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Categoria: Cannes 2009

My name is Clareece “Precious” Jones

My name is Clareece “Precious” Jones

Con gran ritardo, molti riconoscimenti – tra i quali due Oscar –  e poche copie,  arriva anche qui da noi, questo pregevole lavoro di Lee Daniels, che dopo aver spopolato al Sundance, fu a Cannes 2009 – sezione un Certain Regard –  suscitando commozione, entusiasmo e una standing ovation di quelle che non si dimenticano.



Primo film tra la fine dell’era Bush e l’avvio dell’era Obama – insediato da pochissimi mesi –  dopo un lungo periodo di rappresentazioni forti, deprimenti, insostenibili, talvolta violente nelle quali  la disperazione senza via d’uscita, era la vera incontrastata protagonista. E primo film che alla fine di una storia di emarginazione e orrori domestici, lascia intravedere un barlume di riscatto .



Bisogna però arrivarci alla fine, poichè la vicenda di Precious, adolescente di Harlem alla fine degli anni 80 , obesa, analfabeta, sieropositiva,  abusata fin dall’età di tre anni dal proprio padre del quale è rimasta due volte incinta , con una figlia down e una madre terrificante che non trova di meglio che inveirle contro di continuo ,  è  una tale botta allo stomaco da diventare  a momenti  insopportabile .



Per resistere a questo desolante campionario di disgrazie, ci si può avvalere del sostegno della stessa Precious e dei suoi sogni – nonostante tutto – di ragazzinaI wish I had a light-skinned boyfriend with real nice hair ed inoltre  And I wanna be on the cover of a magazine in entrambi i casi senza che ciò comporti il diventare magra, bionda o bianca.


E’ possibile che il riscatto di Precious passi per il programma di recupero scolastico che si accinge ad intraprendere  ma il motore, la spinta, la ragione, sono proprio quei sogni tra ingenuità e paradosso – in uno identifica sua madre nella Ciociara che sta passando sul televisore di casa, perennemente acceso, in un altro è la star di All That Jazz – a salvare lei (e noi) da un triste destino.


Tratto dal romanzo di Sapphire, Push – che da noi diventa Precious ed è in uscita per Fandango – efficacemente rimaneggiato da Geoffrey Fletcher – è lui uno degli Oscar – diretto da Lee Daniels e magnificamente recitato dall’intero cast, Mo’nique – l’altro Oscar – perfetta nel ruolo della madre snaturata e violenta ancorchè vittima lei stessa del terribile meccanismo, l’esordiente, per il cinema, Gaburey Gabby Sidibe che è Precious, Lenny Kravitz e Mariah Carey nei ruoli rispettivamente di un infermiere e dell’assistente sociale.


But first I wanna be in one of them BET videos . E’ questo il sogno più importante. E pare proprio che, in qualche modo, ci sia riuscita.






Precious è un film di Lee Daniels del 2009, con Gabourey ‘Gabby’ Sidibe, Mo’Nique, Paula Patton, Lenny Kravitz, Sherri Shepherd, Nealla Gordon, Stephanie Andujar, Amina Robinson, Chyna Layne, Xosha Roquemore. Prodotto in USA. Durata: 110 minuti. Distribuito in Italia da Fandango

En attendant la palme ( Mikhalkov)

En attendant la palme ( Mikhalkov)

Apre e chiude l’edizione 63 : il soldato Ryan. E siccome per Robin Hood lo sbarco dei perfidi francesi è stato da tutti interpretato come una scopiazzatura – o citazione, che poi più o meno è la stessa cosa  –  da Spielberg,  Nikita Mikhalkov, forse per tagliare la testa al toro,  ha  subito dichiarato che il suo Sole Ingannatore 2, molto deve proprio a Salvate il soldato Ryan. Chi l’avrebbe mai detto.

Confesso di amare molto il  Mikhalkov attore e regista. Meno l’uomo di cinema ma solo per la conduzione dell’Associazione dei cineasti russi, una sorta di Ministero che tra l’altro eroga fondi e che nella furia di far tornare i conti non è abbastanza prodigo con il cinema d’autore.


