Marion (o del vincere la paura)

Marion (o del vincere la paura)

 

 Cannes 2014  due giorni e una notte s16__1209_jpg_1400x0_q85

 

Un po’ La parola ai giurati per la caparbietà di voler rovesciare un giudizio definito argomentando con gli altri, un po’ western per le sfide e i duelli, un po’ piccola storia dominata dal Ricatto e dalla ricerca di una  Solidarietà divenuta sentimento che non ci si può più permettere.

Nessun Quarto Stato però alle spalle di Sandra, il suo è un viaggio in quattordici stazioni da postulante solitaria mentre si adopera per convincere i colleghi ad una rinuncia cui è appesa la possibilità per lei di continuare a lavorare.

Dunque incarnazione della Fragilità messa a dura prova  quattordici differenti volte in cui ciascun interlocutore ha un buon motivo per rifiutarle l’assenso.

La fine è scontata, un po’ meno il Coraggio di cui sembrava in un primo momento  essere priva ma che  tappa dopo tappa  prende forma  divenendo Consapevolezza.La vera ragione di quel penoso mettersi in cammino è  in questa trasformazione.

Due giorni e una notte per raccontare senza trucco e senza inganno  un pezzo di contemporaneità intorno alla quale il cinema molto si sta adoperando.Ma la tradizionale assenza di toni melensi o di tentazioni socioculturali  con cui i Fratelli Dardenne riescono sempre ad avere la meglio su di una materia insidiosa e sulla ripetitività delle situazioni,nulla toglie al dramma  e alla coerenza del racconto. Una regia né dell’aggiungere né del togliere il cui unico scopo è cedere spazio a concatenate riflessioni.

 

Cotillard senza Dior,smartphone,gettoni e rullini ma in grande spolvero di occhi blu, magliette del mercato,occhiaie da sonno perduto dietro a indicibili preoccupazioni e scatole di Xanax come mezzo di contrasto alla disperazione.Sempre convincente per regale naturalezza.

Nella cinquina degli Oscar 2015 come miglior film straniero assieme al nostro (per nulla impensierito) Capitale Umano

 

 

Due giorni e una notte è un film di genere drammatico dei Fratelli Dardenne con Marion Cotillard Fabrizio Rongione,Olivier Gourmet,Catherine Saléet.Prodotto in Belgio nel 2014.Distribuisce Bim

Perché no

Perché no

de-magistris-704x400Diceva  che non gli sarebbe dispiaciuto  guidare la sinistra e per quanto remota potesse sembrare quell’ennesima ambizione espressa in giorni di entusiasmi arancioni e immancabili promesse strillate dal palco, veniva da augurarsi un condottiero con un’idea di Giustizia meno ingombrante e barricadera di quanto l’inchiesta Why not  di cui era stato la star, più che il  titolare, avesse rivelato.

Certo un  capitolo non esaltante del suo curriculum,  tra schiere d’indagati eccellenti e governanti, intercettazioni indiscriminate e a raffica, scontri titanici tra Procure, colpi di mano e di scena, provvidenziali interventi quirinalizi e numerose passerelle televisive a suggellare accuse talora improbabili come quella di Massoneria. Senza farsi mancare nulla nemmeno nel settore Complotti & Poteri. Forti, questi ultimi, almeno quanto il linguaggio con cui venivano descritti : tonante, gonfio, retorico.

Rilevanza penale modesta,stralci, archiviazioni e qualche risarcimento :  la fine è nota.

E adesso che l’aspirante condottiero è stato condannato in primo grado per Abuso  – mica robetta –  di Potere si comporta, a riprova se non altro che la legge è uguale per tutti, esattamente come tutti i condannati : proclama la sua innocenza, grida all’errore giudiziario e alla camarilla,  impreca contro i giudici, l’iniquità della legge Severino e non vuole dimettersi. Fuori dalle righe come ex magistrato. Decisamente inadatto a guidare alcunché.Speriamo con ciò di esserci tolti il pensiero del grande timoniere giustizialista.

Sulle dimissioni, tecnicismi a parte, si registrano molte certezze e spade fiammeggianti in un caso o nell’altro ma questo,come spesso capita,  è uno di quei frangenti in cui non è dato sapere quale sia davvero il Bene della città che De Magistris amministra. Se la permanenza di un sindaco che molti ritengono inadeguato o un interregno gestito dal vicesindaco con maggioranza precaria e una compagine di consiglieri eletti in circostanze assai particolari e probabilmente irripetibili,  dunque inevitabilmente tentati  dall’istinto di sopravvivenza.Che poi in Politica sarebbe tra le iatture da evitare accuratamente. A Napoli più che mai.

