Sfogliato da
Categoria: La fabbrica del cinema

Godard for ever! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

Godard for ever! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

 Que l’on ait parqué les journalistes dans les allées latérales du Théâtre Lumière n’a rien fait pour atténuer la pression. Des rangs du centre, où se massaient les professionnels de la profession, un « Godard for ever ! » a retenti quand la lumière s’est éteinte. Une salve d’applaudissements et d’éclats de rire a tonné au moment du premier effet 3D. Puis plus rien que des toussotements.

Isabelle Reigner Le Monde 22 maggio 2014

 

Godard for ever ! : nell’attimo che passa tra il buio in sala e l’inizio della proiezione – l’unica autorizzata dall’ Autore e dunque affollatissima –  l’urlo rompe l’attesa. Subito ci si rende conto che ci vuole un bel coraggio a sostenere che Jean Luc non sia a Cannes. E non tanto per la capacità di trasformare l’assenza in palpabile evidenza – ha fatto disdire la conferenza stampa,rilasciato interviste al fulmicotone, parlato di mercato delle vacche e di congresso dei dentisti ,riempito la Croisette di piccole spille con su impresse frasi del film –  ma per quanto di suo dilaga – esplicitamente o meno – nel miglior cinema che qui si è potuto vedere. Il suo e quello degli altri, per intenderci.Non può essere che così quando si è forse l’unico titolare di un Pensiero del Film , si è segnato il proprio tempo e quello a venire,inventando una stagione che ne ha influenzato altre. Continuando per tutto il tempo a sperimentare e a cercare.Godard for ever!Ovvero : lunga vita a Godard ! l’Assente che il giorno dopo verrà definito da malaccorti recensori  un furbo,un alieno, un millantatore.Uno che non fa un film interessante da lustri. Tutto questo era prevedibile quanto ininfluente.Alla fine l’unica realtà possibile è  quel  puis  plus rien que des toussotements nel buio della sala a raccontare la tensione. E la meraviglia.

 

 Le propos est simple. Une femme mariée et un homme libre se rencontrent. Ils s’aiment, se disputent, les coups pleuvent. Un chien erre entre ville et campagne. Les saisons passent. L’homme et la femme se retrouvent. Le chien se trouve entre eux. L’autre est dans l’un. L’un est dans l’autre. Et ce sont les trois personnes. L’ancien mari fait tout exploser. Un deuxième film commence. Le même que le premier. Et pourtant pas. De l’espèce humaine on passe à la métaphore. Ca finira par des aboiements. Et des cris de bébé.”

Simple…dice lui. Salvo l’impazzimento del 3D utilizzato in modo non convenzionale,non per potenziare l’immagine o produrre effettacci  ma per sdoppiarla,sovrapporla  destrutturarla Chiudi un occhio, poi quell’altro, gli occhialetti da soli non bastano.

Simple dice lui. Salvo quel dividere il film in due parti e titolarne una Natura e l’altra Metafora.

Simple e génial. Sfottere  il 3D, citare Straub-Huillet, confermare che non si (fa cinema) né di quel che si vede, né di quel che non si vede. Si fa cinema del fatto che non si vede, ovvero del luogo in cui i nostri occhi non possono arrivare.

Simple nel suo essere manifesto del futuro a mezzo di un’opera, a tratti ,sublime

Simple apprezzarne il lavoro per quel che Jean Luc rappresenta oggi prima ancora di celebrarlo per quel che è stato ieri. (Godard for ever!)

(segue)

 

 

Adieu au langage è un film di genere drammatico regia di  Jean-Luc Godard con: Héloise Godet , Kamel Abdelli e Richard Chevallier. Svizzera 2014.

Lui ! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

Lui ! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

 

 

 « Son regard par-dessus ses lunettes noires nous rend complices d’une promesse de joie cinématographique mondiale, explique l’auteur de l’affiche. La joie de vivre ensemble le Festival de Cannes. » (presentazione ufficiale dell’affiche)

Lui è Marcello Mastroianni in 8 e 1/2, divinizzato – manco ce ne fosse bisogno – in tutte le sfumature del seppia da Hervé Chigioni e Gilles Frappier della Lagency. Sorveglierà la Croisette, incarterà il Palais, presiederà le conferenze stampa, soprintenderà le transazioni del Marché e la caciara dei parties. Il festival numero sessantasette non poteva trovare miglior emblema della cinematografia che più amiamo : quella dell’innovazione, dell’anticonformismo e della poesia.