E poichè in quel Paese il settore vanta nomi dello spessore di Sokurov , Iosseliani, German e Todorovski, si capisce bene perchè tutti ce l’abbiano con lui, senza considerare  il fatto che i suoi film risultano essere invece copiosamente finanziati.


E come respinge  l’ineffabile Nikita ogni obiezione, prima fra tutte quella che col costo del Sole Ingannatore 2 si sarebbero potuti fare dieci film d’autore?


Ovviamente sostenendo di amare molto il cinema d’autore ma….. non si può mica sempre pensare all’elite. Non tutti possono vivere di ostriche c’è bisogno anche del pane e del burro per i più. Grandezza dell’anima russa.


Insomma questi detrattori sarebbero, a suo dire,  quattro gatti nostalgici dell’ assistenzialismo d’antàn. Questa sembra di averla già sentita, anche se Nikita non ha niente a che vedere con i Mostri di casa nostra. Almeno il genio dei suoi colleghi, lui lo riconosce.


Ciò detto Mikhalkov è un indiscusso maestro capace di conferire dignità anche alla piéce più banale. Questo suo straripante ed esoso kolossal, distante anni luce dalle atmosfere vagamente checoviane del Sole Ingannatore 1, risente del tocco e del mestiere di un grande regista.


Certo l’amor paterno decisamente deborda. Tuttavia una visione antiretorica ed antieroica di quella pagina di storia, considerata dal popolo russo, non del tutto a torto,  una delle più importanti della storia dell’umanità, richiede una certa dose di coraggio. A mostrare quel che c’è dietro a qualsiasi guerra – anche quelle più giuste e necessarie – in termini di dolore, sofferenze, privazioni, stupidità, paura, si rischia di scalfire un’immagine un po’ troppo – e pericolosamente – iconografica della cacciata di Hitler.


Un ristabilire le cose, dedicando l’intera operazione ai giovani che nulla sanno. Non sia mai dovessero pensare che la sconfitta dei nazisti sia stata solo opera dello sbarco in Normandia.


Ariecco il soldato Ryan che tanto piacque a Nikita da volerne fare una versione tutta all’opposto. Un film stalinista ? – come da stizzite note dei connazionali registi firmatari di petizioni al veleno – Non scherziamo.

E qui però ha ragione Nikita che stalinista non fu mai.

Bravo anche come interprete – ma non c’era da dubitarne – e brava anche Nadeja, sua figlia anche nella realtà,  che nel frattempo è diventata una giovane donna. Pare ieri che andò a ricevere l’Oscar per il Sole Ingannatore 1, in braccio a papà. Amor paterno 1 e 2.

E non finisce qui : è quasi pronta la seconda parte del Sole 2.


Burnt By The Sun 2: Exodus è un film di Nikita Mikhalkov del 2010, con Nikita Mikhalkov, Oleg Menshikov, Mikhail Efremov, Dmitriy Dyuzhev, Vladimir Ilyin, Nadezhda Mikhalkova, Andrey Panin, Viktoriya Tolstoganova, Angelina Mirimskaya. Prodotto in Francia, Germania, Russia. Durata: 141 minuti.


I’m not a man, I’m Eric Cantona ( e con la maglia numero sette)

I’m not a man, I’m Eric Cantona ( e con la maglia numero sette)

 Sarà che a Cannes la proiezione di Looking for Eric era prevista il giorno successivo a quella di Antichrist – splendido ma angosciante –  sarà che i film di  Ken Loach hanno tutti un che di vivificante, fatto è che dopo aver visto le peripezie del postino Eric assistito – e chi meglio di lui –  dal suo ange gardien  Eric, tutti si sono sentiti immediatamente meglio.

Sette mesi dopo, la sensazione rimane inalterata, dunque l’effetto von Trier non c’entrava. Antichirst resta il bel film che era e Il mio amico Eric oramai passato per le maglie del doppiaggio, conserva intatto il suo strepitoso piglio.

Ken Loach che ama il calcio quanto il cinema ed Eric Cantona ex attaccante del Manchester che ama il cinema – Pasolini è il suo regista preferito – quanto il calcio, tant’è che, finita la carriera, s’è  dedicato anima e cuore alla sua passione, interpretando o producendo film e idee brillanti.

