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Tag: La fabbrica del cinema

Evviva Stella !

Evviva Stella !

La lettura di Duras, Cocteau e Balzac , come scoperta entusiasmante dell’adolescenza, ma soprattutto come  antidoto sicuro e sostegno a superare  una condizione culturalmente svantaggiata, deve aver innervosito i censori italiani al punto di infliggere a Stella, film di Sylvie Verheyde ( distribuito in Italia da Nanni Moretti), il divieto ai minori di quattordici anni.

Altri motivi non se ne scorgono in questa scelta francamente ridicola, avverso la quale la Sacher  ha fatto ricorso (previo pepatissimo comunicato stampa ). Ciò detto – e auspicando un felice esito a tutto l’iter –  eccoci a  Stella, ragazzetta di periferia cresciuta nel bar dei suoi, catapultata armi, bagagli e finta pelliccetta al collo della giacca, in una scuola del centro in cui coetanei du genre protégé non le risparmiano atteggiamenti  di sufficienza.

Stella in realtà, non partecipa al  confronto tra differenti stili di vita come una ragazza del tutto sprovvista di argomenti. E’ sveglia, intelligente e poi nel bar ha imparato un sacco di cose sul calcio, sui cocktails e sulle regole della belote – la briscola francese – o su quelle del biliardo, conosce a memoria le parole delle canzoni  del juke box – Sheila, Eddy Mitchell, Daniel Guichard, siamo negli anni 70 – e tirando tardi davanti alla televisione, ha scoperto i  vecchi film di culto del  programma Le ciné-club.

Tutto questo naturalmente non è sufficiente alla formazione di  una ragazzina che sta maturando mentre  scopre l’amicizia, l’amore e – quando un avventore del bar che l’ha vista crescere tenterà di abusare di lei –  persino il tradimento  Sarà una compagna di scuola  du genre protégé ma un po’ meno imbecille degli altri ad offrirle amicizia e l’occasione per impossessarsi di buone letture e buona musica.

Di lì a capire che la cultura è importante, aiuta ad affrontare la vita con le sue sfide e le sue brutte sorprese è un attimo. Sono tutti lì Les quattre cents coups di Stella, la botta di vita. La grande occasione. 

Ma c’è un aspetto del tragitto di questa ragazza che rende ancora più incomprensibile il divieto della censura italiana : la scoperta che l’apprendimento matura solo nella dimensione collettiva del confronto che solo la scuola può consentire. Dunque niente abbandoni scolastici, è l’invito che sotterraneamente,  il film rivolge ai giovanissimi. Resistete!

Un piccolo gioiello, un film con qualche imperfezione ma  edificante senza l’impiego  di retorica e luoghi comuni. Sguardo incantato e grinta. Come Léora Barbara, la bravissima interprete.

Stella è un film di Sylvie Verheyde. Con Leora Barbara, Karole Rocher, Benjamin Biolay, Guillaume Depardieu, Thierry Neuvic, Jeannick Gravelines, Valérie Stroh, Johan Libéreau, Melissa Rodriguès, Laëtitia Guérard, Anne Benoît, Christophe Bourseiller, Yolaine Gliott. Genere Drammatico, colore 102 minuti

Natale in casa Vuillard

Natale in casa Vuillard

 

Settimo film di Arnaud Desplechin,  regista ;che possiede il talento di concentrare anche la  trama più complessa e articolata, in sequenze brevi, dunque particolarmente versato a raccontare storie – come questo suo Un conte de Noël -  familiari , ovvero per dirla con i Cahiers che questo film molto hanno elogiato, di delirio genealogico.

Benvenuti dunque a casa dei Vuillard, famiglia altoborgese colta e numerosa. Siamo a Natale cioè nel momento più adatto per cogliere, tra albero, presepe e messa, esplosioni di tranquilla crudeltà da psicosi autodistruttiva che si  manifestano in termini di assoli, lampi onirici, voci fuori campo, dialoghi abrasivi, scontri frontali (e fisici).

Dramma psicologico più melò, in partitura a più voci,  ma la forma è ineccepibile nel racconto che si dipana intorno ad una malattia devastante che molti anni prima aveva ucciso il bambino di Abel e Junon – i padroni di casa – e che sta per colpire di nuovo quest’ultima. Allora, sarebbe servito un trapianto di midollo osseo compatibile che nemmeno l’apposito concepimento di un altro figlio potè offrire. Oggi un nipotino dei due, a rischio della propria, potrebbe salvare la vita di Junon….

