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Anno: 2014

Qui da voi

Qui da voi

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Non un’analisi del voto e nemmeno dell’astensione, già ampiamente affrontata in occasione di precedenti elezioni …quindi si può prenderla alla lontana.

E cioè dalla storica visita di Togliatti a Reggio Emilia nel settembre 1946.Motivo ufficiale di quel viaggio :  partecipare ad un’iniziativa titolata  Ceti medi ed Emilia Rossa . (e già che c’era, mettere in riga certi facinorosi  nel tentativo  di porre fine ad una preoccupante serie di violenze e ritorsioni in quello che le cronache di allora definivano il Triangolo della Morte e Guareschi il Messico d’Italia. L’impresa riuscì previo siluramento azzerante dell’intera Federazione reggiana, ma questa è un’altra storia)

In quella circostanza raccontata da Edmondo Berselli  e da Giampaolo Pansa rispettivamente  nel Quel gran pezzo dell’Emilia e nel Sangue dei Vinti il discorso del Migliore  ad una platea di funzionari di partito, amministratori locali e compagni di base, conteneva  un passaggio significativo che torna utile ricordare :

Qui da voi, c’è l’occasione storica di dimostrare che il socialismo si può fare pacificamente,con un largo fronte democratico in cui le ragioni del lavoro e quelle del capitale possono collaborare per far vedere al blocco reazionario che i comunisti sono capaci di far star bene il popolo”

Era –  ripeto –  il 1946 e mentre il resto del mondo comunista  si occupava di sofismi ideologici e  complicazioni da apparato ridondante di centralismi democratici, cellule e comitati centrali qui da voi  cioè a Reggio Emilia, si ponevano le basi di un compromesso fondato sul principio di praticità.

C’era da governare le città sostenendo l’economia locale in piena ascesa.Il che significava fare i conti con una realtà  che relegava immediatamente in soffitta tutta la retorica dell’ ora X  con i suoi infiniti corollari, primo tra tutti il sogno rivolussionario. Di quest’ultimo, dalla platea,  qualcuno chiese conto a Togliatti, ma dal giradischi erano già partite le note di bandiera rossa e bisognava alzarsi tutti in piedi a cantare.

Per anni la letteratura e le cronache  ci hanno lasciato credere che l’Emilia Romagna fosse il luogo inviolato del comunismo puro e duro, che quelle Imprese, quelle opere pubbliche quelle infrastrutture e quegli asili nido meravigliosi fossero sorretti da un’ideologia incrollabile.Così non è mai stato.

DNA pragmatico, materialisti per vocazione , poco inclini alle astrazioni del dibattito  – per decenni fiore all’occhiello e ricchezza del Partito senza però che questo significasse congrua  presenza dei propri esponenti nelle Istanze Nazionali –  questi cittadini riconoscono un’unica ragione : quella del mondo reale.

Per questo i Miglioristi riscuotevano qui i loro consensi più ampi. Per questo  la platea della Bolognina ascoltò la proposta di Occhetto senza fare una piega.Per questo le Primarie 2013 regalarono a Matteo Renzi una delle sue vittorie più brillanti :  71%, corrispondente a quattro volte abbondanti i voti di Gianni Cuperlo.

Ed è per tutte queste cose messe insieme che non credo all’ennesima storia e cioè che da questa disaffezione al voto si avvii per Renzi la parabola discendente né che dallo stesso voto possano trarsi auspici di improbabili spostamenti a sinistra di quel territorio.

Piuttosto la rabbia per le vicende del consiglio regionale uscente o per l’insufficiente sostegno statale ai recenti danni subiti per disastri ambientali.Piuttosto la vittoria scontata che da sempre è il perfetto alibi per chi non è troppo motivato ad esprimersi.

Virtù civiche al tramonto ? Può darsi.Ma questo è anche il popolo della parentesi Guazzaloca – dalla quale hanno preso le distanze appena possibile – o dell’elezione bulgara di Pizzarotti. Due diverse figure di sindaco accomunate dal fatto di non avere, all’epoca delle rispettive elezioni,competitor attendibili.

Certo sarebbe un male se Matteo Renzi sottovalutasse davvero un fenomeno che è sì in ascesa da venti anni a questa parte ma che, con buona pace degli assenti, corrisponde ad una scelta politica precisa di sfiducia verso la possibilità di cambiare le cose attraverso decisioni collettive. Decisioni di cui, tanto per dire, il pluralismo associativo è cardine.

