarlo per quel che è stato ieri. (Godard for ever!)

(segue)

Adieu au langage è un film di genere drammatico regia di  Jean-Luc Godard con: Héloise Godet , Kamel Abdelli e Richard Chevallier. Svizzera 2014.

Lui ! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

Lui ! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

 

 

 « Son regard par-dessus ses lunettes noires nous rend complices d’une promesse de joie cinématographique mondiale, explique l’auteur de l’affiche. La joie de vivre ensemble le Festival de Cannes. » (presentazione ufficiale dell’affiche)

Lui è Marcello Mastroianni in 8 e 1/2, divinizzato – manco ce ne fosse bisogno – in tutte le sfumature del seppia da Hervé Chigioni e Gilles Frappier della Lagency. Sorveglierà la Croisette, incarterà il Palais, presiederà le conferenze stampa, soprintenderà le transazioni del Marché e la caciara dei parties. Il festival numero sessantasette non poteva trovare miglior emblema della cinematografia che più amiamo : quella dell’innovazione, dell’anticonformismo e della poesia.

Loro. Una quindicina di registe,più Jane Campion e Nicole Garcia rispettivamente alla testa delle giurie di Concorso e Caméra d’or – vietato insistere  troppo sulle quote rosa però, che altrimenti Henry Fremaux ricomincia con la storia del merito che prevale sul genere –  e poi americani  indipendenti, inglesi politicizzati tosti, esordi di cinematografie lontane, francesi dilaganti, Godard che tenta il 3D, l’oramai immancabile  cineseria – poca però – e Lambert Wilson maître de cérémonie.(qui le madrine fringuellanti non sono un imperativo categorico)

 Gli altri. Assenti per ragioni sconosciute ma quasi tutte  riconducibili all’ufficiale – ma che bugiardi –  intempestività e ritardi delle lavorazioni : Paul Thomas Anderson,  Keren Yedaya, Alejandro Gonzàles Inarruti , Clint Eastwood, ciascuno a modo proprio testa di ponte di una cinematografia costruita per mostrare il mondo sullo schermo.Peccato, anche se non è detta l’ultima.Magari qualcosa viene ripescato come sorpresa dell’ultimo momento.  

Assente mica tanto Abel Ferrara con Welkome to New York,  vita morte e miracoli sotto mentite spoglie di Dominique Strauss Kahn. Non è in concorso né in alcuna sezione.Sarà proiettato  al Marchè previa conferenza stampa.Esce nelle sale ed in contemporanea, on demand, sul web accompagnato da polemiche, fumus di complotti  ed ampi spiegoni del produttore sulle nuove frontiere commerciali dell’home video.Ovvero della première in pantofole.

Disgrâce de Monaco – Apre Kidman – Kelly con filmone preceduto da grancassa e – come se non bastassero i trascorsi attriti tra regia e produzione –  già sconfessato dalla Famille Princiére,regnante a pochi chilometri e assai indignata per l’andamento un po’ troppo fictionelle et  inutilement “glamourisée” del film su mammà,  venerata in patria come una santa e della quale viene mostrata la profonda crisi d’identità acuita dalla proposta di Hitchcock di un ritorno al cinema. Il film avrebbe dovuto essere Marnie – decisamente poco adatto a soccorrere problematiche esistenziali di qualsivoglia natura –

Andò che la princesse scelse il regno, l’amore e la famiglia mentre  la parte fu affidata alla egualmente problematica e bionda ma meno regale  Hedren. E sempre nell’ambito del fuori concorso, Erri De Luca resuscita Cocteau napoletanizzando il testo francese, con Loren  Voce umana e Ponti figlio alla regia. 

 

 Nazionali senza filtro. Meraviglie in concorso – e diamo qui per definitivamente evasa la pratica Lewis Carrol (un centesimo per tutte le volte che le Meraviglie di Alice Rohrwacher saranno affiancate nei titoli e nelle recensioni al Bianconiglio e allo Stregatto e si diventa tutti ricchi)  Ma anche Incompresa di Asia Argento nella sezione un  Certain Regard con Charlotte Gainsbourg e Gabriel Garko a completare l’opera (terza). Infine Più buio di mezzanotte di Sebastiano Riso alla Semaine la sezione che l’anno scorso rivelò Salvo. Autori giovani,produttori indipendenti : il cinema italiano preferito dai selezionatori appartiene a questa schiera.

 

Amori miei  Cronenberg, Shrader, Dolan e naturalmente  Mike Leigh, più l’intera sezione di  Cannes Classic, dedicata al tempo che fu  con Per un pugno di dollari di Sergio Leone, Paris Texas di Wim Wenders –  palma d’oro di trent’anni fa,restaurato per l’occasione –  La paura di Rossellini, L’ultimo métro di Truffaut, Le hasard di Kieslowski, Dragon Inn di King Hu, Orizzonti perduti di Capra, La chienne di Renoir, Jamaica Inn di Hitchcock, Sayat Nova di Parajanov.
Il cartellone qui è sempre un miracolo di armonia : dal corto, al lungometraggio,alla retrospettiva tutto s’intona.Parte della promesse de joie cinématographique mondiale comincia da qui.
 