Come questa bellissima favola  che originariamente doveva essere sul rapporto del Campione con i supporters e che passata per le mani di Loach e del fido Laverty, si è ampliata trasformandosi in un elogio della working class tifosa e solidale, oltre che, naturalmente, del calciatore Cantona, entrato a far parte a buon diritto negli annali della storia del calcio per le qualità atletiche, per l’affetto che i tifosi del Manchester United ancora gli portano e per aver preso a pedate nel sedere un tifoso che gli aveva dato dello sporco francese . Gesto  costatogli un anno di squalifica.

Il fatto è che  l’idea centrale del film è anche l’Idea del Gioco secondo Cantona il quale sostiene che la sua migliore azione in campo è stato non un goal,  ma un assist smarcante servito a  Ryan Giggs, a tutt’oggi, miracolosa ala sinistra dei Red Devils.  – Devi sempre fidarti dei tuoi compagni  – Conclude. E per essere più forti – chiosa Loach – bisogna stare uniti.

C’è qualcosa di Frank Capra – lo hanno notato tutti e anche per me è così – nella storia del portalettere in crisi depressiva da vita di merda, affetti dissipati figli allo sbando e guai incombenti. Tutto sembra precipitare, finché il suo idolo, appunto Cantona, una bella sera non scende giù  dal manifesto appeso in casa, e materializzatosi lo accompagna in un glorioso tragitto di risalita.

Capra, Cantona e Loach, tre geni al servizio di una storia che non è solo edificante ma che contiene una visione esatta della società inglese, che individua nel tifo una metafora della Comunità, sospingendo con molta discrezione lo spettatore verso riflessioni sul significato della condivisione.

Sceneggiatura brillante ed aforismi irresistibili. Visto e ri-visto. Adorabile.

 Il mio amico Eric è un film di Ken Loach del 2009, con Steve Evets, Eric Cantona, Stephanie Bishop, Gerard Kearns, Lucy-Jo Hudson, Stefan Gumbs, Matthew McNulty, Laura Ainsworth, Max Beesley, Kelly Bowland. Prodotto in Belgio, Francia, Gran Bretagna, Italia. Durata: 116 minuti. Distribuito in Italia da Bim Distribuzione

 

 

 

Salsa Pedro

Salsa Pedro

 







Anche se non fosse – come dicono i patiti delle graduatorie –  il miglior Almodovar, avercene. E poi se i termini di paragone sono Parla con lei o Tutto su mia madre, superarsi non sarebbe impresa da poco nemmeno per uno come lui.

Maltrattato in patria dal maggior quotidiano nazionale  – presuntuoso noioso e vuoto – Los abrazos non è un film che ha il requisito dell’immediatezza. Presi, come ci si ritrova,  a sbrogliare una trama che dispiega personaggi – ciascuno col proprio doppio – su tripli piani temporali,  tra rimandi, ruoli, destini incrociati e citazioni, il piacere del film potrebbe sfumare.

In realtà,  a meno di essere integralisti della modalità narrativa A-B-C, nel tipo di struttura prescelta, risiede molto del fascino del film. Il resto è affidato ad una gran complicità artistica ed umana con Penelope Cruz, ad un utilizzo al meglio di ogni strumento a disposizione – musica, costumi, scene etc – e ad un gusto cinefilo smodato.

Il che rende amabile ogni fotogramma, vuoi per la presenza per niente discreta – e giustamente! – di Viaggio in Italia, vuoi per l’omaggio al Cinema e a chi , maestranze comprese, lo realizza. 

Ma non si tratta di citazioni tout court, piuttosto del mostrare senza reticenze quale peso abbiano avuto, registi come Malle, Hitchcock, De Palma, Tarantino, Godard, Demy, Antonioni, Allen, Minnelli nel suo cinema.

Storia di amour fou in cui la gelosia e la voglia mettersi  a (ri)fare cinema giocano un ruolo chiave.Tradizionale melodramma noir, cucinato in struggente salsa Pedro.