Il prototipo emiliano è un modello di sviluppo che ha sempre funzionato.Venivano a studiarlo da ogni parte del mondo.Persino Blair, persino il giovane Clinton ma pur senza trionfalismi,miti e sventolii ideologici poggiava irrimediabilmente su quel cardine.Dovesse venir meno quello sarebbe la fine non di un sogno ma della realizzazione di un progetto in carne e ossa.

Speriamo che il ...Qui da voi.. continui a dare i buoni frutti di sempre.

 

 

Nell’illustrazione la Stazione dell’Alta Velocità di Calatrava a Reggio Emilia. Una meraviglia.

Marion (o del vincere la paura)

Marion (o del vincere la paura)

 

 Cannes 2014  due giorni e una notte s16__1209_jpg_1400x0_q85

 

Un po’ La parola ai giurati per la caparbietà di voler rovesciare un giudizio definito argomentando con gli altri, un po’ western per le sfide e i duelli, un po’ piccola storia dominata dal Ricatto e dalla ricerca di una  Solidarietà divenuta sentimento che non ci si può più permettere.

Nessun Quarto Stato però alle spalle di Sandra, il suo è un viaggio in quattordici stazioni da postulante solitaria mentre si adopera per convincere i colleghi ad una rinuncia cui è appesa la possibilità per lei di continuare a lavorare.

Dunque incarnazione della Fragilità messa a dura prova  quattordici differenti volte in cui ciascun interlocutore ha un buon motivo per rifiutarle l’assenso.

La fine è scontata, un po’ meno il Coraggio di cui sembrava in un primo momento  essere priva ma che  tappa dopo tappa  prende forma  divenendo Consapevolezza.La vera ragione di quel penoso mettersi in cammino è  in questa trasformazione.

Due giorni e una notte per raccontare senza trucco e senza inganno  un pezzo di contemporaneità intorno alla quale il cinema molto si sta adoperando.Ma la tradizionale assenza di toni melensi o di tentazioni socioculturali  con cui i Fratelli Dardenne riescono sempre ad avere la meglio su di una materia insidiosa e sulla ripetitività delle situazioni,nulla toglie al dramma  e alla coerenza del racconto. Una regia né dell’aggiungere né del togliere il cui unico scopo è cedere spazio a concatenate riflessioni.

 

Cotillard senza Dior,smartphone,gettoni e rullini ma in grande spolvero di occhi blu, magliette del mercato,occhiaie da sonno perduto dietro a indicibili preoccupazioni e scatole di Xanax come mezzo di contrasto alla disperazione.Sempre convincente per regale naturalezza.

Nella cinquina degli Oscar 2015 come miglior film straniero assieme al nostro (per nulla impensierito) Capitale Umano

 

 

Due giorni e una notte è un film di genere drammatico dei Fratelli Dardenne con Marion Cotillard Fabrizio Rongione,Olivier Gourmet,Catherine Saléet.Prodotto in Belgio nel 2014.Distribuisce Bim

Perché no

Perché no

de-magistris-704x400Diceva  che non gli sarebbe dispiaciuto  guidare la sinistra e per quanto remota potesse sembrare quell’ennesima ambizione espressa in giorni di entusiasmi arancioni e immancabili promesse strillate dal palco, veniva da augurarsi un condottiero con un’idea di Giustizia meno ingombrante e barricadera di quanto l’inchiesta Why not  di cui era stato la star, più che il  titolare, avesse rivelato.

Certo un  capitolo non esaltante del suo curriculum,  tra schiere d’indagati eccellenti e governanti, intercettazioni indiscriminate e a raffica, scontri titanici tra Procure, colpi di mano e di scena, provvidenziali interventi quirinalizi e numerose passerelle televisive a suggellare accuse talora improbabili come quella di Massoneria. Senza farsi mancare nulla nemmeno nel settore Complotti & Poteri. Forti, questi ultimi, almeno quanto il linguaggio con cui venivano descritti : tonante, gonfio, retorico.

Rilevanza penale modesta,stralci, archiviazioni e qualche risarcimento :  la fine è nota.

E adesso che l’aspirante condottiero è stato condannato in primo grado per Abuso  – mica robetta –  di Potere si comporta, a riprova se non altro che la legge è uguale per tutti, esattamente come tutti i condannati : proclama la sua innocenza, grida all’errore giudiziario e alla camarilla,  impreca contro i giudici, l’iniquità della legge Severino e non vuole dimettersi. Fuori dalle righe come ex magistrato. Decisamente inadatto a guidare alcunché.Speriamo con ciò di esserci tolti il pensiero del grande timoniere giustizialista.

