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Tag: La fabbrica del cinema

In ogni caso…Riprendimi

In ogni caso…Riprendimi

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Piccolissima produzione che si deve al coraggio di Francesca Neri e Claudio Amendola ma che, tanto per dire, era tra i film presenti al  Sundance filmfestival  di Robert Redford  a Park City nello Utah,  una delle vetrine più prestigiose per il cinema indipendente mondiale. Quest’anno resa ancora più interessante dallo sciopero degli sceneggiatori che avendo compromesso l’uscita di molti film, ha costretto i buyers a piombare sul Sundance nell’ipotesi che i film presentati fossero la sola offerta per le sale fino al 2009.   Riprendimi  racconta  la disgregazione di un rapporto d’amore tra un attore e una montatrice, vissuta attraverso diversi punti di vista mentre il tutto viene filmato da amici cameramen intenzionati a fare un documentario sul precariato nel cinema .

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Film nel film dunque, un genere non nuovo e assai presente anche nelle produzioni americane. Un mockumentary, girato con due videocamere digitali e montato sul computer di casa della regista Anna Negri. Ma …la modestia dei mezzi non tragga in inganno. Professionalità, valori estetici, ritmi narrativi e intensità, non sono minimamente compromessi . Accade con le videocamere quello che una trentina di anni fa è già successo con le produzioni in super8 che da una parte allargavano a tutti la possibilità di fare film e dall’altra, liberando il linguaggio cinematografico da molte finzioni e sovrastrutture , conferivano maggiore immediatezza e realismo alle immagini. Qui il risultato è  un film bello e nevrotico, volutamente inconcludente come tutti i suoi protagonisti ingabbiati in un’eterna giovinezza, invariabilmente rappresentata dal rifiuto caparbio di ogni responsabilità. ( la bella signora bruna dell’illustrazione di mezzo è Anna Negri) 

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Riprendimi è un film di Anna Negri. Con Alba Rohrwacher, Marco Foschi, Valentina Lodovini, Stefano Fresi, Alessandro Averone, Marina Rocco, Cristina Odasso, Francesca Cutolo. Genere Drammatico, colore 96 minuti. – Produzione Italia 2008. – Distribuzione Medusa

George ! ( on the set )

George ! ( on the set )


George Clooney, a suo agio nei panni contemporaneamente rivestiti del primo attore, del regista, e del produttore di Leatherheads, film in uscita  questi giorni nelle sale italiane, ha appena finito di girare Burn after reading dei fratelli Coen, ha in animo di far cadere nel pieno del clima elettorale americano, la trasposizione cinematografica di Ferragut North di Beau Willimon, sui retroscena  dell’elezione di un candidato e sembra ieri che con Michael Clayton  procurava grappoli di extrasistole dentro e fuori la sala di proiezione, abbagliando Venezia con il fascino discreto del suo non passare inosservato mai . Lui è uno che dice di non voler esplorare un solo genere e questo davvero è un rischio che non corre se si pensa alla disinvoltura con la quale passa dal film politico alla commedia sofisticata  a quella bellissima serie  di film di pura evasione che sono i vari Oceaneleven, twelve, thirteen  o alla fiction televisiva Unscripted prodotta insieme a Sodebergh, cinque puntate della quale dirette personalmente, un lavoro contro la televisione sperando che la nostra televisione se ne accorga e lo acquisti per la gioia dei telespettatori italiani.

Con Leatherheads si cimenta con la commedia romantica, genere dal quale si era fin qui tenuto a distanza. Ma, dopo vari ritocchi alla sceneggiatura che non riusciva a far quadrare col contesto storico , ha tirato fuori questo film delizioso che per ritmo e stile , ricorda Cukor e Hawks, geni della commedia, ai quali effettivamente Clooney, da sempre innamorato del passato cinematografico del suo paese,  dichiara di essersi ispirato. Ma qui non si tratta di semplici citazioni, l’intero film è immerso  in un’atmosfera inequivocabilmente anni venti  che si  realizza per tramite di un’accuratezza di particolari che nulla tralascia, dalla recitazione da screwball comedy al recupero dei linguaggi d’epoca, completa il clima e la percezione di una crisi che incombe e che di lì a poco sconvolgerà ogni cosa.


Anno 1925 storia di un triangolo e di un segreto, delle imprese di una scalcagnata squadra di football tra maxi retate e grandi bevute negli speakeasy alla faccia del proibizionismo. Belli ed esilaranti i dialoghi tra Clooney e Zellweger e le spettacolari furbesche soluzioni di gioco messe in campo grazie ai bei tempi in cui il gioco non aveva regole. Come in amore, si potrebbe dire, ma il titolo italiano – In amore niente regole – probabilmente pensato per allontanare dal film l’idea del soggetto esclusivamente sportivo, più caro agli americani che a noi, qui proprio non c’azzecca. Una bella prova di talento maniacalmente espresso nella direzione del film , Clooney a buon diritto stravenerato e conclamato dalla stampa americana,  divo, è in realtà un regista nato che dopo tre belle prove e un capolavoro, si spera continui a coltivare la sua  vocazione.

