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Mese: Agosto 2008

Uso di mondo

Uso di mondo

Lella Bertinotti, alle prese con le domande piuttosto pepate  di una recente intervista, ha chiarito che lei  i Ferrero a casa di De Benedetti ce li ha incontrati spesso (sottintendendo : che vuole quello da mio marito, con questa storia dei salotti che allontanerebbero la sinistra dalla gggente ? ).Tanto è bastato perchè la compagna di Ferrero – per non essere da meno, come direbbe Jannacci – scendesse in campo replicando che sì ,  ogni tanto qualche mondanità se la concedono  anche loro, i granitici esponenti  della sobrietà rivoluzionaria,  ma che quando questo accade, tornando a casa, non mancano mai d’interrogarsi  sulla Redistribuzione delle Ricchezze. Lo dice con l’enfasi che un simile argomento richiede – manco si trattasse di obbligatori esercizi spirituali, o di una sorta di lavacro o, più probabilmente,  di un tributo da pagare al senso di colpa – lasciando peraltro intendere che certi personaggi, invece che l’attico o il piano nobile dei palazzi in centro, abitano direttamente la Grotta di Ali Babà. Esaurita l’annosa polemica sulle barche e i titoli nobiliari ( persino Enrico Berlinguer ne era vittima) , sulle scarpe di D’Alema e il debutto in società della sorellina della Melandri al Grand Hotel ( o era l’Excelsior? Bah), ora il moralismo imperante si esercita  sui salotti, rei del disastro, della sconfitta e dell’annacquamento ideologico. Sarà, ma fatte le debite proporzioni a me pare che questa del far salotto sia un’abitudine inveterata e assai più diffusa di quanto sembri,  senza contare  che normalmente quelli che strillano di più sono i Piccoli Desideranti, coloro cioè che per un the freddo a casa De Benedetti, venderebbero la propria madre . Più la crisi della sinistra, se di crisi si tratta,  si presenta complessa e senza via d’uscita, più il dibattito tocca punte di conclamata imbecillità  tra motivazioni fantasiose e inconsistenti e banali rivisitazioni di vecchi luoghi comuni che resistono all’usura del tempo, ai crolli dei muri, alla globalizzazione e alle invasioni barbariche. Può succedere l’Impensabile, la colpa ultimamente è sempre del sommier di casa Tal dei Tali e dei di lui ( o lei )  ospiti che hanno tradito Causa e Fede tra una chiacchiera, una congettura e un bon bon. Magari fosse, sarebbe assai più semplice  ottenere il ritorno delle passioni e il recupero dei consensi perduti : basterebbe chiudere quei luoghi di perdizione,  d’autorità o per decreto, ovvero  proibire i dopocena e le barzellette nel fumoir.  Ferrero ( & signora) non sono certo Piccoli Desideranti,  visto che qualche devianza, di tanto in tanto se la concedono. Tuttavia  richiamando la questione dei salotti nell’ufficialità del congresso rifondarolo, è probabile  che il nuovo segretario intendesse fomentare l’odio di classe. Nei confronti di De Benedetti? Macchè. In quelli  dei coniugi Bertinotti. Dopo aver battuto l’avversario e con qualche furbizia riportando ben otto voti di vantaggio, ci si può permettere di stravincere. Non so cosa pensino i simpatizzanti di Rifondazione che una settimana sì e l’altra pure vengono presi per il naso, ora da chi va a fare spettacolo ma con gli indios nel cuore, ora da chi confessa di frequentare le case dei notabili  per obbligarsi a pensare ai poveri. Una delle critiche più ricorrenti che gli avversari politici rivolgono alla sinistra, è quella di avere un pessimo rapporto con la realtà. Più che pessimo, ha tutta l’aria di essere alterato.  Non rimane che sperare che in queste loro, quantunque sporadiche e sofferte frequentazioni, ai vari Ferrero,  rimanga appiccicato addosso, oltre che l’ insopportabile senso di colpa, anche un po’ di quello che viene definito  uso di mondo, qualcosa che andrebbe oltre l’utilizzo delle posate e dei bicchieri giusti, complicazione  che però tutti possono imparare ma che di fronte a controversie – anche non salottiere –  che virano al pianerottolo, suggerirebbe un contegnoso silenzio.  Invece di  inginocchiarsi sui ceci e sui cocci riflettendo sulla redistribuzione, certuni potrebbero mutare esercizio e dedicarsi alle buone maniere e al rispetto. Anche le masse, impegnate di questi tempi a fare i conti con ben altri grattacapi, ne sarebbero, credo, assai sollevate.

