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Anno: 2013

Governare la barca di Pietro (o qualsiasi altra)

Governare la barca di Pietro (o qualsiasi altra)

 

 

 

Se il Ministerium è servizio e non pura e semplice gestione del Potere, motivazioni, energie e capacità neuronali attive si rendono indispensabili ad affrontare  tempi  in sempre più rapida mutazione.Un problema di età che avanzando affievolisce la sintonia con la contemporaneità e rende meno efficace l’elaborazione di  progetti per il futuro.

 

E’ possibile che, come qualcuno ha prontamente osservato, Joseph Ratzinger intenda  – altro che vita monastica – condizionare  egualmente il futuro pontificato. In realtà lo ha già fatto, consegnando una lezione sul senso del limite straordinaria per un Papa. In fondo ci sono molti modi per servire il ministerium .Altra lezione per tempi malamente attraversati da pervicace attaccamento allo scranno.

 

 

Foto da Libération

 

 

 

Federatori di scontento (tutto è condonato)

Federatori di scontento (tutto è condonato)

 

 

 

 

Vent’anni dopo le promesse di rivoluzione liberale e cambiamento – sembra ieri, ma solo  perché qui da noi tutto quello che è successo ha prodotto, in termini di evoluzione  politica e sociale, risultati prossimi allo zero –  con un paese ancora da salvare – molto più dalle proprie endemiche cancrene che dalle arcinote tempeste internazionali – ci ritroviamo di nuovo alle soglie di una Scelta che si vorrebbe di radicale cambiamento ma che, allo stato, sembra lontana dall’essere tale.

 

Tema dominante di una campagna che di avvincente ha ben poco attraversata com’è da formazioni politiche con ragione sociale incerta – solo un paio partecipano per vincere  – non il lavoro, non le tasse,non la spesa, non il debito ma … la governabilità.

 

Non che si voglia svilire l’importanza di un governo stabile, solo non è chiaro come un quadro all’insegna della frammentazione potrebbe soccorrere il problema dell’eventuale stallo al senato, idem  la diffusa tendenza a partecipare per motivi altri dal vincere e governare.

 

La differenza che passa tra un partito che si presenta come possibile forza di governo e uno strutturalmente votato all’opposizione o alle alleanze post voto è dirimente: nello scarto che c’è tra l’uno e l’altro passano non solo la credibilità dei programmi ma, non ultima, una visione della società.

Che idea di paese può mai avere una formazione che non si pone il problema di governare?

 

Tramontato, almeno per il momento il bipolarismo, lo spazio del dibattito elettorale è praticamente occupato dal racconto dei retroscena, dagli strategismi, dalle variabili geometrie del chi si allea con chi, nel caso che….Né mancano ipotesi irresponsabili di sollecitazioni a spendere il voto in modo da determinare  una situazione di caos e ingovernabilità propedeutica ad un ritorno alle urne più …consapevole.(con un paese che nel frattempo è fallito…ma che importa?)

 

Un modo efficace di ammazzare quel che resta di una Politica già fortemente debilitata dal prevalere di logiche economiche imposte dall’Europa.In tutto ciò, il pragmatismo delle varie agende, ruolini di marcia, provvedimenti dei cento giorni o da prima seduta del consiglio dei ministri suona soltanto come finzione.Dopo anni di realtà virtuale arriva quella elettorale fatta di promesse irrealizzabili quando non rovinose, buttate lì  per catturare il consenso nella vasta area della disillusione e dello scontento.Abolizioni,restituzioni,detassazioni,condoni. La distribuzione pre-elettorale di generi di conforto ha cambiato passo.

 

 

Si dirà che in tutto questo bagaglio di storture l’infame Porcellum ha la sua buona dose di responsabilità  ed in parte è vero.In questo caso, resterebbe da stabilire  il perché  avendo per le mani un giocattolo difettoso,lo si utilizzi in modo tale da esaltarne le disfunzioni.Anomalia che chiama anomalia l’unico risultato garantito è il disorientamento.

 

Tuttavia quel che più sconcerta della disinvoltura con la quale i venditori di fumo spargono promesse è un’idea di interlocutore che sta tra l’ignorante,il fesso e il bisognoso di inquadrare il proprio disagio nella fantasia piuttosto che nella concretezza di prospettive realizzabili.Ma davvero siamo così?

 

E in caso contrario,non sarebbe tempo di fornire a questa schiera di manipolatori, una robusta dimostrazione di raggiunta maturità?

 

Nell’illustrazione Grillo in Veneto (foto dall’Huffginton Post)

 

 

Ulcéré….

Ulcéré….

 

 

Magari Ayrault,in quanto primo ministro, ha esagerato  nel definire minable – patetico –  il Depardieu esule per ragioni fiscali con code di interviste e polemiche a non finire sul cattivo esempio socialista di perseguitare i ricchi costringendoli alla fuga verso paesi dall’erario più condiscendente. Come la Russia di Putin, non un grande esempio di democrazia ma pronta e generosa a distribuire asilo, passaporti e cariche da ministro della cultura al primo Gérard che passa.

 

Tutta colpa di quello che in Francia avevano chiamato contributo eccezionale di solidarietà. Sarebbe consistito – dopo il parere negativo della Consulta che ne ha evidenziato la mancanza di progressività, si aspetta la presentazione di una nuova stesura  –   nel tassare una percentuale  pari  al 75% della parte di reddito eccedente il milione di euro. Per soli due anni. Un’una tantum insomma ma talmente intollerabile  da far maturare la decisione di restituire il passaporto con animo esulcerato in lettere d’addio grondanti amor patrio vilipeso e frustrato.