Come si può ben vedere, le sentenze vanno rispettate ma talvolta producono conseguenze inattese. Paradosso sul quale gli estimatori della confusione Politica-Giustizia farebbero bene a riflettere avendo cura,per il futuro, di tenere ben separati i campi, magari  invocando, in nome del Bene Comune, stavolta sì, maggiore sobrietà quanto a ruoli e funzioni. Altrettanto per i patiti della Società Civile che  ci ha procurato e ancora ci procura dispiaceri tali da  rimpiangere vivamente i politici di professione.

Torna De Mita, tutto è perdonato?Magari no. A parte il fatto di non essere mai andato via.

 

 

Nell’illustrazione Luigi De Magistris  festeggia la vittoria arancione vestito da Masaniello (un altro che non se n’è mai andato)

Godard for ever! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

Godard for ever! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

 Que l’on ait parqué les journalistes dans les allées latérales du Théâtre Lumière n’a rien fait pour atténuer la pression. Des rangs du centre, où se massaient les professionnels de la profession, un « Godard for ever ! » a retenti quand la lumière s’est éteinte. Une salve d’applaudissements et d’éclats de rire a tonné au moment du premier effet 3D. Puis plus rien que des toussotements.

Isabelle Reigner Le Monde 22 maggio 2014

Godard for ever ! : nell’attimo che passa tra il buio in sala e l’inizio della proiezione – l’unica autorizzata dall’ Autore e dunque affollatissima –  l’urlo rompe l’attesa. Subito ci si rende conto che ci vuole un bel coraggio a sostenere che Jean Luc non sia a Cannes. E non tanto per la capacità di trasformare l’assenza in palpabile evidenza – ha fatto disdire la conferenza stampa, rilasciato interviste al fulmicotone, parlato di mercato delle vacche e di congresso dei dentisti, riempito la Croisette di piccole spille con su impresse frasi del film, ma per quanto di suo, dilaga – esplicitamente o meno – nel miglior cinema che qui si è potuto vedere. Il suo e quello degli altri, per intenderci. Non può essere che così quando si è forse l’unico titolare di un Pensiero del Film , si è segnato il proprio tempo e quello a venire, inventando una stagione che ne ha influenzato altre. Continuando per tutto il tempo a sperimentare e a cercare. Godard for ever! Ovvero : lunga vita a Godard ! l’Assente che il giorno dopo verrà definito da malaccorti recensori  un furbo, un alieno, un millantatore. Uno che non fa un film interessante da lustri. Tutto questo era prevedibile quanto ininfluente. Alla fine l’unica realtà possibile è  quel  puis  plus rien que des toussotements nel buio della sala a raccontare la tensione. E la meraviglia.

 Le propos est simple. Une femme mariée et un homme libre se rencontrent. Ils s’aiment, se disputent, les coups pleuvent. Un chien erre entre ville et campagne. Les saisons passent. L’homme et la femme se retrouvent. Le chien se trouve entre eux. L’autre est dans l’un. L’un est dans l’autre. Et ce sont les trois personnes. L’ancien mari fait tout exploser. Un deuxième film commence. Le même que le premier. Et pourtant pas. De l’espèce humaine on passe à la métaphore. Ca finira par des aboiements. Et des cris de bébé.”

Simple…dice lui. Salvo l’impazzimento del 3D utilizzato in modo non convenzionale,non per potenziare l’immagine o produrre effettacci  ma per sdoppiarla,sovrapporla  destrutturarla Chiudi un occhio, poi quell’altro, gli occhialetti da soli non bastano.

Simple dice lui. Salvo quel dividere il film in due parti e titolarne una Natura e l’altra Metafora.

Simple e génial. Sfottere  il 3D, citare Straub-Huillet, confermare che non si (fa cinema) né di quel che si vede, né di quel che non si vede. Si fa cinema del fatto che non si vede, ovvero del luogo in cui i nostri occhi non possono arrivare.

Simple nel suo essere manifesto del futuro a mezzo di un’opera, a tratti ,sublime

Simple apprezzarne il lavoro per quel che Jean Luc rappresenta oggi prima ancora di celebrarlo per quel che è stato ieri. (Godard for ever!)

