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Mese: Aprile 2008

In ogni caso…Riprendimi

In ogni caso…Riprendimi

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Piccolissima produzione che si deve al coraggio di Francesca Neri e Claudio Amendola ma che, tanto per dire, era tra i film presenti al  Sundance filmfestival  di Robert Redford  a Park City nello Utah,  una delle vetrine più prestigiose per il cinema indipendente mondiale. Quest’anno resa ancora più interessante dallo sciopero degli sceneggiatori che avendo compromesso l’uscita di molti film, ha costretto i buyers a piombare sul Sundance nell’ipotesi che i film presentati fossero la sola offerta per le sale fino al 2009.   Riprendimi  racconta  la disgregazione di un rapporto d’amore tra un attore e una montatrice, vissuta attraverso diversi punti di vista mentre il tutto viene filmato da amici cameramen intenzionati a fare un documentario sul precariato nel cinema .

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Film nel film dunque, un genere non nuovo e assai presente anche nelle produzioni americane. Un mockumentary, girato con due videocamere digitali e montato sul computer di casa della regista Anna Negri. Ma …la modestia dei mezzi non tragga in inganno. Professionalità, valori estetici, ritmi narrativi e intensità, non sono minimamente compromessi . Accade con le videocamere quello che una trentina di anni fa è già successo con le produzioni in super8 che da una parte allargavano a tutti la possibilità di fare film e dall’altra, liberando il linguaggio cinematografico da molte finzioni e sovrastrutture , conferivano maggiore immediatezza e realismo alle immagini. Qui il risultato è  un film bello e nevrotico, volutamente inconcludente come tutti i suoi protagonisti ingabbiati in un’eterna giovinezza, invariabilmente rappresentata dal rifiuto caparbio di ogni responsabilità. ( la bella signora bruna dell’illustrazione di mezzo è Anna Negri) 

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Riprendimi è un film di Anna Negri. Con Alba Rohrwacher, Marco Foschi, Valentina Lodovini, Stefano Fresi, Alessandro Averone, Marina Rocco, Cristina Odasso, Francesca Cutolo. Genere Drammatico, colore 96 minuti. – Produzione Italia 2008. – Distribuzione Medusa

George ! ( on the set )

George ! ( on the set )


George Clooney, a suo agio nei panni contemporaneamente rivestiti del primo attore, del regista, e del produttore di Leatherheads, film in uscita  questi giorni nelle sale italiane, ha appena finito di girare Burn after reading dei fratelli Coen, ha in animo di far cadere nel pieno del clima elettorale americano, la trasposizione cinematografica di Ferragut North di Beau Willimon, sui retroscena  dell’elezione di un candidato e sembra ieri che con Michael Clayton  procurava grappoli di extrasistole dentro e fuori la sala di proiezione, abbagliando Venezia con il fascino discreto del suo non passare inosservato mai . Lui è uno che dice di non voler esplorare un solo genere e questo davvero è un rischio che non corre se si pensa alla disinvoltura con la quale passa dal film politico alla commedia sofisticata  a quella bellissima serie  di film di pura evasione che sono i vari Oceaneleven, twelve, thirteen  o alla fiction televisiva Unscripted prodotta insieme a Sodebergh, cinque puntate della quale dirette personalmente, un lavoro contro la televisione sperando che la nostra televisione se ne accorga e lo acquisti per la gioia dei telespettatori italiani.

Con Leatherheads si cimenta con la commedia romantica, genere dal quale si era fin qui tenuto a distanza. Ma, dopo vari ritocchi alla sceneggiatura che non riusciva a far quadrare col contesto storico , ha tirato fuori questo film delizioso che per ritmo e stile , ricorda Cukor e Hawks, geni della commedia, ai quali effettivamente Clooney, da sempre innamorato del passato cinematografico del suo paese,  dichiara di essersi ispirato. Ma qui non si tratta di semplici citazioni, l’intero film è immerso  in un’atmosfera inequivocabilmente anni venti  che si  realizza per tramite di un’accuratezza di particolari che nulla tralascia, dalla recitazione da screwball comedy al recupero dei linguaggi d’epoca, completa il clima e la percezione di una crisi che incombe e che di lì a poco sconvolgerà ogni cosa.


Anno 1925 storia di un triangolo e di un segreto, delle imprese di una scalcagnata squadra di football tra maxi retate e grandi bevute negli speakeasy alla faccia del proibizionismo. Belli ed esilaranti i dialoghi tra Clooney e Zellweger e le spettacolari furbesche soluzioni di gioco messe in campo grazie ai bei tempi in cui il gioco non aveva regole. Come in amore, si potrebbe dire, ma il titolo italiano – In amore niente regole – probabilmente pensato per allontanare dal film l’idea del soggetto esclusivamente sportivo, più caro agli americani che a noi, qui proprio non c’azzecca. Una bella prova di talento maniacalmente espresso nella direzione del film , Clooney a buon diritto stravenerato e conclamato dalla stampa americana,  divo, è in realtà un regista nato che dopo tre belle prove e un capolavoro, si spera continui a coltivare la sua  vocazione.