Loro. Una quindicina di registe,più Jane Campion e Nicole Garcia rispettivamente alla testa delle giurie di Concorso e Caméra d’or – vietato insistere  troppo sulle quote rosa però, che altrimenti Henry Fremaux ricomincia con la storia del merito che prevale sul genere –  e poi americani  indipendenti, inglesi politicizzati tosti, esordi di cinematografie lontane, francesi dilaganti, Godard che tenta il 3D, l’oramai immancabile  cineseria – poca però – e Lambert Wilson maître de cérémonie.(qui le madrine fringuellanti non sono un imperativo categorico)

 Gli altri. Assenti per ragioni sconosciute ma quasi tutte  riconducibili all’ufficiale – ma che bugiardi –  intempestività e ritardi delle lavorazioni : Paul Thomas Anderson,  Keren Yedaya, Alejandro Gonzàles Inarruti , Clint Eastwood, ciascuno a modo proprio testa di ponte di una cinematografia costruita per mostrare il mondo sullo schermo.Peccato, anche se non è detta l’ultima.Magari qualcosa viene ripescato come sorpresa dell’ultimo momento.  

Assente mica tanto Abel Ferrara con Welkome to New York,  vita morte e miracoli sotto mentite spoglie di Dominique Strauss Kahn. Non è in concorso né in alcuna sezione.Sarà proiettato  al Marchè previa conferenza stampa.Esce nelle sale ed in contemporanea, on demand, sul web accompagnato da polemiche, fumus di complotti  ed ampi spiegoni del produttore sulle nuove frontiere commerciali dell’home video.Ovvero della première in pantofole.

Disgrâce de Monaco – Apre Kidman – Kelly con filmone preceduto da grancassa e – come se non bastassero i trascorsi attriti tra regia e produzione –  già sconfessato dalla Famille Princiére,regnante a pochi chilometri e assai indignata per l’andamento un po’ troppo fictionelle et  inutilement “glamourisée” del film su mammà,  venerata in patria come una santa e della quale viene mostrata la profonda crisi d’identità acuita dalla proposta di Hitchcock di un ritorno al cinema. Il film avrebbe dovuto essere Marnie – decisamente poco adatto a soccorrere problematiche esistenziali di qualsivoglia natura –

Andò che la princesse scelse il regno, l’amore e la famiglia mentre  la parte fu affidata alla egualmente problematica e bionda ma meno regale  Hedren. E sempre nell’ambito del fuori concorso, Erri De Luca resuscita Cocteau napoletanizzando il testo francese, con Loren  Voce umana e Ponti figlio alla regia. 

 

 Nazionali senza filtro. Meraviglie in concorso – e diamo qui per definitivamente evasa la pratica Lewis Carrol (un centesimo per tutte le volte che le Meraviglie di Alice Rohrwacher saranno affiancate nei titoli e nelle recensioni al Bianconiglio e allo Stregatto e si diventa tutti ricchi)  Ma anche Incompresa di Asia Argento nella sezione un  Certain Regard con Charlotte Gainsbourg e Gabriel Garko a completare l’opera (terza). Infine Più buio di mezzanotte di Sebastiano Riso alla Semaine la sezione che l’anno scorso rivelò Salvo. Autori giovani,produttori indipendenti : il cinema italiano preferito dai selezionatori appartiene a questa schiera.

 

Amori miei  Cronenberg, Shrader, Dolan e naturalmente  Mike Leigh, più l’intera sezione di  Cannes Classic, dedicata al tempo che fu  con Per un pugno di dollari di Sergio Leone, Paris Texas di Wim Wenders –  palma d’oro di trent’anni fa,restaurato per l’occasione –  La paura di Rossellini, L’ultimo métro di Truffaut, Le hasard di Kieslowski, Dragon Inn di King Hu, Orizzonti perduti di Capra, La chienne di Renoir, Jamaica Inn di Hitchcock, Sayat Nova di Parajanov.
Il cartellone qui è sempre un miracolo di armonia : dal corto, al lungometraggio,alla retrospettiva tutto s’intona.Parte della promesse de joie cinématographique mondiale comincia da qui.
 
