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Anno: 2007

Mettersi a fare

Mettersi a fare

tele15

Il risultato  supera largamente la somma tra gl’iscritti della Margherita e quelli dei DS. Tre volte tanto. Questa inattesa partecipazione  spiazza, e se  fino a ieri sembrava doversi profilare per la sinistra tutta, lo spauracchio dell’ astensionismo , questi tre milioni e passa di cittadini (ma anche, qualche giorno fa, i cinque milioni della consultazione sindacale sul protocollo d’intesa del welfare) oltre che rassicurare sulla credibilità dell’operazione Partito Democratico , mitigano le preoccupazioni rispetto all’altro spauracchio , il disgregante ( e diffuso ) sentimento a-politico, obbligando ad una differente analisi. Stanchi e in parte delusi,forse, ma ancora intenzionati a cambiare  utilizzando gli  strumenti  democratici. Non poco, in epoca di assalto alla casta e di idiosincrasia nei confronti del sostantivo Partito .Dalla ricognizione dei seggi compiuta ieri tra Centro e Periferie di Roma, più che speranze ed aspettative emergevano richieste , prima tra tutte, quella di unità e chiarezza, dopo un anno e più di litigi nella coalizione, spesso incomprensibili e vissuti con vero fastidio dai cittadini , a seguire, fortissime volontà riformatrici .Rispetto a questo, sembrano obsolete ed oziose le discussioni , se svolgerà il PD il ruolo di governo ombra, se significherà definitivo indebolimento di Prodi o se ne determinerà il rafforzamento. Ancor più improbabili, le accuse di democraticismo o giovanilismo (per aver ammesso i sedicenni al voto) quando non di contributo del PD alla fine della politica. Ancora più incredibili poichè provenienti da pulpiti che sono l’esito di scissioni e scissioni delle scissioni, laddove dividersi , viene ritenuto sintomo di purezza e non di frantumante operazione d’Apparato . Senza trionfalismi , nelle mani dell’Assemblea Nazionale e di Walter Veltroni direttamente eletti , come è nelle migliori tradizioni, ora c’è un patrimonio di Richieste da tradurre  in Politiche e di consensi da mettere a profitto. Stamane tutti dicono staremo a vedere ma forse l’atteggiamento migliore è quello di mettersi a fare

Intenzione di volo ( un altro trasloco)

Intenzione di volo ( un altro trasloco)

FuneralitogliattiQuesto trasloco è  meno travagliato di tutti gli altri . E costa meno fatica perchè è il più urgente :

Qualcuno era comunista perchè glielo avevano detto. Qualcuno era comunista perchè non gli avevano detto tutto.Qualcuno era comunista perchè la storia è dalla nostra parte .Qualcuno era comunista perchè si sentiva solo..

E così via.Giorgio Gaber enumera altre cinquanta buone ragioni per le quali si poteva essere comunisti. Ma soprattutto …

perchè era una forza, un sogno un volo, era uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.

I comunisti erano convinti di poter salvare il mondo. Il loro impegno militante era un investimento su un futuro che pensavano si sarebbe sicuramente realizzato.Ciò non non è accaduto, procurando ad ognuno inevitabili lacerazioni.

No. Niente rimpianti. Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare..come gabbiani ipotetici. Ed ora? Il gabbiano senza l’intenzione del volo..perchè oramai il sogno si è rattrappito.

Il primo trasloco si compì in seguito ad una dolorosa presa d’atto. Nessuno poteva credere che gli uomini e le donne di quel partito che stava per sciogliersi, discutevano di politica e identità con lo stesso atteggimento di quando   mettendo in discussione  la propria esistenza,ci si smarrisce.Gabbiani ipotetici o senza intenzione di volo,coloro che furono comunisti e quanti si considerano eredi di quella storia, conservano e finanche coltivano una particolare sensibilità per i mali del mondo.E se hanno abbandonato l’idea di salvarlo tutto,tentano almeno di fare qualcosa : e se non si può impedire un massacro in un paese lontano,forse si può aiutare un bambino, magari uno solo, ad uscire dall’inferno di quel paese.E’ un sogno rattrappito? C’è in questa scelta dal grande al piccolo, dall’universale al particolare, un cambiamento di ottica e di cultura che preserva il nucleo forte di un’ originaria esigenza morale.Il patrimonio politico culturale non è andato disperso.Si manifesta in un modo diverso rispetto ad allora ma si riconosce nell’indignazione con la quale,in cento,in dieci ma anche da soli si reagisce ad un’aggressione razzista, sopravvive nel rifiuto dell’ingiustizia, nella difesa dei deboli,nella voglia di cambiare,se non il mondo,almeno il proprio paese o magari soltanto la propria città,il proprio quartiere.Chi si è occupato di politica alla grande,ai tempi in cui il mondo era diviso in due e tutti eravamo felici di schierarci,può considerare questa una povera eredità,un succedaneo di quella maiuscola Politica che doveva cambiare il destino degli uomini e che disegnava su un’ideale carta geografica i confini del Bene e del Male.E tuttavia se non sono io per gli altri,chi sono io? E se non ora quando?. Una povera eredità? Non tanto povera,non tanto piccola,affidata a coloro che lasciano la Casa per costruirne una nuova.

