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Anno: 2008

Cafonalesimo ( imparare dai romani)

Cafonalesimo ( imparare dai romani)

Anfiteatro Flavio

Le foto sono spesso imbarazzanti, soprattutto quelle scattate nei dintorni dei buffet, o quelle ammiccanti a protesi e zigomi oversize, ma se tutti sgomitano per essere immortalati da Pizzi  e apparire nei giorni successivi, su Cafonal, rubrica – si fa per dire –  di social, assai cliccata di Dagospia. com , un motivo c’è

Siamo a Roma, città in cui strusciarsi al Potere è un preciso obbligo dei subalterni che aspirano alla scalata. E di questi tempi per di più. Che altro aggiungere a quanto già autorevolmente detto sulla società dello spettacolo, su certo generone romano un po’ grossier, sui potenti che fanno mostra di sè per suscitare invidia ed emulazione ? Sul Berlusconesimo Imperante e Vincente?

Proprio nulla. E come non si può cavare sangue da una rapa, non si può fare di Cafonal un fenomeno degno di dotte considerazioni. Non più di tanto almeno. Ecco perchè a convocare all’Infedele, Alfonso Signorini, Maria Laura Rodotà, Il filosofo Gianni Vattimo e il giurista Franco Cordero per discutere di Vanità del Potere relativamente all’uscita del libro della premiata ditta Pizzi & D’Agostino, Cafonal, si rischia, nel contrasto stridente, di far apparire Signorini perfettamente a proprio agio, simpatico e appropriato nelle sue considerazioni omnibus – tutti i potenti sono vanitosi –  e Cordero fuor di luogo.

Non un gran risultato. Meglio se l’è cavata Bruno Vespa la sera appresso, allestendo analoga ma più celebrativa trasmissione con ospiti meglio assortiti  e finendo col gestire il consueto pianerottolo di damazze scriteriate in lite furibonda su quale fosse il modo migliore di ricevere gli ospiti, ovvero se fossero più eleganti le riunioni a casa di Maria Angiolillo o quelle di Marisela Federici.

Ma insomma, ogni tanto un chissene frega si può dire? Chissene frega se le porcellane di quella sono migliori di quelle dell’altra, se la tale s’è rifatta, se quell’altro c’ha l’amica, se un posto da sottosegretario è stato assegnato tra il sorbetto e la spigola a casa XYZ o tra uno scosciamento e una sgargarozzata nel patio di casa BCD. Davvero tutto ciò dobbiamo nobilitare con definizioni  da interessantissimo fenomeno ?

Imparare dai romani. Certa materia è contagiosa. A maneggiarla troppo senza essere abituati, si rischia. Sarà che in questa città discendiamo tutti da un fratricidio, sarà che nel corso del tempo ce la siamo dovuta vedere con la peggiore teocrazia, sarà che i panem et circenses ci sono entrati nel sangue – spirito migliore per osservare queste manifestazioni  non conosco –  ma la scrollata di spalle e il chissene frega –  non di superiorità, beninteso,  ma di purissima indifferenza –  ci ha salvato la pelle nel corso dei secoli. Non a caso questo Circo affascina moltissimo i forestieri, leghisti in primis. Davvero pensiamo di apparire meno snob e più vicini al popolo occupandoci seriamente del contenuto di queste poubelles?

Da ultimo sono davvero dispiaciuta per Franco Cordero, venerato maestro, intellettuale a tutto tondo, uno studioso da tenere in dovuta considerazione, maltrattato ingiustamente dalla critica televisiva, per aver introdotto forse l’unico concetto degno a proposito di vanità… le moi est haïssable …citando Pascal e autoincludendosi immediatamente nel novero dei fuori di luogo. E da un certo punto di vista, forse lo era davvero.