 
 
 
(segue)

 

Fenomenologia de l’Air de Panache et de la Courtesan au chocolat

Fenomenologia de l’Air de Panache et de la Courtesan au chocolat

 

 

 Notes de tête (les plus volatiles : agrumee /épicées /aldéhydées.) : Potreste non avere mai visto un fotogramma di  Lubitsch o Wilder,non sapere niente di Stefan  Zweig, non riconoscere alcuna delle numerose citazioni  contenute in questo piccolo capolavoro e uscire dalla sala di proiezione comunque deliziati.  

Potreste essere allergici ai profumi, refrattari ai dolci e ritrovarvi a seguire inebriati la scia muschiata dell’ Air de Panache o a desiderare la piccola torre di bignè  del pasticciere  Mendles confezionata  in scatola rosa e nastro ceruleo, onnipresente,a buon diritto, in ciascuna fase del racconto.

Notes de coeur – ( pour  les dandys les plus raffinés : fleur du pays de Grasse) Potreste non amare i gialli, i  drammi o le commedie sentimentali  e concludere che un thriller raccontato come una commedia sentimentale e una commedia sentimentale come un thriller….beh sono tutt’altre storie.

Notes de  fond –   (une touche d’intrigue : musquées ) Che cos’è, in questo caso e forse in parecchi altri, il genio? Fondamentalmente un gran talento narrativo nel quale si cimentano con eguale impegno   scenografi, sarti,pittori, scultori, architetti, costumisti, attori, autori, registi, direttori della fotografia. Cinque minuti buoni di titoli di coda a rendere conto di una squadra eccezionalmente amalgamata.

Ed infine  il gran divertimento e la sorpresa procurati da quell’aprirsi e chiudersi e riaprirsi all’infinito di scatole magiche dalle quali saltano fuori divi e divine, peripezie e fughe rocambolesche, inseguimenti su piste innevate, delitti e castighi con epilogo tra il dolce e l’amaro (ereditare una fortuna e perdere l’amore, com’è per il Lobby Boy Zero etcetcetc) Insomma : lo spettacolo è servito

Dunque  ambientazioni Mitteleuropee a colori pastello (che nei  tuguri,  nelle carceri,  nei manieri  interpretano la cupezza con i toni sfumati del marrone e del grigio ) fondali dipinti, cervi di cartapesta e funivie giocattolo. Ciò nel  periodo compreso tra le  due guerre : quello che ha visto succedere di tutto, in località (non del tutto) inventate.Nel più puro stile Franz Lehar.

Monsieur Gustave H  (Je vous aime).E infatti – certamente in ossequio all’air du temps – di tutto succede anche al protagonista, lo chef concierge  Gustave, custode di cerimoniali da Grand Hotel e tombeur (in tutti i sensi, evvai con i sensi) di ricche e attempate ospiti.E che nella disgrazia/e  di detenzioni,conventi, fughe e terribili ascese di regimi distruggitori e liberticidi mantiene intatto l’aplomb  e le buone abitudini, nella convinzione che saranno pasticceri e profumieri  a porre argine alla barbarie (Je vous aime encore et encore).

 

Dafoe veste Prada (e Norton, Fendi). E il costumista allude. Prova ne è che i killer non sono meno killer se vestono un gran cappotto con fondina ed altri necessaires nel taschino interno – tutto di Prada –  mentre i comandanti delle guardie non risultano meno marziali se in lunga redingote di breitschwanz fumo di sigaretta, targata Fendi (da perdere la testa : comandante e paletot).

Tutto questo e molto altro ancora (espressione più che mai adeguata alla filmografia di Wes Anderson così densa di cast e trovarobato) troverete nel sorprendente The Grand Budapest Hotel .Ergo: non  fatevi mancare nulla, (ricetta della Courtesan nel sito del film compresa) e come dicono i produttori  dell’Air de Panache, godetevi questo  retour à la forêt sauvage  apprezzandone fino in fondo  le déferlement animal et gourmand.

 

 

 

 


Grand Budapest Hotel
 (The Grand Budapest Hotel) è un film di genere commedia, drammatico della durata di 
. diretto da Wes Anderson e interpretato da Ralph FiennesTony RevoloriF. Murray Abraham,Mathieu AmalricAdrien BrodyWillem DafoeJeff GoldblumHarvey KeitelJude LawBill Murray.
Prodotto nel 2014 in Germania, USA – uscita originale: 07 marzo 2014 (USA) – e distribuito in Italia da 20th Century Fox.