 

In amore niente regole è un film di George Clooney. Con George Clooney, Renée Zellweger, John Krasinski, Jonathan Pryce. Genere Commedia, colore 114 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Universal Pictures –

Rock ‘n’ roll will never die

Rock ‘n’ roll will never die

Trent’anni dopo The last waltz , Martin Scorsese realizza con il sostegno del Clinton Found, quest’omaggio amorevole e cinico ai Rolling Stones e alla loro musica . Shine a light. Proprio come una delle loro hit . Dunque.. splende una stella, in una torrida serata al Beacon Theatre di New York, insieme ad ospiti trasversali per linguaggi e provenienza  – Anguilera, Guy, Wood –   si celebra il mito di Jagger and co, senza trucchi e senza inganni ma soprattutto, collocandosi a siderali distanze dalla retorica  e dagli infingimenti della routine rockettara che viaggia su clip.  Potenza visiva elargita da venti cineprese in movimento – ai lati e dietro il palco, sulla gru, in mezzo al pubblico e sotto il corridoio da sfilata – che lavorano sincronizzate dal mago David Tedeschi. Indagini approfondite del regista nel reticolato di rughe, fatica e smorfie, compendio  espressivo di questi abilissimi sciamani sessantacinquenni, tutti vibranti di fascino seduttivo antico e decadente. Il tocco di Scorsese non è invasivo, intenzionato a catturare la performance più che a fare un film  , testimonia con dovizia di particolari ,  la resurrezione di Jagger, sublimando in special modo l’anima  blues degli Stones. Poi, giocando la carta ruffiana della memoria che affiora dai filmati d’epoca , strappa, come d’abitudine, momenti di intensa commozione. Ma è un attimo. Il resto sono due ore di grande cinema dedicati interamente  a una band che non molla, non affonda, non arretra e che probabilmente sarà su quel palco finchè avrà vita. Esordiente come aiuto regista del documentario di Woodstock, già esemplare al cospetto di Bob Dylan (No Direction Home),  Martin Scorsese annuncia di voler raccontare anche di George Harrison e Bob Marley. Questo film ha inaugurato, mandandola in delirio, la Berlinale 2008.

Salvarsi l'anima

Salvarsi l'anima

Siccome le campagne elettorali si fanno per prendere i voti e non per salvare l’anima agli elettori , difficilmente la Politica,  nell’ accezione più alta del termine, esce valorizzata da questi tours de force, miglior tratto distintivo dei quali, bene che  vada, è l’ossessiva ripetitività di frasi a effetto. Ottimistica e un filin velleitaria , sembrerebbe pure , in tali circostanze,  la ricerca  di  brandelli residui di spinte ideali,magari  da rinvenirsi nei temi dell’assicurazione alle casalinghe o della destinazione dell’extragettito. Manco lo staff di Obama il Trascinatore, riuscirebbe nell’impresa. Era fatale del resto, che nella stagione  delle aspettative  disattese, la vera Mission Impossible  sarebbe stata riaccendere le speranze. Da questo punto di vista , Veltroni con i suoi tentativi di Nuovo che Vorrebbe Avanzare, ha già compiuto alcuni piccoli miracoli in termini di risveglio dell’ attenzione e di rimessa in gioco di Possibilità che francamente sembravano smarrite. Tuttavia, per alcuni, ciò non è ancora  sufficiente a concedersi il lusso di una rinnovata fiducia, quella vecchia si è incrinata nella precedente esperienza di governo, troppo breve e troppo gravata da priorità di risanamento per essere percepita come segnale di vera controtendenza. Resiste pertanto , irriducibile agli appelli, la determinazione di una parte degli elettori che si ripropone di non andare a votare. Non so in che modo costoro pensino di trasformare la non scelta in una forma di incisiva protesta ma non importa, finchè si è in campagna elettorale le incertezze sono oggetto di attenzioni e offerte speciali come usa fare con i compratori difficili nei migliori  negozi ma a partire da lunedì, il dato dell’astensionismo subirà il consueto trattamento : qualcuno osserverà  che la disaffezione sta raggiungendo livelli europei o statunitensi, dopodichè – mal comune mezzo gaudio – si passerà ad altro contendere. L’attribuzione dei seggi, del resto, è un meccanismo che  l’astensione non riesce a scalfire in alcun modo, perchè insistere, da parte dei commentatori e dei politici, con la disanima di quel che poteva essere e non è stato ? Ad ogni buon conto, chi decide di non votare merita egualmente rispetto, inutile agitare gli spettri della democrazia in pericolo, non perchè il rischio non sia concreto, come è logico in un paese come il nostro in cui  la tentazione autoritaria trova sempre un terreno accogliente e sempre  è in agguato, ma perchè chi rifiuta di avvalersi di un istituto democratico, mette in conto ogni rischio connesso. Personalmente amo scegliere e men che meno rinuncerei alla possibilità seppur remota di contare, poi,  per quel che vale la mia esperienza, più difficili sono le condizioni , più controversi e articolati appaiono i termini della mia adesione a questo o a quel progetto, più risulta evidente che la realtà è  tale da rendere la mia scelta necessaria . Oggi dire no alla destra può sembrare riduttivo ma dire no a questa destra e al suo designato Premier, corrisponde già ad una bella e propositiva affermazione. La rivoluzione culturale indispensabile alla sconfitta del modello sociale imperante, non si fa con il voto ma nemmeno senza. E se interrogando tutte le perplessità afferenti a questa nostra, al momento, unica possibilità di  modificare un corso degli eventi che sembra oramai così irreversibilmente disegnato,non troviamo motivazione sufficiente,  pazienza . Quanto a salvarsi l’anima non è materia in cui mi sento particolarmente preparata.Vado a votare con dubbi che non da un giorno,  sono divenuti talmente parte di me che a momenti nemmeno mi accorgo di averne ma una certezza la coltivo  e mi piace oggi  farla valere :  Veltroni si può cambiare. Berlusconi no.