 
 
 
(segue)

 

Fenomenologia de l’Air de Panache et de la Courtesan au chocolat

Fenomenologia de l’Air de Panache et de la Courtesan au chocolat

 

 

 Notes de tête (les plus volatiles : agrumee /épicées /aldéhydées.) : Potreste non avere mai visto un fotogramma di  Lubitsch o Wilder,non sapere niente di Stefan  Zweig, non riconoscere alcuna delle numerose citazioni  contenute in questo piccolo capolavoro e uscire dalla sala di proiezione comunque deliziati.  

Potreste essere allergici ai profumi, refrattari ai dolci e ritrovarvi a seguire inebriati la scia muschiata dell’ Air de Panache o a desiderare la piccola torre di bignè  del pasticciere  Mendles confezionata  in scatola rosa e nastro ceruleo, onnipresente,a buon diritto, in ciascuna fase del racconto.

Notes de coeur – ( pour  les dandys les plus raffinés : fleur du pays de Grasse) Potreste non amare i gialli, i  drammi o le commedie sentimentali  e concludere che un thriller raccontato come una commedia sentimentale e una commedia sentimentale come un thriller….beh sono tutt’altre storie.

Notes de  fond –   (une touche d’intrigue : musquées ) Che cos’è, in questo caso e forse in parecchi altri, il genio? Fondamentalmente un gran talento narrativo nel quale si cimentano con eguale impegno   scenografi, sarti,pittori, scultori, architetti, costumisti, attori, autori, registi, direttori della fotografia. Cinque minuti buoni di titoli di coda a rendere conto di una squadra eccezionalmente amalgamata.

Ed infine  il gran divertimento e la sorpresa procurati da quell’aprirsi e chiudersi e riaprirsi all’infinito di scatole magiche dalle quali saltano fuori divi e divine, peripezie e fughe rocambolesche, inseguimenti su piste innevate, delitti e castighi con epilogo tra il dolce e l’amaro (ereditare una fortuna e perdere l’amore, com’è per il Lobby Boy Zero etcetcetc) Insomma : lo spettacolo è servito

Dunque  ambientazioni Mitteleuropee a colori pastello (che nei  tuguri,  nelle carceri,  nei manieri  interpretano la cupezza con i toni sfumati del marrone e del grigio ) fondali dipinti, cervi di cartapesta e funivie giocattolo. Ciò nel  periodo compreso tra le  due guerre : quello che ha visto succedere di tutto, in località (non del tutto) inventate.Nel più puro stile Franz Lehar.

Monsieur Gustave H  (Je vous aime).E infatti – certamente in ossequio all’air du temps – di tutto succede anche al protagonista, lo chef concierge  Gustave, custode di cerimoniali da Grand Hotel e tombeur (in tutti i sensi, evvai con i sensi) di ricche e attempate ospiti.E che nella disgrazia/e  di detenzioni,conventi, fughe e terribili ascese di regimi distruggitori e liberticidi mantiene intatto l’aplomb  e le buone abitudini, nella convinzione che saranno pasticceri e profumieri  a porre argine alla barbarie (Je vous aime encore et encore).

 

Dafoe veste Prada (e Norton, Fendi). E il costumista allude. Prova ne è che i killer non sono meno killer se vestono un gran cappotto con fondina ed altri necessaires nel taschino interno – tutto di Prada –  mentre i comandanti delle guardie non risultano meno marziali se in lunga redingote di breitschwanz fumo di sigaretta, targata Fendi (da perdere la testa : comandante e paletot).

Tutto questo e molto altro ancora (espressione più che mai adeguata alla filmografia di Wes Anderson così densa di cast e trovarobato) troverete nel sorprendente The Grand Budapest Hotel .Ergo: non  fatevi mancare nulla, (ricetta della Courtesan nel sito del film compresa) e come dicono i produttori  dell’Air de Panache, godetevi questo  retour à la forêt sauvage  apprezzandone fino in fondo  le déferlement animal et gourmand.

 

 

 

 


Grand Budapest Hotel
 (The Grand Budapest Hotel) è un film di genere commedia, drammatico della durata di 
. diretto da Wes Anderson e interpretato da Ralph FiennesTony RevoloriF. Murray Abraham,Mathieu AmalricAdrien BrodyWillem DafoeJeff GoldblumHarvey KeitelJude LawBill Murray.
Prodotto nel 2014 in Germania, USA – uscita originale: 07 marzo 2014 (USA) – e distribuito in Italia da 20th Century Fox.