 

In amore niente regole è un film di George Clooney. Con George Clooney, Renée Zellweger, John Krasinski, Jonathan Pryce. Genere Commedia, colore 114 minuti. – Produzione USA 2008. – Distribuzione Universal Pictures –

Rock ‘n’ roll will never die

Rock ‘n’ roll will never die

Trent’anni dopo The last waltz , Martin Scorsese realizza con il sostegno del Clinton Found, quest’omaggio amorevole e cinico ai Rolling Stones e alla loro musica . Shine a light. Proprio come una delle loro hit . Dunque.. splende una stella, in una torrida serata al Beacon Theatre di New York, insieme ad ospiti trasversali per linguaggi e provenienza  – Anguilera, Guy, Wood –   si celebra il mito di Jagger and co, senza trucchi e senza inganni ma soprattutto, collocandosi a siderali distanze dalla retorica  e dagli infingimenti della routine rockettara che viaggia su clip.  Potenza visiva elargita da venti cineprese in movimento – ai lati e dietro il palco, sulla gru, in mezzo al pubblico e sotto il corridoio da sfilata – che lavorano sincronizzate dal mago David Tedeschi. Indagini approfondite del regista nel reticolato di rughe, fatica e smorfie, compendio  espressivo di questi abilissimi sciamani sessantacinquenni, tutti vibranti di fascino seduttivo antico e decadente. Il tocco di Scorsese non è invasivo, intenzionato a catturare la performance più che a fare un film  , testimonia con dovizia di particolari ,  la resurrezione di Jagger, sublimando in special modo l’anima  blues degli Stones. Poi, giocando la carta ruffiana della memoria che affiora dai filmati d’epoca , strappa, come d’abitudine, momenti di intensa commozione. Ma è un attimo. Il resto sono due ore di grande cinema dedicati interamente  a una band che non molla, non affonda, non arretra e che probabilmente sarà su quel palco finchè avrà vita. Esordiente come aiuto regista del documentario di Woodstock, già esemplare al cospetto di Bob Dylan (No Direction Home),  Martin Scorsese annuncia di voler raccontare anche di George Harrison e Bob Marley. Questo film ha inaugurato, mandandola in delirio, la Berlinale 2008.

Jezebel!

Jezebel!

Il confine tra un cattivo carattere e l’avere carattere è , come si sa, molto esile. Questa donna ha dato filo da torcere a tutti : mariti (quattro) , produttori , sceneggiatori, registi, amici, ma se le avessero affidato, com’era previsto, il ruolo di Scarlett , Via col vento sarebbe stato un capolavoro immortale e non un polpettone indigesto che prende luce solo quando il colonnello Buthler mostra al mondo quanto è maschio lui. Non certo per l’interpretazione leziosa e priva di dramma della Leigh. Bette Davis però, non ebbe quella parte per la quale aveva fatto un provino e preso accordi e che rispetto alla Mitcheliana descrizione, le calzava a pennello. In  compenso mise in croce Jack Warner della concorrenza perchè producesse la Figlia del Vento. I due film ebbero destini diversi (anche  la Figlia del Vento però , fu premiato dall’Academy) , ma oggi noi ci ricordiamo di Rossella – Vivien Leigh e niente più, mentre Bette Davis è nelle nostre menti  indipendentemente dai personaggi che ha interpretato. Il carattere è un’arte e, in sottordine, una categoria del cinema. Ma per avere carattere cioè per essere se stessi ad ogni costo, si pagano prezzi altissimi . E a Bette Davis per lavorare capitò anche di scrivere un’inserzione su Variety . Ciò non le impedì di aggiudicarsi i premi più ambiti : due Oscar e una Palma d’oro . Il suo discorso sul genere femminile rimane ancora oggi di una modernità sorprendente, niente a che vedere col femminismo soft aereobico di Jane Fonda. Bette uccideva mariti e amanti, maltrattava sorelle, detestava mamme, vinceva impari tornei di scopone con i baraccati , sopportando però con dignità il peggior contrappasso per un’attrice : essere soppiantata da un’attrice più giovane. Fuori da qualsiasi schema, in controtendenza con il  melò  dai 40 th in poi , si mangiava tuttavia ,  l’Actor’s Studio a colazione, non era bella ( o forse si ) non era docile (sicuramente no ) ma era un’attrice di impressionante bravura. Doppiata in Italia dal magico birignao di Tina Lattanzi ( chi ha chiuso la luce caaara?) , coeva di Anna Magnani con la quale intrattenne una fitta corrispondenza  che durò fino alla morte di Anna, compirebbe in questi giorni 100 anni. Per 50 ha graffiato gli uomini della sua generazione (Tavernier diceva che aveva gli occhi tondi da rapace), facendosi poi perdonare tutto quando mandò in giro per il mondo la vecchina delle mele di Angeli con la pistola.

Alla buon’ora ( ma non pensarci)

Alla buon’ora ( ma non pensarci)

 

Ultratrentenni alla deriva, si direbbe, se Gianni Zanasi – finalmente ritornato tra oi  – non ci avesse messo del suo, cioè a dire un  sincero estro letterario capace di trasformare con bella penna profonda e mai  retorica, il dolore in leggerezza e il senso di smarrimento in speranza . Vale a dire il giusto approccio per affrontare un tema  di apparente banalità : famiglie al top della dissociazione , sogni non realizzati e crisi esistenziali a gogo . Zanasi risolve  mescolando elementi con idee brillanti e affidando  il tutto ad un cast strepitoso capace di trasmettere vitalità. Chi dice che non abbiamo registi, non abbiamo attori, non abbiamo storie e nemmeno linguaggi,  guardi con attenzione questo Non pensarci  e si renda infine conto che al nostro cinema, a parte i mezzi, un po’ di coraggio e una buona legge , non mancherebbe proprio nulla per sfilare sulle croisette  e sui red carpets di tutto il mondo dove non è che sempre si viaggi a colpi di capolavori assoluti. Esce con duecento copie (una miseria ) sette mesi dopo Venezia 2007 dove lo si è potuto apprezzare alle Giornate degli Autori.

Non pensarci è un film di Gianni Zanasi. Con Valerio Mastandrea, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston, Caterina Murino, Paolo Briguglia, Dino Abbrescia, Teco Celio, Gisella Burinato, Paolo Sassanelli, Luciano Scarpa, Natalino Balasso. Genere Commedia, colore 109 minuti