La fabbrica dei tedeschi
Va reso merito a Ballarò e a Giovanni Floris di aver messo insieme, ieri sera, una trasmissione sulla Thyssen Krupp misurata e di notevole impatto. Raccontando di quell’episodio gli aspetti civili, richiamando ognuno alle proprie responsabilità e mostrando del dolore gli aspetti meno spettacolari e più controversi – i retropensieri, le ricadute, l’insito e crudele bisogno di rivalsa – ha sottratto lo spettatore al rischio quotidiano di vedersi scorrere sotto agli occhi, immagini codificate della Tragedia e del Lutto, mentre è comodamente seduto sul divano di casa, oramai anestetizzato dalla ripetitività e dalla retorica delle narrazioni.
Scarnificata dal superfluo, emerge con nettezza l’immagine di una drammatica impotenza : correggere il nostro atteggiamento troppo distratto, sollecitare le istituzioni, soccorrere chi è rimasto, ma ognuno di questi compiti richiama un’altra immagine: quella di ostacoli difficili da rimuovere.
Presenze appropriate e non abituali in televisione – nessun politico a promettere o a esecrare ma su tutti, la nobiltà dell’autocritica di Guglielmo Epifani – hanno conferito all’insieme, sobrietà. Degna di nota anche la lettura che Valerio Mastandrea ha offerto del brano di Ezio Mauro Gli operai di Torino diventati invisibili .
Domani anche l’Infedele di Gad Lerner ricorderà i morti della Thyssen con la proiezione del film di Mimmo Calopresti La fabbrica dei tedeschi.