Il dibattito sì

Il dibattito sì

Nanni209

Diceva Moretti – ieri sera ospite all’Est film Festival  di Montefiascone dov’era in programma  il Caimano – che non farà il sequel della Cosa. Il  bel documentario girato nella sezione del PCI di Testaccio, fedele report di un’ assemblea tra militanti  all’indomani dell’annuncio di Occhetto alla Bolognina, non avrà un seguito da girarsi magari in un circolo del Partito Democratico . Oggi –  ha spiegato – non ritroverebbe  la stessa passione  – cioè  quell’insieme  di sentimenti insopportabilmente contrastanti –   disperazione, voglia di cambiare, entusiasmo, nostalgia, rabbia , senso di smarrimento che segnarono quella stagione, inaspettatamente, per molti di noi. Trovo la scelta appropriata  : la biografia di una parte politica ancora consistente  di questo Paese, la si può scrivere in tanti modi, Moretti che lo fa da sempre, continuerà, con l’acume che lo contraddistingue. Qualsiasi storia racconti  sarà sostenuto  dalla sua idea di cinema. Che non declina narcisisticamente –  Ecco il mio cinema ! –  come fanno certi – e chissene frega – verrebbe da rispondere –  ma che è nascosta nelle pieghe di ogni suo discorso ed esplicitata con estrema naturalezza nei suoi film . Una serata vivace con dialogo serrato, ad un certo punto sono spuntate, non so bene da dove, persino le serie americane della televisione via cavo , dove si sperimenta più che nel cinema . Verissimo. E poi ancora,  il modo di lavorare dei registi che stanno alla macchina da presa come Garrone o di quelli come lui, Moretti, che non lo fanno e che pertanto non meritano il titolo di maestro – di cui a più riprese il pubblico ha tentato d’insignirlo – . Ho trovato apprezzabile l’ omaggio al versante artigianale del lavoro del regista e mentre il dibattito va avanti  - so anche perchè – mi viene in mente la giusta distanza che amiamo in Rossellini o la necessità dell’  Herzog –  per esempio – di Nosferatu di dirigere il film da dentro il set, mescolato alle comparse, persino durante le riprese. Poi arriva, immancabile,  lo spettatore che esorta il regista  a fare un cinema politico, incisivo, duro . Non faccio film per scuotere gli spettatori, racconto storie che danno forma ad un mio sentimento è la risposta. Ma poi ognuno sa che quel sentimento non è mai solo suo, perchè bravo come lui a raccontare le storie e gli altri attraverso se stesso, ce n’è pochi. Ci saranno state trecento persone ad ascoltare. Chissà se hanno realizzato quanto coraggiosa ed indipendente sia stata l’impresa di Moretti e Barbagallo, – La Sacher – per aver prodotto  i primi Mazzacurati, Luchetti, Calopresti ma anche per aver dimostrato che si può lavorare senza scendere a compromessi. E lavorare bene. Quando spiega di aver voluto finanziare alcuni esordi per ripagare qualcuno della fortuna che avevo avuto, so che è sincero e so anche molto bene che non di fortuna si trattò ma di autentico talento, quello che è di tale evidenza da mettere d’accordo pubblico, critica, illustri colleghi e quant’altri. Fa sempre piacere ascoltare Moretti parlare di politica o di cinema e nell’uno e nell’altro caso, rinvenire i termini di un istinto civile che alle volte sembra essere smarrito. O divenuto talmente démodée da porre dubbi sull’utilità del prosieguo. Allora il dibattito sì. Che aiuta.