Sardus pater

Sardus pater

Mappa_SardegnaChissà cosa passava per la testa all’anziano – mi si dice – giudice di Hannover, quando ha emesso la sentenza  di condanna  con  sconto di pena,  per attenuanti etniche e culturali, nei confronti di un uomo di ventinove anni, reo di stupro. L’etnia e la cultura meritevoli d’indulgenza da parte della Corte, appartengono alla remota isola di Sardegna, terra in cui , alle fidanzate ex , e magari pure a quelle in carica, usa  imporre violenti trattamenti a suon di botte e prepotenze di natura varia . La sentenza è di un anno fa ma per motivi a me ignoti, è stata divulgata solo adesso .Non conosco in maniera approfondita il codice penale tedesco ma il fatto che la Germania abbia dato i natali ai migliori filosofi del Diritto,aumenta le mie perplessità. Appartenessi a  una di quelle associazioni separatiste i cui simpaticissimi adepti , ogni tanto vanno a ricordare ai proprietari di vascello alla rada nei vari porticcioli , che la Sardegna non è una zona franca da calpestare a piacimento, mi recherei ad Hannover per un girotondo almeno. L’armonia tra Diritto e Diritti, gran rompicapo delle  società multiculturali e materia di dispute politiche e giuridiche , non può essere risolta riconoscendo pedissequamente tutte le usanze, tantomeno inventandosele. E’ singolare poi come i giudici di tutto il mondo,  si ricordino il rispetto delle tradizioni altrui, solo quando  vittime sono le donne . Sono quelle infatti,  le migliori circostanze in cui dar segno di apertura mentale e soprattutto tolleranza  e così per motivi religiosi si giustificano uccisioni di mogli adultere e figlie scavezzacollo, infanticidi più tentati suicidi  per lo scorno di essere abbandonate dal marito, senza considerare il vasto assortimento di usanze matrimoniali penalizzanti per la sposa , in giro per il pianeta.Tutte degne dell’attenzione di magistrati, giurie e giurati.Insomma dove c’è Patriarcato c’è mitezza della pena.Non si può sbagliare.

C’è vita (oltre Mirafiori)

C’è vita (oltre Mirafiori)

Magari non sono più capace di leggere nei risultati, ma connettendo i dati della consultazione con quelli più articolati provenienti  dal dibattito nelle assemblee che hanno preceduto il voto dei lavoratori, si dovrebbe avere un quadro d’insieme che non lascia adito a dubbi : vince in larga parte il SI al protocollo sul Welfare pur con tutti i dubbi che vanno dall’insufficienza delle disposizioni relativamente ai lavori usuranti e alla maggior decisione dell’azione di governo rispetto alla flessibilità.Su tutto appare sia prevalso più che una sorta di spirito rinunciatario,il Senso del Possibile  come se ognuno sapesse che apportati alcuni aggiustamenti,non si sarebbe potuto fare di più . Poi c’è una rispettabile minoranza di NO che rifiuta in blocco l’accordo particolarmente insoddisfatta della soglia dell’età pensionabile e di come si è inteso risolvere il problema dello scalone. Ciò detto non si capisce bene perchè non si possa camminare tutti insieme – SI – NO – NI –  in direzione delle modifiche al protocollo che, ove mai si volessero davvero ottenere,importerebbero l’avvio di un ulteriore dialogo, non certo una levata di scudi . Non è un bel vedere questa bagarre sui numeri,questo stracciarsi le vesti al cospetto di una presunta violazione di regole o peggio l’infame dibattito sulla maggiore qualità del No plebiscitario espresso da Mirafiori o dall’Ansaldo  rispetto al SI altrettanto plebiscitario dell’Ospedale San Giovanni di Roma  o della Nuova Pignone di Firenze manco fossero questi ultimi, lavoratori di seconda scelta o meno abilitati ad esprimersi di altri . Così facendo non si ottiene altro che la maggioranza sfinita dal nichilismo del dibattito,si risolva  a contare i voti e a tirare affrettate conclusioni. A chi giova? Non certo ai fautori delle modifiche di questo protocollo.Quanto ai lavoratori, si sono espressi e questo di per sè , dovrebbe incutere il rispetto che il caso richiede.