Attori – recitanti, e di brutto – che sfiorano il sublime. Un contropanettone potente quanto un mezzo da sbarco.

 Racconto di Natale è  un film di Arnaud Desplechin. Con Catherine Deneuve, Jean-Paul Roussillon, Mathieu Amalric, Emile Berling, Françoise Bertin

Drammatico, durata 150 min. – Francia 2008

 

 

 

 

La fabbrica dei tedeschi

La fabbrica dei tedeschi

Va reso merito a Ballarò e a Giovanni Floris di aver messo insieme, ieri sera,  una trasmissione sulla Thyssen Krupp misurata e di notevole  impatto. Raccontando di quell’episodio gli aspetti civili, richiamando ognuno alle proprie responsabilità e mostrando del  dolore gli aspetti meno spettacolari e più controversi –  i retropensieri, le ricadute, l’insito e crudele bisogno di rivalsa –  ha sottratto lo spettatore al rischio quotidiano di vedersi scorrere sotto agli occhi, immagini codificate della Tragedia e del Lutto, mentre è comodamente seduto sul divano di casa, oramai anestetizzato dalla ripetitività e dalla retorica delle narrazioni.

Scarnificata dal superfluo, emerge con nettezza l’immagine di una drammatica impotenza : correggere il nostro atteggiamento troppo distratto, sollecitare le istituzioni, soccorrere chi è rimasto, ma ognuno di questi compiti richiama un’altra immagine: quella di ostacoli difficili da rimuovere.

Presenze appropriate e non abituali in televisione –  nessun politico a promettere o a esecrare ma su tutti, la nobiltà dell’autocritica di Guglielmo Epifani –  hanno conferito all’insieme, sobrietà. Degna di nota anche la lettura che Valerio Mastandrea ha offerto del brano di Ezio Mauro Gli operai di Torino diventati invisibili .

Domani anche l’Infedele di Gad Lerner ricorderà i morti della Thyssen  con la proiezione del film di Mimmo Calopresti  La fabbrica dei tedeschi.

Il negativo della pellicola

Il negativo della pellicola

 

Manco si fosse trattato del componimento di uno scolaro, a Cannes, la critica criticante non badò a spese. E fu così che dopo la visione di  PalermoShooting,  : fumoso, velleitario, noioso, confuso e saccente. Eppure basterebbe  che la stessa meticolosità con la quale talvolta i critici si industriano a trovare del buono in  lavori di poco conto, fosse investita nel vedere i film solo  quello, niente – si fa per dire – più. Un’ operazione indispensabile, prioritaria rispetto all’abituale rincorrere quadrature in schemi narrativi ellittici, ovvero l’individuare i generi, o l’interpretare misteri che misteriosi non sono affatto. Il che si rivela vieppiù inutile, se applicato al modo di fare cinema di Wenders che intenzionalmente conduce a perdersi in luoghi spazio-temporali mai visitati, più percorsi mentali che veri e propri tragitti.

Insomma, certe forzature esegetiche richiamano l’idea della Morte al Lavoro assai più  di quanto  faccia Wenders nel suo racconto. Che in fin dei conti, ruota intorno ad un dipinto – Il trionfo della Morte  – custodito in palazzo Abatellis a Palermo – raccontando  il regista, prima di tutto, con altre immagini, quell’immagine. Chi ce lo ha detto? Wenders stesso, in millanta interviste. Atteniamoci dunque ai fatti o quantomeno approfittiamo del filo conduttore che ci viene generosamente offerto:

Miracolosamente sfuggito ad un incidente stradale, un fotografo di successo, roso da insostenibili malesseri, arriva a Palermo da Düsseldorf e vede in uno scatto, le proprie persecutorie ossessioni, incarnate da un arciere incappucciato. Il dialogo che ne seguirà,  imprevedibilmente sereno e senza paura, sarà rivelatore dell’intero impianto. E tra realtà e visione, resurrezione e morte possiamo goderci l’elegante fotografia, una splendida colonna sonora e le belle immagini dei sogni e dei fantasmi risolte in digitale.