 

Scene di caccia al topo di fiume

Scene di caccia al topo di fiume

Siccome per la battuta di caccia serale, la scelta del territorio spetta a lui, la meta è sempre la stessa : l’Isola o le banchine circostanti. Presumibilmente per quell’illusione di “natura selvaggia” che flora fauna & fiume offrono tra Ponte Sublicio e Ponte Garibaldi. Il Gianicolo, Riserva preferibilmente diurna, non offre le stesse chances di avventura

A destinazione potremmo arrivare imboccando il  viale, dritto per dritto, e invece niente. A lui piace prenderla alla larga, passare per Porta Portese costeggiando il San Michele, in quel tratto di lungotevere che fu di Sciuscià, di Ladri di biciclette, di Adua e di C’eravamo tanto amati. Proprio nel punto in cui Nicola dice ad Antonio che lui è politicamente e culturalmente,  più oltre, si può scendere sotto Fiume e una volta lì, rincorrere le papere, i germani, i topi e le nutrie sul greto. La caccia è, per convenzione stipulata a suon di urlacci e punizioni, rigorosamente incruenta.

In questi giorni d’impraticabilità delle banchine, ha osservato con ansia dal Lungotevere l’evolversi dei fatti. Un’occhiata di sotto, e una – molto demanding – a me che, in quanto provvisorio capobranco, dovrei avere tutte le risposte :  comandare pioggia,  vigili del fuoco,  protezione civile, netturbini, l’onda di piena e le maree.

– Ancora non si può scendere, non vedi che fangaccia? –
Manteniamo vivo il dialogo, motivando i divieti  anche col cane. Poi per consolazione, concediamo il proibitissimo salto nei mucchi di foglie bagnate. Comprarsi i guai con i soldi propri, si dice da queste parti.

 

Chi vuol esser milionario ( sia )

Chi vuol esser milionario ( sia )

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Jamal si appresta a sbancare la versione indiana di Chi vuol esser milionario ma il conduttore televisivo – che lo detesta e fa di tutto per umiliarlo –  ipotizza sia un truffatore e lo consegna alla Polizia perchè confessi di aver barato. Sottoposto ad un brutale interrogatorio, rivivrà le tappe della successione di vincite realizzando che ad ogni domanda,  la risposta esatta, gli è stata suggerita da un episodio del suo passato di orfano,  scampato con i due fratellini ad un orrendo pogrom anti musulmano, cresciuto in strada, sopravvivendo fortunosamente alle insidie e agli sfruttatori. La struttura narrativa è costruita così, su ampie digressioni e virtuosistici  flash back che alla fine ricompongono il quadro, avvicinando, episodio dopo episodio, Jamal alla vittoria.

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Il regista  di Slumdog Millionaire ( The Millionaire, per noi ) è Danny Boyle –  lo stesso di Trainspotting, il convulso stracult inglese –  che dopo aver girato il film, ne vorrebbe fare subito un altro di eguale ambientazione anche se di genere differente e  che sostiene  puoi lasciare l’India ma è l’India che non lascia mai te.

Verissimo. Anche se non nella dimensione convenzionale, stile hippy, old e new age, di viaggio alla ricerca di se stessi – operazione che se proprio necessita, non richiede particolare location e che può, volendo, essere praticata con successo anche sul divano di casa propria – ma solo se si pensa ad un universo senza mezze tinte,  a scala di valori completamente rovesciati, in cui è   proprio il differente ordine delle cose a determinare un coinvolgimento emotivo. 

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Ciò è impresso  con evidenza in mille fotogrammi di questo film (anglo – bollywodiano) che, uscito in sordina in pochissime copie, si è affermato al punto di essere tra i nominati per l’Oscar. Un’ inattesa rivelazione.

Un po’ Victor Hugo un po’ Dickens,  con avvertenza tuttavia, che i patimenti dei bambini di strada, sono raccontati senza  ruffianerie, la storia si concede un happy end coreografico e liberatorio con accompagnamento di  nuove sonorità indiane. Fa capolino Frank Capra. Ma va bene così.

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The Millionaire Un film di Danny Boyle. Con Dev Patel, Anil Kapoor, Freida Pinto, Madhur Mittal, Irfan Khan.

Commedia, durata 120 min. – Gran Bretagna, USA 2008.