(segue)

Adieu au langage è un film di genere drammatico regia di  Jean-Luc Godard con: Héloise Godet , Kamel Abdelli e Richard Chevallier. Svizzera 2014.

Diconsi undicimilionicentomila (ed esigono rispetto)

Diconsi undicimilionicentomila (ed esigono rispetto)

 

 

 

 

Hanno continuato e continuano a raccontarci un paese  che non c’è, con espressioni talmente abusate che le parole hanno oramai perso la strada del vocabolario.Né soccorrono i numeri, eternamente distanti dalle previsioni  della vigilia.

Tra il paese com’è e come pensiamo sia  o vorremmo che fosse, resta uno scarto da nevrosi dissociativa.In quello scarto  la visione da prontuario dilaga assieme alla volontà di catalogare velocemente tutto.

Così si manifestano tardivi eredi di Enrico Berlinguer, analisti del parallelismo a vanvera e sociologi  del precotto che, ignorando l’Asse e i Legati, il senso storico e l’arte della contestualizzazione, rifanno il mondo nuovo a suon di questioni morali – ma avrà pur lasciato detto qualcosa d’altro la buonanima di Enrico? – resurrezioni democratico cristiane o berlusconiane a piacere : a ciascuno la sua (ossessione)

Peggio della peggior campagna elettorale c’è solo la successiva analisi del voto, chi ha votato chi, perché,aspettandosi cosa e quanto durerà. A questo proposito una moratoria su complotti,voti di scambio, generale disprezzo per l’elettorato dei partiti che non ci piacciono, andrebbe pure richiesta .E manco male che la nettezza del risultato almeno questa volta ci salva dallo stravolgimento dell’aritmetica elettorale,quella del chi ha vinto davvero e chi no. 

Ma il dato davvero epocale è che per la prima volta parte consistente degli elettori di questo Paese ha superato la storica  resistenza a votare un partito di centrosinistra. Per ottenere ciò non è bastato, come vorrebbe una lettura piuttosto grossolana, lo spostamento a destra del Partito Democratico ma una vera e propria rivoluzione in termini di classe dirigente, linguaggio e finanche approccio con la realtà. Comunque lo si valuti, tale cambiamento voluto fortemente dal PD ed incarnato da Matteo Renzi  è stato infine visibile e compreso da tutti.

Che tutto questo sia dovuto anche alla particolarità del carattere di Renzi è indubbio ma che il successo del leader poggi su di un lavoro avviato molto tempo fa, è un fatto incontestabile. L’uomo solo al comando, come amano definirlo i detrattori, staff  e consensi a parte, è stato sospinto da una forza politica che negli ultimi anni ha fatto del modo più efficace di esprimere il cambiamento uno dei propri rovelli principali.

Si scrive rovello, si legge : intere stagioni a districare questioni relative a come governare pluralità e differenze, scelta del leader,della classe dirigente e delle modalità comunicative, offrendo spesso un’immagine di compagine sempre alle prese con le proprie divisioni e col proprio dibattito interno.Ora si può dire che questa stagione è alle spalle,ritrovato il bandolo della matassa resta il buono del partito in cui le diverse sensibilità lavorano in modo dialettico in direzione di un obiettivo comune. All’elettorato non deve essere sfuggito questo cambio di passo.

La doppia legittimazione di Renzi premier e di Renzi leader europeo rafforzerà i propositi e l’azione riformista in patria e porterà in dote al PSE una forza contrattuale differente,necessaria ed indispensabile, particolarmente oggi che l’euroscetticismo divenendo forza parlamentare convoca il resto delle forze politiche ad un’azione decisa. 

Diconsi undicimilionicentomila. Hanno chiesto cambiamento e innovazione Esigono il rispetto degli impegni e quello che si deve ad un elettorato consapevole.Il Partito Democratico deve farsi carico di onorare le aspettative e le promesse.

 

 

 

Lui ! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

Lui ! (une promesse de joie cinématographique mondiale)

 

 

 « Son regard par-dessus ses lunettes noires nous rend complices d’une promesse de joie cinématographique mondiale, explique l’auteur de l’affiche. La joie de vivre ensemble le Festival de Cannes. » (presentazione ufficiale dell’affiche)

Lui è Marcello Mastroianni in 8 e 1/2, divinizzato – manco ce ne fosse bisogno – in tutte le sfumature del seppia da Hervé Chigioni e Gilles Frappier della Lagency. Sorveglierà la Croisette, incarterà il Palais, presiederà le conferenze stampa, soprintenderà le transazioni del Marché e la caciara dei parties. Il festival numero sessantasette non poteva trovare miglior emblema della cinematografia che più amiamo : quella dell’innovazione, dell’anticonformismo e della poesia.