E infatti Gérard, 170 film e due César, in quarantacinque anni  è stato Danton,  Cyrano, Tartuffe, Vatel, Fouchè, persino Obelix. Versatile, eclettico, vagamente sopra le righe ma sempre in perfetta sintonia con lo spirito gallico che è si è detto orgoglioso di incarnare. Il cinema francese gli deve molto.

 

Ma assai di più Gérard Depardieu deve al cinema francese e ai  governi che nei  quarantacinque anni  di carriera si sono susseguiti e che per il tramite di una legislazione modello hanno investito in cultura e in cinema senza mai tagliare un centesimo al generoso contributo di Stato.Nemmeno in periodi di crisi come quello che sta attraversando l’ Europa. Qui da noi,tanto per dire , attori, registi sceneggiatori una simile attenzione  se la sognano.Qui da noi, Gérard non avrebbe realizzato nemmeno la metà della sua straripante filmografia.

 

 

E allora, quale miglior gesto patriottico di un artista che restituisce al proprio paese un po’ della fortuna che quello stesso paese gli ha consentito di mettere insieme? Più opportuniste che minable, Obelix preferisce una carriera da être libre che desidera rimanere poli e questo non gli si può che augurare,  in particolare nel paese delle spropositate ricchezze,del bavaglio alla libertà di espressione e del carcere ai dissidenti.

 

 

 

Tristissima immagine AFP da Libération

 

 

 

 

Saliscendi

Saliscendi

 

 

L’anno comincia con la repentina trasformazione di Mario Monti da premier tecnico in – aspirante –  premier politico. Dovrebbe essere questa la vera novità, salvo che dopo le altalenanti premesse circa l’opportunità del saliscendi nell’agone, di veramente inedito c’è solo una maggiore disinvoltura nel linguaggio e un certo qual impegno nell’apparire.

 

Dal successo dell’ impresa che si appresta a compiere in qualità di front men,ispiratore ed estensore di agendepuntoit  nonché testimonial unico,  dipenderà la nascita di un  partito di centro in puro stile europeo, antitetico ma dialogante al bisogno con i socialdemocratici, come non ne sono mai esistiti qui da noi. In questa chiave andrebbero forse lette espressioni politicamente –  e grammaticalmente –  azzardate come i recenti suggerimenti al PD di silenziare Vendola, Fassina e la CGIL, condizione essenziale, secondo Monti, per addivenire ad un gentlemen’s agreement con Bersani.

 

Come se tra il dire e il fare non ci fosse di mezzo la democrazia,  laddove, sempre a proposito di paesi evoluti cui far volentieri e spesso riferimento,  i partiti  ospitano al proprio interno le anime più disparate – e non di rado oltranziste – senza che ciò comporti scandalo nell’avversario o sia d’impedimento al dialogo quando non a  raggiungere posizioni di governo.Gratta gratta l’anima del tecnico ovvero dell’alieno dalle regole  della politica salta sempre fuori e diciamo pure che con Monti questa volta non si è dovuto grattare nemmeno troppo.

 

Tuttavia, scopi propagandistici e svarioni a parte, quella del silenziatore è parsa un’improvvida uscita,men che meno il preteso (e ritrito) annullamento delle differenze tra destra e sinistra. Negare il conflitto non serve : è solo una falsificazione. Con tutte le insidie che ciò comporta .A coronamento dell’esternazione televisiva,poi, ecco il ritorno di un Grande Classico : la rivisitazione del termine  conservatore. E se l’agenda dice poco,ignora i Diritti e cita le Donne solo in quanto lavoratrici e dunque indispensabili all’incremento del Prodotto Interno Lordo, questi primi passi raccontano abbastanza delle future intenzioni strategiche.

 

Vero è che salita o discesa che sia,la presenza di Monti nella contesa spariglia il quadro politico quel tanto che basta  a lasciar scolorire l’attenzione sulle imprese di Grillo e sui misteri arancioni di Ingroia and co ma soprattutto – benemerita! –  sottrae il dibattito  alla mortifera deriva dello scontro diretto  tra il PD e Berlusconi, il vero spauracchio del quale, oggi è proprio la formazione che fa riferimento a Monti,unica a poter  rappresentare un’ interessante offerta politica per parte dell’elettorato che aveva fin qui scelto il PDL.

 

L’altra parte, i fedelissimi, si vedrà somministrare una campagna elettorale aggressiva, anti europeista e anti germanica – un nemico per rinserrare i ranghi sempre ci vuole –  sulla scorta di una visione del mondo all’insegna del complotto nazionale ed estero e di una serie di vaneggiamenti sulla reale consistenza della crisi,oltre naturalmente alla solita sventagliata di promesse – sempre quelle – che fin qui non è mai riuscito a mantenere. Isolato e con serie difficoltà a costruire alleanze  ma ancora bisognoso d’Immunità, sospinto dagli eventi ad occupare spazi tradizionalmente appannaggio della destra nazionalista e xenofoba,non detta più l’agenda,non ha più a disposizione sogni da distribuire  e gioca di rimessa, segnale inequivocabile che la sua stella è, comunque vadano le cose, definitivamente tramontata.

 

Se queste siano o meno le premesse per quella rivoluzione democratica auspicata da Veltroni nel suo (bellissimo) discorso di addio al Parlamento,non è dato sapere ma endorsement ecclesiastici e internazionali a parte,la presenza di Mario Monti sembra poter garantire anche  al resto quantomeno il ristabilirsi di un minimo di serietà nel dibattito.Quanto all’uso dei silenziatori,le repliche non servono, certe storture vanno raddrizzate politicamente e dunque non ci resta che sperare nel  Popolo Italiano, e alla volontà di  procedere senza indugio ai necessari chiarimenti