 

 

Lampo

Lampo

Una piccola notazione,per il fortunato lettore della Folie Baudelaire, libro non  semplice, ma solo perchè siamo sempre meno abituati ad esplorare i territori del pensiero complesso. Per giusto contrappasso però,la scrittura è nitida, scorrevole, naturale, anche se le citazioni sono davvero tantissime e richiedono qualche andirivieni tra  motore di ricerca, reminescenze e scaffali di casa – diciamo  quelli posizionati nelle parti alte –  Poco male. Quando si chiude il libro, la sensazione di aver aggiunto al proprio bagaglio qualcosa, è netta e vale quel piccolo impegno.

 Il cuore, in ogni senso, dell’Opera è quello che Calasso chiama   lampo analogico, lo stesso che ha ispirato la cultura europea dai suoi inizi, segnando specialmente il Rinascimento e il diciannovesimo secolo. Un metodo d’indagine sicuro, da preservare in epoca di frantumazione ( del pensiero  ma anche delle relazioni).

Lampo dunque, racchiudendo la bella  parola in sè, gli esiti di un entusiasmante tragitto tra connessioni interdisciplinari ed intuito. Analogo significato è nascosto in questi versi : 

La natura è un tempio dove colonne viventi
lasciano talvolta uscire delle confuse parole
l’ uomo vi passa attraverso foreste di simboli
che l’ osservano con sguardi famigliari.
Come lunghi echi che da lontano si confondono
in una tenebrosa e profonda unità,
vasta come la notte e come la luce,
i profumi, i colori e i suoni si rispondono

Baudelaire

Il sogno di Baudelaire, l’unico che si conosca, è la vasta rappresentazione di un bordello che è anche un museo. Il labirinto dell’inconscio funziona come una sorta di Esposizione : nelle sale si susseguono, Ingres,  Delacroix, Degas, Manet, Rimbaud, Proust, Baudelaire, Constantin Guys, Berthe Morisot, Mallarmè, Flaubert, Sainte-Beuve. Opere sublimi ma anche artisti e critici minori degni di nota ovvero pura e semplice paccottiglia. (e mentre una folla si accalca intorno alle rappresentazioni, sullo sfondo si manifesta per un istante Napoleone III, che non dice mai niente, e mente sempre)

Calasso, che di questo gioco dell’ immaginario è la guida, conosce minuziosamente  tutto quello che è avvenuto, che è stato scritto e dipinto in Francia dal 1830 al 1900 e ne propone di quando in quando interessanti digressioni. Siamo tuttavia ben lontani dalla banale esposizione di un erudito. Accostamenti continui tra un poeta e un pittore ovvero tra una poesia e l’ articolo di un giornale di moda, rivelano audacia e tutt’ altro approccio. 

Centro dell’attenzione è il Baudelaire scrittore di articoli e saggi su Delacroix, Gautier, Constantin Guys, Poe. Tutta la Folie Baudelaire  risente del suo punto di vista e del suo modo di sentire , ricercando Calasso con Baudelaire, una sorta di immedesimazione, particolarmente quando osserva  i personaggi o le figure mentali del proprio tempo. Ad un certo punto sarà Paul Valéry a sostituirsi a Baudelaire, il libro cambierà passo, forse perderà qualche nota di  entusiasmo, ritrovando  però, in cambio, una sorta di logico compimento.

 Valéry si augurava che un giorno potesse esistere una Storia Unica delle cose dello Spirito, che avrebbe sostituito ogni storia della filosofia, dell’ arte, della letteratura e delle scienze. Da allora – scrive Calasso –  la storia analogica non ha fatto molti passi avanti. Rimane un desiderata sempre più urgente in un’ epoca debilitata come la nostra.

Dunque la Folie Baudelaire è il tentativo di realizzare questo desiderio adottando come principale strumento interpretativo il lampo analogico di cui si è detto . Un’operazione coraggiosa, anche questa alla maniera di Baudelaire che non scriveva trattati ma al quale era sufficiente un cenno, nascosto in una considerazione sulla pittura, la letteratura o la politica, per cogliere, nuda, abbagliante, la verità metafisica.

 

 

E ancora, prosegue, Calasso a ribadire il concetto : Diderot non aveva propriamente un pensiero, ma la capacità di far zampillare un pensiero. Da lì, se si abbandonava al suo rapinoso automatismo, Diderot poteva arrivare ovunque

La Folie Baudelaire è un libro di Roberto Calasso edito da Adelphi