 
Eccoci

Eccoci

 

 Preparate i fazzoletti ma non come quando le ruffianerie di certi registi e autori e compositori di colonne sonore e montatori  mettono insieme film inevitabilmente commoventi. Qui Veltroni è stato bravo e l’arte del racconto,della collazione, più il tentativo di non farsi troppo prendere la mano prevalgono sui sentimentalismi,sulla nostalgia molesta quella priva di senso storico che è rimpianto di epoche trascorse solo in quanto tali e, nel ricordo, edulcolorate, abbellite, mitizzate.

 

E tuttavia mettere mano ai fazzoletti sarà inevitabile per il riaffiorare di un dolore mai sopito : la perdita di Lui  e di quel che ha rappresentato: un’epoca dove tutto sembrava ed  era possibile. Nonostante tutto. Chiosa  necessaria questa,  laddove in quel tutto sono contenuti scenari che parlano di guerra fredda,tentativi autoritari o addirittura golpisti, stragi, terrorismo.E cocenti sconfitte.

 

 Il racconto rievocherà di lui i tratti distintivi e già noti :  il senso etico, la passione, il rigore, la determinazione a rompere con un passato non sempre glorioso, ad innovare, a dare un senso vitale alla parola comunista attualizzandone i contenuti. Ma soprattutto mostrerà come quell’esempio tendesse a contaminare la vasta Comunità che gli si faceva intorno e come quel senso morale  spingesse ognuno ad essere migliore.L’Idea che aveva dato dignità a milioni di diseredati continuava così la sua missione alimentando il Nuovo.

 

 Un documentario per riattivare la Memoria pensando all’Oggi e a quanto di quel cospicuo patrimonio debba essere trasferito nell’attuale Fare Politico.E anche se quei tempi sembrano così  lontani e in qualche caso irrimediabilmente perduti, resta, nella comunità storica ma anche in quella di più recente acquisizione, il senso di appartenenza, la volontà di cambiare le cose attraverso un tentativo costante di innovazione e di essere nelle cose sconosciuto a qualsiasi altro tipo di compagine.Che sia più o meno riuscita o goffa l’interpretazione della sua testimonianza, l’eredità di Enrico Berlinguer è racchiusa in questa tensione.

 

 

 

(A distanza di tre minuti e per un intero giorno si sono alternati i picchetti d’onore intorno alla bara di Enrico Berlinguer : dalla delegazione socialista a quella del comitato centrale,dai diplomatici vietnamiti agli intellettuali,  ai registi e agli attori più noti.Ma indimenticabili  per me restano gli occhi lucidi  delle infermiere,dei vigili del fuoco, dei lavoratori Alitalia e dei minatori del Sulcis Iglesiente con la torcia accesa sul casco.Lui sapeva parlare a tutti.E tutti erano al suo funerale)

 

Quando c’era Berlinguer è un film di genere documentario della durata di. diretto da Walter Veltroni e interpretato da Giorgio Napolitano,Richard GardnerAlberto MenichelliEmanuele MacalusoAlberto FranceschiniEugenio Scalfari.
Prodotto nel 2014 in Italia e distribuito in Italia da 
Bim Distribuzione il giorno.

 

 

 

Cose forse già viste

Cose forse già viste

 

Eccoli là : Brad Pitt, Angelina Jolie, Julia Roberts, Kevin Spacey, Meryl Streep, Jennifer Lawrence, Jared Leto… in un  selfie  scattato da Bradley Cooper prima dello spettacolo e che la presentatrice  Ellen DeGeneres  ha inviato su twitter : immediato  record di retweets di tutti i tempi .Più della foto di Michelle col vestito a quadretti che abbraccia Obama. Virale.Dicono. E,alla faccia della spontaneità,  sponsorizzato dalla Samsung   che ha investito venti milioni di dollari in pubblicità per l’intero spettacolo.