Se qualcuno ti fa morto (un motivo c’è)

Se qualcuno ti fa morto (un motivo c’è)

ernesto

E’ il 1996 all’ospedale militare di Vallegrande in Bolivia, un uomo che si è sottoposto ad un intervento chirurgico, nel delirio dell’anestesia grida ripetutamente :  ” Io  so dov’è sepolto il Che , l’ho seppellito io ! “. Tornato in sè , non sa spiegarsi quel cedimento :i particolari e il luogo della sepoltura di Ernesto Guevara sono coperti da segreto militare e lui ,che quella  fossa ha scavato davvero, per trent’anni ha taciuto ogni cosa, fedele alla consegna, persino con sua moglie. Comincia qui  l’ultima avventura di Ernesto Rafael Guevara De la Serna, dal complicato  ritrovamento delle sue spoglie, da un piccolo militare caparbio, unico sopravvissuto all’impresa della tumulazione frettolosa, in una notte di settembre del 1967, che pretenderà l’anonimato e che  continuerà a opporre sistematici dinieghi  a proposte allettanti, fino a quando verso la metà del 1997, lo Stato Maggiore dell’esercito non rimuoverà il segreto, ingiungendogli di collaborare con i cubani per il ritrovamento dei resti di Guevara.Ma soprattutto che continuerà ad avere con la memoria del Che notevole distacco e dell’uomo,del combattente una scarsa considerazione.  Gli scavi durarono un tempo lunghissimo per problemi di conflitti burocratici,finchè come raccontano le cronache, un giorno le scavatrici furono fermate e gli operai allontanati dall’area : finalmente le spoglie erano riemerse dalla terra rivoltata. Il piccolo militare caparbio commenterà: Se era venuto qui per uccidere anche lui doveva morire. Per me non fu un eroe .Credo sia una delle poche persone che non abbia subito il fascino, in negativo o in positivo del Che. Da anni infatti la querida presencia di Ernesto Guevara, nel classico ritratto di Alberto Korda  i cui negativi erano stati consegnati dal fotografo  a Giangiacomo Feltrinelli, è su ogni maglietta,murales,striscione,bandiera,adesivo, tatoo: un’icona pop, un eroe talmente leggendario da essere condiviso con l’estrema destra che gli ha dedicato  canzoni e ritratti affiancati a croci celtiche o con Jovanotti che invece lo immagina a braccetto con Madre Teresa. Praticamente un esproprio . O magari no. Quando morì, la notizia non fu certo di quelle da prima pagina,qualcuno in casa mi spiegò chi fosse stato,avevo pochi anni, il Che è rimasto legato all’annedottica di quel pomeriggio : il suo ingresso a Montecitorio nel 1964 , in tenuta militare e con una grossa Mauser infilata nella cintura ( e relative contumelie con i carabinieri di guardia a Palazzo) ospite di Togliatti ,le perplessità di alcuni esponenti del PCI,il fatto che fosse stato abbandonato al proprio destino,che avesse perso a Valleverde, giorni preziosi nell’inutile attesa della colonna guidata dalla guerrigliera Tania, morta insieme al resto del contingente circa dieci giorni prima e come fosse stato tradito e venduto dai contadini del luogo .Su tutto poi l’ombra del sospetto : che Fidel Castro lo avesse in qualche modo trascurato perchè voleva che quella Rivoluzione fosse tutta sua.Non ho mai indossato una maglietta con l’effige del Che e non ne ho mai esposto il ritratto, sebbene non mi dia noia alcuna, la commercializzazione del rivoluzionario di professione,comunque credo che chi esibisca questo simbolo, un messaggio seppur confuso di riscatto,di eguaglianza di purezza, lo voglia trasmettere.Ed è un messaggio che mi sento di rispettare.Di Ernesto Rafael Guevara De la Serna amo la pulizia , l’intransigenza e la gentilezza e quel Pensiero di Giustizia e Solidarietà che è sì Completezza, ma che reca con se un’idea ineluttabile di fallimento.Non ho mai capito quanto egli stesso  ne fosse consapevole.Guevara è sepolto a Santa Clara de Cuba , in un brutto, celebrativo, retorico, commoventissimo, monumento funebre. “CHE “ lingua Mapuche vuol dire Persona, Uomo.

Se qualcuno ti fa morto è una canzone di Ivan Della Mea, la meno retorica e trionfale del repertorio (vastissimo ) dedicato ad Ernesto “Che”; Guevara.Da segnalare ancora Nada Màs di Atahualpa Yupamqui, Zamba del Che  di Victor Jara ed infine quella più segretamente dedicata a lui Soy loco por ti America di Gaetano Veloso (leggere tra le righe)