Detto questo però è importante puntualizzare che anche se faccio un largo uso delle nuove tecnologie, l’importante è che la loro funzione resti quella di guardare e capire la realtà. Mi fa orrore pensare che fra qualche anno nessuno ricorderà più cosa sia un negativo. Credo di non esagerare nel dire che questa è una delle rivoluzioni più radicali del nostro tempo, perché con il digitale è mutato anche il nostro approccio alla morte e alla mortalità. Ormai percepiamo ogni cosa come immortale e abbiamo perso completamente coscienza del nostro essere mortali. Personalmente ho visto la morte due volte da vicino e ho provato una sensazione di attesa. La morte è un punto di vista privilegiato per guardare la propria vita, l’unico che consente di farlo in modo radicale. È questo il messaggio del film: rivedere la propria vita. Spero che le frecce del mio affresco “colpiscano”anche voi.

Wim Wenders

 

 

 

Palermo Shooting è un film di Wim Wenders. Con Campino, Giovanna Mezzogiorno, Dennis Hopper, Olivia Asiedu-Poku, Letizia Battaglia, Harry Blain, Sebastian Blomberg, Inga Busch, Alessandro Dieli, Melika Foroutan, Irina Gerdt, Gerhard Gutberlet, Francesco Guzzo, Wolfgang Michael, Anna Orso, Jana Pallaske, Lou Reed, Udo Samel, Axel Sichrovsky, Giovanni Sollima. Genere Drammatico, colore 124 minuti. – Produzione Germania 2008. – Distribuzione Bim –

 

 

Necessariamente insostenibile

Necessariamente insostenibile

Il bambino che credeva  vittima di un rapimento e che le viene restituito non è suo figlio. La polizia di Los Angeles, spregiudicata e corrotta, vuole risolvere le indagini a tutti i costi e  insiste fino a rinchiudere in manicomio lei, Christine Collins –  la madre del piccolo – dopo averla  bollata come persona difficile  e questo   solo perchè si oppone alla versione degl’investigatori. Sarà sottoposta a terapie violente ed umilianti, somministrate senza particolari formalità, così come consentito dalla legge di allora. 

Il caso specifico non sarà risolto, ma indagando sul mistero della scomparsa del bambino, si scopriranno gli omicidi seriali di un pedofilo che sarà poi mandato a morte, come una sorta di colpevole predestinato però, dunque senza che in tutto questo si possa rinvenire  la benchè minima idea di giustizia.

Tratto da una storia vera, resa la sceneggiatura  ancor più aderente alla realtà da un’indagine accurata su materiali d’epoca – ma la verità è la virtù più importante del pianeta, ama dire  Eastwood – questo film si colloca sulla direttrice tracciata da una produzione che con Mystic River, Un mondo perfetto etc,  nell’analisi impietosa della società americana, racconta  i passaggi dolorosi della  perdita d’innocenza di quel  paese. Mischiando i generi, senza tralasciare l’ horror e finanche lo splatter,  in un crescendo di atrocità  che comunque preludono alla sconfitta, Eastwood scrive un altro capitolo sulla fine del Sogno Americano. Un film straziante, di indispensabile violenza in ogni suo passaggio. Particolarmente  nel racconto dell’esecuzione del pedofilo.

Di quale pace parlate? – si chiede Eastwood – Dopo uno spettacolo simile, quale tranquillità sperate di ritrovare? È per questo che ho voluto filmare questa scena con il più grande realismo, il rumore del collo che si spezza quando il corpo oscilla nel vuoto, i piedi che si agitano al momento dell’agonia… è insopportabile da vedere, ed è questo l’effetto che cercavo.

Impeccabile Malcovich nella parte del predicatore radiofonico che sosterrà, la battaglia di Christine. Toccante Angelina Jolie e, manco a dirlo, straordinario, lucido, indipendente tessitore, Clint Eastwood. Nessuna Palma a Cannes ( altre ingiustizie)  ma meritatissimo premio alla carriera, per il regista.

Changelling è un film di Clint Eastwood. Con Angelina Jolie, John Malkovich, Jeffrey Donovan, Colm Feore, Jason Butler Harner, Amy Ryan, Michael Kelly, Devon Gearhart, Kelly Lynn Warren, Gattlin Griffith, Michelle Martin, Frank Wood, Devon Conti, J.P. Bumstead, Debra Christofferson, Russell Edge, Peter Gerety, Pamela Dunlap. Genere Drammatico, colore 140 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Universal Pictures