Quando la morte è understatement,ridicolo,erotismo
A forza di vendere collane di noccioline e dolci all’Acquasanta, al Garbo, a san Cipriano, con vento e sole, con acqua giù a secchi, alla mia vecchiaia per assicurarmi un pane; fra i pochi soldi, mi ammucchiavo quelli per tramandarmi al tempo più lontano, mentre son viva, da vera abitante (del sestiere) di Portoria: Caterina Campodonico (la Paesana) -1881- da questa mia memoria, se vi piace, voialtri che passate, pregatemi pace.
Non ho trovato l’illustrazione della venditrice di basilico ma questa sua omologa nel settore dei dolci e delle nocciole, racconta un po’ la stessa storia. Mestieri umili per assicurarsi ûn pan e per un’uscita di scena degna di una signora.

Ed eccola qui Caterina Campodonico detta la “paesana”, si trova al cimitero di Staglieno a Genova dove, nella parte monumentale, curiose espressioni di arte funeraria di tipo iperrealistico, ci raccontano vita, morte e in qualche caso miracoli, di una borghesia cittadina ricca che spesso si fa rappresentare piangente, in eleganti abiti da lutto, accanto o addirittura in luogo, del caro estinto che, si immagina,sia racchiuso nel sarcofago.Ovvero di poveri cristi come Caterina o la venditrice di basilico che non vogliono essere da meno,ma che poi la rappresentazione esasperata (troppe rughe,troppo panneggio,le trine,le nappe l’a jour ,il punto rinascimento della camicia e soprattutto le scarpe) li rende per quello che sono: poveri cristi vestiti a festa, nonostante i gioielli (classici da popolana)

La retorica affiancata ad una minuziosa rappresentazione della realtà può fare brutti scherzi ,come nel caso di questa giovane vedova che bussa alla porta del Tempo nel tentativo di raggiungere l’amato consorte.La vita stretta nel bustier e quel mostrare l’orlo del sottabito (gesto assai significativo nell’ottocento) nell’immotivato raccogliere la veste (ma non ci sono gradini ne’ impedimenti),trasmettono un messaggio nettamente in contrasto con quello dell’inconsolabile dolore che l’artista e la committente, avrebbero voluto rappresentare.Notare la netta differenza tra le trine di Caterina e quelle della mantiglia della vedova borghese

Qui invece una vedova altrettanto giovane e bella, viene,nell’intenzione dello scultore, consolata da un’entità divina ma l’eccessiva plasticità della figura,rende l’idea che l’angelo stia respingendo,minacciandola, la donna che, tuttavia, insiste

Più anziana e saggia questa vedova ha deciso di elaborare il lutto aspettando il consorte,in abito da passeggio,accanto alla di lui tomba.Nel frattempo, però, si è addormentata

Il cavalier Podestà ha deciso di risorgere insieme alla moglie in abito vedovile e così, semiavvolto nel suo stesso sudario, le indica la strada. La signora tuttavia,non sembra essere troppo convinta. Alle volte un gesto di eccessiva pudicizia, può essere scambiato per resistenza

Anche qui siamo dinnanzi ad una incolmabile perdita ,una madre e un figlio pregano e due angeli fanno da contorno alla scena. Uno nella fretta di uscire,s’è però chiuso la veste nella porta del sacello.

La rappresentazione della tragedia sconfina nel ridicolo per eccesso di dramma , questa mano sul capo, una discreta attenzione per il seno unitamente all’espressione vagamente beata della giovane, suggeriscono tutt’altro.