Sulle dimissioni, tecnicismi a parte, si registrano molte certezze e spade fiammeggianti in un caso o nell’altro ma questo,come spesso capita,  è uno di quei frangenti in cui non è dato sapere quale sia davvero il Bene della città che De Magistris amministra. Se la permanenza di un sindaco che molti ritengono inadeguato o un interregno gestito dal vicesindaco con maggioranza precaria e una compagine di consiglieri eletti in circostanze assai particolari e probabilmente irripetibili,  dunque inevitabilmente tentati  dall’istinto di sopravvivenza.Che poi in Politica sarebbe tra le iatture da evitare accuratamente. A Napoli più che mai.

Come si può ben vedere, le sentenze vanno rispettate ma talvolta producono conseguenze inattese. Paradosso sul quale gli estimatori della confusione Politica-Giustizia farebbero bene a riflettere avendo cura,per il futuro, di tenere ben separati i campi, magari  invocando, in nome del Bene Comune, stavolta sì, maggiore sobrietà quanto a ruoli e funzioni. Altrettanto per i patiti della Società Civile che  ci ha procurato e ancora ci procura dispiaceri tali da  rimpiangere vivamente i politici di professione.

Torna De Mita, tutto è perdonato?Magari no. A parte il fatto di non essere mai andato via.

 

 

Nell’illustrazione Luigi De Magistris  festeggia la vittoria arancione vestito da Masaniello (un altro che non se n’è mai andato)

Godard for ever! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

Godard for ever! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

 Que l’on ait parqué les journalistes dans les allées latérales du Théâtre Lumière n’a rien fait pour atténuer la pression. Des rangs du centre, où se massaient les professionnels de la profession, un « Godard for ever ! » a retenti quand la lumière s’est éteinte. Une salve d’applaudissements et d’éclats de rire a tonné au moment du premier effet 3D. Puis plus rien que des toussotements.

Isabelle Reigner Le Monde 22 maggio 2014

 

Godard for ever ! : nell’attimo che passa tra il buio in sala e l’inizio della proiezione – l’unica autorizzata dall’ Autore e dunque affollatissima –  l’urlo rompe l’attesa. Subito ci si rende conto che ci vuole un bel coraggio a sostenere che Jean Luc non sia a Cannes. E non tanto per la capacità di trasformare l’assenza in palpabile evidenza – ha fatto disdire la conferenza stampa,rilasciato interviste al fulmicotone, parlato di mercato delle vacche e di congresso dei dentisti ,riempito la Croisette di piccole spille con su impresse frasi del film –  ma per quanto di suo dilaga – esplicitamente o meno – nel miglior cinema che qui si è potuto vedere. Il suo e quello degli altri, per intenderci.Non può essere che così quando si è forse l’unico titolare di un Pensiero del Film , si è segnato il proprio tempo e quello a venire,inventando una stagione che ne ha influenzato altre. Continuando per tutto il tempo a sperimentare e a cercare.Godard for ever!Ovvero : lunga vita a Godard ! l’Assente che il giorno dopo verrà definito da malaccorti recensori  un furbo,un alieno, un millantatore.Uno che non fa un film interessante da lustri. Tutto questo era prevedibile quanto ininfluente.Alla fine l’unica realtà possibile è  quel  puis  plus rien que des toussotements nel buio della sala a raccontare la tensione. E la meraviglia.

 

 Le propos est simple. Une femme mariée et un homme libre se rencontrent. Ils s’aiment, se disputent, les coups pleuvent. Un chien erre entre ville et campagne. Les saisons passent. L’homme et la femme se retrouvent. Le chien se trouve entre eux. L’autre est dans l’un. L’un est dans l’autre. Et ce sont les trois personnes. L’ancien mari fait tout exploser. Un deuxième film commence. Le même que le premier. Et pourtant pas. De l’espèce humaine on passe à la métaphore. Ca finira par des aboiements. Et des cris de bébé.”

Simple…dice lui. Salvo l’impazzimento del 3D utilizzato in modo non convenzionale,non per potenziare l’immagine o produrre effettacci  ma per sdoppiarla,sovrapporla  destrutturarla Chiudi un occhio, poi quell’altro, gli occhialetti da soli non bastano.