Gli abbracci spezzati è un film di Pedro Almodóvar del 2009, con Penelope Cruz, Lluís Homar, Blanca Portillo, José Luis Gómez, Tamar Novas, Rubén Ochandiano, Rossy de Palma, Ángela Molina, Carlos Leal, Carmen Machi. Prodotto in Spagna. Durata: 129 minuti. Distribuito in Italia da Warner Bros.

 

 

You know somethin’, Utivich? I think this might just be my masterpiece.

You know somethin’, Utivich? I think this might just be my masterpiece.

 


Poi dice che gli ci sono voluti dieci anni – inframmezzati, nei ritagli di tempo, dalla realizzazione di due cosucce del tipo  Kill Bill e Grindhouse, per portare a termine questo film .

E ti credo. Prima tira giù dagli scaffali la Cineteca di Babele sana sana, poi scrive a mano, subito dopo copia ( con un solo dito) il tutto su di una Smith Corona dei fine ’90 ( memoria sì, ma corta, deve stampare ogni volta la pagina )….

Ma tutta questa semicatastrofe d’imperizia e di stravaganza dei mezzi,  sostiene Tarantino, è una vera salvezza, perchè la scrittura è torrenziale e i personaggi tendono ad andarsene per conto proprio. E quale migliore opportunità per limare, scremare, tagliare se non l’essere privi del copia – incolla? Se lo dice lui. Alla fine del decennale strambuglione, questo è quanto :

Dimenticate il soldato Ryan per spostarvi nel solco infinitamente più avvincente della Spia di Damasco di Anche i boia muoiono della Grande Fiamma, di Duello al sole, di tutta la fantasmagorica produzione di propaganda nazi, dello spaghetti western, di Quel maledetto treno blindato di Castellari. E così tra Cannoni di Navarone e  Sporche dozzine, badando bene di non  dimenticare Lubitch, ne’ Leone, ora mescolando ora agitando l’infinità d’ingredienti,  avrete solo una piccola idea di cosa possa essere il fenomenale  Inglorious Basterd, film porno kosher o maccheroni combat, come è stato catalogato. E dato che fare secchi i nazisti come meritano, cioè con ogni mezzo di cui uno è recuperarne lo scalpo con la mazza da baseball, pare sia meglio del sesso e che il cinematografico dilagante Made in Italy,non occhieggia, ne’ sfuma, il racconto c’è.

Ma non si pensi al centone delle citazioni più o meno raffinate. Nessuna civetteria cinefila, nessuna frivolezza. Qui semplicemente si rifà la storia, si costruisce la Strategia della Paura per annientare il nemico, si ordiscono complotti in cinema parigini, si rappresenta finalmente la vendetta ebraica – non a caso a Tel Aviv il pubblico è andato in visibilio – si fanno morire i cattivi – Hitler, Goebbles, Goering – tutti insieme e  in un sol colpo. Prima la trappola della Premiere del film di regime, poi il rogo – vero, con tanto di lievi ustioni per gli attori –

Che dire. Null’altro se non che questo film, perfetto nella sua meticolosa stramberia risulta essere un lavoro di gran pregio. Da Stolz der Nation il film – nel film – di propaganda, veramente realizzato e tale da poter piacere al Reich, agli attori incredibili, all’idea dei cinque capitoli – compreso prologo ed epilogo – ognuno con uno stile diverso. Ne’ morale, ne’ politicamente corretto – avverte l’autore – poichè queste non sono le priorità. Ma poi esce fuori lo stesso un film politico di prim’ordine – e lui, quello che scrive con un dito solo, lo sa molto bene – .

(The masterprice cui allude il titolo del post è la svastica che Raine- Pitt disegna affondando il coltello  nella fronte del perfido nazista fino al cranio. Applausi a scena aperta, in molti cinema della capitale)

Bastardi senza gloria è un film di Quentin Tarantino del 2009, con Brad Pitt, Mélanie Laurent, Christoph Waltz, Eli Roth, Michael Fassbender, Diane Kruger, Daniel Brühl, Til Schweiger, Gedeon Burkhard, Jacky Ido. Prodotto in Francia, Germania, USA. Durata: 153 minuti. Distribuito in Italia da Universal Pictures