E anche qui, tra beatitudine, chiome sparse, fiori nell’incavo del braccio e nudità in bell’evidenza, si tende credo, più che altro, a resuscitare il morto.
Berlusconi, fin da ieri ritratto, resuscitato e sorridente, en robe de combat, berretto di loden e visiera, si prepara a ricevere i Suoi dal palco di San Giovanni, nel giorno che piuttosto che della spallata sembra più quello della chiusura di una fase e contestuale apertura della successiva .Il dopo – Silvio ( il cognome è improvvisamente sparito dall’armamentario della comunicazione politica di FI) , va preparato con attenzione e da qui in poi ,il nodo centrale,c’è da scommetterci, sarà il trasferimento dell’eredità politica, e il delfinato. La chiamata è avvenuta in stile classico “Siamo gente perbene,”preferiremmo passeggiare tra botteghe e pasticcerie” recitava un primo appello sul quodidiano Libero.Poche evocative espressioni sono sufficienti perchè si materializzino innanzi agli occhi, i destinatari del messaggio,il popol suo, i titolari di una cultura radicata nel paese, quella degli interessi corporativi,dell’egoismo e della competitività sociale, del consumo,dell’odio per le tasse.Che poi passeggino davvero il sabato tra botteghe e pasticcerie o desiderino semplicemente di farlo,poco conta.E mentre i manifesti rappresentano Prodi come una vecchia gallina romana che ruba le uova d’oro al ricco nord o come una specie di Suss l’ebreo viscido che deruba il TFR agl’Italiani con sotto la scritta “TFR per Prodi significa Ti Frego i Risparmi”,viene in mente la vecchia satira anticomunista anni 50 legata alle fotografie o alle vignette del Borghese che puntava a ridicolizzare l’avversario per la sua fisicità.Anche lì i borghesi buoni e belli venivano rappresentati come gente perbene famigliole pulitine in visita di sabato a botteghe e pasticcerie.Ma qui, come si diceva, è in gioco l’eredità e Berlusconi pensa di avviarne il trasferimento in uno scenario simile a quello “della marcia dei 40.000 quadri Fiat” del 1980 quando “l’Italia che lavora e produce volle far sentire la sua voce” quando cioè l’eterna zona grigia del paese prese la parola e cominciò a conquistare l’egemonia.La prosecuzione del berlusconismo con altri mezzi e nel suo spirito è la sfida del futuro.Staremo a vedere come questa sfida raccoglieranno i numerosi eredi.
Finisce qui. Con una decisione alquanto sorprendente la Cassazione cancella i processi e le sentenza di primo e secondo grado dell’affaire SME (cinque anni di condanna per Previti, sette per il giudice Squillante, quattro per l’avvocato Pacifico).Milano, secondo la Suprema Corte non era sede competente ,il quid sta probabilmente nel luogo in cui sono avvenuti i pagamenti in denaro ricevuti da Squillante e nel fatto che il resto degl’imputati fosse residente a Roma. Gli imputati e Cesare Previti innanzitutto, avevano eccepito l’incompetenza degli uffici di Milano nell’udienza preliminare e al Tribunale della Libertà,contro il primo grado e nel processo d’appello .Ancora la Suprema Corte nel 2003, quando è stata interpellata aveva stabilito che Milano era competente a decidere quel caso.Ora nell’ultimo decisivo atto il ripensamento,la Cassazione smentisce se stessa dimostrando una volta di più, come la Giustizia Italiana non riesca a rispettare e osservare la prevedibilità, che con l’uguaglianza giuridica,l’imparzialità,il carattere non arbitrario,è un valore essenziale di una buona amministrazione giudiziaria.E’ l’imprevedibilità della decisione della Corte Suprema,la sua contraddittorietà rispetto a decisioni analoghe degli stessi giudici di leggittimità, che sprigiona aria di compromesso.I giudici non se la sono sentita ne’ di confermare le condanne, ne’ di cancellarle, ne’ di modificarle.L’incompetenza territoriale deve essere apparsa un utile modo per lasciare che le cose finiscano da sole senza assumersi l’onere di giudicare le responsabilità degli imputati.In attesa di conoscere le motivazioni, non sembra essere questa una buona giustizia.Ora si torna a Perugia per chiudere la storia giudiziaria di Previti con un finale oramai classico : la Prescrizione.Nel nome della Legge.