 

(il selfie, con o senza photobombing , è stato il tormentone di  questa cerimonia di premiazione.E già non se ne può più)

 

Che show  però e che circo. Premiazioni così spettacolari dove tutto funziona e niente è lasciato al caso se ne fanno solo qui. Ed è qui che anno dopo anno le scelte cadono su film ed interpretazioni sempre più significative prelevando dai festival internazionali  quanto di meglio il cinema può offrire  – Her e Dallas Buyers club erano al festival del cinema di Roma, Gravity alla Mostra di Venezia, 12 anni schiavo a Toronto, A proposito di Davis, La grande bellezza e Nebraska  a Cannes –  Molti film arrivano qui già carichi di Palme, Orsi César e Leoni nonchè dell’entusiasmo del pubblico. Ma qui si compie l’opera : un Oscar è sempre un Oscar.

 

Americanate si diceva un tempo con una punta di disprezzo pensando che il glamour, la messa in scena sfarzosa, le gag dei presentatori, i fiumi di denaro investiti in promozione non avessero a che vedere col cinema-cinema. Così non era e nemmeno è particolarmente, oggi che l’Academy premia film non certo compiacenti o didascalici sullo schiavismo e sull’AIDS ma fa dire alla presentatrice della serata o date tutti gli Oscar a 12 anni schiavo o siete tutti razzisti mettendo così il dito sulla piaga del ricatto che il politicamente corretto esercita in certe scelte.

 Lo show del Kodak theatre diventa allora il simbolo, il  precipitato di un Sistema che funziona, che rispetta l’Arte e che ama il Cinema. La seconda Industria del Paese merita tutto questo impegno.Il cinema italiano – che dovrebbe per dirla con Sorrentino,fare di più – e la Politica prendano nota.

Seguono due film (da me) molto amati e (dall’Academy) per niente premiati

 

Cose forse già viste ma che non è male rivedere.Se la confezione, un po’ Bogdanovich un po’ Cassavetes, è in brillante bianco e nero,la fotografia ineccepibile, la recitazione strepitosa, si può anche prendere in considerazione  l’ ennesimo on the road made in USA dove un padre molto anziano e un figlio intraprendono il viaggio rivelatore  ritrovando se stessi e un rapporto che probabilmente non c’è mai stato. Le tappe del viaggio in un Nebraska  flagellato dalla crisi,  prevedono  soste,  ripensamenti e riflessioni, incontri con  parenti beffardi, opportunisti ,invidiosi.Alla fine parecchi inganni saranno rivelati non solo il premio di un milione di dollari che li aveva spinti a mettersi in cammino e che si sapeva fosse un imbroglio. Attori grandiosi. (tutti)

 

Fratelli, ci siete. Trasformare i sogni l’arte il talento in dollari o mezzi di sussistenza non è impresa semplice nemmeno nel paese  delle grandi opportunità.Trama leggera, ordito profondo: inconfondibilmente F.lli Coen, per una storia che racconta l’Odissea – Omero come espressa fonte d’ispirazione e qualche felino rappel che conduce a Joyce – del folksinger Van Rock che si esibisce al Gaslight (Village) in anni ( dal 1960 al 1961) ricostruiti con una tale pignoleria che il film sembra girato all’epoca. Il fallimento che non riconosce d’essere tale, il perdente con dignità e soprattutto la musica sono i protagonisti di questo raffinatissimo film – tra i migliori dello scorso anno – che seppure annovera un protagonista poco accattivante e una trama senza scosse o eventi particolari,riesce ad essere egualmente bellissimo.

 

Nebraska è un film in bianco e nero di genere commedia, drammatico della durata di . diretto da Alexander Payne e interpretato da Bruce Dern,Will ForteJune SquibbBob OdenkirkStacy KeachMary Louise WilsonRance HowardTim DriscollDevin RatrayAngela McEwan.
Prodotto nel 2013 in USA – uscita originale: 22 novembre 2013 (USA) – e distribuito in Italia da Lucky Red 

A proposito di Davis (Inside Llewyn Davis) è un film di genere drammaticodella durata di . diretto da Ethan CoenJoel Coen e interpretato daOscar IsaacCarey MulliganJustin TimberlakeEthan PhillipsMax CasellaJerry GraysonJeanine SerrallesAdam DriverStark Sands,John Goodman.
Prodotto nel 2013 in USA – uscita originale: 06 dicembre 2013 (USA) – e distribuito in Italia da Lucky Red