Simple dice lui. Salvo quel dividere il film in due parti e titolarne una Natura e l’altra Metafora.

Simple e génial. Sfottere  il 3D, citare Straub-Huillet, confermare che non si (fa cinema) né di quel che si vede, né di quel che non si vede. Si fa cinema del fatto che non si vede, ovvero del luogo in cui i nostri occhi non possono arrivare.

Simple nel suo essere manifesto del futuro a mezzo di un’opera, a tratti ,sublime

Simple apprezzarne il lavoro per quel che Jean Luc rappresenta oggi prima ancora di celebrarlo per quel che è stato ieri. (Godard for ever!)

(segue)

 

 

Adieu au langage è un film di genere drammatico regia di  Jean-Luc Godard con: Héloise Godet , Kamel Abdelli e Richard Chevallier. Svizzera 2014.

Diconsi undicimilionicentomila (ed esigono rispetto)

Diconsi undicimilionicentomila (ed esigono rispetto)

 

 

 

 

Hanno continuato e continuano a raccontarci un paese  che non c’è, con espressioni talmente abusate che le parole hanno oramai perso la strada del vocabolario.Né soccorrono i numeri, eternamente distanti dalle previsioni  della vigilia.

Tra il paese com’è e come pensiamo sia  o vorremmo che fosse, resta uno scarto da nevrosi dissociativa.In quello scarto  la visione da prontuario dilaga assieme alla volontà di catalogare velocemente tutto.

Così si manifestano tardivi eredi di Enrico Berlinguer, analisti del parallelismo a vanvera e sociologi  del precotto che, ignorando l’Asse e i Legati, il senso storico e l’arte della contestualizzazione, rifanno il mondo nuovo a suon di questioni morali – ma avrà pur lasciato detto qualcosa d’altro la buonanima di Enrico? – resurrezioni democratico cristiane o berlusconiane a piacere : a ciascuno la sua (ossessione)

Peggio della peggior campagna elettorale c’è solo la successiva analisi del voto, chi ha votato chi, perché,aspettandosi cosa e quanto durerà. A questo proposito una moratoria su complotti,voti di scambio, generale disprezzo per l’elettorato dei partiti che non ci piacciono, andrebbe pure richiesta .E manco male che la nettezza del risultato almeno questa volta ci salva dallo stravolgimento dell’aritmetica elettorale,quella del chi ha vinto davvero e chi no. 

Ma il dato davvero epocale è che per la prima volta parte consistente degli elettori di questo Paese ha superato la storica  resistenza a votare un partito di centrosinistra. Per ottenere ciò non è bastato, come vorrebbe una lettura piuttosto grossolana, lo spostamento a destra del Partito Democratico ma una vera e propria rivoluzione in termini di classe dirigente, linguaggio e finanche approccio con la realtà. Comunque lo si valuti, tale cambiamento voluto fortemente dal PD ed incarnato da Matteo Renzi  è stato infine visibile e compreso da tutti.

Che tutto questo sia dovuto anche alla particolarità del carattere di Renzi è indubbio ma che il successo del leader poggi su di un lavoro avviato molto tempo fa, è un fatto incontestabile. L’uomo solo al comando, come amano definirlo i detrattori, staff  e consensi a parte, è stato sospinto da una forza politica che negli ultimi anni ha fatto del modo più efficace di esprimere il cambiamento uno dei propri rovelli principali.

Si scrive rovello, si legge : intere stagioni a districare questioni relative a come governare pluralità e differenze, scelta del leader,della classe dirigente e delle modalità comunicative, offrendo spesso un’immagine di compagine sempre alle prese con le proprie divisioni e col proprio dibattito interno.Ora si può dire che questa stagione è alle spalle,ritrovato il bandolo della matassa resta il buono del partito in cui le diverse sensibilità lavorano in modo dialettico in direzione di un obiettivo comune. All’elettorato non deve essere sfuggito questo cambio di passo.

La doppia legittimazione di Renzi premier e di Renzi leader europeo rafforzerà i propositi e l’azione riformista in patria e porterà in dote al PSE una forza contrattuale differente,necessaria ed indispensabile, particolarmente oggi che l’euroscetticismo divenendo forza parlamentare convoca il resto delle forze politiche ad un’azione decisa. 

Diconsi undicimilionicentomila. Hanno chiesto cambiamento e innovazione Esigono il rispetto degli impegni e quello che si deve ad un elettorato consapevole.Il Partito Democratico deve farsi carico di onorare le aspettative e le promesse.