7) Il convitato di pietra

7) Il convitato di pietra

C’è  un retroterra di questo discorso, di cui bisogna essere consapevoli, un discorso di lungo respiro, che funge un po’ da convitato di pietra di tutti i nostri pensieri. Dice questo: la destra vince, perché il capitalismo è forte. Sta forse esaurendosi il ciclo neoliberista e sta forse riguadagnando spazio il ruolo delle politiche pubbliche, e c’è da capire dove cadrà l’accento, se sul passaggio di crisi o sul passaggio di ristrutturazione. La sfida è a livello globale, e sarebbe bene non lasciare alla destra tutta intera la denuncia degli effetti perversi della globalizzazione mercatista. Il capitalismo è forte perché riesce a tenere ancora insieme innovazione di sistema, democrazia politica ed egemonia culturale. Un blocco di potenza che ha permesso fin qui a proprio favore due, e due sole, soluzioni di governo: o un centro-destra forte o un centro-sinistra debole. La virtuosa alternanza nei sistemi bipolari o bipartitici, modello Westminster, si sappia, ha questo vizietto di fondo. In queste condizioni, non c’è spazio né per una politica di pura gestione né per una politica di mera contestazione. C’è posto solo per una guerra di posizione, di media durata. La difficile situazione economica impatterà con il governo politico della destra. E l’emergenza, che sembrava dover essere istituzionale, magari sarà di più sociale. La storia-mondo, poi, è un campo di imprevedibili eventi, se non la si guarda con la pappa del cuore, ma la si afferra con la lucida intelligenza di una politica-mondo. Qui c’è un terreno favorevole per la sinistra, se saprà essere meno Proteo e più Anteo, se saprà di meno apparire in tante forme e di più ritrovare la sola terra da cui ricava la propria forza.

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