Loro. Una quindicina di registe,più Jane Campion e Nicole Garcia rispettivamente alla testa delle giurie di Concorso e Caméra d’or – vietato insistere  troppo sulle quote rosa però, che altrimenti Henry Fremaux ricomincia con la storia del merito che prevale sul genere –  e poi americani  indipendenti, inglesi politicizzati tosti, esordi di cinematografie lontane, francesi dilaganti, Godard che tenta il 3D, l’oramai immancabile  cineseria – poca però – e Lambert Wilson maître de cérémonie.(qui le madrine fringuellanti non sono un imperativo categorico)

 Gli altri. Assenti per ragioni sconosciute ma quasi tutte  riconducibili all’ufficiale – ma che bugiardi –  intempestività e ritardi delle lavorazioni : Paul Thomas Anderson,  Keren Yedaya, Alejandro Gonzàles Inarruti , Clint Eastwood, ciascuno a modo proprio testa di ponte di una cinematografia costruita per mostrare il mondo sullo schermo.Peccato, anche se non è detta l’ultima.Magari qualcosa viene ripescato come sorpresa dell’ultimo momento.  

Assente mica tanto Abel Ferrara con Welkome to New York,  vita morte e miracoli sotto mentite spoglie di Dominique Strauss Kahn. Non è in concorso né in alcuna sezione.Sarà proiettato  al Marchè previa conferenza stampa.Esce nelle sale ed in contemporanea, on demand, sul web accompagnato da polemiche, fumus di complotti  ed ampi spiegoni del produttore sulle nuove frontiere commerciali dell’home video.Ovvero della première in pantofole.

Disgrâce de Monaco – Apre Kidman – Kelly con filmone preceduto da grancassa e – come se non bastassero i trascorsi attriti tra regia e produzione –  già sconfessato dalla Famille Princiére,regnante a pochi chilometri e assai indignata per l’andamento un po’ troppo fictionelle et  inutilement “glamourisée” del film su mammà,  venerata in patria come una santa e della quale viene mostrata la profonda crisi d’identità acuita dalla proposta di Hitchcock di un ritorno al cinema. Il film avrebbe dovuto essere Marnie – decisamente poco adatto a soccorrere problematiche esistenziali di qualsivoglia natura –

Andò che la princesse scelse il regno, l’amore e la famiglia mentre  la parte fu affidata alla egualmente problematica e bionda ma meno regale  Hedren. E sempre nell’ambito del fuori concorso, Erri De Luca resuscita Cocteau napoletanizzando il testo francese, con Loren  Voce umana e Ponti figlio alla regia. 

 

 Nazionali senza filtro. Meraviglie in concorso – e diamo qui per definitivamente evasa la pratica Lewis Carrol (un centesimo per tutte le volte che le Meraviglie di Alice Rohrwacher saranno affiancate nei titoli e nelle recensioni al Bianconiglio e allo Stregatto e si diventa tutti ricchi)  Ma anche Incompresa di Asia Argento nella sezione un  Certain Regard con Charlotte Gainsbourg e Gabriel Garko a completare l’opera (terza). Infine Più buio di mezzanotte di Sebastiano Riso alla Semaine la sezione che l’anno scorso rivelò Salvo. Autori giovani,produttori indipendenti : il cinema italiano preferito dai selezionatori appartiene a questa schiera.

 

Amori miei  Cronenberg, Shrader, Dolan e naturalmente  Mike Leigh, più l’intera sezione di  Cannes Classic, dedicata al tempo che fu  con Per un pugno di dollari di Sergio Leone, Paris Texas di Wim Wenders –  palma d’oro di trent’anni fa,restaurato per l’occasione –  La paura di Rossellini, L’ultimo métro di Truffaut, Le hasard di Kieslowski, Dragon Inn di King Hu, Orizzonti perduti di Capra, La chienne di Renoir, Jamaica Inn di Hitchcock, Sayat Nova di Parajanov.
Il cartellone qui è sempre un miracolo di armonia : dal corto, al lungometraggio,alla retrospettiva tutto s’intona.Parte della promesse de joie cinématographique mondiale comincia da qui.
 
 
 
 
(segue)